Combattenti RSI Raduno a Littoria


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Si terrà a Littoria (16-17-18 aprile 2004) il 2° Raduno nazionale dei Combattenti della RSI. L’invito a parteciparvi, arriva dal vice-presidente vicario onorevole Asmone Finestra, che lo definisce – e ci sembra assai giustamente – come “Raduno della Memoria”.




Ampia scelta per chi ama l'antiquariato


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Ecco come si presenta l’azienda di Piera Politano & C.:

“Da vent’anni la nostra azienda è apprezzata dagli amanti dell’antiquariato e da chi intende ristrutturare la propria abitazione, con classe e personalità.

Ogni settimana il nostro show room di circa 10.000 mq. si arricchisce di “articoli” pregiati, sapientemente cercati e valorizzati da Piero e Luca Cavallo. È sufficiente affidarsi ai nostri esperti per essere consigliati e guidati alla scoperta delle numerosissime proposte, che variano dall’oggettistica, ai mobili di varie epoche e stili, camini in marmo e pietra, porte, stufe, cancelli e ringhiere in ferro.

Non mancano poi le vasche, le fontane, gli scalini in pietra, i travi ed i travetti, i pavimenti in pietra, legno, cotto, cementine e le maioliche decorate.

La nostra azienda vuole porre l’attenzione sull’importanza e sulla suggestiva bellezza che i materiali antichi sprigionano, ricchi di storia e di fascino, donano in qualsiasi ambiente uno squisito gusto decorativo. Anche per quello che riguarda la ristrutturazione di edifici d’epoca, noi poniamo un occhio di riguardo, proponendo sempre il materiale più idoneo come stile ed epoca, quindi in grado di donare originalità e riportare all’antico splendore l’edificio.

Insomma, abbiamo: mobili, vasche, fontane, scalini in pietra, ringhiere, cancelli in ferro, travi, assi usati, pavimenti… e migliaia di articoli per l’edilizia e l’arredamento.

Leggiamo su Internet:

“Abbiamo deciso di suddividere i prodotti che sono inseriti nella nostra Vetrina Online in quattro categorie .

Nella prima, troverai mobili antichi, ristrutturati o da ristrutturare, o addirittura interi ambienti in stile

Nella seconda potrai trovare tutti quegli oggetti che danno un tocco ‘speciale’ ad una casa, come specchi, lampadari e vasi

Nella terza abbiamo disposto materiale particolare, per edilizia, come colonne, gradini in pietra e statue di vario genere

La quarta, invece si occupa di interni di case, presentanto soffittature, pavimentazioni, piastrelle e quant’altro

Data l’impossibilità di trasferire online il nostro intero magazzino, ti ricordiamo però che è possibile scriverci una email per richiederci qualche oggetto che potrebbe soddisfare la vostra esigenza ma che non ha trovato ancora spazio sul Sito.

E ancora su internet:

La nostra azienda vanta uno SHOWROOM di 3000 mq, all’interno del quale potete trovare mobili antichi e dell’ Ottocento, materiali per edilizia del Settecento e dell’ Ottocento quali pietre, statue, colonne, lastre da balconi e pavimenti, cancelli e ringhiere.

E’ sufficiente affidarsi all’esperienza dei titolari per essere consigliati e guidati alla scoperta delle numerosissime ed interessanti proposte. All’interno della sezione PRODOTTI del sito è possibilie visionare alcuni degli oggetti che potrete trovare nello SHOWROOM.

Vi auguriamo pertanto una buona navigazione con l’augurio di incontrarci presto per riuscire a soddisfare i Vostri desideri.

C.P. Immobiliare – Via Valle Po, 45 – Madonna dell’Olmo – 12020 Cuneo – Tel. 0171 412491 – Email: info@cp-immobiliare.com




E’ morto Salvatore Tringali


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E’ morto, nella sua Giulianova, Salvatore Tringali. Aveva 86 anni. Da tempo ammalato, con gravi patologie cardiache per le quali aveva subito negli anni delicati interventi, non aveva mai voluto arrendersi alla malattia ed il suo fisico, esile ma forte, gli aveva consentito di seguire e coltivare i suoi molteplici interessi culturali e politici.

Di origine siciliana, durante la fase finale della guerra aveva pagato il prezzo dei suoi ideali politici con la dura prigionia riservata negli Stati Uniti ai combattenti non collaborazionisti. Nel dopoguerra si era trasferito a Giulianova per svolgere la sua attività di insegnante con la moglie, scomparsa già da qualche anno, insegnante di francese. Aveva sempre unito all’attività di docente quella, non meno intensa, di giornalista e di uomo politico coerente ed appassionato, decisamente una figura atipica nel clima attuale di degrado totale della vita pubblica.

Corrispondente per molti anni del quotidiano Il Tempo, si era poi dedicato all’attività politica amministrativa a Giulianova dove era stato per anni, soprattutto quelli difficili e pericolosi a cavallo tra la fine dei Sessanta e gli inizi degli anni Settanta, consigliere comunale per il Msi. Stimato da tutti per la preparazione, per la coerenza e per l’intransigenza unita ad un carattere che solo gli amici sapevano essere in realtà fin troppo mite, aveva condotto delle battaglie memorabili in difesa degli interessi della sua città. Giulianova, negli anni dei successi del centro-destra, ha perso la grande occasione di averlo come sindaco competente, rigoroso e di una onestà personale e politica al di sopra di ogni sospetto.

I frutti migliori Salvatore Tringali li ha dati nella sua instancabile attività di formatore di intere generazioni di giovani e di promotore culturale. Per anni, a cavallo tra l’Abruzzo e le Marche, con altri amici indimenticabili come Vincenzo Rosini, ha dato dimostrazioni continue di coerenza, disinteresse ed amore per gli altri dedicandosi, sempre gratuitamente, all’organizzazione di corsi di formazione culturale e politica dai quali hanno tratto vantaggio giovani che nel tempo hanno ricoperto, anche a livelli di vertice, incarichi politici e professionali.

Come non ricordare le sue iniziative editoriali promosse in tempi difficili, come il mensile Europae Imperium, edito nei primi anni Settanta, sulle cui pagine hanno conosciuto le loro prime esperienze giornalisti ed uomini politici di primo piano nel panorama nazionale. Molte cose si potrebbero dire per illustrare i meriti di quest’uomo assolutamente semplice, fino all’essenzialità ed ad una grande modestia unita ad un carattere forte e delicato.

