Con i “Campi Hobbit” Rauti e le radici


[La data originale di pubblicazione del presente articolo è precedente a quella attuale – © Centro Studi Pino Rauti – Tutti i diritti riservati]

Ogni tanto, si torna a parlare, e a scrivere sui “Campi Hobbit”; ma più passano gli anni e più diventa facile parlarne o scriverne con molte inesattezze e con qualche più o meno strumentale o interessata “dimenticanza”.

Dimenticando, per esempio, che essi nacquero – durante gli anni di piombo e mentre imperversava, nefasta, la strategia della tensione – come uno dei tentativi di “andare oltre” quella situazione che ci vedeva in stato d’assedio; uno dei tentativi politico – culturale dell’area rautiani all’interno dell’allora MSI.

Significativa in merito la documentazione che abbiamo ritrovato di recente; specificamente essa riguarda il “Campo Hobbit n. 5” che si tenne come “festa delle comunità non conformiste” al Castello di Santa Severa, a S. Marinella, presso Roma, dal 12 al 15 settembre del 1991. Ma ce n’è quanto basta a “fotografare” molte cose e a rievocarne molte altre al di là dell’evento specifico.

Ricordiamo anzitutto che del “Comitato promotore” del Campo, facevano parte: la redazione di «Segnavia», la Libreria Europa di Enzo Cipriano, Fare Verde e Azione Ecologica – che facevano capo a Sandro Di Pietro, attuale conduttore della rubrica “Fare la spesa” in TV – 1 tutti i giorni – il Centro Studi Futura (di Isabella Rauti), il Centro Studi “Orientamenti e Ricerca” e la Comunità studentesca, la sigla cui allora ricorrevano i nuclei scolastici “rautiani”.

Naturalmente veniva sottolineata la continuità con i quattro precedenti Campi. E riprendiamo qui quell’elenco, cui poi seguiva la presentazione del 5° incontro:

11-12 giugno 1977, Montesarchio. CAMPO HOBBIT 1°
Il segno di una svolta, la reazione alla prima delle tante ingiustizie subite dal nostro mondo giovanile. Il campetto – lagher di un paesino del beneventano può essere sufficiente per l’ouverture di una generazione stanca del ghetto e del torcicollo nostalgico. La musica alternativa, la fantasy, le iniziative parallele: l’inizio di una lunga storia.

23-25 giugno 1978, Fonte Romana – CAMPO HOBBIT 2°
La palude del compromesso. Le alchimie di una gestione unitaria di partito non si addicono all’Hobbit. L’esperimento sembra bruciarsi, in bilico tra la confusione e l’incasermamento. La “creatività” non può bastare a coprire la divergenza delle aspirazioni e degli obiettivi.

16-20 luglio 1980, Castel Camponeschi – CAMPO HOBBIT 3°
L’apogeo. Un borgo abbandonato da far tornare a vivere. La forza di una cultura che comincia a trovare coordinate di rigore attorno al mito della comunità. La molteplicità degli strumenti di approccio alla società civile. La prima pagina del Manifesto e l’attenzione dei media. Grandi speranze che si infrangono nella tragedia dell’epilogo degli anni di piombo e nell’inizio della diaspora

1981 – CAMPO HOBBIT 4° tra i terremotati dell’Irpinia
Il meno conosciuto, il più drammatico. Nel deserto di un ambiente massacrato dalla repressione, qualcuno ha ancora il coraggio di inventarsi una colonna di soccorsi con cui partire verso l’Irpinia sconvolta dal terremoto. Non c’è musica alternativa né possibilità di fare festa, ma la comunità si ritrova ancora. Per questo quella avventura fu ancora intitolata all’Hobbit.

1991 – CAMPO HOBBIT 5° – LE RADICI PROFONDE NON GELANO MAI – FESTA DELLE COMUNITÀ NON CONFORMISTE
“Quando l’idea è cominciata a circolare, ovviamente qualcuno si è fatto carico di dirci che l’Hobbit era roba vecchia, un ciclo ormai chiuso che non aveva senso riaprire.
E forse quella che stiamo compiendo è una forzatura.
Ma rileggendo, nel dubbio, la storia dei primi Hobbit abbiamo trovato troppe assonanze con le vicende che stiamo vivendo oggi per non essere tentati a riprendere quel filo, almeno dal punto di vista simbolico.
Nel nostro mondo le generazioni giovanili si sono susseguite tracciando un ciclo politico ed esistenziale che si è presentato sempre con forti caratteri di analogia.
Anche i ragazzi che in quel giugno del 1980 arrivarono nel borgo di Castel Camponeschi avevano problemi molto simili ai nostri. La delusione per una forma partito incapace di incidere nella realtà sociale per produrre cambiamenti reali, l’irritazione per le piccole-grandi ingiustizie con cui l’apparato ha sempre soffocato i nuovi esperimenti, il bisogno di approdare a forme del politico che superino la fase dell’esperimento. Ed un desiderio di essere protagonisti, di essere inseriti là dove le cose accadono, che diventa quasi ansia nevrotica. Le risposte facili, le fughe possibili, le cadute di livello, sono ancora e sempre le stesse: l’adesione ad una delle tante sette di “duri e puri”, l’astrazione dagli aspetti di difficili e disanimanti del conflitto politico per rifluire verso un comunitarismo fine a se stesso, la fossilizzazione nelle forme esteriori e rassicuranti dell’attivismo “classico”.
Certo, le risposte di cui oggi abbiamo bisogno non possono essere trovate nelle forme un po’ ingenue di- creatività hobbittiana e di embrionale cultura neo-destra che caratterizzarono quella fase. Oggi molto più che allora è diffusa la consapevolezza della complessità degli ambiti in cui si dispiegano il conflitto politico e l’aggregazione sociale. Ma di quel gusto creativo, di quell’amore per l’avventura intellettuale e politica, di quella effervescenza da “stato nascente” che si respirava allora, abbiamo di nuovo un disperato bisogno per essere all’altezza della prova.
E poi la strada che portava al di là dei campi hobbit non è mai stata percorsa fino in fondo: l’epilogo tragico degli anni di piombo ha spezzato ed interrotto quella via, dopo la quale non c’è stato l’approdo ad una nuova stazione, ma il franare più in basso per ricominciare tutto daccapo. E per noi la riconquista del Fronte della Gioventù, la creazione di Fare Fronte, di Fare Verde e di tutta la nuova generazione del parallelismo, la logica del superamento, le Feste di Spoleto, di Assisi e di Siracusa, sono state le tappe di questo nuovo venire a galla.
Per cui la nostra speranza è che l’anno prossimo non ci sarà più bisogno di un nuovo Hobbit, perchésaremo realmente maturi per qualcosa di nuovo e di più qualificante.
Noi sappiamo già dove dobbiamo arrivare e lo abbiamo indicato nel sottotitolo di questo Campo Hobbit 5 “La festa delle comunità non conformiste”. Ovvero la festa in cui si possano ritrovare tutte le molteplici esperienze in cui si dispiega lo spirito comunitario, per acquisire insieme consapevolezza dell’antagonismo radicale che separa questo spirito dalle logiche della società consumista.
Non solo: per trovare le forme di questo rinnovato radicamento sociale – l’unico che può dare sostanza al progetto nazionalpopolare – abbiamo bisogno di nuove forme di organizzazione e di espressione che troveranno in Hobbit 5 il loro battesimo.
Se riusciremo in questi intenti allora non sarà stato vano ed impudente aver scomodato il vecchio simbolo tolkieniano del mezzouomo dai piedi pelosi. E poi Gandalf è ancora vivo e lotta insieme a noi”.

