Radio Radicale.it - "Il contributo della destra politica alla democrazia italiana"


Organizzato nel 60mo anniversario della Fondazione del Movimento Sociale Italiano.

Registrazione audio della manifestazione “Il contributo della destra politica alla democrazia italiana”, registrato a Roma sabato 16 dicembre 2006 alle ore 16:45.
L’evento è stato organizzato da D-destra e La Destra.
Sono intervenuti: Francesco Storace (senatore, Alleanza Nazionale), Guglielmo Rositani (deputato, Alleanza Nazionale), Fabrizio Gatta (giornalista), Assunta Almirante (vedova di Giorgio Almirante), Luciano Lucarini (editore), Fabrizio Gatta, Giano Accame (storico), Adalberto Baldoni (giornalista),
Pino Rauti (ex segretario partito).
Tra gli argomenti discussi: Alleanza Nazionale, Almirante, Destra, Fini, Msi, Partiti, Politica, Storace, Storia.
La registrazione audio di questa manifestazione ha una durata di 1 ora e 45 minuti.




Milano: il boom delle "badanti"


Si scrive spesso del problema – che ha anche qualche aspetto di dramma- degli anziani e delle loro difficoltà, che si aggravano nel pieno dell’estate, con i parenti in vacanza e la solitudine triste dei palazzi semivuoti. A Milano, per esempio, questa verrà ricordata come l’«estate delle badanti», perchè fra l’altro è risultato che esse sono aumentate di piu’ del 20% rispetto all’anno in corso e che ammontano a circa 50.000.

Al collasso, le strutture pubbliche di assistenza e di accoglienza che, quando ci sono, fanno costare ogni “accoglimento” sui 4.000 euro mensili. Al collasso anche l’assistenza domiciliare, che provvede a 12.000 persone; mentre solo quelli non autosufficenti sono 42.000. Perchè a Milano, in complesso, ci sono 300.000 anziani e 90 mila sono soli e hanno bisogno di aiuti!

Milano “vecchia” nell’Italia che invecchia.

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Un altro problema sociale grave, ancora a Milano è quello del caro-affitti ai danni dei giovani studenti che proprio in agosto debbono pensare all’alloggio visto che già a settembre si apriranno i corsi alle Università.

Uno “stanzino” arriva a 500 euro mensili; con un aumento del 15% rispetto all’anno scorso. I giovani sono tanti e basta tener presente qualche numero per avere idea di quale colossale mercato si crea: all’insegna del caos, del rifiuto di ogni rivevuta e senza un minimo di intervento “calmeratore”. Le cifre, dunque: ogni anno sono 30.000 i nuovi iscritti negli Atenei milanesi, 11 mila solo alla Statale; 40.000 sono i fuorisede da ogni parte d’Italia e nelle 7 università del capologuo lombardo risultano iscitti oltre 200.000 giovani. 15 mila di essi, – i piu’ poveri- fanno i pendolari e perdono ore ed ore ogni giorno sui treni, autobus e automobili.




Risparmio? è minimo


Francesco Talarico, su “Il Giornale”

Vi scrivo per segnalare l’ennesima presa in giro del ministro Bersani. Mi riferisco in particolare al fatto che dal 4 luglio 2006 nella compravendita di veicoli usati non è più necessaria l’autentica della firma del venditore da parte del notaio. In campagna elettorale e in questi giorni ai telegiornali e giornali nazionali il geniale ministro, affamato di liberalizzazioni, si vantava di aver reso più conveniente l’acquisto di auto usate perché non si dovevano più pagare dei famelici notai. Vediamo come stanno le cose (fonte: Quattroruote n. 610): l’autentica della firma del venditore si può fare all’Aci o presso i Comuni gratuitamente, ma da pagare restano: 28.72 euro di diritti che finiscono al ministero dei Trasporti e al Pra, 43.86 euro di imposta di bollo da destinare allo Stato, tra i 180.97 e i 1517.14 euro di Ipt da destinare alla Provincia. Cosa si risparmia allora? L’onorario dei famelici notai, cioè: 7-10 curo per un motociclo e 40-50 euro per un’ auto di grossa cilindrata in una città del Nord. Queste sono le “liberalizzazioni” che vengono incontro ai cittadini e che fanno «ripartire» l’Italia? Mi sembra più un modo per togliere 40 euro ad un professionista e far continuare a pagare centinaia di euro ad un compratore di basso reddito che per l’auto può permettersi solo qualche migliaio di euro”