I figli Eliana e Bruno, orientalista la prima ed imprenditore il secondo, sono consapevoli di aver avuto sempre un grande insegnamento morale non formalmente ipocrita, come usa oggi, ma autentico.

I suoi amici ed i ragazzi di un tempo non lo dimenticheranno mai.




Dalla morte di Oppo nuova Vita per tanti


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Cisono morti che “creano” nuove occasioni di Vita. E ci sono lutti – tra i piu’ sentiti e dolorosi per chi si trova a soffrirne – che sprigionano poi impulsi magnifici di nuove attivià. Così è stato per i due “personaggi” di cui intendiamo scrivere e per il lutto che li colpì, con la morte del loro figlio: Resi Madia e suo marito l’ingegnere Salabè, uyno dei pu’ dinamici imprenditori di Roma.

E per illustrare questa, al tempp stesso, dolorosa e meravigliosa vicenda, pubblichiamo quì di seguito qualche stralcio del volume che vi è dedicato:

– Oppo e le sue stanze –

Mi trovo all’ospedale S. Eugenio di Roma, davanti al professor Amadori, il primario del reparto in cui Oppo è stato curato. La sua faccia la conosco bene, così come gli odori, i rumori di questi corridoi. Ci sono parenti che aspettano responsi, altri che camminano sottobraccio con pazienti senza capelli, senza ciglia né sopracciglia, pazienti sottoposti a chemioterapia. Mi rivedo anch’io lì, insieme a loro, nelle varie fasi della malattia di Oppo. Per un attimo ho perfino nostalgia. E’ la prima volta che vengo in ospedale senza mio figlio. Il suo cuore ha smesso di battere pochi giorni fa, sono confusa, stordita.

Ho ancora nelle orecchie le parole del funerale, negli occhi le facce attonite dei compagni di scuola di Oppo, sulla pelle i baci di tante persone che a stento riconosco. Tutto mi è scivolato addosso. Troppo forte, è un dolore che mi allontana, mi coglie impreparata. Ho un ronzio nella testa: l’aereo, il ritorno da Houston, la bara che non si trova, che non viaggia con noi nel nostro aereo. Le pratiche burocratiche, la lingua americana che comprendo a fatica. E ancora quel momento, quell’attimo in cui le macchine, alle quali era attaccato, indicano che Oppo non c’è più. Quell’attimo in cui ho la certezza, chiara, nitida, che lui, al contrario, è più che mai accanto a me, accanto a noi, sua madre e suo padre.

Mi sono persa per un istante. Ora ho di fronte il professor Amadori e Oppo accanto a me, dentro di me. Si, può sembrare strano, ma è proprio lui che mi ha spinta a venire qui. Perché? Ora non ha più bisogno del S. Eugenio. Eppure sento che qui, nella sofferenza di coloro che lottano con la sua stessa malattia, c’è lui, c’è ancora lui.

“Ho pensato, insieme a Mario, di donare all’ospedale una sala d’attesa – dico determinata ad Amadori -una sala in cui i parenti dei malati possano essere accolti con poltrone dove riposare, bevande per sostenersi, e tutti quei conforts che sono indispensabili. “Sarebbe bello – conviene con noi il professore – ma c’è qualcosa di più importante della sala d’attesa. La degenza nelle camere sterili è obbligatoria per la guarigione. Ma in Italia non sono molti gli ospedali che dispongono di camere sterili singole, dove è possibile effettuare il trapianto del midollo con strumentazioni idonee. La situazione può e deve essere migliorata”. Chiediamo quanti soldi occorrono relativamente al suo reparto. La risposta è: quattro miliardi. (siamo nella primavera del 2000) Vacillo. Impossibile, penso sulle prime. Mario si illumina. Perché no, se Oppo lo vuole?

Personalmente sono convinta che è proprio Oppo a suggerirci che ce la possiamo fare. Come? Non lo so proprio. So che l’impegno lo ha preso lui e che dunque proprio lui ci guiderà. E’ passato più di un anno da quell’incontro. Ormai l’associazione Oppo e le sue stanze è una ONLUS, vale a dire un’organizzazione non lucrativa riconosciuta dalla Regione Lazio. La Regione Lazio ha stimato il solo progetto esecutivo per le camere sterili, presentato da Mario, per un valore di trecentottanta milioni.

L’Associazione è nata a febbraio del 2000, in soli dieci mesi hanno aderito circa seicento soci. Il ventiquattro maggio dello stesso anno, giorno del compleanno di Oppo, c’è stato un pranzo inaugurale. Da allora, si sono moltiplicate le manifestazioni di solidarietà in memoria di Oppo, molti giornali ne hanno parlato, perfino qualche telegiornale. Testimonials – si dice così? – prestigiosi, che per la maggior parte non conoscevo prima, hanno prestato gratuitamente la loro ‘immagine’ per seminari di studio, maratone, gare di nuoto, partite di calcio, mercatini dell’antiquariato, addirittura il derby del cuore degli attori contro i cantanti. Incredibile, io non ho fatto nulla. O quasi. Gli incassi? Tutti nel salvadanaio delle camere sterili di Oppo e le sue stanze. Non avrei mai immaginato di avere tante amiche, tante mamme di compagni di scuola che quotidianamente stabiliscono ‘turni svizzeri’ per darsi il cambio nella segreteria dell’associazione, facendo marciare un’organizzazione che io stessa stento ancora a credere che esista davvero. E invece, grazie a tutti, dopo soltanto pochi mesi dalla sua fondazione, può già contare su una cifra significativa. E questo mi lascia sperare che continueremo a ricevere aiuto fino a realizzare il nostro progetto…..

In ospedale avevamo appena lasciato genitori, pazienti che venivano dal meridione. E il giorno dopo li incontravamo di nuovo, molti avevano dormito su una panca, lontani dal loro familiare ammalato, infreddoliti, stanchi, scoraggiati. Non si lamentavano per non deprimere il parente che stava male. Non solo. Ho ascoltato anche racconti di lunghe malattie che avevano messo sul lastrico intere famiglie, costrette a mantenersi fuori casa. Ora è chiaro, Oppo mi ha mandato un messaggio: si vuole occupare di loro, ci dobbiamo occupare di loro. Oggi, i familiari dei malati ematologici del S. Eugenio, possono avere voli Alitalia, ospitalità con prima colazione in alberghi convenzionati, buoni – pasto, buoni-benzina. Il tutto gratuitamente, telefonando a Oppo e le sue stanze. Rispondiamo noi, ma è come se rispondesse direttamente lui….”

a cura di Pino Rauti
oppo

Adolfo Jr. Salabè
Oppo, per tutti noi

Associazione “Oppo e le sue stanze” –
Iniziativa per le infrastrutture, lo studio, la prevenzione,
la cura dei tumori e per l’assistenza dei malati e dei loro familiari – Segreteria: Viale SS. Pietro e Paolo, 24 –
00144 – Roma – Tel. 06.5925269 – Fax: 06.5925989 – Cell. 335.363952
Sito: www.oppostanze.it




Calabria: come si è arrivati al muso antichi mestieri


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E’ un vero e proprio “viaggio dell’anima” quello che occorre seguire per capire che come si è giunti al Museo Antichi Mestieri di Calabria; e anche, come vedremo, al Museo della Scienza e della Tecnica, che è il terzo in Italia dopo quelli di Milano e di Napoli.

