Il dramma dei fitti


Tra le cause “scatenanti” della sempre piu’ grave precarizzazione della vita sociale, non possiamo esitare nel mettre ai primi posti il costo degli affitti; che è stato di recente messo in luce da un’approfondita inchiesta del “sole-24 Ore”; Il giornale della Confindustria ha sottolineato che, preso a punto di riferimento il 1993, a tutto il 2005 “gli affitti delle abitazioni sono aumentati mediamente del 116 %” e cioè sono piu’ che raddoppiate, al ritmo di quasi il 10% annuo, con punte massime a Rimini e a Piacenza (+ 221%; 18,4% annuo). Posizioni medie a Roma (+ 56% con l’8% annuo). Notiamo, fra i tanti, il preciso e puntuale commento di Franco Scarinci si “meta Sociale”, giornale della Unione Generale del Lavoro (Ugl – ex CISNAL) dove leggiamo:

“Preso atto delle cifre comunicate, viene da per Bare, alla luce di anni di esperienza nel settore che la situazione, come diceva Leo Longanesi riferendosi alla condizione nazionale, è grave ma non seria. Grave perché reale, perché s’inasprisce e determina quel fenomeno, veramente da tragedia costituito dagli sfratti. Non serio, perché tolto qualche pannicello caldo della serie “un buono a te ed uno a me” nulla di strutturale viene impostato per contrastare la forte crisi alloggiativa, che origina dalla carenza di 600 mila abitazioni. Il caro affitti, con tutta evidenza, è figlio del caro-mattone che a sua volta ha avuto come levatrice il crollo del rapporto fiduciario della clientela verso le banche alle quali, viste le ustioni rimediate, pochi sono disposti ad affidare i propri risparmi. Il denaro quindi, è rifluito sugli immobili, passati da bene-rifugio a investimento da reddito, determinando, per elementare legge di mercato un continuo lievitare dei prezzi di vendita. Quanti, per anni hanno sostenuto che si tratasse di una bolla speculativa sono serviti: la bolla si è cementificata. II caro-mattone continua, imperterrito, a marciare verso traguardi che non s’intravedono. Le risposte indirizzate alle possibili soluzioni del problema, quasi tutte non nuove, hanno più volte formato oggetto delle azioni di Assocasa. Dalla principale, costituita dall’assoluta necessità d’intervenire con forti investimenti nell’edilizia pubblica residenziale (c’è una famedi case, come già ricordato, di 600 mila alloggi), particolarmente a favore di grandi centri urbani e, ancora, per ridurre il peso dei canoni di locazione, azionare all’indietro la leva fiscale. Per questo Assocasa si è posta all’avanguardia, presentando, nell’anno 2005, al competente Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, nella persona del Vice Ministro, Ugo Martinat, titolare della delega per la casa, coadiuvato dal Sottosegretario Silvano Moffa, un progetto che prevede la deducibilità dal reddito imponibile del canone annuo d’affitto pagato per la casa d’abitazione e ciò ai fini della determinazione dell’Irpef da pagare. Ne deriverebbe, come effetto, una riduzione sostanziale del peso dell’affitto, compensato dalla riduzione dell’irpef totale.”

Ma non solo il tutto è rimasto “arenato nelle convulsioni ultime della Finanziaria:”dato grave fu che il governo e la maggioranza di cui era espressione, hanno rinunciato anche ad inserire l’argomento nel programma di quello che sarebbe potuto essere il futuro governo, se le elezioni avessero confermato la maggioranza uscente. Tutto cio’ è rimasto fermo. Qualcuno si lecca le ferite ipotizzando quanti voti avrebbe spostato l’inserimento del progetto di deducibilità nel programma del governo futuribile…”

Molti voti, commentiamo noi.

E anzi, certamente, quella indicazione avrebbe potuto e dovuto essere “sventolata” nella campagna elettorale.

Piu’ voti, pensiamo, dei meno dei 25.000 voti che hanno decretato la sconfitta del governo Berlusconi.




