Barbadillo.it - Il caso. “L’aquila e la fiamma” di Mollicone: la storia dei nazionalpopolari nel Msi


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Le semplificazioni ideologiche e le schematizzazioni politiche non si addicono alla storia del Msi. A confermarlo il recente saggio di Nazzareno Mollicone, “L’aquila e la fiamma – Storia dell’anima nazional-popolare del Msi”. Sindacalista nazional-rivoluzionario ed insieme militante politico, impegnato – a partire dagli Anni Cinquanta del ‘900 – all’interno dell’area nazional-popolare, Mollicone ricostruisce le vicende del gruppo guidato da Pino Rauti, personalità di spicco del complesso arcipelago “alternativo”, evidenziandone le peculiarità culturali, il radicalismo politico ed insieme la capacità di lettura dei complessi contesti nazionali ed internazionali, dall’immediato dopoguerra agli arbori del Terzo Millennio.

Il richiamo al pensiero di Julius Evola, scoperto “casualmente” da alcuni dei giovani della cosiddetta “corrente giovanile” del primo Msi, nella biblioteca del carcere romano di Regina Coeli dove erano detenuti per il processo all’organizzazione clandestina dei Far (Fasci d’azione rivoluzionaria), avvenuto dal maggio al novembre 1951, dà a quel gruppo un senso possiamo dire metastorico al loro impegno politico. Al fondo della loro scelta c’è la coscienza – sostenuta dall’opera evoliana – di essere i testimoni ed i continuatori di uno spirito europeo che andava ben oltre le vicende nazionali e l’esperienza del Ventennio, “… una battaglia – scrive Mollicone – che parte dai primordi della civilizzazione umana, e che ha come suoi punti di riferimento la millenaria costruzione religiosa e sociale indù in parte ancor resistente ai nostri giorni; la cultura artistica e filosofica greca; la capacità politica, organizzativa, giuridica, tecnica e militare romana; e poi via via nel Medioevo lo spirito della cavalleria, i costruttori di cattedrali, la spinta inarrestabile alla conoscenza e alla scoperta di nuovi mondi ad opera dei naviganti italiani ed europei, per arrivare alla ‘terza Roma’ rinnovata dal Fascismo”.

Dai  primi Anni Cinquanta, dalle prime esperienze culturali (con la rivista “Imperium”) e politiche (all’interno delle organizzazioni giovanili del Msi), a sorreggere l’azione  di quel gruppo è la volontà di incarnare il carattere rivoluzionario del Movimento, andando ben oltre gli ambiti ristretti del parlamentarismo e della politica-politicante. Pur vivendo, in modo appassionato, nella realtà essi sono sempre un passo avanti, impegnati a denunciare i limiti  del “nuovo” sistema democratico e ad affermare una volontà radicale di cambiamento. Inevitabile – su questi crinali – la rottura con il Msi, ormai impegnato a realizzare, sotto la segreteria di Arturo Michelini, il cosiddetto “inserimento nel sistema democratico”.

La fuoriuscita dalla Casa madre, porta (nel 1954) alla creazione del Centro Studi Ordine Nuovo, sigla di riferimento, per un quindicennio, del gruppo capitanato da Rauti.

Mollicone, avendole vissute dall’interno, ricostruisce con rigore le vicende di On, spesso segnate dalla malevole storiografia di parte, autentica serra calda – possiamo dire – di un’idea nazional-rivoluzionaria che, con il tempo, si corrobora di nuove ragioni d’essere rispetto ad una società in continua trasformazione. Dal radicalismo delle origini On sviluppa perciò, su più piani, la propria azione, insieme culturale e politica, con lo sguardo rivolto al proprio originario mondo d’appartenenza (il Msi), ma con la volontà di superarne (dopo il fallimento della stagione “entrista”) l’immobilismo politico ed un reducismo sterile, utile per conservare un bacino elettorale consolidato, ma certamente non per incarnare quel ruolo “alternativo” che storicamente gli apparteneva. Durante gli Anni Sessanta On promuove i  “Comitati di Riscossa Nazionale” per cercare di superare il concetto stesso di “centro studi” e dà alle stampe il periodico “Noi Europa”, impegnato a declinare attualità e visione metapolitica, contro le  inefficienze del sistema partitocratico-parlamentare e le evidenti debolezze del processo di decolonizzazione, fino alla campagna per la scheda bianca, lanciata in occasione delle elezioni politiche del maggio 1968, campagna che ebbe peraltro scarsi risultati concreti – come nota Mollicone – a conferma dei ruolo di avanguardia e di agitazione culturale di On più che della sua reale capacità di incidere sul terreno strettamento politico. E’ di quegli anni il “Manifesto per l’Ordine Nuovo”, documento-denuncia contro i nuovi assetti socio-economici e politici mondiali, segnati – si legge – da “problemi nuovi e drammatici” segno di un “produttivismo fine a sé stesso”, fattore questo che avrebbe portato ad una “vita degradante perché priva di significati ultimi e spirituali”.

