Scomunicando.it - DIS-ORIENTAMENTI – Un Fascista Rosso al di sopra di ogni sospetto… Pino Rauti


pino rauti

A cinque anni dalla morte, in un’Italia senza conflittualità ideologiche, livellate verso il basso, dove revisionismo significa capovolgimento storiografico e non serietà, la morte di Pino Rauti, avvenuta il 2 novembre di cinque anni fa lascia ancora il vuoto tra chi amava e ama la Politica.  Il ricordo nelle parole di Fabio Granata e di Gennaro Malgieri. Il primo nell’intervento commemorativo alla Camera dei Deputati, il secondo scritto su “il Tempo” nel dicembre del 2012.

E oggi, la figlia Isabella scrive: Caro papà ci lasciavi cinque anni fa, scegliendo la data simbolica del 2 novembre. Da allora ad oggi, il vento non ha raccontato quasi niente che tu non avessi già previsto con le tue analisi politiche e sociali e con le tue intuizioni intellettuali. Se fossi qui avresti le risposte che, in molti, non riusciamo più a trovare. Ci hai insegnato ad “Andare oltre” ma le strade che percorriamo franano sotto i nostri piedi , perché questo magnifico Paese è assediato e viene ogni giorno svenduto, umiliato ed offeso. Il tuo ricordo – e non solo nel mio cuore ma nel sentire di molti – resta vivo e si fa insegnamento vitale, giorno dopo giorno; ora so che le Idee ed i suoi maestri non muiono e capisco fino in fondo la tua nota metafora: un albero non può sentire nostalgia delle sue radici. Le tue radici papà, le nostre e quelle della “fiamma inviolata”, sono profonde e non gelano mai. Il futuro è nelle radici. E tu continuerai a batterti per rendere questo mondo migliore e noi più orgogliosi e più degni.

Pino Rauti e la destra diversa

Pino Rauti è stato il simbolo vivente della complessità della destra italiana. La scarsa dimestichezza del giornalismo politico del nostro Paese ad affrontare i personaggi «cruciali» della vita pubblica, soprattutto quando sono difficili da incasellare nelle gabbie ideologiche, lascia spazio all’incomprensione o, peggio, alla rimozione. È accaduto a Rauti, intellettuale di natura gramsciana (tanto per sfuggire alle definizioni scontate), che con la sua ostinata capacità di attirarsi i fulmini demolitori dell’establishment politico e mediatico, ha testimoniato il primato della cultura in politica a spese del piccolo cabotaggio elettoralistico e partitocratico.

In questo senso egli ha riassunto la sua militanza per oltre sessant’anni finendo per rappresentare quella certa idea della destra che confonde gli osservatori non meno che la maggior parte di coloro che nella destra stessa pure si riconoscono o si sono riconosciuti. La sua fiera «diversità» Rauti l’ha dispiegata tutta nel perimetro dell’irregolarità, il ché gli ha procurato notevoli fraintendimenti che tuttavia non lo hanno mai fatto deflettere dalla convinzione maturata fin da giovanissimo: la necessità, cioè, di coniugare i valori tradizionali con la «questione sociale» in una sintesi che oggi potremmo arditamente definire «metapolitica» che immaginava a fondamento di una Repubblica pacificata e modellata secondo i criteri della partecipazione e del decisionismo.

Si fa presto a liquidare Rauti come un «incendiario d’anime», per usare la forte e suggestiva espressione che la Pravda– niente di meno – coniò per lui nel 1979 quando perfino in Unione Sovietica ci si accorse che dalle idee rautiane, ben articolate nell’ambito di giovani politici che erano anche intellettuali, e veicolate da un giornale che egli aveva appena fondato, Linea, poteva venir fuori una destra non convenzionale, ma alternativa a quella stereotipata dei perbenismi in voga e un po’ parruccona, funzionale ai ceti borghesi e rassicurante lo stesso sistema dei partiti.

Una destra «rivoluzionaria», insomma, gravida di idee e capace di una suprema apostasia: la negazione delle virtù plebee in nome di una paradossale aristocraticità sociale, più vicina alla concezione di un George Sorel e del sindacalismo che ne discendeva che ad una destra tutta «legge e ordine» il cui conservatorismo si esauriva nel perimetro quieto dell’opposizione parlamentare. Rauti ha tentato, in parte riuscendoci, con le sue iniziative politiche e culturali, con le sue riviste, i suoi libri (comunque la si pensi resteranno fondamentali «Le idee che mossero il mondo» e la «Storia del fascismo» in cinque volumi scritta insieme con Rutilio Sermonti), i suoi centri di studio e di riflessione che raccolsero la gioventù più reattiva e anticonformista della destra dalla fine degli anni Sessanta in poi.