Ed ecco il programma del Campo Hobbit 5°:

GIOVEDI’12/9/’91 – L’ECOLOGIA DELLA POLITICA

ore 16.00 Apertura del Campo – inaugurazione degli stando;

ore 17.00 “DALLA POLITICA DELL’ECOLOGIA ALLA ECOLOGIA DELLA POLITICA” – Incontro con esponenti di gruppi ambientalisti. Partecipano l’ on. Gianni Mattioli del Gruppo Verde Camera, Paolo Colli di Fare Verde, Claudio Pescatore di Azione Ecologica, Fausto Festaguzza del direttivo nazionale Italia Nostra, Angelo Bonelli responsabile provinciale Lista Verde di Roma, Stefano Borselli del Gruppo Verde Comune di Firenze. Coordina Remo Cioce;

ore 19.00 “LA RETE DEL POTERE” – Intervista di Giano Accame all’On. Franco Piro, Presidente della Commissione Finanze della Camera;

ore 21.00 Proiezione di diapositive e presentazione di Campo Hobbit 5;

ore 22.00 CONCERTO ROCK;

ore 23.00 “IL PORTA BORSE” Proiezione del Film;

ore 24.00 MEZZANOTTE SULLA SPIAGGIA – incontri comunitari a ruota libera.

VENERDI’ 13/9/’91 – COMUNITA’ E VOLONTARIATO: L’ALTRA FACCIA DELLA PARTECIPAZIONE

ore 10.00 FACCIA A FACCIA .”Incontri con esperienze comunitarie e di volontariato. Partecipano Giovanni Sansone del gruppo Coin, Alessandro Agostinelli del Gruppo protezione civile Eco, Gruppo “Il Ponte” Centro accoglienza tossicodipendenti di Civitavecchia, dott. Ungaro Ispettore provinciale Volontari del soccorso Cri, dott. Giovanni Malagutti dell’Associazione Alfa-Omega, dott. Impeduglia responsabile Protezione civile Regione Lazio. Coordina Stefania Paternò;

ore 14.00 SPAZIO LUDICO – Giochi di comunità e tornei sportivi;

ore 16.00 “LA NUOVA LEGGE SUL VOLONTARIATO” Dibattito con i rappresentanti delle associazioni di volontariato e i parlamentari promotori della legge. Coordina Pasquale Viespoli;

ore 18.00 “MARINETTI, UNA VITA ESPLOSIVA” Presentazione del libro di Gino Agnese a cura di Ludovico Pace. Sarà presente l’Autore.

ore 19.00 “DALLA GRAZIA A CURCIO ALLA CONCESSIONE DELL’INDULTO”: una soluzione politica per la generazione degli anni di piombo” – Tavola rotonda con il dott. Accame, sen. Landolfi, on. Mellini, dotto Erra, dotto Solinas;

ore 21.00 “BLOB TRA DI NOI” – Videocollage sulla nostra area – prima parte;

ore 21.30 “ELEMENTI” – Presentazione della rivista. Interviente Stenio Solinas;

ore 22.00 CONCERTO DI MUSICA ALTERNATIVA di Junio e Alberto;

ore 23.00 “L’ATTIMO FUGGENTE” Proiezione del Film;

ore 24.00 MEZZANOTTE SULLA SPIAGGIA.

SABATO 14/9/’91 – LA POLITICA OLTRE I PARTITI

ore 10.00 “RADICAMENTO SOCIALE E PROGETTO NAZIONALPOPOLARE” – Assemblea delle comunità militanti;

ore 14.00 SPAZIO LUDICO;

ore 16.00 “IDENTITA’ FEMMINILE E FEMMINISMO” Tavola rotonda organizzata dal Centro Studi Futura;

ore 17.00 “BAGHDAD, LA GUERRA ED OLTRE” Presentazione del libro di Aldo Brandilari e Roberto Formigoni. A cura di Aldo Di Lello ed Andrea Augello. Sarà presente Aldo Brandilari;

ore 18.00 “LA VERA STORIA DELLA LEGA LOMBARDA” – Presentazione del libro di Franco Cardini. A cura di Annalisa Terranova. Sarà presente l’Autore;

ore 19.00 “CONTRO LA CITTADELLA DELLA PARTITOCRAZIA: le nuove forme del movimentismo politico” – Tavola rotonda – Introduce l’on. Domenico Mennitti. Partecipano Avv. Mario De Stefano segretario di Forum Democratico, Aldo Brandilari di Movimento Popolare, Massimo Bordin direttore di Radio Radicale, Gianni Alemanno. Coordina Fabio Terriero;

ore 21.00 “BLOB TRA NOI” – Videocollage sulla nostra area – seconda parte;

ore 22.00 CONCERTO DI MUSICA ALTERNATIVA di Francesco Mancinelli;

ore 23.00 “IL SIGNORE DEGLI ANELLI” – Proiezione del film;

ore 24.00 MEZZANOTTE SULLA SPIAGGIA.

DOMENICA 15/6/’91 – CONTRO IL MALE AMERICANO

ore 10.00 RADICAMENTO SOCIALE E PROGETTO NAZIONALPOPOLARE – Assemblea delle comunità militanti;

ore 14.00 SPAZIO LUDICO – Giochi di comunità e tornei sportivi;

ore 16.00 “1492-1992: IPOTESI PER UNA CONTROCELEBRAZIONE DELLA SCOPERTA DELL’AMERICA” –Il dramma degli indiani d’america e la lotta delle “Aquile Grige” per tutelare l’identità nazionale indiana.

ore 17.00 “LE PICCOLE PATRIE E IL GRANDE MERCATO”: Il futuro dell’Europa dopo il crollo dell’Impero sovietico” – Dibattito tra Alessandro Curzi, direttore del Tg3, Paolo liguori direttore del “Sabato” e Pino Rauti. Coordina Silvano Moffa;

ore 18.00 POPOLI IN LOTTA PER L’INDIPENDENZA NAZIONALE:

DALLA PARTE DELLA CROAZIA – Comunicazione sulla crisi politica jugoslava. Interviene Mario Bemardi Guardi.

INCONTRO CON IL SINN FEIN – Partecipa DERMOT O’HARA del “Bloody Sunday Iniziative”

INCONTRO CON IL FRONTE POLISARIO – Partecipano JANDUD HAMDI e SIDATI ABDELAHE della delegazione in Italia della Repubblica Saharawi;

ore 21.00 CONCERTO DI MUSICA FOLKLORISTICA – Chiusura della festa.