Tutto questo lavorio troverà uno sblocco immediatamente politico due anni dopo, nel 1969, allorquando, a seguito dell’elezione di Giorgio Almirante a Segretario del Msi, gli ordinovisti rispondono  positivamente all’appello unitario lanciato dal nuovo vertice missino, rientrando nel partito anche con ruoli di responsabilità. A rifiutare questa opzione politica è il gruppo capitanato da Clemente Graziani, figura storica di On, che dà vita al Movimento Politico Ordine Nuovo, nel nome di quella “visione rivoluzionaria” che era stata alla base della prima esperienza ordinovista.

Rauti e gli  altri, con il loro rientro nel Msi, manifestano la volontà di misurarsi su un terreno più strettamente politico, ivi compreso quello elettorale, nel tentativo di condizionare in modo diretto gli orientamenti del partito. In questa prospettiva Mollicone delinea chiaramente la strategia correntizia giocata dal gruppo guidato da Rauti, che inizia a svolgere un ruolo importante nell’aggiornamento programmatico del Msi.

Puntando sull’analisi dei problemi concreti del “Paese reale”, attraverso il suo incarico di dirigente del settore iniziative sociali, Rauti intende smentire l’immagine del partito nostalgico, legato ad un attivismo occasionale, spesso controproducente, proponendo – scrive Mollicone  – “soluzioni che fossero certamente moderne ed adeguate ai tempi, ma sempre inserite nel solco della tradizione nazionale e sociale italiana”. Nel contempo viene avviata, in continuità con il vecchio Centro Studi, la costituzione di una libreria (la mitica “Libreria Europa”) per la diffusione dei testi della destra tradizionale europea.  Nascono, sull’onda di questa strategia metapolitica, nuove testate di approfondimento e di dibattito culturale, mentre cresce una  classe dirigente, permeata delle idee nazional-popolari, che, di congresso in congresso e malgrado il clima persecutorio di quegli anni, tenta di affermare la propria idea di partito e di politica.

Nel 1977, il gruppo “Linea Futura”, nato in occasione dell’ XI Congresso missino, diventa il centro politico intorno a quella che Rauti definisce la strategia delle “iniziative parallele”, “destinate – scrive lo stesso Rauti – a riannodare il nostro dialogo con una più vasta opinione pubblica e che, per loro natura e modo di esplicitarsi, siano rinnovatrici rispetto alla struttura classica del nostro Partito”. Si dà vita alle  radio libere di “area”; emerge – dopo il primo Campo Hobbit  – la realtà della musica alternativa; nascono pubblicazioni ed associazioni che si occupano, in modo specifico, del mondo femminile, dell’ecologia, delle nuove forme di comunicazione (satira, fumetti, grafica, ecc…).

A sintesi di questo lavoro, nasce, nel 1979, il quindicinale “Linea”, che si distingue per la sua formula innovativa e per l’ulteriore aggiornamento delle tematiche (con significative incursioni nel mondo dell’ambientalismo,  nelle problematiche del lavoro, nei nuovi contesti internazionali, nella crisi demografica, nella realtà  giovanile) insieme ad una particolare sensibilità culturale, contrappuntata da una serie di interviste ad alcuni personaggi della cultura e della scienza (tra tutte quella all’etologo,  Premio Nobel, Konrad Lorenz). L’esperienza di “Linea” dà ulteriori ragioni all’azione del gruppo rautiano, che, con le tesi di “Spazio Nuovo”, elaborate in vista del congresso missino del 1979, pone l’accento sulla necessità di proporre non solo un modello alternativo di Stato rispetto a quello democratico-parlamentare, quanto anche di dare  una risposta alla crisi di fiducia del marxismo e alle debolezze del modello capitalistico, nel segno di una battaglia sociale incentrata sull’idea corporativa e sulla socializzazione.  Con questi orientamenti vengono ad accentuarsi gli elementi distintivi rispetto al gruppo dirigente missino, il cui leader, Almirante, è costretto, nel 1987, per l’età e le condizioni di salute precarie,  a passare il testimone al suo delfino, Gianfranco Fini. Al Congresso di Sorrento Rauti declina il nuovo ruolo alternativo del partito, intorno alle tesi dello “sfondamento a sinistra”, con cui si propone di fare del Msi il nuovo “polo di riferimento” per gli illusi ed ormai disillusi della vecchia sinistra.