La complessità di una destra che si richiamava non al fascismo in quanto tale, ma al più vasto mondo intellettuale tradizional-conservatore, le cui ascendenze evoliane innanzitutto erano innegabili, è testimoniata proprio dall’azione formatrice di Rauti per il quale le nuove scienze e l’ambientalismo, il radicalismo istituzionale ed il popolarismo localistico, le tematiche giovanili – dalla musica alternativa all’arte d’avanguardia, dalle problematiche femminili alla rilettura dei fenomeni aggregativi da cui discesero i famosi Campi Hobbit, dalla narrativa fantastica alla fumettistica che era appannaggio soltanto della sinistra, tanto per citare alcune espressioni che contribuirono a svecchiare la destra italiana – e la rivisitazione del solidarismo in una chiave che prevedeva il superamento della lotta di classe e la messa in discussione del capitalismo finanziario, fornirono al mondo che si ritrovava nel Movimento Sociale Italiano un vero e proprio arsenale di idee per combattere, come si diceva allora, la «buona battaglia».

Rauti è stato il motore di tutto questo fermento di innovazioni che neppure la più dura, accanita, mostruosa persecuzione politica e giudiziaria a cui è stato sottoposto per circa quarant’anni, ha frenato. E di questa pagina della storia personale di Rauti che s’intreccia con quelle più controverse e problematiche della storia repubblicana, un giorno si dovrà dare conto, partendo dall’assunto che le idee non si processano e non si possono costruire mostri funzionali ad una strategia elaborata in chissà quali santuari che avrebbe dovuto destabilizzare il sistema allo scopo di stabilizzare assetti di potere che si facevano la guerra con gli strumenti che purtroppo abbiamo conosciuto. Legioni di inquisitori e di pistaroli hanno provato a distruggere la credibilità di Rauti, la sua onorabilità, il suo stesso mondo politico, ma non ci sono riusciti. Gli innumerevoli processi che ha affrontato non soltanto non lo hanno piegato, ma lo hanno reso più forte: è sempre stato assolto, uscendo indenne dalle numerose inchieste che, come testimoniarono i suoi colleghi del Tempo, fin dal 1972, nulla avevano a che fare con un giornalista che amava l’impegno politico e lo interpretava come un assoluto dovere civile anche quando le «pericolose» o «rischiose» idee che professava potevano costargli caro.

Nonostante tutto le innumerevoli volte che è stato eletto deputato, parlamentare europeo e rappresentante del nostro Paese nel Consiglio d’Europa, dimostrano che la fiducia che gli veniva accordata – condivisa peraltro da tutto il suo partito – era più forte dei pregiudizi. Rauti, comunque, è sempre stato un’anima inquieta. Fin da quando giovanissimo aderì alla Repubblica Sociale Italiana e fu poi imprigionato nei campi di concentramento nordafricani maturò la convinzione che il suo sarebbe stato il destino di un «agitatore».

Tra i giovani aderenti al Msi della prima ora, mostrò immediatamente insofferenza anche verso un ritualismo neofascista nostalgico e privo di spessore spirituale, tanto da far parte del «commando» dei Far, occultamente diretto da Pino Romualdi, accusato di attentati sovversivi (per la cronaca, non un capello venne torto a nessuno) e mandato alla sbarra nel 1951 insieme con tanti altri rivoluzionari, il più illustre dei quali, si presentò al Palazzaccio in carrozzella, accompagnato e difeso gratuitamente dal più grande avvocato del Novecento, Francesco Carnelutti: era Julius Evola la cui «Autodifesa» resta tra i testi più significativi per comprendere la stagione dei vinti nella Repubblica democratica ed antifascista. In quelle circostanze, nel mentre la lotta politica si faceva più dura, Rauti maturò la convinzione che il parlamentarismo nel quale si stava confinando il Msi lo avrebbe condannato all’estinzione.

Promosse il Centro Studi Ordine Nuovo, che, contrariamente ad una vulgata menzognera, nulla aveva di «sovversivo»; condusse parallelamente la polemica politica e indirizzò verso la formazione culturale numerosi giovani. Poi la riconciliazione con il Msi di Almirante e l’ambiziosa battaglia per «sfondare a sinistra» convinto che soltanto la destra nazionale e sociale poteva dare al Paese una conformazione nuova. Ne divenne segretario nel 1990, ma anche per giochi di potere interni la sua esperienza al vertice del partito durò poco. Molto ci sarebbe da dire di quella confusa stagione che, comunque, resta la più fervida dopo il tempo almirantiano segnato dalla Grande Destra. Rauti se n’è andato dopo i suoi amici con cui ha vissuto il sogno della rivoluzione impossibile: Giano Accame, Enzo Erra, Fausto Gianfranceschi.