I "crimini" cinesi


In Cina, vige un’economia di mercato diretta e eseguita occhintamente dallo Stato. Eppure la si lascia invadere mezzo mondo con prodotti “fasulli” e anche pericolosi. Esempio recente, ennesimo esempio, a Roma; come leggiamo su tutti i giornali; e sul “Messaggero” con particolare rilievo, a firma di Mauro Evangelisti:

E’ come un blob viscido e sempre più grande, formato da merce di ogni tipo: dalle minimoto ai polli, dalle lampadine a basso consumo ai trenini elettrici. S’insinua nelle maglie larghe delle dogane o semplcimente del mondo globalizzato, entra nei porti, poi fa tappa nei centri di smistamento, molti dei quali sono capannoni nelle aree industriali della provincia di Roma. Finisce sulle bancarelle dei venditori ambulanti abusivi della Capitale, ma anche sui banchi di qualche negozio. Trasporta marchi contraffatti, anche quello “Ce” (Conformité Européenne) che certifica che si tratta di un prodotto sicuro, che rispetta le direttive dell’Unione europea. E il paese di provenienza, nella stragrande maggioranza dei casi, ha dalla sua parte un interminabile patrimonio di mano d’opera: la Cina. L’ultimo caso è quello di Guidonia, dove la Guardia di finanza ha recuperato quattrocentomila lampade a basso consumo. C’era il marchio Ce, sì, ma significava un’altra cosa, “China export”. «II problema è duplice – racconta il comandante della compagnia della guardia di finanza di Tivoli, il capitano Cosmo Virgilio -: da una parte c’è la concorrenza sleale rispetto ai negozianti che vendono merce regolare. Dall’altra c’è un reale problema di sicurezza. Queste lampadine sono fragili, possono esplodere». Secondo la guardia di finanza la lista dei prodotti che aggirano la certificazione richiesta dalla legge, vengono prodotti in Cina e rivenduti a basso costo in Italia, è molto lunga. E tutti hanno una nota a margine importante: prezzo molto basso, ma anche sicurezza.”




I Prodi si ritrovano proprietari di un castello


Confessiamo di aver letto con sorpresa, quanto – con la sua penna abitualmente lucida e con la non meno abituale documentazione – ha scritto di recente sul “Giornale” Paolo Granzotto sul “castello dei Prodi”. E’ bene far circolare questa “storia”…

Aveva chiesto una lettrice (Giuseppina Consorti, di Torino):

“Caro dottor Granzotto, in questi giorni non si fa che parlare del castello dove il presidente Prodi trascorre parte delle sue vacanze ed ha festeggiato il suo sessantasettesimo compleanno. Purtroppo non ho mai visto immagini del castello e mi piacerebbe saperne di più. Altra questione è questa: perché si ironizza tanto su villa Certosa del presidente Berlusconi e non sul castello di Prodi? Come sfoggio e status symbol un castello vale almeno dieci ville.”

E risponde Paolo Granzotto:

“Il castello di Bebbio si erge, maestoso e possente, nel cuore dell’Appennino reggiano. Edificato nel Quattrocento, è difeso da mura merlate e da tre torrioni cilindrici detti «maschi». Dispone, oltre che dei consueti saloni, di sette stanze da letto più altre dieci ricavate nelle vecchie scuderie e gli ospiti possono godere in tutta privatezza di un esteso parco ricco di alberi secolari. Passato nel corso dei secoli di nobile mano in nobile mano, fu acquistato dai fratelli Prodi nel 1963 per la cifra, almeno così dicono gli interessati, di nove milioni di lire. Fino a quando Romano Prodi si limitò a fare (male) il boiardo di Stato, il castello di Bebbio era, per gli organi di informazione, un castello.

