Sul “SOLE-24 ORE” Tutte le tesi nostre su FAMIGLIA e DEMOGRAFIA


“L’Italia è un Paese per i giovani?” questo si  chiede “Il Sole-24 Ore” qualche giorno fa nell’articolo di fondo, e il (noto ed esperto) giornalista, che lo scrive, Giacomo Variago, risponde esponendo argomenti seri e tesi sacro sante che approviamo fino alle virgole anche per il semplicissimo motivo che sono come  vedremo subito riprendendo la parte saliente dell’Editoriale, argomenti e tesi che andiamo sostenendo da anni.

Che gentilissimi i lettori; e che lo facciamo con riferimento ai “nostri” scritti e spesso, anzi, a quanto abbiamo più e più volte affermato anche in “documenti” ufficiali, in mozione  alla Camera- a suo tempo- in tesi che contenevano i nostri “ postulati” congressuali, da “ Spazio Nuovo” ad “ Andare Oltre”.

“Se c’è un Paese al mondo, scrive dunque Variago, che da molti anni ha bisogno di una “politica per la famiglia”, questo è l’Italia. La realtà che viviamo non è affatto così positiva e serena come appare dagli articoli 29,30 e 31 della Costituzione. Dove si prevedono sia i doveri sia i diritti dei genitori; si evoca la maternità ma anche la paternità; si vorrebbero favoriti il matrimonio e l’unità familiare.

Rispetto al disegno costituzionale, abbiamo pochi figli e molti aborti, pochi matrimoni e molti divorzi: nelle classifiche internazionali che vengono continuamente pubblicate figuriamo sempre agli ultimi posti per tutto ciò che riguarda le condizioni della vita familiare, dagli aspetti demografici alla tutela dell’infanzia, dalla condizione femminile alla qualità della scuola.

Ne siamo a tal punto preoccupati, che ciò che si riferisce alla famiglia viene ormai catalogato non tra i nostri punti di forza ma tra i problemi, come quando si dice che se l’economia italiana non cresce più la colpa è del nostro “ capitalismo familiare”. Quali sono le cause principali di questi problemi, e come potremmo iniziare a porvi rimedio? A Variago sembra che tre siano gli aspetti sui quali bisogna concentrare l’attenzione. Anzitutto, evitare la miopia della politica. Se della famiglia ci si ricorda solo con provvedimenti una tantum ( ad esempio, con un mini- bonus per il bimbo nato l’anno scorso), allora è chiaro che si rischia di peggiorare la situazione. La famiglia è per definizione qualcosa che riguarda successive generazioni: se si vogliono favorire comportamenti diversiva quelli prevalenti negli ultimi vent’anni, bisogna modificare aspettative e convenienze relative ai prossimi vent’anni. In altre parole, per una politica della famiglia serve lungimiranza e non casualità.

Il secondo aspetto non è meno importante. Il nostro modo di fare politica – forse perché ormai dominato dalla televisione – è sempre più apparenza che sostanza: ciò che conta è l’anomalia, perché fa notizia, e non la normalità. Nei confronti della famiglia, questo modo di fare politica ha conseguenze micidiali. Basta pensare ai due temi di cui più ci siamo occupati nell’ultimi anno. I nostri figli si sposano sempre meno? E noi concentriamo il dibattito politico sui matrimoni degli omosessuali, continua ed anzi incalza…in questo Paese nessuno più vuol fare figli? E noi facciamo un costoso referendum sul diritto di moltiplicare l’impegno degli embrioni per la fecondazione assistita di quei pochi che hanno problemi di fertilità. Sembra quasi che la politica faccia apposta a non volersi occupare dei problemi del Paese, cioè dei problemi dei più, limitando la sua attenzione ai casi estremi, che fanno notizia perché di pochi.

Il terzo aspetto è ancora più importante, e riguarda il punto di vista rispetto al quale dobbiamo collocarci: prevale l’interesse della famiglia o quello delle “ corporazioni” che della famiglia si occupano? La domanda non è banale, e ne verifichiamo continuamente l’importanza in un Paese come il nostro dove spesso l’interesse servito è quello, diciamo così, dell’offerta più di quello della domanda… L’articolo di Variago continua, affrontando in modo particolare il problema- scuola , ma noi  ci fermiamo qui; perché davvero crediamo di aver letto raramente un “testo” che con tanta documentata precisione riprende e rilancia- e, nel merito, approfondisce- quelli che, da sempre, abbiamo definito “ i problemi essenziali della Demografia, e della Famiglia”.