Si è svolto dal 12 al 15 settembre 1991 nella suggestiva cornice del Castello di Santa Severa, non lontano da Roma, il Quinto Campo Hobbit al quale hanno preso parte oltre settecento persone.
La scelta di riprendere nella denominazione e nello spirito la felice esperienza dei Campi intitolati al simpatico personaggio tolkieniano non è stata certo casuale. Se certamente lungo e fecondo è stato il cammino percorso dall’ambiente anticonformista da quei lontani ultimi anni Settanta, le vicende odierne presentano più di una analogia con il clima che si respirava a Montesarchio e a Castel Camponeschi.
Identica, allora come ora, è la delusione per una forma partito incapace di incidere nella realtà sociale producendo concreti cambiamenti, identica l’irritazione per le piccole-grandi ingiustizie con cui l’apparato di partito soffocava e soffoca i nostri tentativi di entrare a pieno nel dibattito politico contemporaneo. Identica la censura attraverso la quale il segretario del partito, allora responsabile del Fronte, pateticamente cerca di mettere il bavaglio alle energie migliori che l’ambiente esprime.
Così mentre di Campo Hobbit 5 hanno scritto diffusamente il Tempo e l’Unità e i maggiori quotidiani nazionali ne hanno riportato notizia, neppure una riga di presentazione od un articolo di commento ha visto la luce, oggi come allora, sul Secolo d’Italia. Poco male, questa stupidità non ci arrecò danno ieri ed è difficile possa nuocere, ora…
Ancora, come quattordici anni fa, si avverte la necessità di quel gusto creativo, di quell’amore per l’avventura intellettuale e politica, per quella effervescenza che si respirava allora e del quale oggi abbiamo disperato bisogno per essere all’altezza delle prove che ci attendono. Quei primi Campi Hobbit, infatti, gettarono i semi che ci hanno consentito, oltrepassati, gli anni di piombo, di conquistare il Fronte della Gioventù, di dar vita a strutture parallele come Fare Fronte e Fare Verde, di produrre riviste come – La Contea e Morbillo, di dare vita ad appuntamenti politici e culturali come le feste di Spoleto, Assisi e Siracusa, di condurre e vincere battaglie come quella contro il nucleare, contro i tentativi di mutilazione della nostra memoria storica, attraverso le campagne contro la Falcucci e per la salvaguardia dei beni culturali.
E, in politica estera, ci hanno reso capaci di interpretare al meglio una nuova coscienza europea, affrancata dalla sudditanza statunitense, anche attraverso l’impegno in favore del popolo palestinese e azioni esemplari quali il blocco, ad Anzio, del corteo del presidente americano Bush.
A Santa Severa, consapevoli della complessità degli ambiti in cui si dispiegano i conflitti sociali o si determinano gli attuali fenomeni di aggregazione sociale, abbiamo cercato di riunire insieme tutte le molteplici esperienze in cui si dispiega lo spirito comunitario, attraverso le quali dare corpo ad un nuovo, incisivo antagonismo alle logiche e ai frutti più amari dell’odierna società consumista, attraverso la creazione di un nuovo soggetto politico: Movimento Comunità.
Il primo giorno riservato all’ecologia, ha visti a confronto l’on. Mattioli e il rappresentante delle liste verdi di Firenze Borselli con Cioce e Pescatore sulla necessità di restituire trasversalità al movimentismo ecologico.
Il secondo è stato dedicato al volontariato sociale, ad uno scambio di esperienze e di opinioni sulla nuova legge che regolamenta la materia, con numerosi rappresentati di associazioni impegnate nei diversi ambiti di intervento sociale.
Nel terzo si è affrontato il tema della lotta alla partitocrazia, dell’affermazione di nuovi soggetti politici, e del definitivo superamento della legislazione dell’emergenza.
Nella quarta giornata si è dibattuto sulle prospettive che si aprono e gli impegni che si richiedono all’Europa con il crollo dell’impero sovietico. Dopo gli interventi di Alemanno, Moffa e Parlato ha concluso i lavori Pino Rauti che si è soffermato sul ruolo delle piccole patrie nel nuovo scenario internazionale.
Gli spazi culturali affidati agli stands della Libreria Europa, del Centro Studi Futura, di Fare Verde, di Segnavia e di Morbillo sono stati arricchiti dalla partecipazione tra gli altri di Franco Cardini, Giano Accame, Gino Agnese, Aldo Brandilari e Carlo Fabrizio Carli.
La pioggia incessante, che ha risparmiato soltanto la giornata conclusiva di domenica, ha fatto saltare le proiezioni cinematografiche e alcuni dei concerti in programma, non ha impedito, tuttavia, sul fronte d ella musica alternativa, il recital del -giovane- Francesco Mancinelli e il graditissimo ritorno di Junio. Il suo Domani appartiene a noi, cantato in piedi da più generazioni di militanti, ha unito ancora più strettamente questo quinto ai precedenti Campi Hobbit.
Per il 28/29 settembre successivi veniva indetto all’Ergife, a Roma, un “Convegno per andare oltre”. Tutti i “quadri” della componente erano invitati ai lavori. Il programma di cui si proponeva l’elaborazione sarebbe stato esposto e commentato dalla «relazione conclusiva» di Pino Rauti in pubblica manifestazione.
Ma questa nostra documentata “ricostruzione” storico – politica non sarebbe completa se non ricordassimo – sulla scorta – delle pagine di “Andare Oltre” notizie di quel periodo – quello che voleva rappresentare il “Movimento Comunista” di cui si annunciava la nascita.

Rileggiamo:

