Tra venti anni niente sci sotto i duemila metri

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[La data originale di pubblicazione del presente articolo è precedente a quella attuale – © Centro Studi Pino Rauti – Tutti i diritti riservati]

E’ confermato: le montagne meno alte si stanno “sciogliendo” con la loro neve e i loro ghiacciai. Lo sottolinea uno studio voluto dalla Regione D’Aosta, e Società Meteorologica Subalpina.con il coordinamento di Luca Marcalli,ne riferisce con molti dati, su “La Stampa” Gianpaolo Charrere. Ecco come stanno le cose; o meglio, come si metteranno.

Tra il 2030 e il 2050 soltanto le località oltre 1600 o, più probabilmente, 2000 metri avranno abbastanza neve per lo sci. E il riscaldamento del pianeta renderà inutili e troppo costosi i cannoni per la produzione artificiale. Uno studio sui cambiamenti climatici in Valle d’Aosta lo ha messo nero su bianco: è inutile pensare allo sfruttamento delle zone di alta montagna «restando fedeli a tutti i costi – si legge – a un turismo invernale di tipo tradizionale». Meglio puntare sulla riconversione verso attività alternative, come l’escursionismo, l’equitazione, la cultura e l’agriturismo.

Luca Mercalli affronta anche il tema dei cannoni. Dice: «Gli impianti che ci sono possono essere utilizzati, sarebbe assurdo fare il contrario – dice Mercallì – anche qualche cannone in più può non essere un problema. Però stiamo attenti quando si tratta di fare grandi scelte e notevoli investimenti su nuovi comprensori». I cannoni, spese a parte (da 3 a 5 euro per metro cubo), non potranno essere la panacea di tutti i mali, anche perché ci vogliono almeno quattro gradi sottozero e condizioni ideali dì umidità per poter sparare questa particolare materia prima. «Mi chiede se lo sci nelle Alpi è a rischio? – dice Mercalli – Rispondo che non mi piacciono le previsioni catastrofiche. Più che altro questo sport, che mi piace moltissimo, dovrà cambiare».

Mercalli esclude che l’effetto serra possa trasformarsi nella tomba delle discese lungo pendii innevati. «Una volta gli impianti di risalita erano un’attività blindata – dice – ora non è più così. Dovremo però scordarci le stagioni che cominciano a novembre e finiscono senza interruzioni il 25 aprile. La situazione potrà diventare simile all’Appennino, dove può cadere un metro di neve, magari seguito in pochi giorni da un brusco innalzamento delle temperature». In Valle i chilometri di pista da discesa sono 850, un terzo serviti da cannoni da neve. Sfruttano acqua e aria in pressione, consumando energia elettrica, con costi difficili da sostenere. Per il futuro non bisogna perdere tempo, ma pensare già oggi a valorizzare la montagna anche in estate. «Dobbiamo evitare – dice ancora Mercalli -di pensare che si tratta di un periodo meno appetibile rispetto all’inverno». Secondo Mercalli, il cambio di mentalità dovrà riguardare anche il singolo individuo che va in montagna per sciare.

«Bisognerà imparare a cogliere l’attimo, come avveniva fino agli Anni 60 – spiega – oggi ci sono troppe persone che fanno su e giù sulle piste senza nemmeno rendersi conto di quello che hanno intorno, solo per mostrare sci e scarponi ultimo modello». Ancora Mercalli: «Tra l’altro la montagna ha grandi potenzialità anche se c’è poca neve. Però dobbiamo pensarci ora. E’ come un’assicurazione, nessuno si augura di avere un incidente, ma la paghiamo ugualmente. Bisogna farsi venire idee nuove, spremersi le meningi».

La ricerca contiene anche una sezione dedicata al dibattito sull’effetto serra, sul pensiero di scettici e «negazìonistì», che pensano alla «febbre del pianeta» come a un abbaglio. «Per rispondere basta vedere la bibliografia della nostra ricerca. -dice Mercalli – Certo ci sarà sempre qualcuno che può dire il contrario, come chi afferma che il fumo non fa male e aspira tranquillo dalla sigaretta. E’ vero che nessuno ha la matematica certezza che il clima sta cambiando, ma solo perché la scienza procede in questo modo, non è possìbile esaminare un pianeta come in un esperimento di laboratorio».

a cura di U. Giusti
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