Pino Rauti




Da Nazione a Paesaccio


Sempre peggio la criminalità.

E non diciamo soltanto perché aumenta e cresce quantitativamente ogni giorno ma perchè è, appunto, sempre peggio; nel senso di “peggiore”, più feroce, più squallida, più disumana. Ed è anche così, molto più per effetto delle cosiddette riforme e della “ingegneria costituzionale”, è anche e soprattutto così che da Nazione si diventa una specie di Paesaccio sgangherato, con tratti e contenuti del peggiore Terzo Mondo.

Ma, almeno, lì c’è la miseria, c’è la povertà, non a giustificare ma in gran parte a spiegare quello che vi accade mentre qua da noi le ricchezze non mancano; e, comunque, non manca un “retroterra” di tradizioni civili e culturali, che sembrava solidissimo e che adesso, invece, mostra segni preoccupanti di sfaldamento.

Guardiamole una accanto all’altra, le notizie sulle criminalità che si sono succedute in pochi giorni, in poche ore.

A Roma – dove sa anni stanno rubando anche le monetine gettate dai turisti a Fontana di Trevi – salta fuori una specie di “anagrafe parallela” e vengono arrestati 5 funzionari dell’Anagrafe capitolina e 3 vigili urbani, insieme ad altre 128 persone coinvolte a vario titolo. E’ uno scandalo clamoroso perché durava da chissà quanto tempo ed ha immesso sul “mercato” falsi riconoscimenti di paternità e documenti con generalità fittizie. Qualche “operazione” rendeva 20.000 Euro a caso; il fatturato totale non è stato quantificato e forse non si riuscirà mai a precisarlo, ma si tratta – secondo le prime rilevazioni – di “almeno” un centinaio di miliardi di vecchie lire. Con assoluta irresponsabilità gli autori dei falsi permettevano l’uso delle carte anche a latitanti che sono espatriati. A dicembre a centinaia…

E poi ci sono le malefatte ai danni dei bambini, dei neonati, anche qui è un crescendo impressionante di casi e un “incattivimento” che fa spavento. Bimbi torturati, seviziati, violentati bruciati nell’acqua bollente. Non si era mai visto niente del genere nella “storia” della criminalità del nostro Paese; dove – sempre- i reati a danno dei minori e dei più piccoli erano quasi una rarità, ed effettuati sempre da maniaci e pazzi.

Anche il territorio è allo sfascio, come tutta la cosiddetta società civile del nostro Paese. Le piogge autunnali “devastano” Roma, e mezza Italia; e nessuno paga per quello che accade e che provoca – come ogni anno, dal resto, e orami da molti anni – danni per migliaia di miliardi di vecchie lire, che in gran parte piombano sulle spalle dei privati. Ricordiamo che anni fa, tanto tempo fa, su un nostro giornale facemmo un titolo sarcastico sul fiume Marta – un piccolo corso d’acqua del Viterbese, sconosciuto all’universo mondo – che invece sembrava diventato Nilo e Mississipi per i danni che causava. E’ ancora lì, il “fiume” Marta; anche l’altro giorno è straripato, costringendo centinaia di famiglie all’evacuazione nottetempo, interrompendo la ferrovia Roma-Genova e, per frane, l’Aurelia bis; bloccate – scrivono i giornali- anche le provinciali Tuscanense e Tarquiniense “trasformate dalla pioggia in veri e propri torrenti”.

Frattanto, oltre all’Anagrafe fasulla – per inquisirla si sta lavorando dal 18 mesi – la polizia stradale di Roma ha scoperto un centro di falsi per patenti di guida, permessi di soggiorno e visti per passaporti “ da vendere ad immigrati clandestini”, che provenivano dall’Emilia – Romana e dalla toscana. Tanto per cominciare, otto arrestati.

E ancora, da sottolineare anche questo dato di fatto: la “novità” rappresentata da una criminalità finanziaria sempre più massiccia, almeno a giudicare dalle accuse delle Procure.