Ma allorché testa quedra scese in campo alla guida del reggimento rosso, per certa stampa e certa televisione il castello decadde a castelletto, castelluccio, quando non a modesta bicocca, a villone borghese con ambizioni, inappagate, da maniero. Non esattamente una schifezza, questo no, ma una cosuccia dimessa, coi muri malandati, festoni di ragnatele e infissi rappezzati alla meno peggio. Ovvero l’umile dimora che si confà ad un politico di sinistra, democratico, equo e solidale. Povera cosa, per di più divisa fra nove fratelli (nato nel 1939; battezzato con un nome caro al regime, Romano; otto fratelli, a testimonianza della ferma volontà dei genitori di contribuire all’incremento demografico onde opporre alla decadente democrazia otto o nove milioni di baionette. Difficile pensare che il babbo di testa quedra fosse un antifascista. Ma questa è una mia insinuazione. Magari babbo Prodi è medaglia d’oro della Resistenza. S’è visto ben altro), divisa fra nove fratelli, dicevo, che è come dire una cooperativa, una Coop. E si sa, Consorte insegna: le Coop è roba di popolo, non di miliardari ganassa.

Come sulle nonnette centenarie o sulla coppia di sposi che celebra le nozze di diamante ballando una polka, si fa molta retorica anche sulla famiglia Prodi. Dello stuolo dei fratelli s’è detto, ma quello è niente: tra figli e nipoti, generi e nuore la schiatta assomma a cento e un elemento. Il Castello non può ovviamente contenerli tutti, ma stando alle cronache vi si intruppano in un bel po’, specie se c’è da festeggiare Romano, componente di spicco della tribù. Ora deve sapere, gentile lettrice, che mi capitò di leggere di un rito praticato allorquando a Bebbio si registra il pienone. Senta qua: nel salone più grande, quello detto «della musica», ogni pomeriggio alle tre… Aspetti, meglio citare fra virgolette: «Ogni pomeriggio alle tre viene organizzato “Oggi si parla di…” dove a turno un familiare tiene una lezione della quale è esperto». Spero che questa storia sia una panzana, il frutto marcio della piaggeria di regime. Perché se fosse vero che, quando in vacanza, la famiglia Prodi, rinunciando alla pennichella, si riunisce nel salone della musica per sottoporsi a pratiche masochiste di tal fatta, il cielo abbia pietà di loro (e di noi, governati da un componente, forse addirittura il promotore, di quel supplizio).”




Baby-gang: fenomeno criminale che cresce


E’ allarme per le rapine in villa. Insieme ai danneggiamenti, gli assalti alle case isolate sono il reato che negli ultimi dodici mesi ha fatto registrare il maggior numero di denunce. E questo nonostante gli sforzi con cui polizia e carabinieri riescono a contenere il fenomeno. A sollevare l’attenzione su questo particolare reato è stato il ministro degli Interni Amato nel consueto incontro di Ferragosto in cui ha presentato i dati sulla criminalità in Italia. E il titolare del Virninale ne ha approfittato per sfatare un luogo comune secondo il quale a compiere gli assalti sarebbero soprattutto stranieri. «Anche in questo caso, come per tutti gli altri reati, sono ancora gli italiani a detenere un ruolo dominante» ha detto Amato, sottolineando come, mediamente, «c’è un rapporto di tre italiani contro uno straniero per arresti e denunce». «Certo – ha proseguito il ministro – abbiamo anche importato criminalità, ma continuiamo ad avere il primato, primo fra tutti in quella organizzata»

Rapine in Villa: Un quadro tutto sommato rassicurante, guastato però proprio dall’intensificarsi di un reato particolar come la rapine in villa che hanno fatto registrare un aumento dell’8,7%. Una conferma in questo senso arriva anche dalla maxioperazione, chiamata «Vesta 2006», che ha impegnato le forze dell’ordine per alcune settimane e che ha portato all’arresto di 150 persone accusate di aver compiuto rapine in villa. Nel corso della stessa operazione sono stati espulsi anche 610 stranieri. Individuate almeno una decina di bande specializzate in questo tipo di crimine e, italiani a parte, formate in prevalenza da albanesi, slavi e rumeni.