E l'”anima”, appassionata e realizzatrice, è quella di Benito Badolato, che oggi vive e lavora a Tropea, in Viale Stazione.

Storia lunga, la sua. Che qui possiamo appena sintetizzare, ricordando come Badolato sia il stato dal ‘62 al ‘70 docente di macchine utensili presso l’istituto Zerbini di Torino, dopo essersi specializzato al “Camerana” dell’Unione Industriali.

Tropea, che negli anni 70 si apriva al turismo, ha portato alla mente di Badolato i luoghi della sua infanzia, quando, dopo, le ore di lezione, sì aggirava per il centro storico e guardava i piccoli negozi di artigianato dove facevano bella mostra le  statuine di argilla.

Ma non erano come quelle che lui teneva conservate nel fondo della memoria, così dar forma ai suoi ricordi lo ha completamente vinto. Ha cominciato a costruire le statuine per sè, cercando, tra i ricordi, i personaggi che avevano popolato la sua infanzia; era quello il tempo in cui nacque l’ombrellaio, il calzolaio, il taglialegna, il pastore, e persino l’ubriacone felice e ridanciano con la bottìglia di vino e il bicchiere pieno tra le mani.

Il suo ingegno aveva prodotto dei piccoli, veri capolavori. Una dopo l’altra, le statuine erano diventate talmente tante da consentire, nel 1975, l ‘apertura di un piccolo negozio che l’Artista ha chiamato “Il Faro” perchè, all’interno, era come se un fascio dì luce avesse illuminato il buio del tempo facendo rivivere il mondo dei suoi ricordi.

Le sue statue erano belle, aggraziate e originali anche nei vestiti per i quali si è avvalso dell’aiuto della moglie Rosetta che, con passione e dedizione, da sempre si è prodigata a cucirli ricercando stoffe particolari per adeguarli al periodo a trattarli con resine speciali perchè si adagiassero con grazia lungo le forme.

Nel 1980, è riuscito ad aprire un laboratorio artigianale. Poi una nuova scommessa con se stesso: “dare vita” alle statue. Dopo vari studi e tentativi, è riuscito nel suo intento costruendo statue animate con l’impiego di tecniche e meccanismi sofisticati. Da allora è salito agli onori della cronaca; le sue creature hanno suscitato l’interesse delie televisioni e della stampa. Dalle semplici statue animate, in seguito, è approdato alla “Mostra degli antichi mestieri” che ha aperto nel 1999 Solo una grande passione dettata, forse, da una profonda nostalgia per i luoghi della sua infanzia, poteva sostenerlo nell’immane opera che è riuscito a mettere su. La mostra è composta da un centinaio di “Statue Animate” che raccontano,  la vita dell’uomo intorno agli Anni Quaranta.

Gli artigiani dell’epoca sono rappresentati intenti a svolgere i loro mestieri mentre si muovono con fare affascinante. E adesso, il suo estro, ha elaborato un nuovo gioiello: il Museo della Scienza e della Tecnica.

L’intento principale dì questa sua ultima fatica,è quello di affiancare il lavoro della scuola e di essere un’importante sussidio didattico per tutti gli studenti, della Scuola dell’obbligo alla superiore.

Per il museo, Badolato ha scelto decine e decine di argomenti di scienza e tecnica, selezionandoli tra quelli che maggiormente hanno influito sulla civiltà tecnologica cambiando la vita dell’uomo e rendendola migliore. Gli oggetti selezionati sono tutti visibili nelle parti che li compongono ed è possibile osservare, soprattutto, i vari meccanismi che ne permettono il funzionamento.

Nel Museo è possibile ripercorrere anche le tappe più importanti delle invenzioni avvenute nell’ultimo secolo. In definitiva, il lavoro di questo Artista ripercorre le fasi dell’intelligenza umana.

Al Museo della Scienza e della Tecnica e possibile “memorizzare” attraverso l’animazione i seguenti contenuti culturali:

1) Dalla pila di Volta all’accumulatore; 2) La centrale idroelettrica; 3) Gli effetti della corrente elettrica; 4) Il parafulmine; 5) Il telefax; 6) L’apparecchio radio; 7) Il televisore; 8) Il telegrafo; 9) Il frigorifero; 10) Le macchine semplici; 11) L’attrito; 12)La ruota; 13) i freni; 14) La trasmissione del moto rotatorio; 15) La macchina per cucire; 16) Il trapano elettrico; 17) La macchina per scrivere; 18)La ruota idraulica; 19) La bicicletta; 20) Il motore a scoppio; 21) L’autovettura; 22) La motocicletta; 23) L’armamento ferroviario; 24)La locomotiva a vapore; 25)Il locomotore; 26) La nave; 27) L’aereoplano; 28) Meridiana-Clessidra-Orologio; 29) Cinema-Fotografia-Occhiali; 30) I fiammiferi; 31) Le macchini utensili; 32) La chirurgia plastica in Calabria nel XV e XVI sec.; 33) Gli organi del corpo umano; 34) Lo scheletro umano 35) Invenzioni e scoperte dei ‘900; 36) I minerali; 37) I combustibili; 38) L’alimentazione;

Al Museo degli antichi  mestieri, attraverso le sue “statue e animate”, l’artista ha voluto “rivivere il fascino dei ricordi della sua fantasia vissuta intorno agli anni 40” e ricorda quando, ancora ragazzo, trascorreva il suo tempo libero visitando con grande interesse e tutti gli artigiani dell’epoca. Il museo comprende i seguenti settori: lavorazione del legno; lavorazione dei campi; lavorazione dell’olio; lavorazione delle castagne; lavorazione della lana; lavorazione del latte; vinificazione; mulino; allevamento e macellazione; calzolaio; ombrellaio; fabbro e maniscalco; stagnaro e affilatori; importanti artigiani (vasaio, calzolaio, scalpellino ecc.); la fiumara e i suoi personaggi