C’è una nuova inchiesta, ad esempio, sulle “immobiliari di Fiorani”. Ecco di cosa si tratterebbe:

“Una rete di oltre cento società immobiliari. Un giro di affari da 500 milioni di euro. E soprattutto la testimonianza di un “pentito” che chiama in causa Gianpiero Fiorani. Intorno al banchiere lodigiano ruoterebbe una rete di società specializzate in operazioni immobiliari (soprattutto in Lombardia e Liguria) su cui la Procura milanese sta indagando. Non solo: i PM hanno individuato anche un nutrito gruppo di società inattive, con un patrimonio di poche migliaia di euro, ma capaci di ottenere da Lodi fidi per decine di milioni di euro. Denaro prestato dalla banca senza pretendere troppe garanzie. L’indagine è nata come un filone di Antonveneta, ma ormai, di fatto, è un’altra inchiesta. Oggetto: l’impero immobi­liare di Fiorani. O meglio, la galassia di società a lui collegate. Gli amministrato­ri infatti sono sempre gli stessi. Di più, le società sono frutto di partecipazioni incrociate e sono in qualche modo legate alla Banca Popolare di Lodi….”

“In Liguria gli immobiliaristi contano su un imprenditore di fiducia, Pietro Pe­sce di Cogoleto, e sull’avvocato genove­se Sergio Bianchi. Gli investigatori mila­nesi sono stati richiamati in Riviera da un’indagine per abusi edilizi ed evasione fiscale sui guadagni derivati dalla vendita di 260 box a Celle Ligure (milioni di euro fuori busta). Soldi che la Finanza sospetta siano stati ritirati da un emissario legato al gruppo d’affari lodigiano”

P. R.




Siamo una società “gonfia” di crimini


Non c’è solo il fenomeno – grave, gravissimo, per le tante conseguenze negative che ha – della obesità dei singoli; siamo anche globalmente, una società “gonfia”, obesa di criminalità. Come dimostrano purtroppo incontestabilmente, tutte le statistiche più recenti, dall’Eurostat di Bruxelles all’Istat e, ultimissime, quelle della Caritas. Queste poi danno un’immagine tristissima dell’Italia, soprattutto a proposito del fenomeno della prostituzione diventato nel volgere di pochi anni un vero e proprio “schiavismo moderno” ; un fenomeno contro il quale sembra non si riesca a combinare niente di serio; con il risultato che, nei suoi confronti, si corrono i rischi, convergenti, dell’assuefazione e della rassegnazione.

Stanno anche emergendo cifre impressionanti; che accreditano a queste Spa- criminali un fatturato enorme; che oscilla fra i 10 e i 20 miliardi di Euro all’anno.

Per circa il 76% dei cinquantamila “soggetti” coinvolti, si tratta prevalentemente di donne e di bambini; e di donne ovviamente assai giovani.

Il “movimento” – in continua crescita riguarda persone che affluiscono in Italia da 54 Paesi; quelli stessi che poi “forniscono”giovani neo – schiavi nel cosiddetto mercato mondiale, dove si è giunti a quota 2 milioni.

Pensiamoci sopra: ogni anno “vengono immessi sul mercato mondiale almeno 2 milioni di esseri umani, che vengono utilizzati nello sfruttamento sessuale (compreso il cosiddetto turismo sessuale) in settori “vicini”: nel lavoro nero, nel traffico di droga e nelle adozioni illegali……

Due convegni, tenutisi nel nostro Paese, confermano quanto sopra: uno a Roma – Organizzato dal Ministero delle Pari Opportunità – e l’altro a Firenze, promosso da “Emmaus Internazionale” e da oltre 30 ONG umanitarie.

Ci sono 5 Paesi che sono in testa agli “invii” in Italia: Nigeria in Africa e poi, Romania, Moldavia, Albania e Ucraina: la nuova Europa “più larga”. Tra i tanti articoli che abbiamo potuto leggere in argomento, ci ha colpito quello che ha scritto sul “Quotidiano Nazionale” Aldo Forbice, il quale fa notare che “per avere un’idea di quanto grosso sia questo busines è sufficiente avere presenti due cifre: primo ogni donna o bambina resa schiava viene valutata sul mercato della criminalità fra 120 e 200 mila euro l’anno; secondo, il ricavo finanziario complessivo per le Spa criminali oscilla tra i 10 e i 20 miliardi di euro l’anno: più del PIL della Nuova Zelanda o della Grecia ed equivalente a quello della Norvegia o della Polonia. I dati della Caritas ci fanno riflettere anche su un altro elemento. I finanziamenti delle ONG, impegnate negli aiuti umanitari, si riducono sempre di più: essi devono ricorrere a sostegni privati perché enti pubblici (dallo Stato agli enti locali) destinano sempre meno risorse. È tutto in contraddizione con leggi più severe che, giustamente, vengono varate dagli Stati (anche in linea con le convenzioni ONU) ma a cui non corrispondono purtroppo risorse finanziarie adeguate e strumenti di polizia e di servizi sociali più efficienti per combattere i nuovi mercanti di carne umana….”