La scrivono i lettori la "verità" su Roma


“Lettere a via Tomacelli”, cosi’ si intitola la rubrica piu’ popolare, piu’ letta e seguita della cronaca romana del “Corriere della Sera”. La dirige – con intelligenza e buon gusto, come abbiamo già avuto modo di sottolineare- maria Latella; non esita ad affrontare, con polemico coraggio, anche i temi piu’ scabrosi; sempre sulla scorta delle segnalazioni o denunce che arrivano dai lettori.

Come’e’ stato di recente il caso, a proposito dei “disabili costretti a mendicare”; un’altra tristissima piaga della Roma dei nostri tempi. Hanno scritto a Latella, Corrado Stillo e Carmela Corso:

“Gentile Latella, i romani ed i sempre più numerosi turisti che la domenica vogliono aggirarsi tra le curiosità del mercato di Porta Portese negli ultimi tempi hanno notato un aumento di uomini e donne gravemente disabili, collocati in varie parti del percorso, a chiedere elemosina. Si tratta di mutilati gravi e gravissimi senza protesi che esibiscono le loro infermità sotto il sole domenicale per l’intera mattinata e che al termine del mercato vengono ricondotti nei lunghi non certo dignitosi da cui provengono. Pochi giorni fa a Roma sono stati arrestati tre stranieri che facevano del racket degli storpi un lucroso e proficuo commercio. I diritti delle persone con disabilità andrebbero meglio tutelati dall’indecoroso commercio che davanti a decine di migliaia di persone viene praticato da personaggi senza scrupoli. Prefetto Serra non è il caso d’intervenire? La saluto cordialmente – Corrado Stillo”

“Cara Maria Latella, sono rimasta colpita dalla tristissima I vicenda del disabile rumeno costretto a mendicare in via Condotti. Penso che sia giusto ringraziare i carabinieri per l’intervento. Ma mi domando, che succede ora a questi poveri disabili? E non sarà che dopo l’intervento in emergenza, saranno costretti a tornare sotto le grinfie dei loro aguzzini? Non dimentichiamoli.” -Carmela Corsi

Risponde Maria Latella:

“Li scaricano a Porta Portese, come scrive il lettore Stillo, e provano a piazzarli ovunque ci sia un flusso di potenziali clienti dell’ elemosina, come ci ricorda Carmela Corso che giustamente chiede di non dimenticare la vicenda di via Condotti. È un traffico di esseri umani che indigna pare vanamente da anni. Al prefetto di Roma Achille Serra si può certo chiedere un maggiore controllo, ma è al ministero degli interni che bisogna guardare. Una processione di esseri umani (spesso resi storpi dai loro stessi carnefici ), buttati sui marciapiedi, e cosa che si vede soltanto nelle nostre città. Non a Londra, né a Parigi. E c’è da chiedersi perché.- mlatella@rcs.it

Leggiamo ancora, sulla pagina curata dalla Latella; e sotto il titolo: Rientro, che choc”

“Mi riallaccio alla lettera di un viaggiatore reduce da una visita a Berlino, per notificare che un simile choc da rientro nella capale, l’ho avuto anch’io dopo anni di permanenza a Vienna .La prima impressione fu quella di essere atterrato per sbaglio in una città del terzo mondo. Tranne la bellezza millenaria di Roma, ogni alro paragone era mortificante:dalla pulizia e puntualità cronometrica dei mezzi di trasporto (ogni 3 minuti!); alla pulizia delle stazioni della meropolit (senza quella inulsa muti:clletta che qui si è astretti a’ciuu_-?prima di eri,are nell’inferno dei carri be:iame. (Laddove sulla metro di Vienna si viaggia in modo mano, trovando posto a sedere anche nelle ore di punta). Per non ripetere i rilievi già fatti ieri accennerò solo a qualche altro: la cortesia e la disponilita’ dei commessi è qualcosa che qui scarsamente attuata. E poi la sporecizia di Roma, ovunque: dai cassonetti e cestini che non vengono mai svuotati alle strade e ai giardini; veramente mi chiedevo, a Vienna, come facciano a mantenere tutto così pulito. Per non parlare della manutenzione delle strade senza buche (naturalmente parlo di Vienna); della estrema sicurezza in città, anche di notte; della inesistenza di truppe di mendicanti che qui ti assillano, appena metti il piede fuori di casa. Eppure anche a Roma ci sono , come a Vienna; tante associazioni di volontariato che assistono gli indigenti, senza che si debba essere costretti a mendicare sulla strada. E che dire della piaga dei furti da parte dei zingarelli e consimili… a Vienna non ne ho mai visti…e non siamo su Marte, ma solo a qualche centinaio di Km!! Ma probabilmente a anni luce come mentalità e capacità di gestione di un città come Roma, dove il degrado continua e cresce grazie anche ad un lassismo ed un menefreghismo imperanti – Franco Rossi




