“Crack Madoff”, Scandalo più grande: tutti hanno chiuso gli occhi

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[La data originale di pubblicazione del presente articolo è precedente a quella attuale – © Centro Studi Pino Rauti – Tutti i diritti riservati]

Più passano le settimane, più si apprendono notizie, più il “crack Madoff” fa paura. Il presidente e gestore imbroglione Bernie Madoff ha “bruciato” 50 miliardi di dollari, cosa mai avvenuta prima nella storia finanziaria e commerciale del mondo. Una sbalorditiva “catena di Sant’ Antonio”dove quelli che entravano per primi, guadagnavano tassi-civetta che funzionavano da esca per quelli che venivano dopo. E non solo singole persone ma società e Banche di gran nome; come, negli Stati Uniti. La “Fairfield”, che si ritrova esposta per 7.500 miliardi e il Banco Santander, spagnolo, con 3.150 miliardi di dollari. Due banche francesi (la Natixis e la BNP – Paribas) totalizzano 1.080 miliardi e l’italiana Unicredit, 380 (di cui 82 sui clienti).

Eppure, c’erano sospetti da anni; già nel 1999, per esempio, il greco Kerry Markopoulos si era rivolto alla SEC (l’organo di vigilanza della Borsa americana) dando un primo allarme. Ma non successe niente; e i maggiori colossi bancari di tutto il mondo si comportarono (guadagnandoci sopra con i loro dirigenti più spericolati) come piccoli risparmiatori sprovveduti. Scrive Federico Rampini – come sempre documentatissimo – su “Repubblica”, “che la lista include il Gotha del capitalismo globale, dal colosso bancario giapponese Nomura alla Royal Bank of Scotland, da Santander ad alcuni fondi esteri Pioneer del gruppo Unicredito. Più il fior fiore degli hedge fund di Wall Street, l’alta società newyorchese, proprietari di squadre di baseball, celebri redditieri che Maloff frequentava in un esclusivo club di golf. Anche Steven Spielberg o il Nobel per la pace, Elie Wiesel, scrittore romeno sopravvissuto all’olocausto. E’ l’antica lezione del 1929, che John Kennedy Galbraith racconta ne “Il grande crollo”: l’euforia delle bolle speculative rende stupidi anche gli straricchi, i presunti guru dei mercati.L’inverosimile “affaire Maloff” forse un giorno ispirerà un altro Galbraith, diventerà il simbolo estremo di un’era in cui tutti hanno perso la bussola, ogni regola è stata stravolta, i controlli sono saltati. Da questa storia grottesca non si salva nessuno. I segugi della Sec nel 1999 chiusero le loro indagini rapidamente: tutto regolare. Nel 2001 un’altra ondata di sospetti su Maloff fu sollevata dalla stampa americana. Inutile. Lui continuava la sua ascesa, culminata con la nomina alla presidenza del Nasdaq.

Forse non lo avrebbero mai scoperto. La ricostruzione dell’Fbi lascia esterrefatti: Madoff non è stato smascherato, si è autodenunciato. Ha fatto tutto da solo. Arrivato a fine corsa ha chiamato i due figli – apparentemente estranei all’azienda paterna e anche loro derubati dei risparmi – e ha detto semplicemente: «Il mio business è uno schema Ponzi» . Proprio come negli anni ruggenti che precedettero la Grande Depressione. Negli anni Venti l’italoamericano Charles Ponzi rovinò 40.000 risparmiatori con un sistema tipo catena di Sant’Antonio o “piramidi albanesi”. Una tipica truffa che garantisce forti guadagni finchè affluiscono nuovi investitori, i cui fondi servono a pagare le prime vittime mantenendo l’illusione. Ponzi nel 1920 venne condannato a cinque anni di galera, ma appena uscito si avventurò in quell’altra fantastica bolla speculativa che fu la corsa ai terreni della Florida: la prova generale dei crac del 1929. Tempo di corruzione ad ogni livello. Leggiamo della Siemens. Il colosso elettronico tedesco pagherà una multa record da 800 milioni di dollari negli Usa, per chiudere uno scandalo legato al versamento di tangenti. Lo rivela il Wall Street Journal, secondo il quale la Siemens pagherà 450 milioni di dollari al dipartimento di Giustizia e altri 350 alla Sec (l’authority di Borsa). Si tratta di una cifra 20 volte superiore alla più alta multa mai pagata in base alla legge Usa sulle sanzioni alle compagnie straniere. La Siemens è da tempo coinvolta in una massiccia frode fiscale e in un giro di corruzione internazionale: i manager del gruppo hanno infatti ammesso di aver speso illegalmente 1,3 miliardi di euro per vincere commesse estere. Secondo gli inquirenti, sono circa 300 i dipendenti compromessi. Lo scandalo ha portato alle dimissioni di alcuni dirigenti di alto livello, tra cui il direttore generale Klaus Kleinfel e il suo predecessore e presidente Heinrich von Piere. La Siemens ha già messo da parte un miliardo di euro per pagare i danni dello scandalo.

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