Creazioni artistiche “Il Faro” di Rosa Colazione – via Carmine, 68 – 89861 Tropea  (VV)

Tel e Fax: 0963 62741 – Cell. 33894304 /3396583547

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Altro che Italia "minore"! Il Centro di Cultura e Storia Amalfitana


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C’è davvero da sorridere – e da irridere – quando si legge di “Italia minore” e cioè di tutto quello che avviene o che si fa al di fuori delle metropoli e dei centri maggiori. Nella Italia cosiddetta “minore” c’è tutto un sterminato retroterra, invece, ricco, assai ricco, anche di corposi contenuti culturali. E, avendone intenzione di farne conoscere molto, di questa Italia cominciamo – per dare un esempio probante della nostra tesi – con il “centro di Cultura e Storia Amalfitana”. Un Istituto che si batte da anni per il recupero, la conoscenza completa e il rilancio della memoria storica locale.

Dovremmo far seguire molte pagine di questo nostro sito per esporre in modo completo le attività del Centro di Amalfi ma una sintesi crediamo basti, in questa prima occasione, a fornire un quadro preciso.

Ad esempio, tra i volumi editi di recente, abbiamo: “Le culture artistiche del Medioevo in Costa d’Amalfi”, di Antonio Braca – (pgg. 367 euro 28,00) e, recentissimo, “Le arti dell’acqua e del fuoco” – “Le attività produttive protoindustriali della Costa d’Amalfi” (pgg. 291 – euro 25,00).

Un’approfondita analisi, arricchita da un notevole apparato iconografico, che osserva l’evolversi storico delle manifatture della carta, della lana, della ceramica, del vetro, delle paste alimentari, della calce e le vicende più antiche, della carpenteria navale, intimamente legate ai fiammeggianti anni della Repubblica Marinara. In questo volume la storia dell’economia e della società, la storia delle tecniche di produzione, la narrazione storica e l’archeologia industriale si fondono in un insieme denso d’informazioni che unisce, nell’indagine, Passato e Presente, nella convinzione che occorre rileggere l’esperienza storica complessiva per poter apprezzare un futuro che oggi appare sempre meno leggibile.

Ed ecco quello che vorremmo sottolineare a chi ci segue: il centro di Cultura e Storia Amalfitana è un’Associazione culturale operante nel territorio della Costa Amalfitana per finalità di ricerca e divulgazione nel campo della storia e dell’arte locale. L’Ente è inserito nella tabella degli Istituti di rilevante interesse culturale nazionale del Ministero Beni Culturali e Ambientali di cui alla Legge n. 123/80 e nella Tabella degli Enti, Istituti, Centri di Pubblica Ricerca, Dipartimenti Universitari, Fondazioni ed Associazioni di rilievo regionale (Bollettino Ufficiale della Regione Campania N.11 del 17.02.1986), ai sensi degli Artt. 2 e 3 della L.R. 49/85, è, inoltre, iscritto all’Anagrafe degli Enti Nazionali di Ricerca del Ministero della Pubblica Istruzione (cod. E 189026 M).

Il Centro svolge fin dall’istituzione attività culturali rivolte allo sviluppo degli studi storici, alla salvaguardia del patrimonio librario, documentario ed archivistico, alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio storico – artistico del territorio della Costiera Amalfitana comprensiva di tredici Comuni della Provincia di Salerno ed alla divulgazione della cultura locale mediante: -apertura al pubblico, mantenimento e costante potenziamento della Biblioteca di Storia, Arte e Cultura Amalfitana, regolarmente funzionante ed aperta al pubblico presso la Sede del Centro; – organizzazione di una Foto – diapoteca dei Beni Culturali del territorio della Costiera Amalfitana aperta alla consultazione di studiosi, di cultori della storia dell’arte locale e del pubblico in genere; -diffusione di fonti documentarie locali di tipo archivistico di cui si è provveduto al recupero, inventariazione, trascrizione e pubblicazione; -edizione di un periodico semestrale e di varie collane di saggistica storico – artistica e di cultura varia comunque riguardanti l’ambiente culturale Amalfitano.

Le iniziative culturali del Centro sono affidate ai seguenti settori operativi ed ai relativi responsabili di settore: 1 – Biblioteca di Storia, Arte e Cultura Amalfitana – Responsabile: Dr. Giuseppe Cobalto; 2 – Archivio Storico della Costiera Amalfitana – Responsabile: Prof. Saverio Manzi; 3 – Foto-diapoteca dei Beni Culturali del territorio della Costiera Amalfitana – Responsabile: Arch. Nicola Franciosa; 4 – Edizioni di Fonti – Saggistica storica e storico – artistica Periodico: “Rassegna del Centro di Cultura e Storia Amalfitana” Responsabili: Prof. Gerardo Sangermano, Prof. Andrea Cerenza, Dr. Luigi De stefano; 5 – Didattica, divulgazione, programmazione culturale – Responsabile: Prof. Giuseppe Gargano.

Tra le iniziative prese prima del periodo estivo, segnaliamo:

Segreteria: Centro di Cultura e Storia Amalfitana – Via Annunziatela, 44 – 84011 Amalfi (Sa) – E-mail: ccsa@amalficoast.it – Dal lunedì al venerdì: ore 8.30 – 13.30, inoltre luned’, mercoledì e venerdì: 8.30 – 13.30 e 16.30 – 19.30




Un "brigante" rivalutato


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Leggo su “l’Avvenire” del 29 maggio scorso, un titoletto a una colonna: “Sud rivalutato brigante antisabaudo”. Eccone il testo della breve nota:

“La storiografia ufficiale lo ha per decenni descritto come uno spietato brigante, ma il comune natale di Piaggine, nel Salernitano dopo approfondite ricerche, ne ha valutato le gesta come degne di un patriota e per questo lo ha riabilitato intitolandogli una piazza. Giuseppe Maria Tardio fu un controverso avvocato: nell’800 sarebbe stato capo brigante e fedelissimo di Francesco II dopo il 1861. Dopo mesi di ricerche, gli amministratori di Piaggine sono giunti alla conclusione che Tardio non fu, come vuole la storiografia ufficiale, autore, insieme con un piccolo esercito di briganti, di sacche ed episodi di efferata crudeltà (tra i quali l’uccisione di un frate cappuccino colpevole di idee filo-sabaude), ma un patriota che si è battuto a difesa del bisogni dei cilentani e del Regno di Napoli. Dopo l’intitolazione della piazza, gli amministratori promettono la nascita di una fondazione per la rivalutazione storica del fenomeno del brigantaggio”.