Da notare ancora – e questo è l’unico spiraglio positivo che si sta aprendo – che dei 50.000 “soggetti” coinvolti in Italia, quasi 30.000 “hanno raggiunto in qualche modo i servizi sociali, legali e sanitari presenti sul territorio” e che “una frangia anche abbastanza consistente, poi, è riuscita a sfuggire alla morsa….e ha ottenuto la possibilità di rimanere in Italia con le carte in regola. Fino al 31 dicembre 2004 – ha detto Don Giancarlo Perego , responsabile per il settore, della caritas – i permessi di soggiorno concessi per protezione sociale sono stati 4.286 e alla fine dell’anno in corso supereremo quota 5.000…..

Pino Rauti




È massiccia la spinta al “degrado” di Roma


I “contenuti di una città dipendono, ovviamente da quello, da tutto quello, che vi accade “dentro” in ogni manifestazione ed aspetto del suo vivere concreto e quotidiano. E quello che si chiama sviluppo o crescita o miglioramento del suo livello esistenziale oppure della crisi di questo livello, crisi e venir meno di esso, il cosiddetto degrado, vengono dall’andamento negativo di quei “contenuti”!

Contribuisce molto al degrado in atto a Roma, dunque, quello che avviene su scala massiccia, all’Esquilino, in una via interna, a via Principe Umberto, dove si è andata installando una enorme “struttura” di vendita all’ingrosso di articoli di pelletteria contraffatta, con decine di spacci di imitazioni marcate Cina; senza orari e senza tener conto di nessuna regola fiscale.

E si vende di tutto, altre alla pelletteria; pezzi di ricambio di autoveicoli; CD, audiocassette e CDV; calzature e articoli di abbigliamento .

Tutti gli interventi di recupero effettuati nella zona non hanno impedito il proliferare di un mercato dove scorre un fiume miliardario, che ricorre anche ad Internet per ulteriori “affari” che coinvolgono grossisti di fuori Roma: spedizioni notevolissime vengono avviate in vari Paesi d’Europa. E i “falsi”, da qualche tempo, provengono anche da città arabe del Maghreb.

A questa situazione è stata dedicata il 24 ottobre scorso quasi un’intera pagina del “Corriere della Sera”, con due articoli di Ilaria Sarchettini.

Vi leggiamo, tra l’altro, che non si rilasciano né fatture né scontrini; così come non ci sono né marchi né etichette sulla “merce”. Ed è da quella via che partono i rifornimenti, le vendite abusive lungo le passeggiate turistiche: Piazza Adriana, Castel Sant’Angelo, Fontana di Trevi, via Del Corso, Piazza Navona. Borse che falsificano Gucci in camoscio o le Prada impermeabili; e mucchi di sporte vintage, di zainetti di cartolibreria, le baguettes di pelliccia fasulla; con un via vai di camions anche di sera e fino alle prime ore della notte. Perché la sera poi “ci sono anche loro. Ragazzi del Senegal, Nigeria, Somalia, Bangladesh. Clienti affezionati ….”

Ma siamo a Roma o alla periferia di Calcutta?

Siamo al centro di Roma; e nessuno fa niente. Leggiamo ancora: “l’Assessore del primo Municipio con delega all’Esquilino, Letizia Cicconi, con un occhio all’elenco delle assicurazioni e l’altro ai provvedimenti emanati denuncia la situazione di emergenza. Con un senso di rabbia e di impotenza …..senza una vera regolamentazione sull’ingresso delle merci, le possibilità di intervenire sono inesistenti….” Dice sfiduciata!

P.R.




Attenti alla tattica! Mai avute tante occasioni


Stringe il cuore (e fa tanta rabbia) sentire le Radio e soprattutto vedere le immagini televisive fra terremoti, tempeste e uragani, distruzione; e morti e turbe di disperati e di affamati.

Ci sono, a centinaia di milioni, i nuovi “dannati della terra”, quelli che una volta erano – secondo la cultura para marxista o comunque progressista – il frutto del colonialismo europeo ma che poi, venuto meno quel colonialismo, stranamente non sono venuti meno ma anzi si sono, si stanno moltiplicando e sembrano crescere a dismisura.

Segno evidente che quella “analisi” era sbagliata o quanto meno assai superficiale; perché questi problemi del mondo contemporaneo enormemente complessi.