“La finalità del comitato promotore che ha dato vita all’iniziativa del Campo Hobbit V non era certo quella di una fuga verso revivals inopportuni ma consisteva nel voler segnare un punto di rottura e di svolta rispetto al declino della forma-partito. Come alla fine degli anni ’70 i Campi Hobbit produssero un salto di qualità definitivo rispetto al modo di proporsi del mondo “neofascista” cosi sentiamo la necessità, oggi, di trovare nuove forme di legittimazione politica al di là di un’identità semplicemente attivistica.
Di qui la genesi di un nuovo soggetto politico, Movimento Comunità (Mc), con caratteristiche, metodologie e capacità di radicamento fino ad oggi sperimentate solo frammentariamente ma ancora in espresse in un progetto compiuto.
Per quanto riguarda il Msi la partita è ancora aperta e va giocata senza incertezze all’interno del partito; tuttavia riteniamo che non possa e non debba durare il paralizzante equivoco che ci ha visto esaurire gran parte delle nostre energie negli scontri congressuali e sacrificare il nostro ruolo entro schemi prevalentemente correntizi. Il completo assorbimento nelle contrapposizioni interne ci ha impedito di valutare appieno l’emergere, nello scenario politico italiano, di realtà capaci di interpretare la carica antisistemica di una società stanca dei comitati di affari e delle segreterie dei partiti. A queste realtà Movimento Comunità guarda come interlocutori privilegiati per far maturare possibili alleanze trasversali su temi e battaglie di comune interesse. Con la nascita di Movimento Comunità ci proponiamo quindi di rispondere a due esigenze di fondo: quella di mettere a frutto le esperienze positive realizzate sul versante delle attività parallele e quella di imporre un nuovo punto di riferimento sulla scena del confronto politico e della comunicazione masmediale. Una nuova sigla, con un’immagine aderente al progetto nazionalpopolare, può conciliare queste esigenze apparentemente contrapposte agendo su due livelli: quello del radicamento nel territorio con interventi specifici e localizzati e quello del lancio di grandi campagne politiche, tessendo alleanze con altri soggetti politici interessati.
Il primo livello di intervento dovrà essere affidato a organizzazioni che si occupano di ecologia, volontariato, divulgazione culturale, produzione artistica e, più in generale, di interpretazione di esigenze e bisogni di categoria, di nuovi bisogni sociali.
Al secondo livello Movimento Comunità dovrà immediatamente caratterizzarsi per una serie di campagne che lo pongano al centro dell’attenzione e mettano tutte le realtà ad esso collegate in condizione di sintonizzarsi su alcune chiare opzioni politiche. Dal dibattito del Campo Hobbit V sono emerse alcune preziose indicazioni che saranno la base per una serie di “campagne autunnali” cui Mc intende dare vita.
Uno dei temi individuati è quello dell’indulto per i prigionieri politici, da utilizzare per ripensare criticamente il problema della legittimazione di questo sistema politico e della sua classe dirigente.
Il secondo tema riguarda i referendum contro la partitocrazia: Mc intende entrare a far parte del comitato promotore dei tre referendum su Partecipazioni statali, nomine bancarie e finanziamenti per il Mezzogiorno proposti dal comitato per le riforme guidato da Massimo Severo Giannini.
In politica estera Mc ha già avviato contatti con il Movimento popolare per costituire un comitato per l’immediato riconoscimento della Croazia. Scopo dell’iniziativa è caratterizzare subito Mc come un soggetto politico estremamente sensibile alle questioni connesse al diritto dell’autodeterminazione dei popoli.
Infine, per quanto riguarda l’ecologia, nella prima giornata del Campo abbiamo ascoltato, da parte di qualificati rappresentanti delle Liste Verdi dichiarazioni di piena disponibilità a collaborare concretamente su comuni iniziative ambientaliste. Per Mc e per le nostre associazioni si dischiudono quindi nuovi spazi sia a livello territoriale sia in campo nazionale in occasione del varo del Piano energetico”.
Dura, sulle stesse pagine, la polemica contro Fini. Ecco quanto si scriveva sotto il titolo: “Un reggente solo e male accompagnato” e il sommario della pagina (“Fallisce il tentativa di Fini di dividere l’area giovanile. Due terzi dei dirigenti del F.d.G. disertano i lavori del Consiglio nazionale”):
“Domenica 1 settembre si è riunito, in via della Scrofa, il Consiglio Nazionale del FdG.
L’assemblea, che avrebbe dovuto ratificare il colpo di mano finiano perpetrato con il commissariamento del Fronte, è stata disertata dalla componente che aveva lealmente sostenuto la Segreteria Alemanno.
Del resto partecipare sarebbe stato del tutto inutile, visto il perverso meccanismo statutario che consente al Segretario del Partito di scegliere nell’ambito di una tema eletta dal Consiglio, a prescindere dal numero dei voti di preferenza conseguiti, un uomo di sua fiducia per gestire il trimestre di preparazione dell’assemblea nazionale.
Non c’era quindi modo di far valere la maggioranza di cui pure dispone la nostra area giovanile all’interno del FdG, che è poi la vera causa della caricatura di logica golpista che ha ispirato il siluramento dei vertici legittimamente eletti nell’ultima assemblea del FdG e l’invenzione della reggenza Andriani. Se l’intento era quello di dividere la componente maggioritaria all’interno del FdG, la riunione del 1 settembre deve aver lasciato l’amaro in bocca al Segretario del Partito e ai suoi vecchi e nuovi alleati.
Alla convocazione ha risposto appena un terzo dei membri del Consiglio; fra questi non era presente nemmeno un giovane vicino .alle posizioni di “Andare Oltre”. Una delegazione composta da Augello, Rampelli e Solia si è presentata all’appuntamento solo per sottolineare il senso politico di tante vistose assenze, abbandonando, dopo un breve intervento, una sala semideserta. Secondo copione Andriani è stato quindi eletto Segretario con soli 17 voti – tutti rigorosamente finiani -, mentre quattro consiglieri hanno preferito votare Mania. Per la cronaca è bene ricordare che, attualmente, il Consiglio Nazionale è composto da circa 75 membri.
La votazione ha cosi messo in evidenza il naufragio dell’ ipotesi su cui era stato costruito il commissariamento: alla prova dei fatti una sparuta minoranza del FdG si è prestata a costruire uno straccio di legittimazione per un reggente che rappresenta solo se stesso. Non proviamo alcuna soddisfazione nel formulare simili considerazioni, tuttavia abbiamo la consapevolezza di aver compiuto l’unica scelta possibile e responsabile per chiarire, in questa elezione farsa, quali siano tutt’oggi i rapporti di forza nel FdG, senza scadere in nuove, laceranti polemiche e risse verbali che fatalmente sarebbero scaturite dalla partecipazione ad un dibattito generale.
Solo la convocazione dell’assemblea del FdG nei tempi previsti dallo Statuto, senza ulteriori trucchi e colpi di mano, potrà consentire all’area giovanile di superare questa situazione difficile e paradossale.
Da segnalare ancora un altro “attacco” polemico. Contro Tremaglia e la “campagna estiva filoserba” di Fini. Sotto il titolo: “Vento di destra anche in Serbia?” si poteva leggere:
Una delegazione di dirigenti nazionali del FdG si è recata nel mese di agosto in Croazia per predisporre gli opportuni contatti con l’autorità locali nella prospettiva di coordinare una campagna di aiuti per le migliaia di profughi fuggiti dalle zone dei combattimenti e ammassati nei campi di raccolta. La delegazione ha poi raggiunto e visitato le postazioni della Guardia Nazionale dislocate lungo la linea fra Sisak e Komarevo, a circa 50 km a sud di Zagabria, esprimendo solidarietà ai volontari creati in lotta per il diritto all’indipendenza ed all’autodeterminazione del loro popolo.
Il resoconto del viaggio e le interviste ad esponenti politici, religiosi e della televisione croata faranno parte del dossier “C’era una volta l’Est” contenuto nei terzo numero della rivista Segnavia in distribuzione a metà ottobre. Per richieste di copie e per la sottoscrizione degli abbonamenti (L. 35.000 per dieci numeri) scrivere a Segnavia, Via Gregorio VII, 80 00165 Roma – c.c.p. n. 57171001
I “rautiani” facevano altro; e veniva sottolineato, in notizia incorniciata, dal titolo: “Su «Segnavia» il viaggio del DdG in Croazia”, quanto segue:
Con la consueta profondità di pensiero che caratterizza il suo periodare, l’on. Tremaglia ha tentato di giustificare, con un articolo di fondo sul Secolo, la sconcertante campagna estiva filo-serba del on. Fini. Noncurante del comune senso del ridicolo il nostro intramontabile “esperto” di politica estera si è avventurato in un’ appassionata autodifesa, più o meno sintetizzabile in questi termini: la nuova maggioranza del Msi, lungi, dall’avere simpatie per la banda Milosevic, non riconosce alcuna legittimità al governo federale jugoslavo,edè anzi favorevole all’indipendenza di tutte le Répubbliche balcaniche; per questo – secondo un nesso causale invero un po’ ardito – Fini è andato a Belgrado a chiedere ai Serbi di restituire all’Italia i territori che ricadono sotto la sovranità croata. Tremaglia ha anche aggiunto che il segretario missino ha dimostrato nella sua tournée belgradese coraggio non comune e sprezzo del pericolo. Almeno quest’ultima considerazione nasconde un frammento di verità:
siamo l’unico partito al mondo ad aver espresso solidarietà al sub-imperialismo serbo comunista di Milosevic, ad ignorare i diritti della nazione croata. ad aver chiuso gli occhi davanti ai massacri perpetrati dai cetnici con l’aiuto dell’armata federale. Abbiamo avviato una campagna irredentista nel modo più rozzo possibile, esponendo la minoranza italiana dell’Istria e della Dalmazia al sospetto di nascondere simpatie per i massacratori serbi. Infine siamo stati strumentalizzati dalla stampa di Belgrado, che ha trasformato la delegazione missina in una”rappresentanza del Parlamento italiano” e le dichiarazioni di Fini in un attestato “di solidarietà alla giusta lotta del popolo serbo” .
Per cacciarsi in un simile pasticcio ci voleva davvero un coraggio non comune. Abbiamo reiteratamente invitato l’attuale segreteria a correggere il tiro a rimediare a questo incredibile incidente di percorso, dichiarando l’appoggio incondizionato del partito all’immediato riconoscimento diplomatico della Slovenia e della Croazia.
Ci auguriamo che il nostro appello non sia destinato a cadere nel vuoto.
Rimarrà comunque l’apparente paradosso che ha visto i custodi dei sacro fuoco della “vera destra” nei panni di unici e semivolontari paladini dell’ultimo esercito europeo che si fregia della stella rossa”.