Italia: grave ritardo sui parametri di Kyoto


Siamo in forte ritardo sui parametri fissati a Kyoto; e presentiamo anche “squilibri” anche a livello europeo Ormai manca poco alla definizione dei nuovi piani di assegnazione delle quote per il 2008-2012 e, come sottolinea Michele Villa – del Gruppo “Enviromental Resources Management”(ERM) – In Italia “permane una situazione di caos”. Siamo al caos perchè:

“solo il 20% degli impianti ha provveduto alla restituzione delle emissioni nei tempi previsti, nella maggior parte dei casi per colpa del malfunzionamento nazionale, mentre circa il 5% non ha ancora attuato la verifica, con il risultato che il deficit di emissioni è destinato a salire ancora inesorabilmente». Il pensiero di Villa, autore del libro “I meccanismi flessibili del protocollo di Kyoto”, edito da Hoepli, è molto critico nei confronti delle strategie delle aziende italiane nel campo delle emissioni. Le valutazioni di Villa si spingono poi a considerare, con più di una perplessità, in generale il sistema Europa, dove ci sono anche Paesi come ad esempio la Germania, che spiccano a livello virtuoso essendo riusciti a produrre emissioni inferiori alle quote assegnate. “Il sistema dell’Emission Trading in sé può funzionare per gli obiettivi che si pone – essenzialmente la riduzione delle emissioni di gas serra – mentre il sistema europeo è nato ed è stato gestito malte, con poca trasparenza e un applicaione non omogenea nelle varie Nazioni. Tutto questo ha portato alla una situazione attuale con paesi come la Germania che registrano un forte surplus di quote, e altri come la Gran Breagna, fortemente in deficit”




Prodi ai ministri: "meno parlate e meglio è"


Non era mai avvenuto, sin’ora, nella vita politica italiana, che pure di cose di “vicende” ne ha conosciute tante; e di tutti i tipi. Ma non era mai accaduto che un presidente del Consiglio dicesse ai suoi ministri:tenete la bocca chiusa; perche’ “meno parlate e meglio è”. Ma questo ha detto – e a piu’ riprese- Prodi ai componenti del suo gabinetto riuniti nel loro primo “conclave” a S. Martino in Campo, nel Perugino.

Fabrizio Roncone sul “Corriere della Sera” – ma pezzi simili sono comparsi su tutti i giornali e quindi si tratta di Verità quasi ufficiali- ne ha fatto una ricostruzione precisa, dettagliata; e che , comunque non è stata smentita .

Come se non si dovessero discutere cose importanti; come se non ci fossero, anzi, problemi di enorme rilievo – come sostiene lo stesso Governo – Prodi ha perso un paio di ore in piu’ a “pontificareE con tutti e con ciacuno sui vestiti che dovevano indossare i ministri e ha fatto togliere le cravatte a tutti, insistendo soprattutto con i riluttanti Giuliano Amato e Tommaso Padoa-Schioppa.