Baby gang: Particolare attenzione viene riservata alla criminalità giovanile, e in particolare alla bande formate da minorenni. In questo caso, ha spiegato Amato, si tratta di un fenomeno «emergente», soprattutto nelle grandi città e formate in prevalenza da giovani ecuadoriani e peruviani. I reati commessi spaziano dalle estorsioni alle rapine, ai furti, alle risse e alle violenze sessuali nei confronti delle ragazze appartenenti a bande rivali.




Le grandi imprese evadono alla grande


«Le grandi imprese italiane evadono o eludono il fisco quasi il doppio dei lavoratori autonomi. A carico delle grandi società l’imponibile evaso od eluso all’erario è di 7 miliardi di euro l’anno contro i 4 miliardi nascosti al fisco dai lavoratori autonomi e dalle piccole imprese».

Lo rileva il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, all’indomani dei risultati presentati dal ministero dell’Economia e delle Finanze in merito alle dichiarazioni dei redditi del 2003. «Non c’è ombra di dubbio. La patente di evasore — aggiunge Bortolussi — non può essere affibbiata agli autonomi, bensì ad altri. E nemmeno coloro che sono a reddito fisso possono chiamarsi fuori da queste responsabilità. Per l’lstat ci sono 2,6 milioni dipendenti che svolgono il secondo o il terzo lavoro in nero facendo una vera e propria concorrenza sleale soprattutto nei confronti dei lavoratori autonomi. Senza contare le attività irregolari svolte da larghe fette di pensionati o di disoccupati».




La Lombardia è in testa 188.000 le auto rubate in un anno


La Banda Bassotti sembrava essersi scoraggiata negli ultimi anni, ma nel 2005 è tornata a colpire riservando brutte sorprese agli automobilisti italiani. Dopo qualche anno di attenuazione del fenomeno, nel 2005 i furti di auto sono infatti tornati ad aumentare. Nel corso dell’anno, le auto rubate sono state oltre 188 mila, con un incremento del 3,3% rispetto alle 182 mila vetture rubate nel 2004.

Ma la vera novità che emerge dai dati contenuti nell’ultima relazione annuale dell’Ania, elaborati in base a quelli raccolti dal ministero degli Interni, è che i furti sono diventati più frequenti soprattutto in Lombardia, regione che per la prima volta ha scalzato dal primato negativo la Campania. La maglia nera del 2005 spetta infatti proprio a Milano e alle altre province lombarde dove lo scorso anno sono state rubate oltre 36 mila auto (contro le 31.800 circa dell’anno prima).

L’incremento è nettamente superiore alla media nazionale e pari al 13,8°%. E’ invece andata meglio agli automobilisti campani. Napoli e dintorni hanno registrato nell’anno poco più di 32.000 furti, in calo rispetto agli oltre 35.000 del 2004. Una riduzione di circa il 9% che spinge la regione al terzo gradino della classifica, sotto anche al Lazio dove sono state rubate lo scorso anno 33.191 mila auto, quasi mille in più rispetto alle poco più di 32.000 del 2004. La tendenza al-l’aumento è diffusa su tutto il territorio nazionale. L’anno scorso sono state rubate 516 auto al giorno, oltre 21 l’ora.




A sinistra è guerra al turismo povero


E’ strano ma è proprio così: la Sinistra tira la volata a proibizioni, multe, pedaggi e “tasse locali” sul turismo che diventano in primo luogo e soprattutto “guerra” al turismo dei poveri, quello piu’ spicciolo e diffuso; e privo di mezzi.

Questo avviene a Venezia, con Cacciari e l’orientamento ormai si diffonde ovunque. All’insegna gratificante del combattere il “turismo mordi e fuggi”, che è il turismo del solo giorno che si possono permettere, appunto i meno abbienti. Fa testo il Soru sardo e , più precisamente e in forma mirata, quanto deciso a Capri, dove si cercherà, fra l’altro di “dilazionare gli sbarchi” e dove il Sindaco non ha avuto remore nell’affermare che “alla quantità preferiamo la qualità”.

