IL VAGLIO.it - 40 anni fa il Campo Hobbit a Montesarchio: le iniziative


Sono passati quarant’anni da quell’11 giugno del 1977 quando, nel polveroso stadio comunale di Montesarchio, organizzato da un carismatico Generoso Simeone (all’epoca braccio destro dell’on.le Pino Rauti e direttore del mensile “L’Alternativa”) si tenne il primo Campo Hobbit: un importante evento di caratura nazionale – scrive in una nota diffusa alla stampa Achille Biele – che divenne simbolo della voglia di emancipazione culturale di migliaia di giovani di destra.

In vista del quarantennale del primo Campo Hobbit si intensificano le iniziative messe in campo dall’Associazione culturale “Generoso Simeone”, che ha anche organizzato una “tre giorni” (23, 24, 25 giugno 2017) di convegni, tavole rotonde, musica alternativa, mostre fotografiche e di riviste dell’epoca, che si terrà, come nel 1977, nello stesso campo di calcio, grazie alla disponibilità dell’amministrazione comunale di Montesarchio. Non mancheranno i momenti conviviali (quelli che cioè consolidano l’aspetto comunitario) e la presenza dei gruppi musicali della destra alternativa; è inoltre prevista la partecipazione di noti personaggi del panorama intellettuale nazionale.

«Senza steccati né pregiudizi – dice Marina Simeone, presidente dell’Associazione “Generoso Simeone” – il nostro Hobbit è prima di tutto il cammino di una comunità dall’origine verso la sua naturale proiezione. Gli anni settanta alle nostre spalle ci intimano di non intraprendere strade già battute, ma sentieri vergine, seppur tortuosi, sui quali idee sostenute fermamente possano trovare la propria stabile dimora. E a chi parla di nostalgismo, possiamo rispondere non c’é nostalgismo nella memoria, ma fedeltà, come a chi ci condannerà di tradimento del folklore potremmo rispondere che non c’è fedeltà nella imitazione anacronistica, ma ingenerosità. 
Sul campo sportivo di Montesarchio dal 23 al 25 giugno unico protagonista il vitalismo di chiunque non pensi conclusa o perduta irrimediabilmente la partita con il proprio tempo».

Gli organizzatori prevedono una massiccia presenza di giovani e meno giovani agli appuntamenti di Montesarchio. Per maggiori informazioni sugli appuntamenti e per poter fruire delle convenzioni alberghiere è possibile collegasi al sito www.campohobbit40.it

[Fonte: www.ilvaglio.it]




RAUTI, Giuseppe Umberto


Dizionario Biografico degli Italiani (2016)
di Marco Tarchi

- RAUTI, Giuseppe Umberto (Pino). – Nacque a Cardinale (Catanzaro) il 19 novembre 1926, primogenito di Cielino Pietro, usciere presso il ministero della Guerra a Roma, e di Rosaria Coscia. Visse a Roma dall’età di sei mesi, e vi compì gli studi classici all’istituto Sant’Apollinare. Educato in famiglia all’adesione ai principi del regime fascista, all’annuncio della costituzione della Repubblica sociale italiana decise di aderirvi e si arruolò, a 17 anni, nel battaglione «M» di stanza a Orvieto. Frequentò il primo corso allievi ufficiali della Guardia nazionale repubblicana, completato nel settembre 1944. Come sottotenente comandò un presidio sul fronte del Po, fu fatto prigioniero dalle truppe britanniche nell’aprile 1945 e inviato nel 211° POW Camp di Algeri, da cui evase fuggendo in Marocco. Arruolatosi nella legione straniera spagnola (il Tercio), fu nuovamente catturato dai francesi e rinchiuso nella prigione di Ténès, in Algeria.

Rimpatriato nell’aprile del 1946, si impegnò subito in politica per continuare a sostenere le idee per cui aveva combattuto. Aderì, poco dopo la sua costituzione, al Movimento sociale italiano (MSI), ma nel contempo anche al gruppo clandestino dei FAR (Fasci di Azione Rivoluzionaria). Portato all’impegno intellettuale, collaborò con la rivista giovanile missina La sfida e con il giornale ufficioso del partito Rivolta ideale, segnalandosi per i suoi contributi di forte spessore ideologico.