Tutti protagonisti di una destra incompresa dalle riserve ancora ricche per chi volesse penetrarla ad là delle coltri nebbiose che impediscono una seria visione politica. Lo raccomandava Rauti soprattutto ai suoi giovani amici: non disperdere il raccolto di una storia poiché senza radici non vi può essere avvenire. È ciò che di più prezioso rimane di lui in chi lo ha ammirato, gli ha voluto bene e perfino in chi lo ha contestato. Comunque la si pensi, al suo cospetto, oggi si deve ammettere che Rauti è stato un uomo della destra complessa, appunto, non convenzionale, impastata di certezze e di contraddizioni e perciò viva, che, non merita di essere liquidata come il frutto di una marginale ideologia.

In Memoria di Pino Rauti

Ci sono uomini che segnano epoche e ci sono Idee che muovono il mondo.

Ci sono personalità capaci di lasciare in politica tracce concentriche sempre più larghe, come i segni di un sasso nell’acqua.

Pino Rauti é stato senza dubbio uno di loro.

Ricordarne in breve la vicenda umana e storica è impossibile.

È una vicenda controversa, come tutte le biografie importanti del ‘900, dove anche i dettagli contano e non é qui la sede per approfondirli.

È più interessante, e più giusto per rendere omaggio a Rauti, guardare le tracce, raccontare quel che “ha lasciato” piuttosto che quel che “è stato”: una storia che pochi conoscono e che meriterebbe di essere scritta.

Come un romanzo.

Il romanzo delle aspirazioni migliori della destra.

Il primo cerchio è quello della formazione politica:almeno una trentina di colleghi in quest’aula, e una leva intera di studiosi, storici, docenti, giornalisti, fuori di qui, ha imparato alla scuola di Rauti la passione per un impegno politico fatto di studio e analisi,di idee e non solo di propaganda.
In un mondo come quello del Msi che per una interminabile fase fu votato alla pura sopravvivenza, Rauti portò l’ambizione di progetti di lungo periodo e la capacità di “leggere” la contemporaneità, di starci dentro senza complessi di inferiorità verso una sinistra che aveva all’epoca formidabili strumenti di analisi, ricerca, formazione dell’immaginario.

Il secondo cerchio è quello della cultura.

Il rautismo fu essenzialmente uno scaffale: libri, riviste, fanzine, cataloghi infiniti di saggi e romanzi che le Edizioni Europa mettevano
in circolazione mese dopo mese.

Una specie di Feltrinelli underground  senza la quale nessuno di noi avrebbe potuto sperimentare l’eresia di “andare oltre”le colonne d’Ercole del luogo comune che inchiodava la destra al nostalgismo e alle suggestioni totalitarie.

Il terzo cerchio è il più largo, quello che ha agito più nel profondo:è il sasso nello stagno del 1977, quando nell’hannus horribilis del sangue per le strade di Roma e di Milano, Pino Rauti con il documento Linea Futura invita al disarmo degli opposti estremismi, archivia l’anticomunismo, spinge il Msi a uscire dalla routine propagandistica puntando su un’offerta politica diretta in primo luogo a giovani e donne al fine di delineare una
controffensiva politica rivoluzionaria,accantonando nostalgie e ribellismo sterile.

Ecologia, urbanistica, poesia, grafica, femminismo, integrazione, musica, le cause dei popoli dalla Palestina all’Irlanda: Rauti disegna un inedito modello movimentista da cui scaturirà la stagione creativa dei Campi Hobbit, uno dei fenomeni più studiati (e più imitati negli anni successivi) che caratterizzarono il mondo giovanile a destra.

Quell’esperienza non solo aprì orizzonti inediti per noi ventenni di allora, ma sottrasse centinaia di noi alla logica distruttiva del conflitto generazionale e del terrorismo.

A sinistra se ne accorsero in tanti:da Giorgio Galli a Marco Revelli, da Giorgio Bocca a Marco Pannella.

Con tutte le sue contraddizioni e i suoi nodi irrisolti, quel percorso portò tanti ragazzi (e non solo) a superare il paradigma neofascista al fine di entrare in relazione con il presente e i nuovi fermenti epocali ormai non più racchiudibili dentro l’universo di Marx o di Freud.

Io, che ero uno di quei ragazzi, ricordo di Rauti molte altre cose ma rischio di diventare sentimentale e cadere nella retorica.