Tra Fini e Tremonti è il secondo che vince


[La data originale di pubblicazione del presente articolo è precedente a quella attuale – © Centro Studi Pino Rauti – Tutti i diritti riservati]

Stanno uscendo – su AN e in particolare su Fini – una serie di articoli sempre più “incisivi” ed anzi sempre più duri. Ovviamente, sono scritti che si pongono nel contesto pre-elettorale e che, essendo “di sinistra”, vanno presi in punta di spillo.

Ma tuttavia sono utili; perché, spesso, forniscono notizie inedite o ne mettono in evidenza di poco conosciute; e poi perché inquadrano “situazioni” che vanno molto al di là del contesto elettorale; e sulle quali è opportuno cominciare a riflettere.

Riprendiamo da “L’Espresso” del 22 maggio scorso un articolo di Massimo Riva, intitolato “Titti Tremonti e gatto Fini”, che fa il punto sul braccio di ferro in corso ormai da mesi tra il vice-premier e il ministro leghista.

Eccone il testo:

“In un paese normale il di­battito sulla conduzione dei conti pubblici si muove di regola entro i binari di un confronto, più o meno acceso, fra la maggioranza e l’opposizione. In Italia, da circa un an­no a questa parte, non è più così. Gli scon­tri politici più aspri avvengono all’inter­no della stessa coalizione di governo, do­ve la sfarfallante opera del ministro del­l’Economia è continuamente al centro di aperte contestazioni da parte di colleghi di gabinetto: in testa a tutti il vicepresi­dente del Consiglio, Gianfranco Fini.

Già di per se grottesca, questa devianza istituzionale ha finito così per assumere le caratteristiche di certi cartoni animati nei quali le situazioni comiche sembrano apparentemente nuove mentre, in realtà, si susseguono secondo uno schema ripe­titivo e monocorde. E, infatti, lo scontro fra il vicepresidente Fini e il ministro Tre­monti assomiglia sempre di più alla nota serie di “cartoons” che hanno come pro­tagonisti Gatto Silvestro e il canarino Tit­ti. Ormai non passa mese o settimana senza che l’astuto Fini-Silvestro escogiti qualche ultimativa trappola per mettere le mani sulla gabbia dentro la quale cin­guetta presuntuoso e arrogante Titti- Tre­monti. Ma ogni volta, implacabilmente, il tentativo si risolve in una disastrosa ri­tirata dello sfortunatissimo gatto. Anche perché, nelle rare occasioni in cui gli at­tacchi di Silvestto-Fini sembrano più vi­cini all’obiettivo, ecco intervenire, come nel celebre filmi­no, la nonna Ber­lusconi che salva l’uccellino in pe­ricolo, coccolan­dolo sotto gli oc­chi furenti e deso­lati del malcapi­tato assalitore.

La prima delle “gag” risale al­l’estate scorsa, con la trovata della cabina di regia della poli­tica economica da insediare a Palazzo Chigi sotto la guida del vicepresidente del Consiglio ed è subito finita con il po­vero Fini seduto in pratica da solo at­torno al tavolo. Poi, si è arrivati alla co­siddetta verifica politica che, nelle in­tenzioni del sempre più infuriato Silve­stro, avrebbe dovuto chiudere definiti­vamente la questione. Ma, anche quel­la volta, gli artigli del gatto non sono riusciti ad afferrare neppure una pen­na del canarino, che tuttora continua a svolazzargli sul muso indisponente e sfottitorio. Nel frattempo la nonna Berlusconi continua ad allettare e a rabbonire Fini con promesse tanto fer­me quanto vaghe, che non servono co­munque a nascondere la sua evidente preferenza per Titti-Tremonti.

Ora, sul tema dei fantasmagorici tagli alle tasse, ci risiamo. Anziché discutere seriamente sull’utilità e, soprattutto, sulla effettiva praticabilità di una simi­le manovra in una situazione di bilancio pubblico tornata ad alto rischio, il go­verno e la sua maggioranza non sanno fare di meglio che offrire al paese l’en­nesima replica del solito, stucchevole cartone animato. Con Fini-Silvestro che riprova a mangiarsi – politicamente, s’intende – il canarino del ministero del­l’Economia e questi che continua a far­si beffe del gatto, al riparo delle sottane di nonna Berlusconi. Peccato che, a que­sto punto, l’inevitabile sentimento di noia sia francamente superato da un senso di vertiginoso sgomento per la te­nuta dei conti pubblici”.




Campania: si spreca un euro ogni tre…


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E’ stato calcolato a più riprese; e ormai le cifre sono acquisite; se la sanità italiana fosse “efficiente” – e si potrebbe anche dire: se fosse normale, risparmieremmo più di 11 miliardi di euro l’anno. Invece – scrive Sergio Rizzo sul “Corriere della Sera” – sprechiamo e basta. Ancora più grave è che il 27% di questa enorme somma, cioè 3 miliardi e 90 milioni di euro, si potrebbe recuperare dalla sola Campania. Secondo uno studio del Cerm, il centro studi guidato dal professor Fabio Pammolli, è la Regione in assoluto più lontana dalla frontiera ideale dell’efficienza sanitaria, che a occhio e croce passa dalle parti del Piemonte e del Friuli-Venezia Giulia. Il calcolo è piuttosto complicato, ma i numeri di quel Rapporto sono sconvolgenti. Nei dieci anni dal 1997 al 2006 la Campania ha speso per la sanità una somma pro capite inferiore del 2,25% alla media nazionale. Ma quei 1.215 euro sborsati per ogni campano sono risultati decisamente troppi rispetto a qualunque standard di efficienza accettabile. In base alla famosa «standardizzazione» della spesa, che dovrà essere il faro del federalismo fiscale, e alla «qualità» offerta, la Campania dovrebbe correggere al ribasso quella spesa pro capite di ben il 31,9%. Banalizzando, gli ospedali e le altre strutture sanitarie avrebbero potuto offrire lo stesso servizio spendendo 388 euro di meno per ogni residente nella Regione. Come se un euro su tre investito nella sanità in Campania venisse gettato dalla finestra. E questo è francamente inaccettabile.

Attendiamo i risultati della strategia avviata dal governatore Raffaele Lombardo, ma dallo studio del Cerm nemmeno la Sicilia esce particolarmente bene. Il divario di efficienza è del 24,7%: si spreca cioè un euro su quattro. Senza che naturalmente i siciliani siano più sani degli altri italiani. Eppure in Sicilia se ne va misteriosamente per le medicine, come dimostra una recente relazione della Corte dei conti, una somma superiore del 37% a quella spesa dal Veneto, Regione del Nord con una popolazione assolutamente paragonabile a quella siciliana (4,8 milioni contro 5).