Fin dal 1° congresso del MSI, del giugno 1948, si inserì nel dibattito molto acceso sulla collocazione che l’ambiente neofascista avrebbe dovuto assumere nel contesto politico democratico. Con altri esponenti del fronte giovanile (il Raggruppamento giovanile studenti e lavoratori), costituì un gruppo che, in polemica con l’ala ‘di sinistra’ del movimento e ispirato dalle opere di Julius Evola e Massimo Scaligero, reclamava un’intransigenza dottrinaria assoluta e vedeva nel fascismo l’espressione contemporanea di una tradizione perenne, legata ai valori spirituali e in radicale antitesi con ogni espressione del materialismo, dal capitalismo liberale al socialismo marxista. Sostenne queste tesi sulla rivista Imperium, nata nel gennaio del 1950.

Senza trascurare l’attività più strettamente politica, che lo vide partecipare a contraddittori pubblici con la Federazione giovanile comunista italiana (FGCI), si dedicò all’attività pubblicistica e all’elaborazione teorica. Nel dicembre del 1950 fu però arrestato, insieme ad altri redattori, perché sospettato di attentati dinamitardi firmati dai FAR, e la rivista chiuse i battenti. Processato, fu assolto nel novembre 1951 per insufficienza di prove. Durante la detenzione continuò a collaborare con varie testate dell’area neofascista, fra cui Asso di bastoni, e riprese gli studi universitari laureandosi in giurisprudenza all’Università di Roma, il 1° marzo 1952, con una tesi dal titolo Il Consiglio di Sicurezza e l’organizzazione delle Nazioni Unite.

Rientrato nella vita di partito, nel 3° congresso nazionale del 1952 difese le posizioni della componente tradizionalista giovanile, battezzata con ironia dagli avversari interni ‘figli del sole’, e venne eletto nel Comitato centrale, da cui si dimise un anno e mezzo dopo, abbandonando anche la responsabilità della stampa e della propaganda nella Direzione nazionale giovanile, a seguito della frattura verificatasi in seno alla corrente spiritualista. Il 15 novembre 1953 fondò il gruppo Ordine nuovo, una vera e propria frazione organizzata, con strutture locali, tessere e una rivista dottrinale omonima, che si ispirava alle idee di Evola e alle esperienze dei movimenti e regimi fascisti del periodo fra le due guerre mondiali, inclusa la Germania nazionalsocialista.

Al 4° congresso del MSI del 1954, strinse un accordo con la corrente spiritualista, capeggiata da Pino Romualdi, e fu rieletto nel Comitato centrale, ma a causa dell’avvento alla segreteria del moderato Arturo Michelini intensificò l’opposizione a una linea ormai lontana da ogni prospettiva rivoluzionaria. Per dare una sterzata al Partito, malgrado le precedenti divergenze di vedute si alleò con la ‘sinistra’ interna capeggiata da Giorgio Almirante. Tuttavia, quando al 5° congresso del novembre 1956 Michelini prevalse di stretta misura sugli avversari, ritenne esaurite le speranze di cambiamento e prese la via della scissione. Il 14 gennaio 1957 si dimise e dette vita al Centro studi Ordine nuovo, ormai autonomo dal MSI.