Ma una sola di queste cose vorrei raccontarla:in un confronto tra partiti che è diventato ragioneria di seggi e percentuali, in un’Europa che riesce a parlare solo di mercati, spread o default, in un dibattito pubblico ripiegato sul premio di  maggioranza e altre amenità, in una Nazione dove essere e definirsi impegnato in Politica sembra oramai una vergogna… ricordo con nostalgia di essermi spellato le mani alla fine di un suo fondamentale discorso congressuale e alla frase con la quale magistralmente lo concluse: “La linea più breve tra due punti a volte passa per le Stelle”…
Si.

Fare politica, allora, era un onore e un vanto:a vent’anni o a cinquanta.
Domandiamoci allora perché non ci sono più stelle da indicare ai nostri figli e come possiamo provare a riaccenderle……

[Fonte: www.scomunicando.it]




FascinAzione.info - Ricordando Pino Rauti nel quinto anniversario della sua scomparsa


pino rauti 1(G.p) Il 2 novembre di cinque anni fa, è venuto a mancare, all’età di 85 anni, Giuseppe Umberto (detto Pino) Rauti. Combattente della Repubblica Sociale Italiana, tra i fondatori del Movimento Sociale Italiano nel 1946, ideatore del Centro Studi Ordine Nuovo nel 1954, segretario nazionale del Movimento Sociale Italiano Destra Nazionale dal 1990 al 1991.
Dopo il congresso abiura di Fiuggi, dal quale nacque la destra democratica e liberale di governo incarnata da Alleanza Nazionale, Rauti diede vita al Movimento Sociale Fiamma Tricolore di cui fu segretario fino al 2002 e successivamente al Movimento Idea Sociale. Deputato alla Camera rappresentò l’Italia al Consiglio d’Europa. Fu parlamentare europeo dal 1994 al 1999.
Da giornalista fu prezioso collaboratore de Il Tempo, storico quotidiano romano, e direttore del quotidiano nazional-popolare Linea ed autore di diversi saggi tra cui le idee che mossero il mondo.
In occasione del quinquennale della sua scomparsa, l’onorevole Bruno Esposito, ci ha inviato un ricordo del suo maestro di vita e di politica con il quale ha condiviso una vita di battaglie politiche e e culturali.

Pino Rauti ha scritto una pagina indelebile nella storia del Movimento tradizionalista di orientamento evoliano, operando una straordinaria sintesi fra impegno culturale volto alle “linee di vetta” di quel pensiero e l’impegno politico teso a tutelare i valori tradizionali delle identità minacciato dalla “mondializzazione” e la visione e la prassi dell’azione sociale del fascismo.

Le idee le analisi, la visione di Pino Rauti , enunciate già trenta o quaranta anni fa sono di straordinaria attualità e ad esse bisogna fare riferimento per affrontare i problemi epocali che investono l’Occidente, dalla crisi dell’uomo bianco, alle imponenti migrazioni, ai problemi dell’ambiente, al turbocapitalismo che affama i popoli e tant’altro ancora

[Fonte: www.fascinazione.info]




Intervento commemorativo di Pino Rauti, tenuto dall’On . Fabio Granata alla Camera dei Deputati nel 2012


In Memoria di Pino Rauti*
Ci sono uomini che segnano epoche e ci sono Idee che muovono il mondo.
Ci sono personalità capaci di lasciare in politica tracce concentriche sempre più larghe, come i segni di un sasso nell’acqua.
Pino Rauti é stato senza dubbio uno di loro.
Ricordarne in breve la vicenda umana e storica é impossibile.
È una vicenda controversa, come tutte le biografie importanti del ‘900, dove anche i dettagli contano e non é qui la sede per approfondirli.
È più interessante, e più giusto per rendere omaggio a Rauti, guardare le tracce, raccontare quel che “ha lasciato” piuttosto che quel che “é
stato”:una storia che pochi conoscono e che meriterebbe di essere scritta.
Come un romanzo.
Il romanzo delle aspirazioni migliori della destra.

Il primo cerchio é quello della formazione politica:almeno una trentina di colleghi in quest’aula, e una leva intera di studiosi, storici, docenti, giornalisti, fuori di qui, ha imparato alla scuola di Rauti la passione per un impegno politico fatto di studio e analisi,di idee e non solo di propaganda.
In un mondo come quello del Msi che per una interminabile fase fu votato alla pura sopravvivenza, Rauti portò l’ambizione di progetti di lungo periodo e la capacità di “leggere” la contemporaneità, di starci dentro senza complessi di inferiorità verso una sinistra che aveva all’epoca formidabili strumenti di analisi, ricerca, formazione dell’immaginario.