Fini diventa Segretario. Ma la costante polemica interna e la debolezza della gestione finiana, tre anni dopo, portano Rauti a conquistare la guida del Msi. In realtà è il canto del cigno della linea nazional-popolare, che stenta a trasformarsi in azione politica concreta, spesso appare contraddittoria agli occhi dei suoi stessi sostenitori (a cominciare dalla posizione filoamericana tenuta in occasione della prima guerra contro l’Irak), non riuscendo a dare sostanza all’idea-guida dello “sfondamento a sinistra”.

Dopo il disastroso risultato delle elezioni sociale del giugno 1991, Rauti si dimette da Segretario. Per il suo gruppo di riferimento è la diaspora. Alcuni scendono a patti con Fini, rieletto Segretario, altri danno vita a nuovi soggetti politici, peraltro con risultati elettorali irrilevanti, o abbandonano l’agone politico.

A sintesi del lungo itinerario politico-ideale ben fissato in “L’aquila e la fiamma”, che cosa rimane? Mollicone nelle ultime pagine del suo libro pone l’accento su alcune “intuizioni rautiane” tuttora al centro dell’attualità politica, nazionale ed internazionale: il crollo del Comunismo Sovietico e l’iniziale  predominio statunitense, reso possibile dalla debolezza europea; il ritorno della Russia, quale “terza Roma”; il risveglio islamico; l’esplosione della cosiddetta globalizzazione; una nuova consapevolezza rispetto alle radici e tendenze più profonde e permanenti del Fascismo Rivoluzione.

E’ evidentemente qualcosa di più dell’onore delle armi a chi ha saputo declinare, dai primi Anni Cinquanta fino alla vigilia del Terzo Millennio, l’essenza di un’Idea, di una nobile Tradizione culturale e politica, che ha fornito ad intere generazioni  gli strumenti interpretativi per analizzare la realtà e per elaborare organiche proposte  alternative alla crisi del mondo moderno. Senza ingessature ideologiche, senza facili schematismi, ma “andando oltre” le convenzioni, che stanno alla base della crisi.

Da questo punto di vista il libro “L’aquila e la fiamma” offre l’occasione per ricostruire, dopo gli anni dell’oblio,  una memoria, offrendola alle giovani generazioni e a quanti vorranno e sapranno rileggerla, nella sua interezza. A Mollicone il ringraziamento per avere “salvato” quella Storia, liberandola finalmente dalle cattive interpretazioni di parte e riconsegnandocela tutta intera, lucida ed appassionata come fu.

*L’aquila e la fiamma. Storia dell’anima nazional-popolare del Msi di Nazzareno Mollicone (Pagine-I libri del Borghese, pagg. 280, Euro 19,00)

[Fonte: www.barbadillo.it]




atuttadestra.net - Quelle idee che mossero il mondo: la filosofia della storia di Pino Rauti