Nel 1956 iniziò la carriera di redattore del quotidiano romano Il Tempo, che proseguì fino al 1972, svolgendo anche funzioni di inviato e direttore delle pagine della provincia. Il 25 febbraio 1957 sposò Brunella Brozzi, da cui ebbe due figlie, Alessandra e Isabella. Pur continuando a dirigere Ordine nuovo, cui impresse una impostazione più ideologico-culturale che direttamente politica – scelta che causò la defezione di alcuni suoi collaboratori, come Stefano Delle Chiaie, già nel 1959 –, si impegnò prevalentemente nella produzione di testi teorici e storici, come Le idee che mossero il mondo (Roma 1963) e L’immane conflitto (Roma 1965). Tramite la rivista Ordine nuovo, il periodico Noi Europa, i bollettini Corrispondenza europea ed Eurafrica e i rapporti con la World Anti-Communist League sviluppò una linea politica fortemente improntata al contrasto dell’influenza sovietica nel mondo, auspicando la nascita di regimi di salute pubblica in funzione anticomunista. Ciò lo portò ad accogliere con favore il colpo di Stato militare del 1967 in Grecia e a sostenere campagne in favore dei regimi ‘bianchi’ di Rhodesia e Sudafrica e del mantenimento dell’impero coloniale portoghese, nonché a schierarsi dalla parte degli Stati Uniti nella guerra vietnamita. Questa posizione lo portò a partecipare, con la relazione La tattica della penetrazione comunista in Italia, al discusso convegno del maggio 1965 dell’Istituto di studi militari Alberto Pollio e a redigere insieme a Guido Giannettini, su ispirazione dell’allora capo di stato maggiore generale Giuseppe Aloia, il pamphlet Mani rosse sulle forze armate, che gli valse un sospetto di collusione con i servizi segreti militari.

La stasi delle attività di Ordine nuovo, che respingeva l’ipotesi di presentare liste elettorali, il clima di tensione creatosi in Italia nel biennio 1968-69 e l’elezione alla segreteria di Almirante dopo la morte di Michelini, indussero Rauti e la maggioranza dei suoi sodali ad accettare la proposta di rientrare nel MSI. Ciò avvenne il 16 novembre 1969, al prezzo della scissione dal Centro studi Ordine nuovo di una componente più intransigente, che riprese la sigla del gruppo per proprio conto. Cooptato nel Comitato centrale e nella Direzione nazionale, ottenne la direzione della rivista di studi Presenza e riprese le pubblicazioni di Ordine nuovo, poi sostituito da Civiltà, che utilizzò per far conoscere le proprie analisi e proposte politiche nell’ambiente missino. Pur non potendosi ufficialmente costituire in corrente, il gruppo continuò a mantenere una propria fisionomia e una serie di diramazioni locali all’interno del Partito.

Il 4 marzo 1972 Rauti fu incarcerato perché accusato di complicità negli attentati del 1969, culminati nella strage di piazza Fontana a Milano del 12 dicembre, e rimase in prigione per cinquanta giorni. Scarcerato, fu eletto deputato l’8 giugno 1972 e successivamente venne prosciolto. Sarebbe poi rimasto alla Camera per altre quattro legislature, fino al 1992. Moderatamente critico della strategia conservatrice di destra nazionale promossa da Almirante e convinto che il MSI dovesse rinnovarsi organizzativamente puntando alla penetrazione nella società civile attraverso associazioni e sigle parallele, colse l’occasione offerta dallo scontro apertosi tra la segreteria e la corrente moderata di Democrazia nazionale in vista dell’11° congresso del gennaio 1977 per costituire la corrente Linea futura. La formazione voleva proporre un’alternativa ‘nazional-rivoluzionaria’ e rimettere in discussione la collocazione a destra del MSI. Raccogliendo il 22,7% dei voti dei delegati, non riuscì a fare da ago della bilancia degli equilibri interni ma poté lanciare una serie di iniziative che ebbero una sensibile eco tanto all’interno del MSI quanto all’esterno. Fra queste, un festival giovanile, il campo Hobbit, che ebbe tre edizioni fra il 1977 e il 1980, i Gruppi di ricerca ecologica e un quindicinale diffuso in edicola, Linea. Grazie a queste attività la corrente risultò largamente maggioritaria nella 1a assemblea nazionale del Fronte della gioventù del giugno 1977.

Nei congressi del 1979 e del 1982, con la sigla Spazio nuovo, Rauti ripropose la sua alternativa alla concezione almirantiana del partito, auspicandone la trasformazione in un movimento meno legato alla nostalgia del passato e a istanze conservatrici e indirizzato a ‘sfondare a sinistra’, nei ceti sociali delusi dalla svolta riformista consumata in quegli anni dal Partito comunista. La forza della sua corrente rimase tuttavia ancorata alle cifre raggiunte in precedenza e Rauti decise di accettare un accordo con la maggioranza, venendo cooptato nell’organo di vertice.