Ho letto giorni fa su uno dei tanti giornali che seguono queste vicende, che “stiamo entrando in un mondo cupo” e che stiamo vivendo “un capitolo terribile della storia”.

Ed è proprio così.

Ed è così che le ideologie che pure hanno stravinto la partita – prima sul Fascismo, con le armi della mobilitazione mondiale e poi sul Comunismo, con il semplice raffronto, dal Baltico al Mar Nero, della opulenza mercificata contro la povertà e l’inefficienza produttiva – stanno “perdendo la pace”.

E mettono tutto l’occidente a cominciare dall’Europa, con le spalle al muro di fronte a problemi, a scelte, a decisioni che paiono sfuggire ad ogni controllo e spesso anche ad un minimo di approccio razionale.

Quelli che continuano a richiamarsi alla sinistra – come ho avuto modo di sottolineare al convegno giovanile dei nostri quadri direttivi – tenutosi a Giuliano – a me sembrano operare sul piano di un’autentica follia politica; perché il Comunismo sovietico e quanto al marxismo si richiamava, non può citare neanche un Paese, neppure una sola esperienza di “socialismo realizzato” che sia stato un successo.

Ma quelli che si ispirano e battono la grancassa politica e culturale al neo-conservatorismo di stampo americano, commettono anch’essi un enorme errore; perché il mondo contemporaneo è “gestito”, diretto, organizzato dalle idee e tesi del liberal-capitalismo, ma sta andando, con ogni evidenza, a rotoli. Sempre più ingiusto, anche, sempre più “diseguale” a danno delle fasce più deboli – ripetiamolo per l’ennesima volta: le donne, i bambini e o giovani, gli anziani – e sempre più vittima di esigenze e richieste di urgenza drammatica alle quali non si riesce a dare una risposta. A me sembra evidente, più evidente ancora di quanto è accaduto da alcuni decenni, che ci vuole un’altra  “via”, che bisogna imboccare una strada nuova, che non sia né quella del sinistrismo più o meno di ritorno né quella del neo- conservatorismo di marca statunitense.

Ci si potrebbe obiettare: dite questo da molto tempo; praticamente da sempre da quando avete cominciato a fare politica, ma finora i risultati politici per voi che sostenete questa tesi sono stati deludenti o peggio. Vero. Purtroppo le cose sono andare proprio così. Però “adesso”, proprio adesso, i riscontri a favore delle nostre tesi, aumentano. Crescono sotto gli occhi di tutti incontestabili e inarrestabili, vicende e fenomeni che non agli altri danno ragione, ma a noi, alle nostre tesi e ai nostri progetti.

Ed è per questo che dobbiamo stare attenti alla “tattica” da scegliere: per non perdere occasioni che non abbiamo mai avuto!

Pino Rauti




I sintomi del crak anche negli Stati Uniti


Bisogna sempre saper cogliere quelli che, con appena un po’ di enfasi, si usa definire “scricchiolii sinistri”; più semplicemente i primi sintomi di una grossa crisi. E a quelli che rifiutano a priori che si possa verificare un altro “ 1929” vorremmo dire che dobbiamo guardare tutti proprio agli Stati Uniti, dove si stanno intrecciando e come condensando emersioni ormai evidenti di una situazione sempre più grave. Contrassegnata, come emerge dalle cifre più recenti, da un impoverimento del ceto medio e dal diffondersi, che sembra inarrestabile, del precariato sociale in tutti i suoi aspetti.

Ma ci sono “sintomi” ancora più espliciti, perché riguardano un versante produttivo che era positivamente tipico dell’economia americana, che le era anzi profondamente organico e quasi simbolico : quello dell’automobilismo.

Adesso, l’auto americana è crollata nelle quotazioni in Borsa e perfino la “mitica” General Motors rischia di finire in bancarotta.

Ci chiediamo e chiediamo: era pensabile, una diecina di anni fa, che si verificasse una situazione del genere? Certamente no; chi vi avesse solo accennato, ad un’ipotesi di questo tipo, sarebbe stato preso per un pazzo.

E invece……..

Invece leggiamo che dopo la “Delphi” – capolista mondiale delle componenti per auto – ha chiesto il ricorso all’amministrazione controllata con il deposito dei libri in Tribunale.; e il cui titolo ha perso in poche ore il 70% del suo valore – le ricadute negative sono state dure su tutta l’area, con la “General Motors” che perde il 10% e per la quale non è esclusa la stessa sorte della “Delphi”. Pesanti i contraccolpi anche sulla “Ford” e sulla “Vistcon” un altro gigante della componentistica dell’automobile.