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Che cosa muove la storia? L’economia, come affermarono Marx e i suoi discepoli? O le idee, quando queste si incarnano in uomini, imperi e opere? Cambiano le epoche e cambiano le idee, ma il loro ruolo non muta. Dalle prime civiltà della storia umana è stato il nostro patrimonio ideale a fondare regni, città e imperi, e a sostenere intere società. Quando si esaurisce per motivi interni o esterni, la civiltà decade e nuove idee sostengono l’avvenire. A proposito di “avvenire” o del “Sol dell’Avvenire”, il comunismo, come il fascismo, ha rappresentato un ideale che ha mosso tragicamente la storia. E’ importante fare questa semplice considerazione senza timore. Come fece nel 1963 il politico e giornalista Pino Rauti. Il suo nome è tutto: richiama alla mente un uomo integerrimo, coerente con i suoi principi, e un fine filosofo. Mettendo da parte la sua carriera politica e il suo spessore umano, Rauti si cimentò nello studiare la storia delle idee che mossero il mondo. Non a caso il suo più celebre volume (oltre alla “Storia del fascismo”) si intitola “Le idee che mossero il mondo” (Controcorrente, 2007). Come definire questo saggio? Rauti in 500 pagine cita tutte le idee, ideologie e correnti di pensiero che hanno guidato la storia recente e passata. La potremmo definire un’antologia di personalità e di filosofie, ma è troppo riduttivo. E’ invece uno studio organico, lineare, che ci mostra la millenaria evoluzione dei trascorsi umani. Dall’impero romano fino alla Crisi dell’Occidente Rauti ci fa comprendere il ruolo cruciale delle idee e il loro impatto sull’economia e sugli tutti gli aspetti materiali della società. Sfatando il presupposto materialista del marxismo e del post-marxismo, ci aiuta a comprendere quegli impulsi intellettuali, immateriali diremo, che si concretizzano in personalità e in movimenti che hanno mosso la storia. Attraverso una galleria ricca e accattivante di filosofi e di fonti ci fornisce le basi scientifiche per poter anche noi immergerci nello studio delle vicende umane, ma da una prospettiva diversa: guardando ai valori e ai principi che animarono i nostri avi (e anche noi stessi).

Alfredo Incollingo

[Fonte: www.atuttadestra.net]




Secolo d'Italia.it - Addio a Carlotta, la trans-icona che frequentava il Fdg e salvò un militante


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«È più conosciuta Carlotta a Firenze che Andreotti in Italia». Carlotta Paiano era stata a suo modo una icona: negli anni Ottanta fu la più nota transessuale fiorentina. Così nota da meritare quel paragone con Andreotti, riportato nel libro Ma Donne di Nicola Casamassima. A ricordarlo è stato l’articolo de La Nazione con cui anche in Toscana è stata data notizia della morte, riportata ampiamente dai quotidiani pugliesi.

Una icona degli anni Ottanta

Carlotta è morta a Lecce, da sola, nella sua casa, a 57 anni, per cause naturali. È stata ritrovata dopo alcuni giorni grazie all’allarme dato da un parente. Le cronache ne hanno ricordato soprattutto la mondanità, il fatto di essere riuscita, lei, trans pugliese, a diventare una protagonista della vita sociale toscana, inserita nel jet-set, ospite ambita dei salotti buoni e «sogno erotico», riferisce La Nazione, di intere generazioni di giovani, affascinati dalla sua bellezza e da quella sua ambiguità che all’epoca era ancora un elemento esotico e sorprendente.

A Lecce frequentava il Fdg, senza nascondersi

Nella sua vita precedente Carlotta era stata Carlo Paiano, che a Lecce «frequentava gli ambienti del Fronte della Gioventù e i luoghi di ritrovo dei giovani di destra, come il bar Alvino», ricorda Leccecronaca.it, chiarendo che «la sua natura» non rappresentava un problema né per lei né per gli altri militanti. E così, prima che per le notti discoteca, per la fama nei locali, per l’apertura del negozio di abbigliamento in Versilia, Carlotta a Lecce era ricordata anche per aver salvato un sedicenne missino dai colpi di pistola di un commando della sinistra extraparlamentare. Era il 3 giugno 1977, Pino Rauti teneva un comizio in piazza Sant’Oronzo. Il commando iniziò a sparare. Il suo intervento «fu provvidenziale», scrive ancora Leccecronaca.it, per salvare il ragazzino «rimasto isolato, inseguito dai facinorosi del Movimento studentesco e di Lotta continua armati di pistole, chiavi inglesi e bottiglie molotov». Carlotta, allora ancora Carlo, arrivò a bordo del suo Ciao, caricò in sella il 16enne e se lo portò via prima che venisse raggiunto. «In molti la ricordano nelle notti d’estate nei locali versiliesi», ha scritto La Nazione. Qualcuno in Puglia la ricorda anche per il suo coraggio.