La notizia mi incuriosisce, cerco di approfondirla, di “documentarla”. Cerco qualche dato, anzitutto su Piaggine, che viene definito – su Internet – “uno dei centri più vivi ed animati del Cilento interno” anche per le iniziative che prendono varie associazioni locali “per la tutela e conoscenza delle bellezze paesaggistiche”. Ecco qualcosa su quelle attività:

Il Gruppo verde Appennino porta avanti da anni il progetto di ripopolamento del Cervo con la sua Oasi faunistica del Cervo.

Nella prima domenica di maggio organizza, con il Patrocinio della provincia e del Provveditorato agli studi di Salerno la Festa ambiente scuola con mostre in tema ambientale organizzate dai ragazzi di tutte le scuole del salernitano.

La Pro Loco Cervati è motore di iniziative culturali e varie manifestazioni di carattere ludico sportivo, come la tradizionale Coppa Cervati per giovani calciatori ed il festival rock cilentano per giovani musicisti del Cilento.

Queste manifestazioni hanno luogo tradizionalmente nel mese di agosto.

Per informazioni 3479224502/3472936562.

Il 2 luglio ed il 21 agosto di ogni anno si organizzano fiere tra le più visitate del salernitano dove vengono esposti prodotti tipici dell’artigianato locale e specialità gastronomiche.

Tradizioni e cultura

Piaggine è un paese tradizionalmente dedito alla pastorizia, ricca e fiorente fino agli inizi degli anni sessanta con la produzioni di formaggi di notevole qualità come il caciocavallo e la “manteca” burro avvolto in una corteccia della stessa pasta utilizzata per i caciocavalli.

Gli ultimi pastori rimasti producono ancora con gli stessi tradizionali metodi queste vere prelibatezze del palato che è possibile gustare nelle escursioni montane o trovare in loro, insieme ai tradizionali insaccati prodotti con maiali allevati con prodotti naturali e biologici.

Delle antiche tradizioni locali resta memoria nei bellissimi portali in pietra, scolpiti da antichi maestri scalpellini, negli utensili in legno, nelle stupende balconate in ferro degli antichi palazzi.

Piaggine ha dato molto alla cultura del Cilento con illustri personalità che si sono distinte nei più svariati campi della cultura, della medicina, delle scienze e della politica.

Leggo ancora, sul Turismo:

L’amministrazione Comunale di Piaggine, con il concorso delle locali associazioni e operatori sta svolgendo un’attenta riflessione rivolta ai profondi cambiamenti che stanno caratterizzando la domanda turistica e, di conseguenza, alle nuove strategie da mettere in campo al fine di definire una nuova offerta di qualità.

Forti della collaborazione del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano si portano avanti iniziative varie tese a venire incontro alle esigenze di un cambiamento che oggi si pone necessario per riposizionare il turismo montano al centro del mercato e degli interessi della clientela.

Per questo stiamo sostenendo le politiche di riconversione del centro storico a paese albergo, dove potrete trovare ospitalità diffusa e offerte break and breakfast, oltre alle tradizionali strutture ricettive alberghiere di Piaggine e dei paesi limitrofi.

“La montagna in tutte le sue stagioni”, è il nostro obiettivo e quindi sosteniamo la promozione dei nostri territori esaltandone tutte le qualità e specificità, dai 331 della valle del Calore ai 1899 metri della sommità del Cervati, con l’attenzione rivolta ai temi ambientali, agli sport tradizionali, all’enogastronomia, alla tradizioni e all’artigianato.

Sono coinvolte tanto le imprese operanti nel settore della ricettività e del turismo organizzato quanto quelle aventi una tipologia d’attività più specifica quali guide, operatori del turismo alpino (escursionismo, trekking, parchi, alpinismo, arrampicata, rifugi, mountain-bike, equitazione, parapendio, canoa…).

Per informazioni specifiche si prega di contattare la locale Pro Loco.

Piaggine, insomma, è uno dei mille e mille “centri minori” della nostra Italia; dove “scavando” fra storia locale, tradizione e folklore e puntando con i intelligenza sul turismo culturale, si tenta di invertire quel fenomeno di desertificazione che, per decenni, specie al Sud, ha imperversato ovunque.

Anche Piaggine ha subito il fenomeno della emigrazione (667 persone risultano emigrate sulle 3.212 che una volta contava il paese).

Ha dalla sua “un caratteristico agglomerato di case in pietra, con numerosi palazzi nobiliari risalenti al settecento, che riportano incisi nella chiave di volta gli stemmi dei casati delle famiglie del posto. Ricordiamo per il notevole pregio architettonico” palazzo Vairo, Palazzo Tommasini e Palazzo Bruno…Inoltre, lungo il corso del fiume Calore si aprono suggestivi scorci di natura incontaminata, nella quale effettuare escursioni alla ricerca di rari esemplari della flora e della fauna locale.

Ma a me interessa – per questo nostro nuovo Sito su Internet – il “Brigante rivalutato” di cui all’inizio.

E finalmente ecco cosa trovo, su Internet in un sito ricchissimo di notizie sul Brigantaggio meridionale. Trovo quello che su di esso scrive Bosco Fioravante e che mi permetto di riprendere solo in parte.

Leggo (dopo una introduzione nella quale si sottolinea che il suddetto “brigante” era “un uomo molto colto; infatti si era laureato nel 1858, a 24 anni, presso il Reale Liceo di Salerno) che egli si definiva “capitano comandante le truppe borboniche”; leggo, dunque:

Giuseppe TARDIO: studente brigante che comandava nel Salernitano una comitiva. Giovane di agiata famiglia che, dopo un viaggio a Roma ed i contatti con il Comitato Borbonico, tornò in paese per fare il capobrigante nel Cilento. Con la sua banda di circa 100 uomini fece irruzione in Agropoli, Laurito, Centola ed altri centri, disarmò la Guardia Nazionale di Futani. Nonostante fosse stato ferito ed avesse avuto un gran numero di morti nel suo gruppo, Tardio non desistette, si spostò nel Vallo di Diano e devastò case e poderi di liberali. Gli sbandati lo seguivano a valanghe. Fu attivissimo agitatore e trascinatore per tutto il 1862 e parte del 1863, fino all’attacco definitivo che gli fecero Carabinieri e Guardie Nazionali a Magliano Grande. Di Tardio si perdette ogni traccia, forse emigrò. Ma non fu il solo studente che combatté i piemontesi. Almeno altri due studenti furono accaniti combattenti contro i piemontesi, come risulta da un processo del 1864 citato dal Molfese. Tardio lanciava proclami “ai popoli delle Due Sicilie” incitandoli a schierarsi “sotto il vessillo del legittimo sovrano Francesco Il contro il fazioso dispotismo del subalpino regime” firmandosi, “Capitano comandante le armi Borboniche”; non soltanto emanava proclami ma anche ordini di pagamento, talvolta eseguiti dalle autorità municipali.