E’ pero’ intuibile, – scrive Fabrizio Roncone – lo stato d’animo con cui Romano Prodi ha avvicinato i ministri che, da giorni, aveva voglia di riprendere e consigliare. Quattro ministri Alessandro Bianchi, Paolo Ferrero, Cesare Damiano e Barbara Pollastrini. Quelli con una minore esperienza di governo. Quelli che forse, in queste prime settimane, hanno parlato un po’ troppo a ruota libera. Quelli che al Professore paiono più esposti a certi trappoloni mediatici. «Per questo – gli ha spiegato Prodi – parlate sempre con grande precauzione …vi telefona un giornalista? Voi negatevi. Vi mettono davanti un microfono? Siate generici…mi raccomando, misurate le parole, i verbi… e, in generale, almeno in questa fase iniziale, meno parlate, meglio è». La giornata è andata via così. Con Giuseppe Fioroni, responsabile dell’Istruzione, che in giardino ha poi incontrato due insegnanti locali in compagnia dei loro studenti («Un ministro finalmente disponibile», hanno commentato le insegnanti Simonetta Cuppari e Elena Prandi). Con Giuliano Amato che s’è rimesso la cravatta. Con Francesco Rutelli che, arrivato per ultimo, è ripartito per primo…”

Pino Rauti



"L'Umbria nel piatto"


Anzitutto, il volume è “la prima guida dei ristoranti dell’Umbria”; di ben 142 locali “con voto e rapporto qualità-prezzo”, con suddivisione per zona – da Perugia e dintorni all’Orvietano – e perfino con “giudizio sul caffè”. E inoltre ci sono “schede informative” su 98 strutture ricettive extra-alberghiere e 94 produttori vinicoli nonche’ 4″strade del vino”. E come se non bastasse, in fondo al libro, abbiamo le indicazioni dei principali eventi gastronomici dei prossimi mesi. Sicchè uno si puo’ organizzare anche per tempo preparandosi un bel viaggio a Monte falco(per la settimana Enologica del settembre p.v. o per andarsene a Trevi, alla Mostra mercato del sSedano nero e le sagre del sedano e delle salsiccia). Fino al novembre, alla mostra del tartufo e dei prodotti del bosco a Città di Castello o al febbraio e all’aprile dell’anno prossimo: a Norcia, per i prpdotti della Valnerina o in aprile a Bastia, dove affluiranno tutti i prodotti delle terre della Val di Chiana e del Trasimeno- Piavese- Val d’Orcia.

Insomma, piu’ che un libro un “vademecum” da portarsi dietro per gite ed escursioni di cultura gastronomica.

Ed.ni “La pecora nera”, di Cargiani Simone e C.
V. Bradano, 30 – 00199 Roma; Tel. e Fax 06-86329583. Curatori: Simone Cargiani e Fernanda D’Arienzo (pubblicazione semestrale)




In una valle silenziosa tutto il "mondo" occitano


Avremmo potuto scrivere tutto “l’ambiente” occitano ma si puo’ e si deve parlare di “mondo”. Perchè quello occitano, soprattutto in una parte poco conosciuta del Piemonte è davvero un “mondo”; dove, trascorrendo una normale Vacanza fra panorami splendidi si puo’ scoprire tutta una “cultura” che viene da lontano, soprattutto dalla Provenza e che si diffuse grazie ai “trobadors”, “i trovatori”, quelli della dantesca lingua “doc”, i cantori girovaghi della cavalleria generosa e della bellezza delle donne.

E’ dal 1999 che gli “Occitani” sono stati inclusi, con legge ad hoc fra le “minoranze storiche e linguistiche”. Ed è da alllora che convegni e musei, sagre e fiere e “feste nei costumi d’epoca” lentamente si sono moltiplicati; e si è avuto anche un “recupero” fra i piu’ importanti e significativi: il recupero delle musiche d’epoca

Ci sono stati anche tanti – specie giovani coppie – che sono tornati sul posto, venendosene via da lavori e professioni nelle piu’ lontane città d’Italia e d’Europa: un “richiamo del cuore”, evidentemente; un ritorno a radici che non erano state dimenticate e tanto meno abiurate.

