C’e’ un’altra piaga il “beniculturalismo”

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[La data originale di pubblicazione del presente articolo è precedente a quella attuale – © Centro Studi Pino Rauti – Tutti i diritti riservati]

Tra i dibattiti piu’ interessanti in corso su vari giornali – e soprattutto per quanto si è potuto leggere sul “Corriere della Sera”- vi è senz’altro quello del cosiddetto “beniculturalismo”

Anzitutto, vediamo di precisare di cosa si tratta; a parte qualche “divagazione” di troppo e per restare a quanto e comunemente ammesso, “beniculturalismo” e la tendenza ad utilizzare i Beni Culturali sempre di piu’ non tanto nei termini(“classici”, tradizionali, diciamo subito noi) degli interessi storico-artistici quanto in senso “economico” o tecnico/scentifico.

Appunto sul “Corriere della Sera” Mario Botta non solo lancia un pesante grido di allarme ma si dice convinto che andando avanti così, “l’Europa sarà un ricordo.

Botta si riferisce anche al libro “Gli storici dell’Arte e la peste”, per precisare come e perchè ci troviamo addosso quell’altra “piaga”; per effetto della quale quegli “interessi storico-artistici” ai quali accennavamo anzi, si ritrovano soggetti a “progressiva emarginazione” Ed è questo, “un atteggiamento largamente diffuso e condiviso purtroppo anche dai nuovi profili universitari che, complice la cosiddetta laurea breve, offrono piani di studi improntati a quello che si afferma essere un «sano pragmatismo». Così molte discipline creative, come l’urbanistica, l’architettura, il design, la conservazione del patrimonio o altre ancora si ritrovano (anche nel ciclo che porta ai “master”) ingabbiate in una miriade di programmi di settore che vede moltiplicarsi i corsi di insegnamenti tecnico-scientifici. È indubbio che queste discipline finalizzate a intervenire nella trasformazione dello spazio di vita, sono fortemente soggette alle leggi di mercato, per cui la tentazione politica di inventare scorciatoie affinchè i giovani possano rapidamente inserirsi nel circuito professionale è forte e sotto certi aspetti anche comprensibile. Ma di fronte alla crescita esponenziale della complessità e alla rapidità delle trasformazioni indotte dalla globalizzazione, le semplificazioni e le approssimazioni tecnico-utilitaristiche appaiono insensate rispetto ai valori che hanno determinato la stratificazione e la storia della civiltà europea…”

Secondo Botta, è in atto “un inarrestabile appiattimento dei profili di studi” che allontana sempre di più dalle discipline umanistiche, in favore di una presunta superiorità delle scienze tecniche. Questo, io credo, costituisce un vero e proprio attentato a una possibile resistenza di fronte alla colonizzazione «globale». L’identità storico-artistica della vecchia Europa -conclude Botta- richiede ben altri atteggiamenti per riportare l’uomo al centro degli interessi delle future trasformazioni, nel tentativo di consolidare il modello di città occidentale e il suo territorio di memoria, che ancora offrono un primato nella qualità di vita rispetto agli esempi americani o asiatici ai quali sembrano fare riferimento i nuovi indirizzi accademici.”

Pino Rauti
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