L’occasione per tornare alla ribalta gli si presentò quando la malattia di Almirante aprì le porte alla successione alla segreteria, che contese una prima volta a Gianfranco Fini nel 15° congresso del dicembre 1987, finendo sconfitto di misura, e che riuscì a conquistare nelle assise seguenti, nel gennaio 1990. Rimase in carica solo fino al luglio del 1991, quando, in seguito a dissidi interni e a due nette sconfitte elettorali in elezioni amministrative, alla guida della segreteria tornò Fini. Nel frattempo, nel 1989 era stato eletto al Parlamento europeo.

Da oppositore della segreteria Fini, Rauti non approvò la ‘svolta di Fiuggi’ (27 gennaio 1995) e capeggiò la nascita del Movimento sociale-Fiamma tricolore in opposizione ad Alleanza nazionale.

Malgrado l’elezione di un senatore nel 1996 e di un eurodeputato nel 1999, il Partito non decollò e fu preda di scissioni e diatribe, che portarono alla sua defenestrazione nel 2003.

L’anno successivo Rauti fondò il Movimento idea sociale, che non riuscì a far uscire dalla marginalità. Nel 2008 venne rinviato a giudizio per la strage di piazza della Loggia a Brescia, del 1974, venendone assolto due anni dopo.

Morì a Roma il 2 novembre 2012.

Fonti e Bibl.: R. Chiarini – P. Corsini, Da Salò a piazza della Loggia, Milano 1983, ad ind.; P. Ignazi, Il polo escluso, Bologna 1989, passim; M. Brambilla, Interrogatorio alle destre, Milano 1994, ad ind.; M. Tarchi, Cinquant’anni di nostalgia, Milano 1995, ad ind.; M. Tarchi, Dal Msi ad An, Bologna 1997, passim; A. Carioti, Gli orfani di Salò, Milano 2008, ad ind.; A Baldoni, Storia della destra, Firenze 2009, ad ind.; A. Carioti, I ragazzi della Fiamma, Milano 2011, ad indicem.

[Fonte: www.treccani.it]




Foto pubbliche e private di Pino Rauti


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termolionline.it - Gianni Alemanno a Bonefro, attesa visita per domani


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BONEFRO. Venerdì sera a Bonefro sarà inaugurato un circolo del movimento politico Azione Nazionale che sarà intitolata alla memoria storica del indimenticato On. Pino Rauti già Segretario Nazionale del Movimento Sociale Italiano, figura eclettica del MSI e di tutta la destra italiana ed europea ,leader di vari partiti politici di ispirazione conservatore figura di spicco in Italia ed in Europa. ad inaugurare il Circolo per l’appunto un altro militante,fin da giovanissimo e storico leader, più volte deputato, ministro e sindaco della capitale Gianni Alemanno,nonché cognato del indimenticato Rauti. A fare gli onori di casa il neo presidente cittadino del Circolo Luigi Venditti, nonché militante della destra italiana e dirigente regionale del movimento politico. Tra le altre cose verrà presentata alla stampa la Giovanile Molisana di Azione Nazionale di cui lo stesso Venditti sarà Portavoce e Presidente.

[Fonte: www.termolionline.it]




cinquecosebelle.it - I cinque partiti di destra italiani più votati della storia della Repubblica


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La storia della destra italiana – almeno in epoca repubblicana – è una storia breve e difficile. Tra il 1948 e il 1992, cioè in quella che viene solitamente chiamata la Prima Repubblica, visse perlopiù all’ombra della DC, che catalizzava i voti del suo possibile elettorato. Celeberrima l’espressione di Indro Montanelli, giornalista di destra che consigliava i suoi lettori di votare DC “turandosi il naso”, perché il partito cattolico era l’unico che poteva contrastare la forza del blocco di sinistra.

Nella Seconda Repubblica, complice la dissoluzione della “Balena bianca”, emersero nuovi partiti di destra e di centro-destra, che lottarono in prima fila per vincere le elezioni (e spesso le vinsero). Quei partiti, però, hanno avuto vita piuttosto breve, tanto è vero che solo la Lega Nord è rimasta in vita con continuità lungo tutti questi anni.