In gioco direttamente, solo in quel settore ci sono quasi 50.000 posti di lavoro della Delphi nei 45 impianti USA e canadesi. Ma ce ne sono altri 200.000 nell’indotto di fabbriche minori e la Ford parla di “risparmiare un miliardo di dollari “ soprattutto attraverso i licenziamenti………..

Pino Rauti




Condizione femminile: è allarme ONU


È davvero tipico del mondo in cui viviamo: si dà enorme rilievo – soprattutto mediatico – a problemi e vicende di scarsa importanza sostanziale e si chiudono gli occhi di fronte a situazioni di ben altra, e spesso drammatica, consistenza.

E così è accaduto che mentre si levasse un chiasso incredibile, lì a Montecitorio e nei suoi immediati dintorni, sulla vicenda delle “quote rosa” nelle liste elettorali quasi non si è fatto caso alla triste e documentata denuncia che viene dall’ONU sulla condizione femminile nella società contemporanea e che ben si riassume nel titolo dei giornali: “Donne, l’allarme dell’ONU” –  violenze contro, una su tre”

Si tratta del rapporto dellONFPA, il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione; un documento presentato “in contemporanea in tutto il mondo” e che affronta in modo esaustivo e anche abbastanza organico sul ruolo che dovrebbe avere la donna nella lotta per lo sviluppo.

Che dovrebbe avere; ma che non ha.

Nel rapporto, gli esperti dell’ONU parlano ovviamente un po’ di tutto, nel senso che, come è giusto, intrecciano e mettono in relazione al ruolo della donna e specie della e giovane, tanti altri “fattori sociali” – come sanità, istruzione, situazioni di famiglia – ma mettono in luce un rapporto nuovo (e positivo): i Paesi dove si registrano i tassi di crescita più alti sono quelli nei quali più ci si batte contro il divario fra uomo e donna.

Ma bisogna fare attenzione anche ad un altro dato messo in luce dal Rapporto: che la situazione “violenta” contro le donne non è solo tipica del mondo cosiddetto sottosviluppato.

Il fenomeno compare anche in Canada e in Australia e negli Stati Uniti: “in questi Paesi il 70% degli omicidi femminili sono compiuti dai patners”; segue anche il fenomeno della disgregazione della vita di famiglia di tipo classico, incide pesantemente in modo negativo sulla condizione femminile. Che si è aggrava anche per un’altra “piaga” che si sta diffondendo: muoiono troppe giovani per complicazioni legate al parto; ne sono morte 529 mila nel 2000 – ultimo anno di rilevazioni statistiche attendibili – e per ognuna che ne muore, abbiamo 10/12 donne, soprattutto ragazze e spesso minorenni che restano ferite, mutilate o invalide. Siamo fra gli 8 e 12 milioni ogni anno.

E dunque, andare avanti – affrontando i costi che ne derivano – sull’aiuto alle donne, alle giovani: investire sulle bambine oggi significa puntare sullo sviluppo domani.

Tenendo anche conto di un altro dato di fatto: è vero che il tasso di crescita demografica nel mondo non è più quello di una volta ma anche andando avanti con gli attuali ritmi più “lenti” entro i prossimi 30-40 anni la popolazione passerà dagli attuali 6 miliardi e mezzo a nove miliardi; e la crescita sarà concentrata quasi esclusivamente nelle aree che già oggi restano, ancora, le più povere.

Pino Rauti




Ma quanti sono i folli che stanno in circolazione?


La domanda che esponiamo volutamente in forma polemica e diremmo “popolare” la fa venire la vicenda che si è svolta a Roma, con quel quindicenne che ha ucciso, sparando loro, i suoi due genitori.

Viene fuori una prima cifra, già da sola impressionante: nel Lazio ci sono 80.000 persone da curare; e ci vorrebbero subito altre quattro nuove strutture ospedaliere, ognuna con quindici letti; e neanche sarebbero sufficienti, ad essere precisi. Perché qualche altra cifra, letta sui quotidiani in questi giorni nei quali un fatto terribile di cronaca nera ha sollevato il sipario su una realtà che pochi conoscevano; e che è – diciamolo subito – conseguenza diretta del “pensiero sinistrorso” che si impose con la Legge Basaglia.