Il secondo cerchio é quello della cultura.
Il rautismo fu essenzialmente uno scaffale: libri, riviste, fanzine, cataloghi infiniti di saggi e romanzi che le Edizioni Europa mettevano
in circolazione mese dopo mese.
Una specie di Feltrinelli underground
senza la quale nessuno di noi avrebbe potuto sperimentare l’eresia di “andare oltre”le colonne d’Ercole del luogo comune che inchiodava la
destra al nostalgismo e alle suggestioni totalitarie.

Il terzo cerchio é il più largo, quello che ha agito più nel profondo:è il sasso nello stagno del 1977, quando nell’hannus horribilis del sangue per le strade di Roma e di Milano, Pino Rauti con il documento Linea Futura invita al disarmo degli opposti estremismi, archivia l’anticomunismo, spinge il Msi a uscire dalla routine propagandistica puntando su un’offerta politica diretta in primo luogo a giovani e donne al fine di delineare una
controffensiva politica rivoluzionaria,accantonando  nostalgie e ribellismo sterile.
Ecologia, urbanistica, poesia, grafica, femminismo, integrazione, musica, le cause dei popoli dalla Palestina all’Irlanda: Rauti disegna un inedito modello movimentista da cui scaturirà la stagione creativa dei Campi Hobbit, uno dei fenomeni più studiati (e più imitati negli anni successivi) che caratterizzarono il mondo giovanile a destra.

Quell’esperienza non solo aprì orizzonti inediti per noi ventenni di allora, ma sottrasse centinaia di noi alla logica distruttiva del conflitto generazionale e del terrorismo.
A sinistra se ne accorsero in tanti:da Giorgio Galli a Marco Revelli, da Giorgio Bocca a Marco Pannella.

Con tutte le sue contraddizioni e i suoi nodi irrisolti, quel percorso portò tanti ragazzi (e non solo) a superare il paradigma neofascista al fine di entrare in relazione con il presente e i nuovi fermenti epocali ormai non più racchiudibili dentro l’universo di Marx o di Freud.

Io, che ero uno di quei ragazzi, ricordo di Rauti molte altre cose ma rischio di diventare sentimentale e cadere nella retorica.

Ma una sola di queste cose vorrei raccontarla:in un confronto tra partiti che è diventato ragioneria di seggi e percentuali,in un’Europa che riesce a parlare solo di mercati ,spread o default,in un dibattito pubblico ripiegato sul premio  di
maggioranza e altre amenità,in una Nazione dove essere e definirsi impegnato in Politica sembra oramai una vergogna…ricordo con nostalgia di essermi spellato le mani alla fine  di un suo fondamentale  discorso congressuale e alla frase con la quale magistralmente lo concluse :”La linea più breve tra due punti a volte passa per le Stelle”…
Si.
Fare politica, allora, era un onore e un vanto:a vent’anni o a cinquanta.
Domandiamoci allora perché non ci sono più stelle da indicare ai nostri figli
e come possiamo provare a riaccenderle……




Secolo d'Italia - 5 anni fa ci lasciava Pino Rauti. Le sue intuizioni un patrimonio della destra


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Pino Rauti se ne è andato il 2 novembre di cinque anni fa. Senza alcun clamore. Seppur clamorosamente impegnativa era stata tutta la sua vita. Cominciata con l’adesione volontaria alla Repubblica Sociale Italiana di Benito Mussolini. È stato un uomo che al pensiero della destra italiana e più in generale alle diverse galassie antisistema, ha dedicato l’intera esistenza e una sterminata produzione politico-letteraria. Giornalista puntuale e polemista corrosivo Pino Rauti fu eletto in Parlamento nel 1972 e diventò  segretario nazionale del Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale dal 1990 al 1991. Ad un lustro dalla scomparsa, l’attualità del pensiero di Rauti è nei fatti. Anche alla luce delle profonde trasformazioni in atto non solo nel panorama politico, ma soprattutto nella società. È così per alcune delle sue formidabili intuizioni che gli valsero, già in tempi di contrapposizione esasperata, l’attenzione e il rispetto degli avversari più agguerriti. Come, ad esempio, la Literaturnaja Gazeta, rivista ufficiale della cultura sovietica, che lo definì un temibile “incendiario di anime“. E del resto, lavoro, ambiente, demografia, immigrazione, urbanistica, metapolitica rappresentano solo alcune delle “questioni” poste da Rauti all’attenzione della parte più avveduta di pubblica opinione non solo di un partito, il Msi, che egli avrebbe voluto più figlio del suo tempo e meno prigioniero di un pur nobile, ma sterile nostalgismo. Si deve proprio a questa instancabile attività formativa il successo del pensiero di Rauti. Un successo non offuscato dai deludenti risultati ottenuti nella breve stagione della sua leadership politica. L’intuizione dello “sfondamento a sinistra”, che tanto scandalizzò Indro Montanelli, è ad esempio lo schema di penetrazione nei ceti popolari o, comunque, più esposti ai venti della crisi cui farebbe bene a guardare con attenzione il centrodestra che ambisce a tornare alla guida della Nazione. Così come attuale è l’idea di Rauti aiutare gli africani a restare in Africa e le sue battaglie in favore della natalità combattute nella consapevolezza che non vi può essere identità nazionale senza “quantità” nazionale. Purtroppo, esattamente come Almirante, anche Rauti non ha colto i frutti della sua straordinaria missione politica. Entrambi, però, avevano visto lungo e quel che ieri sostenevano in un cupo isolamento oggi sta tornando prepotentemente di moda.