[Fonte: www.secoloditalia.it]




atuttadestra.net - Un francobollo per ricordare Pino Rauti, l’uomo politico Italiano scomparso da circa sei anni


FrancobolloPinoRauti-Depositato

La proposta è stata depositata oggi al Ministero per lo Sviluppo Economico,
titolare della scelta delle emissioni da Alfio Di Marco.

Pino Rauti, all’anagrafe Giuseppe Umberto Rauti , è stato un politico di grande spessore e giornalista italiano, segretario nazionale del Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale, del Movimento Sociale Fiamma Tricolore
e del Movimento Idea Sociale.

E’ stato più volte Parlamentare Italiano, Europeo e Consigliere Comunale anche a Roma.

Ci auspichiamo che il Ministero prenda in considerazione la proposta, per dare una “par condicio” anche dopo l’articolo del Giornale d’Italia sulla Filatelia Italiana sempre di parte.

http://www.ilgiornaleditalia.org/news/primopiano-focus/855726/La-sinistra-si-e-presa-pure.html

Il 13 Agosto 2017 è stata dedicata una strada a suo nome da Comune di Cardinale dove è nato.
“Sarà anche un buon viatico per intitolare anche a  Roma una sua strada.”

Ecco dunque la “chiave di volta”.

Il riconoscimento ufficiale, di un comune minore è un segnale, per “soddisfare” ed equilibrare quanti oggi ne hanno condiviso “l’idea” e quanti, soprattutto giovani ne disconoscono la storia,
che dia una “riconciliazione per la storia del nostro Paese.

Alfio Di Marco

Essere di destra oggi significa Stato, Nazione, tradizione, valori spirituali. Noi non ci definiamo conservatori, ma nazionalpopolari, sociali o nazionalrivoluzionari, proprio per dire che siamo la destra dei valori e non quella conservatrice. (dall’intervista a Il Tempo, maggio 2001)




anpi.it - No a Via Pino Rauti





Milano, 28 febbraio 1998, Teatro Lirico - "Il mito, le idee, il progetto per lo Stato nuovo"





ViviEnna.it - Enna: scontro politico sull’intitolazione di una via a Pino Rauti


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Enna. Negli ultimi giorni il dibattito, trasformatosi in qualche caso anche in scontro politico, sull’intitolazione di una via a Pino Rauti in un comune della Calabria ha coinvolto anche la città di Enna per le dichiarazioni dell’esponente renziano Argento che chiedeva, attraverso questa scelta, una “pacificazione nazionale”. Questo ha acceso la miccia su una schiera di visioni diverse ma ha anche permesso di riaccendere i riflessori sulla toponomastica ennese con, ad esempio, la proposta di intitolare una via o una piazza a Pompeo Colajanni, il Comandante Barbato eroe della Resistenza.
Per la verità non è un tema nuovo perchè già con la giunta Agnello (con l’allora assessore La Porta) si tentò di intitolare una piazza a Pompeo Colianni ma questa possibilità si arenò senza tuttavia essere dimenticata perchè se ne discusse in più occasioni anche in consiglio comunale senza tuttavia giungere ad una positiva conclusione della vicenda.
Oggi il tema pare essere stato ripreso dalla commissione toponomastica che lavora anche su altri fronti. Tra questi anche l’eterno dilemma della piazza Santa Maria del Popolo o piazza Vetri il cui cambio di denominazione in memoria di quest’ultimo tanto clamore creò e continua a suscitare risentimenti.
Ma nell’agenda della commissione toponomastica, insediata nel giugno dello scorso anno e che sarà adesso presieduta dal neo assessore Colianni, ci sono tanti altri casi che meritano di essere affrontati e risolti nel più breve tempo possibile per dare memoria soprattutto ad illustri personaggi ennesi.
Tra le proposte avanzate dai componenti della commissione, soprattutto dopo aver ascoltato le istanze dei cittadini, c’è quella riprendere alcune antiche denominazioni o apporre, in alcune tabelle, insieme al nome della via o piazza attualmente in uso, il nome di com’è notoriamente conosciuta. Tra queste potrebbe essere un esempio la piazza Vittorio Emanuele conosciuta dai più come piazza San Francesco per la vicinanza dell’omonima chiesa.