Andiamo avanti. Dice il Cerm che subito dopo la Sicilia c’è la Puglia, seguita dal Lazio. E qui si può tracciare una linea. Perché se in queste quattro Regioni l’efficienza dei servizi sanitari venisse portata a un livello ottimale, il risparmio sarebbe di quasi 9 miliardi. Con l’unica eccezione della Liguria (e del Trentino Alto Adige, dove alla spesa elevata corrisponde comunque una buona qualità), le Regioni ben al di là della frontiera dell’efficienza sono tutte meridionali. E il Rapporto del Centro studio di Pammolli non può fare a meno di sottolineare come. fra le prime 8 Regioni di questa poco invidiabile graduatoria, ben 6 siano interessate dal piano di rientro della spesa sanitaria…

A Capri Giulio Tremonti ha poi detto di considerare il Sud una «questione nazionale». Il suo collega Renato Brunetta invece ha appena dato alle stampe un libro (Sud, un sogno possibile) nel quale prefigura una seconda spedizione dei Mille per sconfiggere il male oscuro del Mezzogiorno. La realtà è che da troppi anni la spesa sanitaria in certe Regioni è fuori controllo mentre la qualità dei servizi è spesso da Terzo mondo. Se non addirittura peggio…”.

(U.G.)




Pelli di procione: vengono dalla Cina


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Sono arrivate dalla Cina, anche se l’origine presunta (e probabile) sia nordamericana, e subito sono state sequestrate 800 pelli di procione, l’orsetto lavatore con la mascherina nera sugli occhi reso celebre dal film della Disney. Una ramificazione dell’indagine ha poi portato al sequestro di 900 giubbotti contraffatti, prodotti in Cina e pronti alla rietichettatura in Italia, con false etichette ‘made in Italy’. A svolgere l’operazione oggi a Roma, che sul mercato avrebbe fruttato oltre 100.000 euro, ci ha pensato il Nucleo operativo di Fiumicino e la sezione investigativa di Roma della Convenzione internazionale per il commercio delle specie protette (Cites) del Corpo forestale dello Stato, insieme con l’ Agenzia delle dogane di Fiumicino. ”L’importazione di questi prodotti – spiega Ciro Lungo, primo dirigente del servizio Cites della Forestale – è vietata in base a una direttiva comunitaria…

Cresce lo scandalo del “re delle bonifiche”, Giuseppe Grossi. Amico di tanta gente importante – rivelano le cronache – alla quale era uso offrire il suo aereo personale. Tra i tanti beneficiari anche il deputato del PdL, Giancarlo Abelli, di Pavia, longa manus di Formigoni. Tra Grossi e Abelli, molti interessi e affari. Per avere a disposizione una Porsche 911 coupè, Abelli paga un leasing mensile a una delle tante società del re delle bonifiche. Diverso il discorso sui viaggi aerei.
Abelli, per raggiungere il Parlamento, secondo le indagini, si imbarca al martedì direttamente all’aeroporto privato di Linate, proprio a bordo del jet di Grossi. E il percorso inverso lo effettua il giovedì sera…”.



Infanzia/adolescenza situazione a rischio


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Nel VII Rapporto Nazionale che Eurispes e Telefono Azzurro hanno presentato a Roma, si delinea un preciso, ma preoccupante quadro sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza.
VENTIMILA MINORI DEULINQUONO
I minori autori di reato segnalati all’Autorità giudiziaria, nell’Italia del 2005, sono più di ventimila, per la maggioranza maschi ed italiani. Se si confronta l’arco temporale luglio 1997 – giugno 2001 con il successivo arco temporale luglio 2001 – giugno 2005, l’incidenza dei minori denunciati in rapporto alla totalità dei soggetti denunciati è aumentata dal 2,7% del primo periodo (82.176 minori) al 3,1% del secondo (84.283 minori).
Secondo quanto si legge nel VII Rapporto sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza presentato da Eurispes e Telefono Azzurro, reati predatori, cioè gli scippi, i borseggi, le rapine, i furti in abitazione o di autovetture e motocicli, che in media costituiscono il 43% dei reati totali, hanno registrato un’incidenza, nel periodo 2001-2005, di autori minorenni del 10,8%, con un aumento del 2% rispetto al quadriennio precedente. In particolare nei due quadrienni considerati risultano in aumento i furti e le rapine, rispettivamente +1,4% e +41,6%.
Per ciò che invece riguarda i minori denunciati alle Forze dell’ordine per reati connessi all’uso o allo spaccio di droga, questi riguardano il 7% del totale dei denunciati nel quadriennio 2001-2005 per un totale di 6.375 giovani, con una diminuzione dell’8,l % (562 unità) rispetto ai quattro anni precedenti.
LA RACCOMANDAZIONE SERVE
La frase che «la raccomandazione penalizza i più meritevoli e volenterosi». E’ molto condivisa dal 35,6% dei ragazzi e abbastanza dal 30%, mentre il 12,4% esprime un completo disaccordo. D’altro canto, la raccomandazione viene considerata solo un’occasione di inserimento nel mercato del lavoro, una chance per dimostrare il proprio valore, complessivamente dal 65,4% degli adolescenti, mentre è di parere opposto il 30,3%.
Secondo quanto si legge nel VII Rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza presentato da Eurispes e Telefono Azzurro, vere conoscenze ed appoggi viene considerato indispensabile per farsi avanti nel mondo del lavoro dal 22,2% dei giovani ed abbastanza importante per il 36,6%. Si dichiarano poco d’accordo con questa affermazione il 23,9% dei ragazzi e per niente d’accordo il 12,7%.
Un mini campo nomadi per ogni ecocentro. È la prima proposta concreta che tenta di risolvere la questione degli accampamenti di Rom e Sinti sparsi nella provincia che hanno suscitato negli ultimi mesi montagne di polemiche e prese di posizione.
È la Chiesa vicentina a rompere gli indugi con appelli e proposte. TI vescovo si rivolge prima di tutto ai nomadi, ma anche alle comunità cristiane, ai Comuni e alle Ulss: «Possiamo tollerare che questi fratelli Rom e Sinti non abbiano condizioni minime per vivere, terra, acqua, dimora e sentirei a posto come cristiani?».
Così, dopo lo sgombero di via Nicolosi, il fossato di Schio e le denunce dell’associazione Opera Nomadi, arrivano appelli e proposte. Don Giovanni Sandonà direttore della Caritas, un’idea ce l’ha per evitare il sovraffollamento dei campi e gravi condizioni igienico sanitarie: «Trasferiamo una o due famiglie negli ecocentri dei Comuni interessati. In questo modo potremmo risolvere una serie di problemi. In quelle aree sono predisposti allacciamenti per l’acqua e sotto servizi, si tratta di zone lontane dai centri abitati ma comunque non isolati, senza contare che spesso gli ecocentri sono gestiti da associazioni o cooperative che potrebbero rapportarsi con le famiglie nomadi. Un accordo ventennale per esempio – prosegue don Sandonà garantirebbe ai Comuni l’integrazione sul territorio e un impiego per i nomadi visto la loro tradizione nel riciclo dei materiali».