[Fonte: www.secoloditalia.it]




Discorso di Pino Rauti al XVII Congresso Nazionale MSI-DN – Fiuggi 1995


Ascolta l’intervento dell’On. Pino Rauti

https://www.youtube.com/watch?v=d-MZ0P93lPI




LineaTV.it - Web Giornale del 16 ottobre, speciale Pino Rauti


https://www.youtube.com/watch?v=JR1gO3EWIK0

 

Il Web Giornale di lunedì 16 ottobre dedicato alla presentazione di “L’aquila e la fiamma”, l’ultimo libro di Nazzareno Mollicone su Pino Rauti con tutte le interviste ai partecipanti

https://www.youtube.com/watch?v=CcD2oTBJH10

 

Intervista a Nazareno Mollicone

https://www.youtube.com/watch?v=lJ-WiGuq3tk

 

Intervista alla figlia Isabella

https://www.youtube.com/watch?v=SSF4kN0XqNI

 

Intervista a Mario Landolfi

https://www.youtube.com/watch?v=FM0T1-mDnN0

 

Intervista a Marcello Taglialatela

https://www.youtube.com/watch?v=Ae89V0sd8UY




FascinAzione.info - L'Aquila e la Fiamma, la storia dell'anima nazionalpopolare del MSI approda a Napoli


l'aquila e la fiamma napoliSabato 13 ottobre a Napoli nella affollata  Sala Cirillo, palazzo della Provincia di Napoli si è svolta la presentazione del nuovo libro di Nazzareno Mollicone l’Aquila e la Fiamma.
All’evento, fortemente voluto dal Centro Stud la Contea, erano presenti, oltre all’autore, l’onorevole Luciano Schifone, l’onorevole Bruno Esposito, Isabella Rauti e Alessandra Rauti.
Un libro fresco di stampa, quasi 300 pagine scrupolosamente allineate da Nazzareno Mollicone, di cui consiglio una attenta ed approfondita lettura, che descrive la storia del movimento culturale e politico che ha attraversato la seconda metà del novecento intorno alla figura dell’ideologo nonché politico Pino Rauti.
La preziosa presenza di due dirette testimoni di quegli anni Alessandra ed Isabella Rauti hanno riportato sotto il cono di luce del dibattito “non conforme” quarant’anni di vita politica italiana attraverso la storia del Centro Studi Ordine Nuovo, l’opera della componente rautina, dalla scoperta di Julius Evola al suo ruolo di anima nazional-popolare all’interno del Movimento Sociale Italiano.
Isabella Rauti, nel corso del suo intervento, ha richiamato i passaggi cruciali dell’azione politica della destra sociale che si sono incrociati con la storia politica nel corso dei turbolenti anni sessanta e settanta, per giungere fino alle contrapposizioni nazionali al mondialismo di questi giorni.
D’altronde, per amore della verità, sono ancora vive ed attuali tante intuizioni di Pino Rauti che anticipò i temi della crisi della società moderna dall’immigrazione al mondialismo.
Dopo l’intervento di Alessandra Rauti che ha ricordato l’attività del centro studi Pino Rauti, ci sono stati numerosi interventi di esponenti del mondo missino che hanno ricordato il grande impegno culturale e politico di Pino Rauti tra cui ricordiamo l’onorevole Marcello Taglialatela, il senatore Emiddio Novi, l’ex presidente del consiglio provinciale di Napoli Luigi Rispoli, l’avvocato Valerio De Martino.