Comune di Piaggine – Piazza Umberto I – 84065 Piaggine (SA) – Telefono 0974 942014.




Quando per i poveri c'era un palazzo - città


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A chi cercasse qualcosa che non solo in termini di “simbolo” sia capace di dimostrare quanto “grandi” fossero le strutture sociali esistenti al tempo dei Borboni, c’è il “Reale Albergo dei poveri” (RAP) sul proprio in questi giorni si sta tanto discutendo a Napoli.

Vi ha dedicato, sul “Mattino”, un articolo bellissimo Chiara Graziani, che ha visitato personalmente “quei corridoi monumentali e inaccessibili”, là dove c’erano “cento laboratori per imparare un’arte…”.

C’è tutto un «combattimento» da sostenere perché il RAP riemerga dal degrado e dall’abbandono; e anche su questo si sofferma la Graziani.

Leggiamo insieme il suo articolo:

“Bisogna immaginarsi un uomo che sogna una città a nove piani, attraversata da luce, acqua e aria in orizzontale ed in verticale, insieme trasparente e segregata, divisa in strade assegnate ai vari percorsi della vita: mangiare, lavarsi, dormire, pregare. E migliaia di individui, tutti i giorni, a scorrere lungo quelle vie monumentali e obbligate. L’uomo poi si sveglia e disegna qualche cosa che la sua vita e le casse del regno delle due Sicilie non basteranno a edificare. Il sogno incompiuto di Ferdinando Fuga, architetto dei papi, è il Real Albergo dei Poveri di Napoli; ossia la città di geniali rovine su nove livelli, proprietà del Comune dall’80, che ha rischiato la morte per disfacimento lento a partire dal terremoto che aveva fatto crollare un’ala uccidendo alcuni fra i suoi ultimi ospiti. Vent’anni e quarantamiliardi (di lire) dopo il terremoto il Real Albergo, o Rap secondo l’ acronimo settecentesco, inizia una nuova vita. Anche se non è detto che abbia definitivamente invertito la marcia verso la disgregazione.

Il Mattino è voluto entrare in quei corridoi monumentali e inaccessibili per i quali il numero delle idee (città della musica, sede istituzionale europea, borgo artistico) è inversamente proporzionale alla disponibilità di fondi per realizzarle. Troppo geniale, troppo grande, troppo fuori dagli schemi, troppo patrimonio dell’umanità, il Rap non è catalogabile. È una sorta di Pompei a piazza Carlo III, in bilico fra la disgregazione definitiva e salvezza. Questo, paradossalmente, non aiuta a trovare finanziamenti.

Rocco Papa, da assessore prima e da vicesindaco poi, si è sempre scontrato con la fatale obiezione: e che ne facciamo poi? La lotta per i fondi, ha capito Papa, andava fatta, e sarà fatta, passo passo. Braccio del Comune – voluto nel’99 dall’allora sindaco Antonio Bassolino e confermato oggi da Rosa Iervolino – è l’ufficio Progetto recupero del Real Albergo dei Poveri, affidato all’architetto Carmela Fedele. Dal’99 ad oggi tanto si è fatto con la politica del passo dopo passo.

Il degrado micidiale è stato almeno arginato, grazie a tre cantieri che stanno risanando i crolli dell’80. Occorrono, però, altri 70 milioni di euro per completare il risanamento, completo di impianti e infissi. Ed almeno altrettanti per renderlo adatto ad un nuovo uso. Da aprile sono cominciati i sopralluoghi al Rap dei vincitori del concorso internazionale, un consorzio italo-francese guidato da Giorgio Croci e Didier Repellino. Il loro incarico, firmare un progetto per l’ «intera scatola» (come si dice in linguaggio tecnico).

Un progetto che restituisca a Napoli la città dei poveri, con i suoi cento laboratori per imparare un’ arte, i suoi confessionali per la redenzione dell’anima, i suoi dormitori immensi, la basilica incompiuta che, nel sogno di Fuga, doveva sormontare la facciata monumentale e che sopravvive come proiezione di quelle mura interrotte che seguono il profilo di una stella al cui centro doveva sorgere l’altare. L’incarico è: rifarlo come Fuga lo lasciò. E rifarlo incompiuto. I fondi? Al momento bastano a pagare il progetto, il che è moltissimo. Per il resto occorrerà combattere.

Viaggiare in questi luoghi trasformati in un bosco dai regali del vicino Orto Botanico, qua e là disboscati e sondati da un robot telecomandato e calato con la gru, è entrare in un sogno geniale ed inquietante. Ottomila poveri, duemila addetti, nove chilometri di corridoi larghi cinque metri (varrebbe dire la larghezza di una strada con marciapiedi), volte a perdita d’occhio, finestre che infilano la luce di altre fila di finestre, di porticati e cortili, perché l’albergo dei poveri non era nè cupo nè spettrale.

Era un circuito senza uscite in cui – maschi da un lato femmine dall’ altra – una gran mano sospingeva il poveretto da mattina a sera lungo la via migliore tracciata dal sovrano: lavoro, igiene del corpo e dell’anima. E le mura avevano, letteralmente, occhi. Occhi che consentivano dai corridoi dei sorveglianti la vigilanza sulle vie, più in basso, dei sorvegliati. Videosorveglianza del secolo diciottesimo.

Occhi, finestre, canali di scorrimento delle acque e di ventilazione dovranno essere liberate dagli interventi di secoli. Interventi di chi ha abitato, a vario titolo, la città di Fuga in 250 anni: operai, artigiani, tintori, soldati americani, garagisti, gestori di palestre, scuole automobilistiche, licei, baraccati, oltre ai poverelli ed ai ciechi. I progettisti italo-francesi stanno valutando come salvare la meravigliosa incompiutezza del sogno di Fuga che continua a sopravanzare la stessa genialità di quel che è stato costruito: il tufo esposto da due secoli e mezzo alle intemperie è risultato, ai sondaggi, molto fragile. Alla fine architetti ed ingegneri hanno dato una prima valutazione: due tre anni per riaprire alla città la sua Pompei di piazza Carlo III. La battaglia dei fondi può riprendere”.