[Fonte: www.vivienna.it]




leonforte.virgilio.it - Enna: scontro politico sull'intitolazione di una via a Pino Rauti


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Enna. Negli ultimi giorni il dibattito, trasformatosi in qualche caso anche in scontro politico, sull’intitolazione di una via a Pino Rauti in un comune della Calabria ha coinvolto anche la città di Enna per le dichiarazioni dell’esponente renziano Argento che chiedeva, attraverso questa scelta, una “pacificazione nazionale”. Questo ha acceso la miccia su una schiera di visioni diverse ma ha anche permesso di riaccendere i riflessori sulla toponomastica ennese con, ad esempio, la proposta di intitolare una via o una piazza a Pompeo Colajanni, il Comandante Barbato eroe della Resistenza.
Per la verità non è un tema nuovo perchè già con la giunta Agnello (con l’allora assessore La Porta) si tentò di intitolare una piazza a Pompeo Colianni ma questa possibilità si arenò senza tuttavia essere dimenticata perchè se ne discusse in più occasioni anche in consiglio comunale senza tuttavia giungere ad una positiva conclusione della vicenda.
Oggi il tema pare essere stato ripreso dalla commissione toponomastica che lavora anche su altri fronti. Tra questi anche l’eterno dilemma della piazza Santa Maria del Popolo o piazza Vetri il cui cambio di denominazione in memoria di quest’ultimo tanto clamore creò e continua a suscitare risentimenti.
Ma nell’agenda della commissione toponomastica, insediata nel giugno dello scorso anno e che sarà adesso presieduta dal neo assessore Colianni, ci sono tanti altri casi che meritano di essere affrontati e risolti nel più breve tempo possibile per dare memoria soprattutto ad illustri personaggi ennesi.
Tra le proposte avanzate dai componenti della commissione, soprattutto dopo aver ascoltato le istanze dei cittadini, c’è quella riprendere alcune antiche denominazioni o apporre, in alcune tabelle, insieme al nome della via o piazza attualmente in uso, il nome di com’è notoriamente conosciuta. Tra queste potrebbe essere un esempio la piazza Vittorio Emanuele conosciuta dai più come piazza San Francesco per la vicinanza dell’omonima chiesa.

[Fonte: leonforte.virgilio.itwww.vivienna.it]




libero.it - Enna: scontro politico sull'intitolazione di una via a Pino Rauti


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Enna. Negli ultimi giorni il dibattito, trasformatosi in qualche caso anche in scontro politico, sull’intitolazione di una via a Pino Rauti in un comune della Calabria ha coinvolto anche la città di Enna per le dichiarazioni dell’esponente renziano Argento che chiedeva, attraverso questa scelta, una “pacificazione nazionale”. Questo ha acceso la miccia su una schiera di visioni diverse ma ha anche permesso di riaccendere i riflessori sulla toponomastica ennese con, ad esempio, la proposta di intitolare una via o una piazza a Pompeo Colajanni, il Comandante Barbato eroe della Resistenza.
Per la verità non è un tema nuovo perchè già con la giunta Agnello (con l’allora assessore La Porta) si tentò di intitolare una piazza a Pompeo Colianni ma questa possibilità si arenò senza tuttavia essere dimenticata perchè se ne discusse in più occasioni anche in consiglio comunale senza tuttavia giungere ad una positiva conclusione della vicenda.
Oggi il tema pare essere stato ripreso dalla commissione toponomastica che lavora anche su altri fronti. Tra questi anche l’eterno dilemma della piazza Santa Maria del Popolo o piazza Vetri il cui cambio di denominazione in memoria di quest’ultimo tanto clamore creò e continua a suscitare risentimenti.
Ma nell’agenda della commissione toponomastica, insediata nel giugno dello scorso anno e che sarà adesso presieduta dal neo assessore Colianni, ci sono tanti altri casi che meritano di essere affrontati e risolti nel più breve tempo possibile per dare memoria soprattutto ad illustri personaggi ennesi.
Tra le proposte avanzate dai componenti della commissione, soprattutto dopo aver ascoltato le istanze dei cittadini, c’è quella riprendere alcune antiche denominazioni o apporre, in alcune tabelle, insieme al nome della via o piazza attualmente in uso, il nome di com’è notoriamente conosciuta. Tra queste potrebbe essere un esempio la piazza Vittorio Emanuele conosciuta dai più come piazza San Francesco per la vicinanza dell’omonima chiesa.