La storia sta dalla parte della riscoperta occitana; perchè, persino ai tempi duri del Marchesato di Saluzzo, la Valle Maira aveva una sua larga autonomia, consacrata in appositi “Statuti”. Per conoscere bene la zona, occorre -qui piu’ che altrove- “farsela a piedi”; o in bicicletta. Perchè c’e’ una ragnatela fitta di “percorsi” ex-militari, di sentieri (dove sgusciavano i contrabbandieri) e di antiche mulattiere.

Gambe e muscoli, dunque, alla riscoperta di questo “mondo” e delle sue tradizioni, nell’Alto Cuneese, da Dronero e Macra e ancora piu’ su verso Camoscio e Acceglio e Chiappera; paesini e “borghi di intatta dualità; zone ricchissime, anche di curiosità geologiche quali la presenza di tanti fossili marini; e di strumenti antichi quali la ghironda e la cornamusa; nonchè di cibi e piatti anch’essi “doc”.

= “Espaci Occitan” – Via Val Maira, 19 – 12025 – Dronero (Cuneo): tel. 0171.904075.

Ristorante Occitano: “Lou Pitavin”- Borgata Finello di Marmora (cap. 12020) tel. 0171.998188

Ristorante “Lou Sarvanot” ; 12020 Stroppo (Cn); dove si trova un liquore raro, il Genepy Occitan”, ottenuto con la Artemisia Mutellina; tel. 0171.999159

“Il Rifugio degli Elfi”, il piu’ alto della Valle Maira, per gite ed escursioni 12020 – Borgata Preit, 17, tel. 0171.998206-335.252014




Con l'enogastronomia le "radici fasciste"


Ci stupisce sempre trovare sui giornali che “piu’ antifascisti non si puo'” qualcosa che invece si richiama positivamente al Ventennio, a cio’ che in esso si riusci’ a realizzare e che magari neanche noi, su questo “nostro” versante conoscevamo.

Sentite questa, trovata sul supplemento dell’Espresso. Dove si parte, descrivendo le delizie gastronomiche di Metaurilia (provinciaPesaro/Urbino) da quelle che sono state le origini del cosiddetto “mare nell’orto”.

Scrive la brava Andreina De Tommasi.

E’ il racconto gustoso di terra e di mare, che è poi la base della cucina italiana. Soprattutto in quei luoghi dove gli agricoltori convivono con i litorali sabbiosi, come nell’Abruzzo della Costa dei Trabucchi, dove il contadino si allunga sul pontile e si trasforma in pescatore. Come sull’Adriatico marchigiano, dove gli ortolani-marinai tirano su la barchetta fin dentro l’orto, e dove il tempo è scandito fra la semina e la pesca. Soprattutto a Metaurilia, borgo di Fano, nella provincia di Pesaro-Urbino. Qui infatti è nata ‘iniziativa “II mare nell’orto”, che parte proprio da Metaurilia e poi si sposta con alre tappe gastronomiche tra Fano, Senigallia, vlarotta, Mondavio e il Furlo. Gli organizzatori, l’Associazione Sommelier di Pesaro e la confraternita del Brodetto di Fano, hanno voluto rendere omaggio a quegli ortolani-pescatori che hanno inventato ricette quotidiane che ora spiccano nei migliori menù. “Questa zona era famosa per la coltura del cavolfiore”, dice Corrado Piccinetti, biologo marino, “e infatti il piatto forte è la zuppa di cavolo con le alici. Gli ortolani uscivano in mare con le loro “batane”, barche a fondo piatto, a “seminare” le nasse per le seppie, ma pescavano anche paganelli, triglie, mormore, zanchette, sogliole e naturalmente alici, sardine, sgombri. E una volta a casa, in genere le mogli, univano il pesce con quello che avevano nell’orto”. E da questa tradizione sono nati i piatti più significativi della gastronomia della zona. Ecco allora la rana pescatrice con gli asparagi, il rombo con patate e pomodoro, la coda di rospo con i carciofi. Tutti piatti presentati alla Lanterna di Metaurilia, il 7 giugno

poi c’e’ la “parte storica”.