Tutti i dati delle elezioni

Quali sono stati, però, i partiti di destra italiani che hanno ottenuto i risultati migliori nella loro storia? E quando li hanno ottenuti? Abbiamo ripreso in mano tutti i dati delle elezioni politiche della storia repubblicana e steso una lista. O, meglio, una classifica, che ha rischiato di includere anche partiti oggi dimenticati come il Partito Liberale Italiano e il Partito Nazionale Monarchico. Ma questi, come altri, non sono riusciti ad entrare in cinquina, anche se il PLI nel 1963 giunse fino al 7,52% dei voti.

Un’unica nota, prima di cominciare: in questa lista non troverete né la DC, né alcuni dei suoi eredi che si sono posti nelle coalizioni di centro-destra. Questo perché tali partiti, nonostante fossero moderati e avessero al loro interno correnti conservatrici, si presentavano e si ritenevano partiti di centro. Lo stesso vale per altri movimenti trasversali, in cui convivevano o convivono diversi spiriti e ideologie. In questa lista, insomma, troverete solo i partiti che si dichiarano, si sono dichiarati o hanno dimostrato incontrovertibilmente di essere di destra. Scopriamoli.

Il Popolo della Libertà
Il partito di destra più votato di sempre in Italia, col 38,17% nel 2008

partiti-di-destra-italiani-popolo-della-libertaIl partito di destra ad aver raccolto il maggior numero di voti nella storia repubblicana è, con grande distacco, il Popolo della Libertà. La formazione politica venne fondata ufficialmente il 29 marzo 2009, anche se era da circa un anno e mezzo che se ne sentiva parlare sui giornali. Già nel novembre 2007 a Milano, infatti, Silvio Berlusconi ne aveva annunciato pubblicamente la nascita, salendo sul predellino di un’auto.

Il nuovo soggetto politico nasceva dall’esigenza – più volte portata avanti da Berlusconi e dal suo entourage nel corso degli anni – di un unico partito di centro-destra, che si potesse opporre con maggior forza e unità agli avversari di centro-sinistra. La principale forza a confluire nel nuovo organismo era ovviamente Forza Italia, ma fin da subito vi aderì anche Alleanza Nazionale, in una scelta che lasciò dubbiosi alcuni militanti del partito di Gianfranco Fini.

La difficile fusione con AN

Fin dall’inizio dell’alleanza con Berlusconi, infatti, Fini aveva fatto di tutto per tenere separato il suo partito da quello del proprietario di Mediaset. Non tanto (o non solo) per un problema di leadership interna, quanto per preservare l’identità di Alleanza Nazionale. Già era stata mal digerita, da una parte della base, la svolta verso il centro di Fini; ancora peggio, infatti, sarebbe stato entrare con Berlusconi nel Partito Popolare Europeo.

Ad ogni modo, per una serie di circostanze alla fine del 2007 Berlusconi mise in piedi il nuovo partito, in modo che si potesse presentare compatto alle elezioni del 2008. Ed in effetti l’esordio elettorale sembrò dargli ampiamente ragione. In quelle consultazioni il PdL ottenne il 38,17% dei voti al Senato, il risultato più alto mai raggiunto da una formazione di destra nella nostra storia repubblicana. L’alleanza di centro-destra si impose con 9 punti percentuali di vantaggio sul centrosinistra e tornò al governo.

La rottura con Fini

Dal punto di vista organizzativo, il partito fu in principio affidato a tre coordinatori: Denis Verdini, Sandro Bondi e Ignazio La Russa. Questo non evitò però il nascere di contrasti. Il primo degno di nota si verificò tra la primavera e l’estate del 2010, quando Gianfranco Fini, dopo un duro scontro con Berlusconi, decise di lasciare il PdL e fondare un proprio partito, Futuro e Libertà.

L’addio del numero 2 e una serie di scandali che coinvolsero Berlusconi convinsero quest’ultimo della necessitò di una svolta. Nel 2011 fu quindi individuato un nuovo giovane segretario, Angelino Alfano, che avrebbe dovuto traghettare il partito verso le nuove sfide. I risultati non furono però quelli sperati: alla fine del 2011 Berlusconi rassegnò le dimissioni da Capo del Governo, lasciando il campo al Governo Monti, che nacque comunque con l’appoggio del PdL.