[Fonte: libero.itwww.vivienna.it]




Il Tempo - A Cardinale una strada per Rauti


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L’amministrazione comunale di Cardinale, il centro del Catanzarese in cui nacque, ha deciso di intitolare una strada a Pino Rauti, giornalista ed esponente storico della destra neofascista. La cerimonia di intitolazione della via, la prima in Italia dedicata al fondatore di Ordine Nuovo, parlamentare ed ex segretario missino, si è svolta ieri nella sala consiliare del piccolo centro, ma la decisione ha scatenato polemiche.
A insorgere per prima è stata l’Anpi, l’associazione nazionale dei partigiani, secondo la quale «ci potevano essere motivi migliori per far parlare di Cardinale in Italia. Invece l’amministrazione in carica ha scelto la strada peggiore dimostrando davvero di non avere vergogna né di conoscere minimamente la storia del nostro paese. Non ci sono termini adeguati per definire la scelta di intitolare una via all’ultrafascista Piano Rauti con tanto di cerimonia».
L’Anpi ha denunciato, fra l’altro, il coinvolgimento di Rauti in «trame nere» e l’appoggio alla dittatura dei colonnelli in Grecia. «Intitolare una strada di Cardinale (Catanzaro) a Pino Rauti, per la prima volta in Italia, ci offende e ci toglie il sonno. Da cittadini italiani riteniamo preoccupante la sola idea che si possa usare l’alibi del tempo per riportare in auge figure legate a idee e prassi che credevamo appartenenti ad un capitolo della nostra storia ormai chiuso. Riesumare il nome di Rauti significa ricordare idee sovversive ed antidemocratiche, amicizie scomode, oscure presenze negli apparati dello Stato». È quanto ha affermato in una nota l’associazione «Possibile Calabria». «In un momento storico – aggiunge la nota di Possibile – in cui si avvertono forti i rigurgiti fascisti e razzisti, questa operazione è una vera e propria offesa alla nostra memoria collettiva. L’Italia repubblicana e democratica è nata dalla lotta di resistenza antifascista. La nostra Costituzione è fondata sui valori della libertà, dell’eguaglianza, della laicità, valori che contrastano con quello che è stato e ha predicato Pino Rauti. Aderì volontariamente alla Repubblica Sociale Italiana, simpatizzò per le teorie di Julius Evola, creò “Ordine Nuovo”».
Diametralmente opposte le valutazioni di Natale Giaimo, segretario provinciale del Movimento Sociale-Fiamma Tricolore, secondo il quale «l’illustre concittadino fu figura di primo piano della politica nazionale e mente fervida di idee e di interessi nei campi più svariati dello scibile umano». L’intitolazione della strada nel paese natìo, per i missini, «fa giustizia di pregiudizi che tutt’oggi sono ancora duri a morire».
Ieri la segreteria regionale del Pd con una nota ha preso le distanze. «L’intitolazione di una strada a Pino Rauti, per quanto nel suo paese natale Cardinale, rappresenta una scelta grave e da condannare, perché per la prima volta in Italia si vuole celebrare una figura assolutamente controversa e oscura della storia del nostro paese, che soprattutto nulla ha da condividere con i valori del Partito Democratico».
La nota del Pd attacca anche quei dem locali che «non abbiano colto l’inaccettabilità dell’iniziativa. Ci auguriamo che in tempi rapidissimi avvenga una chiara presa di distanza, altrimenti il partito sarà costretto ad assumere i necessari provvedimenti disciplinari contemplati nel nostro statuto.
L’intitolazione che ha avuto una lunga gestazione. La richiesta di dedicare una strada a Rauti risale a ben cinque anni fa, circa un mese dopo la scomparsa del politico e giornalista italiano: il 02 novembre 2012. Laureato in legge e giornalista, negli anni Cinquanta Rauti creò Ordine Nuovo, organizzazione di estrema che nel 1956 uscì dal Msi.
Agli attentati rivendicati con la sigla Ordine Nuovo si è sempre dichiarato estraneo.  Fu accusato tre volte, e sempre assolto, per il reato di concorso in strage, per gli attentati di piazza Fontana a Milano, della stazione di Bologna e per la bomba di piazza della Loggia a Brescia. Eletto a Montecitorio nel 1972, fu deputato fino al 1994.

Tom. Car.