Regno delle Due Sicilie


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(REGNO DI NAPOLI)

Il Regno delle Due Sicilie (cosí ufficialmente chiamato dal 1816 riportando in auge un antichissimo nome risalente ai Re d’Aragona) era uno dei piú antichi stati italiani, essendosi costituito nella sua integrità fin dal secolo XII sotto la casa di Svevia e cosí rimasto, pur attraverso una serie di passaggi da un dominio all’altro, fino all’unificazione politica di tutta la penisola. Dal 1734 regnava a Napoli un ramo dei Borboni di Spagna, staccatisi a loro volta dalla Casa Reale di Francia. Carlo di Borbone (VII come Re di Napoli), figlio di Filippo V di Spagna e di Elisabetta Farnese, già duca di Parma, conquistò il regno togliendolo agli Austriaci a seguito di una campaagna connessa con la guerra di successione polacca e tale conquista gli fu riconosciuta poi dal trattato di Vienna (1738). A Napoli Carlo diede inizio ad una Dinastia che divenne presto napoletana a tutti gli effetti (gli stessi sovrani erano soliti esprimersi correntemente in puro dialetto partenopeo) e trovò nelle classi piú umili della popolazione il principale sostegno del suo trono. Contrariamente a quanto spesso affermato, il Regno delle Due Sicilie era, infatti, uno Stato del tutto indipendente e retto da sovrani italiani: non deve dimenticare l’offerta fatta a Ferdinando II della corona di Re d’Italia da parte di un congresso di liberali tenutosi a Bologna nel 1833.

I Borboni, però , non avevano ambizioni di conquista ed erano troppo rispettosi del potere temporale del Papa per lasciarsi invogliare da tali: l’offerta fu lasciata cadere per non ledere i diritti altrui, come disse Ferdinando sul letto di morte, e le tendenze politiche unitarie e monarchiche puntarono allora sui Savoia. Quando Garibaldi, il 6 maggio 1860, salpava da Quarto col tacito appoggio di Cavour e la benevola connivenza di Vittorio Emanuele II, la situazione era dunque un po’ diversa da quella tanto propagandata da pochi esuli e poi fatta propria da una visione agiografica degli eventi del Risorgimento. Garibaldi andava in realtà alla conquista, per conto del Re di Sardegna, del più vasto e popolato tra gli Stati italiani anteriori alla guerra del 1859 contro l’Austria. Il Regno delle Due Sicilie comprendeva infatti tutta l’Italia a sud dello Stato Pontificio: La Campania (che allora comprendeva anche parte dell’attuale Lazio meridionale – i distretti di Gaeta e Sora – assegnati durante il periodo fascista alla nuova provincia di Littoria, poi Latina, e alla provincia di Frosinone*), gli Abruzzi (inclusa parte della vecchia provincia dell’Aquila assegnata nel periodo fascista al Lazio*), le Puglie, la Basilicata, la Calabria e la Sicilia, con circa nove milioni di abitanti. Cosí sistemato da un punto di vista geografico, il Regno era difeso, come soleva dire Ferdinando II, per tre lati dall’acqua salata e per il quarto dall’acqua santa, tutte difese che poco servirono al momento del bisogno. In realtà esistevano anche, almeno sulla carta, però una forte flotta ed un esercito di circa centomila uomini, discretamente armati ed addestrati, con l’unica grave pecca di essere comandati da troppi generali, pavidi e pronti a farsi comprare dall’oro piemontese. Per queste cause sul soldato napoletano pesano ancora ingiustamente luoghi comuni triti: ogni volta che i comandanti si dimostrarono combattivi e capaci, la truppa si batté con coraggio e valore scrivendo vere pagine di gloria sul Volturno, a Caserta, a Gaeta…

Da un punto di vista tencico ed economico il Regno vantava alcuni troppo poco noti primati: dal 1839 era in funzione la prima linea ferroviaria costruita nella penisola, e nel 1818 era stata varata la prima nave a vapore italiana. Fiorenti industrie tessili e siderurgiche prosperavano difese da un regime di stretto protezionismo e nelle casse dello Stato erano racchiusi depositi per un ingente numero di milioni in lire-oro che furono poi preda dei conquistatori. Dalle Accademie napoletane uscivano i piú preparati ufficiali d’artiglieria e del genio di tutta Italia. Indubbiamente a tutto ciò faceva riscontro una situazione politica poco «liberale» ed una generale arretratezza sociale e culturale. Da molto tempo, però, si è dileguata la favola dei fratelli piemontesi venuti a liberare il Sud dal giogo tirannico dei Borboni. Non di «liberazione» si trattò, infatti, ma di pura e semplice annessione, con immediata estensione ai nuovi territori delle leggi piemontesi, della coscrizione obbligatoria, di tasse completamente ignote al sud. Prova di questa realtà è il fatto che ancora nel 1865 su 59 prefetti esistenti in Italia ben 43 erano piemontesi ed il resto emiliani e toscani.

Il Re Ferdinando II («Re Bomba» come veniva chiamato spregiativamente dai liberali dopo il bombardamento di Messina**), uomo molto criticato ma intelligente e dotato di indubbie capacità di governo, di buon senso e di spirito pratico, morí a soli 49 anni il 22 maggio 1859, lasciando il trono in uno dei piú burrascosi momenti storici dell’Italia ad un giovane timido ed impreparato a regnare. Francesco II, salito al trono lo stesso giorno morte del padre, dovette abbandonare Napoli il 6 settembre 1860 in seguito all’avanzata delle truppe garibaldine. Dopo la grande battaglia Volturno (2 ottobre) in cui per poco i napoletani non riuscirono a battere il nemico, il Re dovette riparare nella fortezza di Gaeta in cui si rinchiuse con circa 20.000 uomini. Qui, dopo aver sostenuto un assedio quattro mesi, dovette alla fine capitolare ed il 14 febbraio 1861 si imbarcava alla volta di Roma dove restò fino al 1870, ospite del Pontefice con quanto restava della sua Corte. Secondo l’uso di quei tempi, anche a Napoli ed in Sicilia ci si preoccupò indire appena possibile dei plebisciti che potessero, col loro voto, dare valore alla «liberazione» effettuata da Garibaldi. Nei territori continentali del Regno la votazione diede 1.032.064 «sí» e 10.313 «no»; in, regione per la quale si tenne un conteggio distinto, vi furono 432.053 «sí» e 667 «no». Mentre in questo modo si legittimavano i desideri unitari di quanti volevano l’unione del Regno al resto dell’Italia (però vi furono solo un milione e mezzo di votanti su nove milioni di abitanti) già era scoppiata la guerriglia promossa da quanti avversavano la nuova sistemazione politica. Ciò mentre, dopo la capitolazione di Gaeta, truppe regolari borboniche resistevano nella cittadella di Messina fino al 13 marzo, e la fortezza di Civitella del Tronto ammainava per ultima la bianca bandiera dei Borboni il 20 dello stesso mese. Dopo questa data, per parecchi anni ancora, gruppi di soldati sbandati, di volontari cattolici giunti da tutta l’Europa, di contadini renitenti alla leva ed anche di autentici briganti, sostenuti da aiuti in denaro provenienti dal sovrano spodestato impegnarono piú di centomila uomini dell’esercito del Regno d’Italia.