Dopo le elezioni del 2013 – perse ma di misura – il Popolo della Libertà decise di entrare nel governo Letta, con cinque ministri. Nell’autunno dello stesso anno, però, si consumò una frattura interna al partito che avrebbe portato alla fine dello stesso. Nacquero infatti il Nuovo CentroDestra, che scelse di rimanere nel governo, e Forza Italia, il vecchio partito di Berlusconi tirato fuori dalla naftalina, che invece passò all’opposizione. Fu la fine del Popolo della Libertà, sigla che comunque si ritiene in futuro di poter eventualmente ancora usare per le coalizioni elettorali.

Forza Italia
La creatura di Silvio Berlusconi, giunta fino al 29,43% nel 2001

partiti-di-destra-italiani-forza-italiaCome detto, il Popolo della Libertà nacque come naturale erede di Forza Italia, e lì confluì nel momento in cui fu messo da parte. Ed in effetti la creatura di Silvio Berlusconi era stata, fino a quel momento, il più rilevante partito di destra che si era visto nell’Italia repubblicana. Il suo miglior risultato elettorale fu il 29,43% conseguito nel 2001 alla Camera dei Deputati, ma anche in altre tornate elettorali raggiunse risultati più o meno simili.

Prima di tutto, si potrebbe aprire un dibattito sulla reale collocazione di Forza Italia. Il partito si presentò sempre, infatti, come una formazione di centro-destra, richiamandosi anche in parte alla tradizione centrista della DC. Dal nostro punto di vista, però, è più corretto posizionarlo a destra, all’interno di una corrente moderata e conservatrice che ha i suoi analoghi anche all’estero nel partito gollista francese e nel partito conservatore inglese. Anche perché partiti di centro, nella coalizione guidata da Berlusconi, ce n’erano già parecchi altri.

La discesa in campo

Forza Italia venne fondata nel gennaio 1994, subito dopo il celebre discorso televisivo con cui Silvio Berlusconi annunciava la sua discesa in campo. Erano gli anni immediatamente successivi a Tangentopoli: i principali partiti tradizionali si erano dissolti e al centro e a destra c’era un vuoto politico in cui il proprietario di Mediaset seppe abilmente inserirsi. Già le prime elezioni del 1994 diedero alla sua coalizione la vittoria, anche se il suo partito – nato dal nulla in pochi mesi – si dovette “accontentare” (si fa per dire) del 21% dei voti.

Il governo che ne nacque fu però di breve durata e venne presto sostituito dal governo Dini e poi, dopo la vittoria del centro-sinistra alle elezioni del 1996, dall’esecutivo Prodi. Forza Italia ritornò il partito-guida della coalizione di governo nel 2001, dopo aver vinto le elezioni che gli diedero il maggior numero di voti della sua storia. Forte di quella affermazione, Berlusconi poté governare per cinque anni, dando vita a due esecutivi, uno successivo all’altro.

Nel 2006 però alle elezioni vinse di nuovo Prodi, e questo accelerò quel processo interno di cui abbiamo già parlato, che avrebbe portato alla fusione tra Forza Italia e Alleanza Nazionale (e altre forze minori) e alla nascita del Popolo della Libertà. Dopo anni di silenzio, Forza Italia è però recentemente rinata, in seguito alle fratture interne al PdL. Finora il partito si è misurato solo in elezioni amministrative, e lo si aspetta presto al vaglio delle politiche.

Alleanza Nazionale
La storia del partito di Gianfranco Fini, arrivato al 15,66% nel 1996

partiti-di-destra-italiani-alleanza-nazionaleConcludiamo il binomio dei partiti che confluirono nel PdL con Alleanza Nazionale, un partito anch’esso dalla vita piuttosto breve ma che affondava le sue radici molto più in là nel tempo. La forza politica fu infatti fondata nel gennaio 1995 in seguito alla cosiddetta svolta di Fiuggi, quando, durante il Congresso del Movimento Sociale Italiano, si decise lo scioglimento del vecchio partito (di cui parleremo) e la sua confluenza in Alleanza Nazionale.