Vediamo altri numeri: malati, ogni 60.000 pazienti ricorrono nel Lazio ai Centri di salute mentale, mentre i Pronto soccorso degli ospedali trattano 51.000 persone con problematiche; DSM, nei Dipartimenti di Salute Mentale di Roma sono previsti 1.832 operatori sanitari, ma ne mancano 564; posti letto, i posti letto dei “Servizi psichiatrici di diagnosi e cura” negli ospedali romani sono 111 ma dovrebbero essere 228. Così gli ospedali: 10 letti al San Giacomo e Grassi, 6 al Regina Margherita, 12 a Santo Spirito e San Filippo, 15 a Pertini, Sant Eugenio e Forlanini; comunità, posti letto delle “Comunità riabilitative” pubbliche:535 previsti, 234 esistenti.

Leggo ancora: “mentre quel povero ragazzino sparava ai suoi disgraziati genitori, all’ospedale Santo Spirito non erano in grado di ricoverare un paziente che si era presentato con problemi psichiatrici, l’hanno dovuto mandare all’Aquila….”

La denuncia dei Sindacalisti della Funzione Pubblica della CGIL, scattata di fronte ai problemi sollevati dal fatto di sangue dei giorni scorsi, è molto precisa. Dice che nel Lazio, i un anno, si sonopresentati nei centri di salute mentale il 60.000 e che altri 52.000, in parte coincidenti con i sessantamila, sono arrivati ai Pronto soccorso degli ospedali per problemi diagnosticati come di tipo psichiatrico: “qualcosa come una città nella città, una sesta provincia invisibile della regione, 80-90.000 persone (per ben oltre la metà a Roma) che ogni anno richiedono un intervento su una problematica così spinosa e complicata come quella psichiatrica andando incontro a gravi difficoltà. Insomma un’intera città più grande di Latina, che annaspain cerca di cure e soluzioni incontrando un quadro d’accoglienza che Tiziano Battisti, Segretario romano della Funzione Pubblica, giudica “disastrato”…….”

Pino Rauti




I papà-vecchi e Nazione ”triste”


Qualche primato lo abbiamo: siamo – nel mondo – il Paese dove nascono meno bambini; e siamo anche il territorio – come si è accertato di recente lungo le coste calabresi – dove ci sono centinaia di depuratori costruiti con grandi spese e poi lasciati lì a non funzionare, sotto gli occhi di tutti.

In Italia – e solo in Italia, rispetto all’intero mondo – accade anche che i processi durino dai 5 ai 10 anni (e anche una quindicina, quelli amministrativi) e che, quasi tutte le Procure siano sguarnite di personale, mentre abbiamo 200.000 laureati o diplomati impegnati in lavori “neri”.

Adesso, salta fuori che siamo il Paese che ha “i papà più vecchi nel mondo”; notizia che suscita ovviamente interessi su tutti i giornali e le TV ma che, come vedremo, dovrebbe far molto riflettere molto seriamente per ciò che significa e per quello che provoca, in termini di “ricaduta” nel corpo sociale.

Siamo con i papà più vecchi – dimostra dunque l’ISTAT – perché in media, la paternità arriva dopo la carriera. I neo-papà italiani diventano tali, in media, a 33 anni di età, diventano tali, in media, a 33 anni di età, due anni più tardi di quello che accade in tutti i Paesi europei. E così abbiamo un altro “primato”: c’è un bel 40% di uomini fra i trenta e trentaquattro anni che vive ancora con i genitori. E anche quando si sposano, è dimostrato che sono gli uomini più delle donne a decidere di “posticipare” la nascita del primo figlio.

L’ISTAT ha tratto un volume, da questa analisi tanto essa è ricca di spunti interessanti, ma da quanto abbiamo potuto leggere in molte recensioni – e in attesa di poter consultare il libro – ci sembra che l’analisi sia centrata quasi esclusivamente sui “motivi professionali”, a spiegare il ritardo. A noi sembra così. Perché, a “costringere” gli uomini al ritardo di sposarsi e di avere il primo figlio, operano tanti altri fattori: la crescente difficoltà di trovare un lavoro serio e continuativo; i costi delle case cresciuti a dismisura e che sono un ostacolo enorme a “mettere su famiglia” e via di questa passo, come ci dicono le cronache correnti.