Da un paesino irpino ai Magazzini Harrod's


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E’ questa la strada difficile che tuttavia sono riusciti a percorrere Angelo e Carmine Maietta. Ne scrive su “Il Denaro” Emilia Filocamo: Un piccolo paese dell’entroterra irpino con le sue tradizioni, Ospedaletto d’Alpinolo, e le esclusive vetrine dei magazzini Harrod’s di Londra: in questo matrimonio d’eccezione, fatto di futuro e passato, i protagonisti sono due fratelli, Carmine ed Angelo Maietta, titolari dell’omonima azienda dolciaria irpina. Perché è proprio Harrod’s ad avere esposto i famosi pensierini al cioccolato dei due titolari, una novità golosa a base di torrone morbido e di tanta passione. “La presenza dei pensierini nei magazzini Harrod’s di Londra è stata la soddisfazione più grande che ci ha regalato questa attività – racconta Carmine Maietta – la consapevolezza di vedere un pezzo della nostra terra in una vetrina d’eccezione davanti alla quale passa il mondo.

L’avventura dei fratelli Maietta, ripagata da successi sempre maggiori, inizia in sordina nel 1986. “Ci hanno spinti ad avviare questa attività, oltre alla tradizione familiare, le esperienze di questo paese, da sempre legato alla vocazione dolciaria” chiarisce Carmine Maietta. E il laboratorio di Via Chiusa di Sotto diventa così in pochi anni una fucina di sapori e memorie: dai torroni classici, ai “pensierini”, dai torroni morbidi di tipo siciliano ad una fornita gamma di pralineria.

Ma non ci siamo accontentati di rimanere nel nostro territorio: crediamo profondamente nella necessità di una promozione attenta”- aggiunge Maietta. E infatti le fiere a cui i fratelli Maietta partecipano si susseguono. Fino alla grande, seconda occasione. “Il Fancy Food di New York, sette anni fa, ci ha aperto prospettive incredibili -conferma Carmine Maietta -: è una fiera in cui buyer, molti anche italo americani, sono particolarmente sensibili al fascino dei prodotti italiani di nicchia, delle “chicche più golose”.

Infatti, in breve tempo i prodotti a marchio Maietta raggiungono Canada e Stati Uniti. E non solo: il Cibus di Parma e l’Anuoga di Colonia fanno il resto. “Abbiamo avviato ormai una capillare distribuzione anche nel resto dell’Europa, soprattutto in Francia e Germania” chiarisce il titolare. Senza ovviamente dimenticare la grande distribuzione in Italia, con particolare riferimento al Gs, alla Sisa e all’Ipercoop…”

Angelo e Carmine Maietta – Via Chiusa di Sotto – Ospedaletti d’Alpinolo 83014 (Avellino) Tel. 0825- 691025




Tra poco i quarant'anni della "Azienda Provenza"


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Si avvia al suo quarantennale – l’anno prossimo – l’azienda Agricola “Provenza” le cui basi furono gettate dla rag. Walter Contato che ritrovo’ “la scelta del nome dalle antiche origini provenzali della famiglia”. L’azienda è stata incrementata; dai 12 ettari iniziali agli attuali 30 : crescita graduale, attenta alle tradizioni. dopo la morte nel 96, del rag. Contato, oggi l’azienda è gestita dalla moglie, Cesarina e dai figli Fabio e Patrizia la coltivazione dei 30 ettari di vigneto (per una produzione di circa 400.000 bottiglie annue) è ancora tradizionale. Tutti i trattamenti sono basati sulla “prevenzione”, al fine di evitare lo sviluppo delle numerose malattie della vite. Questo è possibile grazie alla dotazione – unica in Europa – di: Stazione Meteo completa di tutti idati atmosferici. MeteoSat diretto e continuo con il satellite Meteo. Radio ricevente con il Centro Meteo Europeo di Shannon in Irlanda.

contato

La moderna cantina dotata di attrezzature di ultima concezione, permette di intervenire sul vino con molti processi fisici, anzichè chimici, così da tutelare il più possibile la genuinità e la tipicità. L’azienda. grazie all’alta qualità dei suoi vini, ha riscosso molti riconoscimenti sia nazionali che internazionali, come: la medaglia d’Oro di Bordeaux e il prestigioso “Prix d’Excellence” a Parigi. L’esportazione, oltre al nord Europa, raggiunge gli U.S.A., il Giappone e la Thailandia. I vini Provenza sono anche presenti in alcuni “Duty Free” di aeroporti internazionali.

Il Vino Bianco Lugana prende il nome dalla sua piccolissima zona di produzione, situata sulla sponda del Lago di Garda, a Sud di Sirmione. Il terreno costituito da una variegata stratificazione di argilla compatta, è di natura calcarea con intermezzi di piani aventi una diversa colorazione a secondo della sedimentazione micro-organica e dei sali minerali dell’ultima era post-glaciale. Il colore del vino è leggermente paglierino con tenui riflessi verdoglioli. Il profumo molto delicato ha sentor di mandorlo e pesca primaverile.

Il sapore è secco, sapido, e con una inconfondibile freschezza piacevolmente salina nella parte finale. Servito freddo a circa 10°C. è un ottimo aperitivo e un felice abbinamento con pesce e carni bianche.

mappagarda

Azienda Agricola “Provenza” – Cascina Maiolo –
Via Colli Storici
25015 Desenzano del Garda (Brescia)

Tel. +39 030 9910006
Fax. +39 030 9910014
E-mail: info@provenza.net
Sito:www.provenzacantine.it
Autostrada A4 Milano-Venezia
Uscita Sirmione




"Garda Cartiere": ecco un azienda che fa ambiente


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Sono poche ma non mancano in Italia le aziende che si impegnano attivamente ad operare nel “contesto ambiente” o addirittura a suo favore. E merita, fra queste, di essere segnalata la “Garda Cartiere”, di cui troviamo notizie puntuali e dettagliate sulla rivista “Ambiente”.

Leggiamo, che l’Azienda ha scelto da anni, come propria “missione” lo sviluppo sostenibile e che d’altronde l’industria cartaria, spesso ritenuta erroneamente responsabile di “efferati crimini ambientali”, pur essendo a tutti gli effetti un’industria pesante, può vantare, come nessun’altra, una sostenibilità insita nella sua natura stessa: l’impiego di materie prime perpetuamente rinnovabili, la produzione di beni riciclabili ed il ricorso massiccio alla biomassa quale fonte di energia, rappresentano i motori di questa sostenibilitàlt”.

Cartiere del Garda è divenuta così un esempio emblematico di “eccellenza” ambientale, riuscendo a ridurre al minimo il suo impatto sul territorio circostante.Tra l’altro l’Azienda ha sottoscritto un accordo trenterinale con AGS (l’azienda municipalizzata Alto Garda Servizi) e con l’amministrazione comunale di Riva del Garda per l’attuazione di un progetto di teleriscaldamento: un sistema che rappresenta un’importante opportunità di uso razionale dell’energia agendo sulla riduzione dei gas climalteranti e dell’inquinamento locale.”

Sarà possibile riscaldare il 50% lei territorio rivano utilizzando il calore resiiuo dei gas di combustione in uscita dai caminii delle caldaie della centrale termoelettrica della Cartiera, permettendo così alla comunità ocale una riduzione dei consumi pari a circa 3.000 tonnellate di petrolio annue.