Molte le osservazioni; alcune delle quali sono partite da un fatto preciso: che il il principe Abdul Aziz – della famiglia reale saudita – ha ormeggiato il suo panfilo – lungo 147 metri – al largo e dunque non ha pagato un euro ma ha poi “invaso” la terraferma con piu’ di cento persone.




Roma nella morsa dei "palazzi" politici


Risulta dagli ultimi calcoli: l’Italia spende per Parlamento, Ministeri, eccetera; e per stipendi e portaborse esattamente 942.150.350 euro l’anno contro i 517 della Germania, i quasi 488 della Francia, i 226.458.00 dell’Inghilterra e i 74.315.320 della Spagna. Ne scrive, in un ampio servizio – che, se avessimo mezzi, diffonderemmo integralmente in apposito pieghevole – ne scrive sul “Il Messaggero”, Stefano Soli. Leggiamo, tra l’altro: Gli immobili sedi di istituzioni parlamentari erano 5 nel 1948, oggi gli edifici hanno raggiunto quota 32. Il Senato ha diciassette palazzi, per 109.000 metri quadri, di cui tre di proprietà e cinque in affitto (circa 4 milioni di euro) e il resto (prestigiosi palazzi storici) in uso gratuito. La previsione di spesa per il 2005 per gestione, manutenzione e restauro veniva stimata in 18 milioni di euro. La situazione non è molto diversa per la Camera: quindici edifici tra quelli di proprietà (la maggior parte) e quelli in affitto, il cui costo annuo sfiora i 5,3 milioni. Per gestire e mantenere tutto ciò, si spendono oltre 40 milioni di euro l’anno. Poi c’è Palazzo Chigi: diviso su 14 sedi (prima erano 22), spende 13 milioni l’anno tra affitti e manutenzioni. Ma l’esigenza di nuovi spazi continua a crescere: dal 2003 il Senato ha acquistato due edifici e affittato un terzo.

Il centro storico di Roma è così sempre più territorio dei politici, più che della politica, un territorio assediato. Sul quale hanno piantato la bandiera oltre che, ovviamente, i Ministeri anche le Regioni, con le loro sedi di rappresentanza, e una vera e propria galassia di enti minori…” Perchè la politica produce lavoro, in senso stretto, diretto. Sono circa 300 mila infatti le persone che ne traggono sostentamento. Con stipendi che variano, a seconda dei ruoli, dagli 800 euro di un consigliere circoscrizionale ai 12.550 di un deputato regionale, fino ai 15 mila di un deputato nazionale…”

Le “consulenze” sono una delle voci piu’ “dolorose”: secondo i dati raccolti da Cesare Salvi e Massimo Villone nel libro “I costi della democrazia” (ed. Mondadori), tra il 2003 e il 2004 le spese relative a incarichi a soggetti esterni sono aumentate del 19 per cento. Una vera e propria questione morale..”

Il fatto è, dunque, che i parlamentari italiani sono i più pagati d’Europa: oltre 15 mila euro (lordi al mese) a fronte dei 10 mila dei loro colleghi inglesi…

Prodi ha subito “tagliato” l’uso degli aerei di Stato e il professor Elio Veltri ha analizzato un po’ di dati. Camera e Senato costano circa 2 miliardi di euro l’anno. Montecitorio, da solo, costa il doppio del Bundestag tedesco e dell’Assemblea nazionale francese. Il quadruplo dei Comuni inglesi e più di dieci volte del Parlamento spagnolo. In dieci anni – si legge nell’analisi di Veltri – il bilancio di palazzo Madama è raddoppiato, passando da 297,6 milioni di euro del 1995 ai 550,7 milioni del 2005. Governo e ministeri costano 1,2 miliardi di euro (personale, consulenze, gestione degli uffici dei ministri e dei sottosegretari). I ministeri che costano di più sono Ambiente, trasporti e Difesa.