La nuova sigla, in realtà, esisteva già da più di un anno. Il primo a proporla era stato Domenico Fisichella, allora editorialista de Il Tempo, che nel 1992 aveva proposto al Movimento Sociale di abbandonare alcune sue pregiudiziali e proporsi come un moderno partito di destra, conservatore e liberale. Complice l’evolversi della situazione politica italiana, quella tesi era presto stata fatta propria da Fini, che già alle elezioni del 1994 decise di presentare il suo partito col nuovo nome di Alleanza Nazionale (anche se formalmente si trattava ancora dell’MSI).

Fu solo appunto a Fiuggi che si chiuse la storia del vecchio partito post-fascista e si aprì quella di AN, che metteva definitivamente da parte l’anticapitalismo e l’antiamericanismo. La scelta di Fini, per quanto temeraria, fu baciata da grandi successi elettorali, tanto che già nel 1996 la nuova formazione raggiunse il suo massimo storico, toccando il 15,66% alla Camera dei Deputati (in una tornata elettorale in cui, tra l’altro, la coalizione di centro-destra rimase sconfitta).

Lo spostamento verso il centro

Il partito continuò ad evolvere la sua posizione politica nel corso degli anni, resistendo però in un primo momento ai richiami di Berlusconi per fondare un partito unico per tutto il centro-destra. Si assistette però a un graduale avvicinamento al centro che sembrava preludere a un ruolo sempre più importante di Fini come possibile erede di Berlusconi alla guida del centro-destra.

Le cose però non andarono come previsto dagli osservatori. Prima ci fu la rottura tra l’ex leader di AN e Berlusconi, di cui abbiamo già parlato; poi il tramonto della stella di Fini, travolto da uno scandalo familiare. Nel frattempo, però, AN si era sciolta, confluendo come già detto nel PdL. Una parte della vecchia Alleanza Nazionale è infine confluita, nel 2012, in una nuova formazione chiamata Fratelli d’Italia, uscita proprio dal PdL. Questo nuovo partito guidato da Giorgia Meloni ha poi nel 2014 assunto la denominazione Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale.

Lega Nord
Il miglior risultato è il 10,41% del 1996, ma potrebbe essere superato

partiti-di-destra-italiani-lega-nordConcludiamo la nostra panoramica dei partiti di destra più “vincenti” della storia della Repubblica italiana con due formazioni che esistono da prima di Tangentopoli e dello sconquasso che quella inchiesta giudiziaria portò nella scena politica italiana: la Lega Nord e il Movimento Sociale Italiano. Due partiti tra loro diversissimi, che si richiamavano, soprattutto alle origini, a tradizioni addirittura opposte.

Ma partiamo dalla Lega Nord, formazione che ha ancora oggi un ruolo primario nel panorama della destra italiana. Il primo movimento a portare questo nome fu fondato nel 1989 da Umberto Bossi, basandosi sull’alleanza di diverse “leghe regionali” nate negli anni precedenti. Dalla Lombardia arrivava la Lega Lombarda; dal Veneto la Liga Veneta; altri gruppi minori provenivano dal Piemonte, dalla Liguria, dall’Emilia-Romagna e dalla Toscana.

I primi successi all’inizio degli anni ’90

Già nel 1990 il nuovo organismo ottenne il 4% su base nazionale, arrivando a superare il Partito Comunista in Lombardia, ma nel 1993 arrivò perfino a conquistare la poltrona del sindaco di Milano, piazzandoci Marco Formentini. Nel 1994 il giovane partito si alleò quindi con Silvio Berlusconi al nord, ottenendo un ottimo risultato e partecipando al nuovo governo, con ministeri importantissimi come quello dell’Interno (affidato a Roberto Maroni).

L’idillio con Berlusconi durò poco. Già alla fine del 1994 tra lui e Bossi si era consumata la rottura, con la conseguente caduta del governo e l’appoggio del senatùr a un nuovo esecutivo, assieme al PDS e al PPI. Alle elezioni successive, quelle del 1996, la Lega Nord preferì quindi presentarsi da sola. Ed ottenne il risultato più importante della sua storia, raggiungendo il 10,41% al Senato.