E qui viene il bello, almeno per noi. Perchè sugli ortolani-pescatori si legge:

Quello che resta di un sogno: Metaurilia. Ovvero una bella casa colonica (115 strutture, ormai quasi del tutto modificate) e un ettaro di terra verso il mare. Ci abitavano più di cinquecento coloni. E’ l’unico esempio di bonifica del Ventennio presente nella provincia di Pesaro Urbino, www.lavalledelmetauro.it. Gli ortolani-pescatori fornivano a Fano e dintorni i prodotti dell’orto e del mare, avevano costituito anche una cooperativa per la raccolta e la conserva dei pomodori. Gli architetti della zona hanno chiesto che venga realizzato al più presto un “museo della bonifica” e che vengano conservate le strutture ancora esistenti.




"L'Europa assediata"


E’ questo il titolo di unarticolo lucidissimo di Alberto Ronchey; il fatto che sia uscito come editoriale sul “Corriere della Sera” – giornale intriso purtroppo da un iriducibile sinistrismo cultule – gli dà a nostro avviso maggior valore

Del tutto controcorrente con il suo giornale, con la l’abituale pacatezza e capacità “strategica” di analisi, Ronchey affronta il tema delle “ondate di immigrazione islamica”. E comincia con una annotazione di estremo interesse:

Qualche decennio prima di Samuel Huntington, fu lo storico Fernand Braudel a percepire dinanzi al panarabismo e all’islamismo la prospettiva degli «scontri di civiltà». Oggi, l’Islam ideologico sfida con ogni mezzo la supremazia degli occidentali che oltre tutto proteggono Israele, mentre la , mobilità intercontinentale di massa con l’intensa prolificità di africani e mediorientali può travolgere r confini e sconvolgere costumi o regole delle società «infedeli». “.

L’Europa è particolarmente vulnerabile, data la nota situazione demografica; anche qui’ Ronchey fa centro, riferendosi a Gheddafi, a quello che ha detto in una intervista ad “Al Jazeera” riposrtata da “La Stampa” del 3 maggio:

«Vedo segni che preannunciano la vittoria di Allah sull’Europa senza ricorso a spade o fucili… Abbiamo in Europa cinquanta milioni di musulmani e la trasformeranno in un continente islamico fra pochi decenni».

Ecco il problema; il “nodo” vero e terribile del problema: di fronte ad una Europa che invecchia, cresce – e deborda; come è inevitabile – la popolazione asiatica, africana ed araba; e l’Italia, come già detto, si trova in prima fila perchè ” è la prima terra di sbarchi della immigrazione clandestina; e l’Europa si sente – ed è – assediata, dal futuro piu’ o meno prossimo derivante “dall’incombente superpopolazione africana”

Prosegue Ronchey:

“Secondo gli ultimi dati dell’Istituto Geografico De Agostini, gli africani risultano 852 milioni. Un secolo fa, venivano stimati 170 milioni. L’intera Ue-25 contiene 458 milioni di abitanti concentrati per gran parte nell’Europa occidentale, quella che attira le moltitudini erratiche dell’Africa. Sulla portata di simili problemi e prospettive sarà indispensabile riflettere a fondo, se possibile in termini realistici…

Pino Rauti



Anche Humala, dal Perù "più Peron che Marx"


Chi scrive, sta seguendo con attenzione che merita uno dei “fenomeni” più interessanti in corso; l’emergere di un nuovo -quasi appassionato- antiamericanismo in tutto il centro-sud americano, che doveva essere il “il cortile di Bush” e invece si sta trasformando anche per merito di Chavez in un “luogo” da dove partono le contestazioni più accese contro le Multinazionali.