In esilio a Roma fino al 1870, Francesco II morí ad Arco, in Trentino, il 27 dicembre 1894. Privo di discendenza, trasmise i diritti al trono al fratello Alfonso, conte di Caserta, il cui pronipote S.A.R. il principe Ferdinando Maria, duca di Calabria, è l’attuale pretendente al trono e Gran Maestro degli Ordini Dinastici di Casa Borbone Due Sicilie. Fra questi è l’importantissimo Sovrano Militare Ordine Costantiniano di S. Giorgio che anche oggi gode dell’ufficiale riconoscimento dello Stato Italiano quale «legittimo Ordine Dinastico della Casa Reale di Borbone delle Due Sicilie» (D.P.R. 20 luglio 1963). Il Re delle Due Sicilie si fregiava anche dei titoli di Re di Gerusalemme, duca di Parma, Piacenza e Castro, gran principe ereditario di Toscana: tutti questi attributi figurano portati fino all’ultimo giorno di regno anche da Francesco II che cosí si intitolava negli atti ufficiali. L’arma completa di allusivi ai sopra citati titoli.

 

Note:

* non nel testo originale

** Palermo nel testo originale

Testo da: Alberto Lembo. Stemmi degli Stati Italiani – Dal Risorgimento all’Unità. I manuali di Storia Illustrata, N. 221, Aprile 1976. Testo originale ©Storia Illustrata 1976.




La Fiamma nel 2001: storia e programma


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Una breve “storia” del nostro Movimento e un nostro “programma” piuttosto ampio e articolato, li rendemmo noti in occasione delle elezioni del 13 maggio 2001. Sono documenti utilissimi per “posizionare” il Movimento nel contesto politico nazionale ma anche per precisare quali siano sempre state le nostre risposte ai problemi del tempo in cui viviamo.

Ecco quella che nel documento definivamo: “Breve storia del Movimento Sociale Fiamma Tricolore”:

“Il MSFT é un Partito nato in nome della continuità storica, politica e ideale del MSI-DN nel gennaio del 1995, allorché la Segreteria e la Dirigenza nazionale dell’allora MSI-DN (con alcune eccezioni) optano per la confluenza in altro soggetto politico (AN). Questo divenuto da semplice alleanza elettorale di diversi soggetti politici Partito a tutti gli effetti, opera una serie di trasformazioni statutarie e programmatiche, che si configurano come una abiura del patrimonio dottrinario ed ideologico sopratutto delle idee e dei progetti sociali e nazionalpopolari di quello che era stato fin dalla sua fondazione e per oltre mezzo secolo, il Movimento Sociale Italiano (tra i suoi Segretari politici “storici”, ricordiamo in particolare l’On. Arturo Michelini e l’On. Giorgio Almirante), oltre ovviamente all’On. Pino Rauti. Al MSFT, fondato tra gli altri dall’europarlamentare On. Pino Rauti e dall’On. Giorgio Pisanò, aderiscono da subito numerosissimi militanti del MSI, cui si affiancano, dirigenti vari, un deputato e circa 50 Consiglieri comunali. Nonostante la scarsità dei mezzi economici, e grazie al contributo spontaneo di quanti animano la formazione politica, il MSFT riesce ad appena un mese dalla sua formazione a presentare proprie liste nelle elezioni amministrative (provinciali e regionali dell’aprile 1995) ed inizia a strutturarsi in tutto il Paese Dopo un’Assemblea Nazionale programmatica (Massa, marzo 1996) il MSFT presenta proprie liste elettorali alle elezioni politiche nazionali dell’aprile 1996. In tale occasione raccoglie circa 350.000 voti validi per la ripartizione proporzionale dei seggi e oltre 870.000 in quella per i collegi maggioritari, che fruttano però al partito causa la legge elettorale un solo eletto al Senato. Nel novembre 1996, il MSFT celebra il suo 1° Congresso nazionale (XVIII MSI) a Chianciano Terme (Siena), cui partecipano oltre 800 delegati e nell’ambito del quale sono eletti gli organi statutari, approvate le tesi che riaffermano la continuità ideale del MSI, ed eletto per acclamazione Pino Rauti Segretario Nazionale del Movimento. La definitiva strutturazione del Movimento sul territorio nazionale porta diversi successi elettorali nell’ambito di elezioni amministrative. Il MSFT vede eletti sotto le proprie insegne un Deputato Regionale e diversi Consiglieri Provinciali e Comunali. Il MSFT nella primavera del 1999 é presente finalmente in tutti i collegi elettorali d’Italia alle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, in tale occasione ottiene oltre 870.000 voti (1,9% e un eletto) sfiorando per pochissimi voti l’elezione di un secondo parlamentare per Strasburgo. Attualmente il MSFT, pubblica un quotidiano a diffusione nazionale, “LINEA” organo ufficiale del Movimento, conta circa 100 Federazioni Provinciali e oltre 300 Sezioni locali, conta oltre 20.000 iscritti, ha un rappresentante alla Camera, uno al Senato, un Deputato Regionale, diversi Consiglieri Provinciali, alcuni Sindaci e oltre 100 tra Consiglieri Comunali e assessori, nonché altri rappresentanti presso le amministrazioni locali (circoscrizioni, Comunità Montane ecc.) Nell’ottobre 2000 al 2° Congresso Nazionale a Chianciano Terme l’onorevole Rauti viene riconfermato alla carica di Segretario Nazionale”.