Cartiere del Garda oggi si colloca ai primi posti in termini economici e di redditività nel contesto nazionale del settore. Con un fatturato che nel 2004 ha toccato i 242.000.000 Euro e una capacità installata di 330.000 ton/anno, lo stabilimento rivano rappresenta infatti la più grande unità singola di produzione di carte patinate senza legno in Italia.

= “Ambiente” – rivista di Prevenzione e soccorso- Igene e sicurezza =
Dir.re: Francesco D’Andrea e Franco Caruso
Red.ne: Via Felice Casati, 17 – 20124 Milano




Stadi in Italia


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Per Fabio Monti (che scrive sul “Corriere della Sera”) «È indiscutibile che gli stadi italiani siano i peggiori d’Europa e non c’è bisogno di frequentare quelli di Champions League per capirlo. Basta guardare agli impianti di Inghilterra, Germania o Spagna per rendersi conto quanto siamo lontani da una realtà appena discreta. I nostri sono stadi scomodissimi e obsoleti ». Sono parole di Sergio Campana, avvocato e presidente dell’Assocalciatori.

E leggiamo ancora: “Adesso il calcio italiano sta cercando di riguadagnare il tempo perduto nei confronti degli altri Paesi europei. In un clima di incertezza assoluta, è iniziata la corsa all’ideazione di nuovi stadi o alla ristrutturazione di quelli vecchi. In verità, soltanto la Juve si è mossa con determinazione e con un progetto chiaro che fra 600 giorni le consentirà di inaugurare il vecchio stadio delle Alpi, completamente rifatto e di proprietà. Il disegno di legge Crimi è il prodotto di un’intesa trasversale fra maggioranza e opposizione: è stato approvato all’una­nimità dalla Commissione Cultura del Senato, dopo un lungo lavoro di emendamenti e salterà il passaggio in Aula. Ora passa alla Camera, ma con profonde modifiche rispetto al momento della presentazione. Nei giorni scorsi il sottosegretario ai Beni culturali, Francesco Giro, aveva pubblicamente spiegato le perplessità del proprio dicastero: «Siamo di fronte a provvedimenti di legge che permettono una nuova impiantistica sportiva, ma anche dell’altro. Bisogna essere persone serie e pensare a proteggere il nostro patrimonio artistico. L’accordo di programma permette­rà ai Comuni di andare in deroga, cioè di operare varianti al piano regolatore. Si potranno realizzare non soltanto gli stadi, ma anche appartamenti e palazzine in terreni al momento considerati inedificabili…”.

In questo clima di incertezza, si è fatto strada un equivoco, che nessuno sembra in grado di cancellare: secondo questa tesi, rifatti gli stadi, sarebbe automatica l’assegnazione all’Italia, che ha già perso l’edizione 2012, dell’Europeo 2016. Niente di più sbagliato, perché stadi funzionali sono la condizione necessaria, ma tutt’altro che sufficiente per aggiudicarsi la manifestazione (la prima edizione a 24 squadre). C’è tempo fino al 15 febbraio 2010 per ufficializzare la candidatura, ma la concorrenza è fortissima: Francia, Turchia, Norvegia-Svezia. Occorre un impegno diretto del governo e soprattutto la certezza che verranno rispettati i tempi di costruzione dei nuovi stadi. Niente di più difficile, in Italia, come si è visto anche per il Mondiale ’90…”.

Vogliamo approfondire un po’ il tema?

Si. Allora andiamo a vedere tra gli Stadi maggiori d’Italia, quali furono quelli costruiti nel Ventennio.

Eccoli qui: Bergamo (costruito nel 1927); Bologna (1926); Catania (1938); Firenze (1932); Milano (1925); Torino (1932); Livorno (1933); Palermo (1930); Siena (1938).

E ci chiediamo – e chiediamo: se nel Ventennio non fossero state costruite queste strutture sportive, quale situazione avremmo avuto nel dopoguerra? E quale situazione avremmo adesso?

In sintesi: allora, si costruiva. Adesso – e per i quasi 60 anni dal dopoguerra ad oggi – si è fatto poco o nulla. Tanto da ritrovarci – come si diceva all’inizio – ad avere gli stadi peggiori d’Europa”.

Pino Rauti




Imola: ricordati i caduti della R.S.I.


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Riprendiamo dall’«Ultima Crociata», un servizio da Imola che riferisce di una cerimonia organizzata da un gruppo di reduci e familiari dei Caduti che si sono riuniti in Via Aldovrandi (angolo via Morelli), per ricordare, per la prima volta in maniera ufficiale, i dodici imolesi vittime della furia bestiale della folla: Baldini Augusto di anni 43; Bertozzi Aniceto di anni 28; Caola Giovanni di anni 38; Cornazzani Luigi di anni 17; Fedrigo Francesco di anni 17; Folli TIario di anni 17; Mariani Francesco di anni 41; Masi Giulio di anni 20; Minardi Mario di anni 47; Ravaioli Federico di anni 35; Trerè Giuseppe di anni 41; Trerè Pietro di anni 15. Furono trucidati sessandue anni fa, a guerra conclusa, il giorno 27 maggio 1945.

Ricordiamo i fatti tramite la voce del Prof. Merli (Ultima Crociata di maggio 1987): ” … La mattina del 26 maggio 1945 Marta Mariani, una ragazzina che si affacciava allora con gioconda trepidazione alle soglie della vita, veniva a contatto con una realtà alla quale il suo sentimento era assolutamente estraneo. Gente impietosa, sapendola fascista, le comunicava che sul greto del torrente giacevano le salme orribilmente deturpate di sei fascisti: 3 donne e 3 ragazzi. Erano imolesi, già sfollati a Cologna Veneta, in attesa di giorni più sereni per tornare a casa e riabbracciare i loro cari.

Questi i dati anagrafici: Minardi Luciana di 16 anni, Cappelli Speranza in Ravaioli di anni 31, Guidi Iride in Baldini di anni 36, il figlio Alessandro di 16 anni, Ferri Luciano di 19 anni, Tarabusi Amleto di anni 26.

Autori della “meritoria” impresa erano i partigiani di Imola, giunti in camion a Cologna Veneta per fare giustizia, e di qui trasferitisi subito dopo a Verona, per prelevare dal carcere, nel quale erano stati rinchiusi in attesa di processo, 16 ex militari della R.S.I. I soldati alleati che custodivano i prigionieri, con colpevole leggerezza (non potevano ignorare le innumerevoli stragi di inermi eseguite in quei giorni dai delinquenti usciti allo scoperto dopo la fine delle ostilità) li consegnarono ai partigiani, i quali ripartirono prontamente col sospirato carico alla volta della città natale.

Fatta una sosta a Castel S. Pietro, per consentire alla popolazione del luogo di esercitare una prima vendetta sugli sventurati e permettere a un certo tipo di gente di meglio organizzarsi per la “festa” dell’indomani, il 27 maggio appunto, in piazza a Imola giunse il camion.

L’assalto da parte di una folla imbestiata di uomini e donne fu immediato. Ogni arma serviva per rendere più spettacoloso e orrendo il linciaggio.

Ora non intendiamo scendere nei dettagli dell’eccidio. Amore e rispetto per le Vittime e per i loro famigliari ci vietano di riaprire una ferita che stenta a rimarginarsi e che in alcuni casi non si rimarginerà mai più. Basti sapere che i 4 miracolosamente sopravvissuti al massacro, in seguito processati da un tribunale regolare, andarono assolti per non essersi macchiati di alcun crimine … “.