Visto il rilievo che danno a queste vicende i fogli della sinistra nostrana- ma non mancano gli “alt” in merito; e sono, come vedremo in altra occasione, assai significativi- sembrerebbe di poter concludere che si tratta di una sorta di estremo omaggio a Fidel Castro; e che , insomma, siamo di fronte ad una nuova ondata di Marxismo.

Non è così.

Castro non c’entra; e non c’entra niente neanche il marxismo. Se proprio vogliamo fare paragoni o avanzare confronti, piu’ che marxismo c’e’ “peronismo. C’è la ricerca di una “terza Strada” che vada al di la’ tanto del marxismo – di cui anche li hanno visto tutto, clamorosi, il fallimento e il tracollo- quanto, ovviamente del capitalismo. Che poi se una volta era un punto di riferimento, culturalmente, un po astratto, adesso è diventato “capitalismo selvaggio”, strumento finanziario dell’egemonia americana.

Fatto nuovo, pero’ e’ l’entrata in campo -la dove ne esistono i presupposti numerici adeguati – del “fattore etnico” legato alle popolazioni autoctone; che sinora erano state, laggiù, le grandi assenti. E questo vale per la Bolivia di Evo Morales e per il Perù di Ollanta Humala. Tra gigantesche “bidonvilles” e non meno enormi super-mercati, intramontabile quali ruota il vivere drammatico di decine di milioni di persone, si cerca una “strada” che riduca gli attuali – e schiaccianti – costi esistenziali. Ma, lo ripeto, cè più peronismo che marxismo.




La "Volkswagen" insiste sui ventimila licenziamenti


E’ ufficiale; e il neo-presidente della Volkswagen lo conferma: nell’azienda ci sono ventimila esuberi; e Wolfang Bernhard – forte dell’esperienza, fatta alla Crysler americana – ha messo la firma su un “progetto di tagli” che adesso sta discutendo con i sindacati. Ne ha scritto – su “Repubblica” – Ettore Livini, che ha posto molte domande al presidente “VW”.
Eccone alcune:

Quali sono i problemi di Volkswagen?

Abbiamo un gap di produttività del 50% rispetto ai migliori concorrenti. il 25% lo dobbiamo recuperare lavorando sui processi e sui componenti, l’altro 25% reinventando il modo in cui progettiamo le macchine. L’auto oggi è un mercato di volumi. E la chiave per essere competitivi è quella di tenere i costi sotto controllo, se no non hai futuro. L’Europa adesso è come l’America di cinque anni fa. Dobbiamo difendere il mercato dalla seconda offensiva dei produttori asiatici. Tra una decina d’anni sbarcheranno da noi con prodotti validi anche i cinesi. Le barriere protezionistiche non servono, si deve lavorare sui prodotti. Se no rischiamo dì finire nei guai come Detroit.

In teoria potreste delocalizzare la vostra produzione…

In effetti è difficile dire se in futuro ci sarà ancora spazio per la produzione dì auto in Europa occidentale. Di sicuro ci sarà nei paesi dell’Est. Se in Germania i sindacati chiedono un 3% di aumento su una paga giornaliera di 55 curo, l’aumento corrisponde quasi all’intero stipendio di un operaio in Slovacchia. E la Slovacchia è a poche ore d’auto da Wolfsburg. Il rilancio però sì fa su due fronti: schiacciando il freno delle spese e pigiando sull’acceleratore dei prodotti. Tra due anni si vedranno i risultati del nostro lavoro.

Un altro modo di tagliare i costi è quello di fare alleanze. Cosa ne pensa?

Le alleanze non bastano a cambiare le vite delle aziende. Certo qualche accordo di cooperazione ci può stare. E siamo pronti a parlare con tutti. Ma dobbiamo imparare a camminare con le nostre gambe.

Abbiamo letto bene; ma rileggiamo – a proposito di quella deindustrializzazione che stiamo denunciando da anni – con estrema attenzione: ” E’ difficile dire se in futuro ci sarà ancora spazio per la produzione di auto in Europa occidentale…”!