Giuseppe Parente

[Fonte: www.fascinazione.info]




ilroma.net - Rauti e la Destra sociale, bagno di folla per Isabella


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NAPOLI. Bagno di folla per Isabella Rauti sabato al palazzo della Ex Provincia a Napoli, dove, accompagnata da Marta Schifone, portavoce di FdI, ha presentato il libro di Nazzareno Mollicone “L’Aquila e la Fiamma”.
L’incontro (nella foto) organizzato dal Centrostudi la Contea è stato introdotto da Luciano Schifone e coordinato da Bruno Esposito.
Il libro descrive la storia del movimento culturale e politico che ha attraversato la seconda metà del Novecento intorno alla figura di Pino Rauti.
Isabella, nel corso del suo accorato intervento, ha richiamato i passaggi cruciali dell’azione politica della Destra sociale che si sono incrociati con la storia italiana nel corso dei turbolenti anni Settante e Ottanta, per giungere fino alle contrapposizioni nazionali al mondialismo dei giorni nostri. «Ancora oggi – spiegano gli organizzatori – restano infatti vive e attuali le intuizioni di quel movimento che si è espresso attraverso riviste e pubblicazioni di grande impegno intellettuale, che anticipò i temi della crisi della società moderna dall’immigrazione al mondialismo».
Dopo l’intervento di Alessandra Rauti, che ha ricordato l’attività del centro studi, numerosi presenti hanno preso la parola e fra questi Mario Landolfi, Marcello Taglialatela, Emiddio Novi, Luigi Rispoli, Valerio De Martino e Sergio Vizioli.




Barbadillo.it - Politica. La storia della corrente guidata da Pino Rauti nel Msi


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Molte analisi inerenti la situazione politica italiana di questi anni hanno messo in luce l’assenza di una “destra” degna di questo nome. Manca all’appello, non solo sotto il profilo elettorale e partitico, ma anche dal punto di vista della proposta culturale. Eppure, dato lo stato attuale delle cose, una “vera destra” potrebbe aspirare a spazi di agibilità politica di primo piano. Risultano essenziali, quindi, le ricostruzioni storiche del mondo ideale che si formò attorno al Msi. In questo senso, si distingue il bel libro di Nazzareno Mollicone, L’aquila e la fiamma. Storia dell’anima nazional-popolare del MSI, recentemente pubblicato da Pagine (per ordini: 06/45468600, euro 19,00). Il volume è impreziosito dagli scritti introduttivi di Isabella e Alessandra Rauti, figlie di Pino, animatore della corrente nazional-popolare del Msi, e dall’appassionato saluto di Giulio Maceratini.

Il libro è strutturato in quattro parti, che scandiscono i momenti più significativi della storia del Msi, nonché le metamorfosi di quella che, nel tempo, diventerà la componente rautiana. E’ una ricostruzione compiuta da una “voce di dentro”. Mollicone, in una conversazione di qualche anno fa, si definì “l’unico sindacalista nazionale di formazione evoliana”. Come più volte abbiamo sottolineato, il rapporto empatico con eventi o persone oggetto di studio non è detto debba produrre scarsa oggettività di giudizio. Sappia il lettore che il lavoro di Mollicone, oltre ad essere fondato su vasta documentazione, sul vissuto personale, è spesso critico nei confronti di uomini o situazioni descritte. Questo è un merito che va ascritto al volume. La storia del Movimento e della componente rautiana, non è solo ricostruita attraverso gli eventi nazionali, ma collocata nel contesto internazionale. Ciò consente di comprendere come, in alcune circostanze, i potentati mondialisti abbiano tentato di condizionarla pesantemente. Ma procediamo con ordine.

La prima parte del testo attraversa la nascita della “corrente giovanile” del Msi nel 1950. In essa, con puntualità argomentativa, viene ricostruito l’incontro di alcuni giovani nazionali con l’opera di Evola. I volumi evoliani furono letti, da alcuni di loro, nella biblioteca del carcere di Regina Coeli, nel quale erano detenuti a seguito del processo ai “FAR”. Le idee del filosofo permisero, all’ambiente della gioventù nazionale, di lasciarsi alle spalle il mero nostalgismo e lo sterile anticomunismo. La loro battaglia assunse il tono di uno scontro per la Civiltà. Furono attratti dalle prospettive metapolitiche e metastoriche. Da tale temperie culturale sortì il mensile Imperium, diretto da Enzo Erra, cui collaborarono personaggi che renderanno lustro alla “destra” italiana. L’autore precisa che, in questa fase, furono inaugurati rapporti positivi con la gioventù comunista. Il   periodico Pattuglia della Fgci, pubblicò un articolo di Rauti e questi fu invitato a parlare in una sezione del Pci, in merito al Patto Atlantico. Lo stesso Berlinguer si interessò di questo ambiente.  In Italia fervevano le polemiche su Trieste libera, Stalin chiudeva i suoi giorni, quando si tenne il Congresso di Milano del Msi. I “Figli del Sole” elessero al Comitato centrale 22 rappresentanti.

