Senza Stato Sociale andiamo al disastro


Abbiamo già avuto modo di sottolineare alcune cifre recenti di “Eurostat “ (l’ufficio statististiche dell’Unione Europea) secondo le quali ci sono 72 milioni di persone nella UE, “a rischio povertà. Siamo quasi alla popolazione della Germania!

Che si muove “trasversalmente” – scriveva qualche giorno fa su “L’Avvenire”, organo della Conferenza Episcopale, Giorgio Ferarri – e che è composta “di uomini , donne, anziani, famiglie intere che stanno a cavallo di quel margine sottile che separa la povertà dall’indigenza, il decoro più logoro non necessariamente benestante ma comunque decorosa”.

Settantaduemilioni su 455, quanti sono i cittadini dell’Europa “allargata”. E 11 milioni di quei 75 sono italiani, e cioè il 19% della popolazione italiana, quasi uno su cinque.

Ferrari riferisce inoltre che, secondo Eurostat, il “rischio povertà” è una definizione abbastanza precisa: “esso si manifesta quando il proprio reddito è inferiore al 60% del reddito medio del Paese in cui si vive. Non è dunque, una “povertà assoluta”, ci sono tante povertà relative. Si può essere poveri in Italia, per esempio e considerevolmente benestanti in Ucraina, che della UE non fa ancora parte ma dove la vita costa molto meno. Un povero americano per fare un altro esempio, è molto più “ricco” di un rappresentante del ceto medio greco, irlandese o portoghese, visto che per il Census Bureau (ufficio statistico nazionale), si scende sotto la soglia di povertà quando si ha un reddito inferiore ai 42 mila dollari annui per nucleo familiare di 4 persone o di 19 mila per individuo singolo. Del resto con 42 mila dollari all’anno (circa 38 mila euro) una famiglia italiana potrebbe vivere decorosamente.

Ma sul giornale cattolico si sottolinea un altro dato di fatto, che “fuoriesce come un responso inequivocabile dai dati di Eurostat, perfetto nella sua tagliente previsione”: senza lo Stato sociale “nelle sue fondamentali articolazioni” (dalla sanità alla previdenza alle pensioni ai sussidi di disoccupazione) tutte le statistiche relative al sociale sarebbero drammaticamente diverse.

Scrive ancora Giorgio Ferrari: “ne volete un esempio? Eccolo: senza contribuzioni governative ed interventi di protezione sociale i soggetti a rischio povertà sarebbero il 40% della popolazione europea, con punte del 42% in Italia e del 49% in Polonia. Anche la Finlandia e la Svezia , che vantano uno dei Welfare più efficienti e pervasivi, perderebbero il loro primato.

Occorre altroper convincerci che i teorici dello smantellamento dello Stato sociale, gli assertori del neomalthusianesimo, del lassez-faire neoliberista stanno prendendo un grande abbaglio? Che senza lo Stato sociale perfino la Svezia , nazionale dove il sostegno pubblico ha raggiunto ha raggiunto livelli di perfezione irraggiungibili per il Sud del mondo, sarebbe ridotta al rango di Paese a rischio, con forti sacche di disagio e cospicue aree di povertà? Ci pensino (anzi: ci ripensino) i grandi soloni dell’economia, quando teorizzano un’ Europa di mercato, dove al parola competitività arrogantemente soppianta quella di solidarietà: leggano queste cifre e riflettano.