Ma dicevamo che il “ritardo” è fenomeno da esaminarsi con ben più interesse di quanto sia stato fatto. Perché è in esso la “radice” di tante altre distorsioni e motivi di crisi sociali; chi si sposa tardi tende a fare un , solo figlio – da cui il tracollo demografo è in atto, da esaminarsi anche nel confronto con le famiglie di immigrati che invece di figli ne hanno, in media, tre o quattro – e ovviamente diventa nonno in tarda età, quando dovrebbe assistere (come hanno sempre fatto i nonni più giovani) e non essere “assistito” come invece richiedono gli anziani dei nostri tempi. Il tutto è, diciamo così, annacquato e “stemperato” nel contesto del fenomeno che vede tutti vivere più a lungo ma, come tendenza di fondo, non v’è dubbio che “padri anziani” provocano, sia pur lentamente, una generazione dopo l’altra, conseguenze negative e pesanti.

Tutto questo, infine, diciamo per ribadire una nostra “tesi”, anch’essa ormai vecchia: se non si ha una seria, incisiva, massiccia politica per la Demografia e la Famiglia , sarà la comunità nazionale nel suo complesso e nella sua stessa esistenza “fisica” ad essere messa in discussione.

Culle vuote e papà vecchi: ma che Nazione triste stanno facendo crescere!

P.R.




Senza Stato Sociale andiamo al disastro


Abbiamo già avuto modo di sottolineare alcune cifre recenti di “Eurostat “ (l’ufficio statististiche dell’Unione Europea) secondo le quali ci sono 72 milioni di persone nella UE, “a rischio povertà. Siamo quasi alla popolazione della Germania!

Che si muove “trasversalmente” – scriveva qualche giorno fa su “L’Avvenire”, organo della Conferenza Episcopale, Giorgio Ferarri – e che è composta “di uomini , donne, anziani, famiglie intere che stanno a cavallo di quel margine sottile che separa la povertà dall’indigenza, il decoro più logoro non necessariamente benestante ma comunque decorosa”.

Settantaduemilioni su 455, quanti sono i cittadini dell’Europa “allargata”. E 11 milioni di quei 75 sono italiani, e cioè il 19% della popolazione italiana, quasi uno su cinque.

Ferrari riferisce inoltre che, secondo Eurostat, il “rischio povertà” è una definizione abbastanza precisa: “esso si manifesta quando il proprio reddito è inferiore al 60% del reddito medio del Paese in cui si vive. Non è dunque, una “povertà assoluta”, ci sono tante povertà relative. Si può essere poveri in Italia, per esempio e considerevolmente benestanti in Ucraina, che della UE non fa ancora parte ma dove la vita costa molto meno. Un povero americano per fare un altro esempio, è molto più “ricco” di un rappresentante del ceto medio greco, irlandese o portoghese, visto che per il Census Bureau (ufficio statistico nazionale), si scende sotto la soglia di povertà quando si ha un reddito inferiore ai 42 mila dollari annui per nucleo familiare di 4 persone o di 19 mila per individuo singolo. Del resto con 42 mila dollari all’anno (circa 38 mila euro) una famiglia italiana potrebbe vivere decorosamente.

Ma sul giornale cattolico si sottolinea un altro dato di fatto, che “fuoriesce come un responso inequivocabile dai dati di Eurostat, perfetto nella sua tagliente previsione”: senza lo Stato sociale “nelle sue fondamentali articolazioni” (dalla sanità alla previdenza alle pensioni ai sussidi di disoccupazione) tutte le statistiche relative al sociale sarebbero drammaticamente diverse.

Scrive ancora Giorgio Ferrari: “ne volete un esempio? Eccolo: senza contribuzioni governative ed interventi di protezione sociale i soggetti a rischio povertà sarebbero il 40% della popolazione europea, con punte del 42% in Italia e del 49% in Polonia. Anche la Finlandia e la Svezia , che vantano uno dei Welfare più efficienti e pervasivi, perderebbero il loro primato.

Occorre altroper convincerci che i teorici dello smantellamento dello Stato sociale, gli assertori del neomalthusianesimo, del lassez-faire neoliberista stanno prendendo un grande abbaglio? Che senza lo Stato sociale perfino la Svezia , nazionale dove il sostegno pubblico ha raggiunto ha raggiunto livelli di perfezione irraggiungibili per il Sud del mondo, sarebbe ridotta al rango di Paese a rischio, con forti sacche di disagio e cospicue aree di povertà? Ci pensino (anzi: ci ripensino) i grandi soloni dell’economia, quando teorizzano un’ Europa di mercato, dove al parola competitività arrogantemente soppianta quella di solidarietà: leggano queste cifre e riflettano.