Poco dopo, Erra accettò di sostenere la segreteria Michelini, mentre Rauti, Andriani e Graziani fondarono il mensile “Ordine Nuovo”. La testata non voleva richiamare la rivista gramsciana, ma il “Nuovo Ordine Europeo”, per il quale, durante  il conflitto, si erano battute le potenze dell’Asse. La redazione di “Ordine Nuovo” provvide alla fondazione della casa editrice “Edizioni dell’Ascia”,  diretta da Tommaso Passa, che pubblicò due soli testi di Evola e Guénon. La destalinizzazione provocò la rivolta ungherese. Ne approfittarono Francia e Inghilterra per riconquistare il Canale di Suez, nazionalizzato da Nasser. Nel 1955, Peron venne rovesciato da un colpo di Stato ordito da Inghilterra ed USA. Il Msi si avvia, in tal contesto,  al congresso di Milano nel quale la componente ordinovista sostiene la candidatura di Almirante. Questi manca la segreteria per pochi voti. Gli uomini di On lasciano il partito con una lettera inviata a De Marsanich: sono oltre duecento.

Nella seconda parte del volume, l’autore presenta l’esperienza del “Centro Studi Ordine Nuovo”,  la battaglia per la “scheda bianca” alle elezioni del 1958. Descrive la critica di quest’area alla politica entrista di Michelini, concedendo ampio spazio all’analisi dei drammatici giorni di Genova nel 1960. In quelle giornate non fu sconfitta semplicemente la politica “moderata” del MSI ma, altresì, la componente della DC che si opponeva all’ipotesi del centro-sinistra. Sotto il profilo ideale ebbe rilievo il Manifesto per l’Ordine Nuovo, elaborato alle “Fonti del Clitumno” e pubblicato su “Noi Europa”. In esso si ribadiva la necessità di una lotta su due fronti: antimarxista e  anticapitalista. Con la morte di Michelini si aprirono nuovi scenari, Almirante lanciò un appello unitario a quanti si erano allontanati dal Msi.

Nella terza parte viene presentata la trasformazione del Msi in Msi-Dn. Mollicone si sofferma sulle iniziative culturali: dalla rivista “Civiltà”, alla nascita della “Libreria Europa”. Attraversa i drammatici “anni di piombo”, soffermandosi sul sacrificio dei giovani del Movimento, dedicando un intero capitolo alla strage di Acca Larenzia, si occupa della stagione dello stragismo e dell’arresto di Rauti. L’ultima parte, invece, muove dal 1976 e affronta la scissione di Democrazia Nazionale (di cui Berlusconi fu finanziatore). Nel congresso del 1977, la corrente nazional-popolare “Linea Futura” si struttura in modo definitivo, interpretando le esigenze ideali del mondo giovanile attraverso un programma in cui Tradizione e socialità erano coniugate in uno. Fu il periodo di maggior effervescenza intellettuale: dei dibattiti suscitati dalla Nuova Destra, alla nascita delle radio e della musica alternativa, dei “giornali differenti” e dei Campi Hobbit. Non fu un tentativo di imitazione dell’avversario, come qualcuno scrisse, ma un radicale ripensamento di un patrimonio ideale, che mise in discussione lo stesso termine “destra”, al fine di renderlo atto a cambiare lo stato    delle cose. Il quindicinale “Linea” fu un laboratorio politologico di rilievo.  Nel 1982, al Congresso di Roma, Rauti divenne Vicesegretario, conquistando la Segreteria solo al Congresso di Rimini. Sotto il profilo elettorale si registrarono una serie di insuccessi e furono commessi diversi errori, non ultimo il voto parlamentare a favore della guerra in Irak.

Le esperienze ideali e gli uomini descritti da Mollicone ci hanno lasciato, comunque, un’eredità ineludibile:  è necessario tornare a coniugare Tradizione e socialità in nome di un Nuovo Inizio.

di Giovanni Sessa

[Fonte: www.barbadillo.it]




Sabato 14 ottobre, ore 10:30 - Presentazione del libro "L'Aquila e la Fiamma", scritto da Nazzareno Mollicone - Sala Cirillo (Palazzo della Provincia), Napoli


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Stralci dell’intervento

“L’Aquila e la Fiamma” di Nazzareno Mollicone è un libro non compilativo o riassuntivo ma innovativo perché restituisce un modello politico di sistema che ognuno di noi può raccogliere ed articolare ed è inesauribile.
Nel libro l’Autore ha dipanato, nella trama storica e politica del MSI, l’ordito rautiano; e ci permette di ricostruire, storicizzare e ricordare le nostre radici profonde. Quelle che non gelano mai. Dal libro e dalle intuizioni rautiane si capisce che Avevamo ragione noi: quando la ragione aveva torto, noi avevamo ragione! Non c’è nostalgismo nel ripercorre tutto questo, ma c’è la permanenza di un’idea oltre la fine di una storia politica personale.

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