La svolta secessionista

Fu proprio in quel periodo che il partito cominciò a promuovere un progetto secessionista, focalizzato attorno alla Padania, nuova identità che si voleva indipendente. Il progetto di Bossi, però, sembrò ben presto lontano dal concretizzarsi e le elezioni intermedie segnarono una netta flessione del “Partito del Nord”. Per questo, in vista delle politiche del 2001 la Lega si riavvicinò al centro-destra, dando origine alla cosiddetta Casa delle Libertà e ottenendo la vittoria elettorale, anche se le percentuali della Lega rimanevano al di sotto del 4% nazionale.

L’alleanza con Berlusconi resistette al passare del tempo, ma il partito non riuscì a passare indenne alla crisi che attraversò il governo nel 2011. Tra la fine di quell’anno e la primavera del 2012, infatti, un grande scandalo coinvolse alcuni dirigenti del partito e in particolare Umberto Bossi e la sua famiglia, accusati di aver usato fondi del partito per fini personali. Lo scandalo portò a un nettissimo calo di consensi nelle elezioni del 2013.

Da allora, però, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia. Rimasta all’opposizione durante i governi tecnici e di unità nazionale e affidata al nuovo segretario Matteo Salvini, la Lega è data in forte ripresa dai sondaggi, pronta a raggiungere e forse superare il consenso maturato nel 1996. La svolta è da attribuire a un cambio di prospettiva: al centro dell’agenda del partito non ci sono più la secessione o il federalismo, ma l’antieuropeismo e la lotta contro l’immigrazione.

Movimento Sociale Italiano
Il partito di destra più votato nella Prima Repubblica, col 9,19% nel 1972

partiti-di-destra-italiani-movimento-socialeCome abbiamo detto in apertura, nella Prima Repubblica non mancavano certo i partiti di destra. I loro possibili voti, però, venivano spesso “cannibalizzati” dalla Democrazia Cristiana, partito che aveva al suo interno anche una forte anima conservatrice e che appariva come la migliori soluzione per chi voleva contrastare l’avanzata delle sinistre.

In quel panorama così strutturato, alcuni partiti riuscirono comunque a raccogliere, in precisi momenti storici, dei risultati anche rilevanti. Il Partito Liberale, ad esempio, arrivò al 7,52% nel 1963, ma andando più indietro nel tempo possiamo trovare anche il Partito Nazionale Monarchico, che nel 1953 agguantò il 6,85%. Il più rilevanti di tutti questi partiti fu però il Movimento Sociale Italiano, che nel 1972 arrivò al suo massimo storico: il 9,19% ottenuto al Senato.

I reduci della RSI e del fascismo

Fondato nel dicembre del 1946, raccoglieva in principio alcuni reduci della Repubblica Sociale Italia ed esponenti del disciolto Partito Fascista. Fin da subito, leader della formazione divenne Giorgio Almirante, che ne fu la figura di maggior rilievo fino al 1987, tranne che per una parentesi del moderato Arturo Michelini. Negli anni ’50 e ’60 il partito rimase comunque una formazione di secondo piano, radicata in alcune zone del sud ma poco presente al nord, anche se nel 1960 il suo appoggio esterno fu indispensabile per la sopravvivenza del governo Tambroni (un monocolore DC).

Nel 1972 l’MSI si fuse con il Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica, assumendo la nuova denominazione Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale. Fu questa alleanza a garantire la vistosa crescita elettorale che portò il partito al di sopra del 9% dei consensi. In quegli anni crebbe anche l’adesione giovanile al partito, in un clima di “opposti estremisti” che vedeva il Fronte della Gioventù scontrarsi spesso con le organizzazioni giovanili di sinistra.

Fini contro Rauti

Col passare degli anni, però, i consensi per l’MSI calarono, tanto è vero che tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 il partito sembrò di nuovo destinato a un ruolo marginale. Al suo interno, tra l’altro, era dilaniato nella lotta tra le correnti: da un lato c’era quella di Fini, delfino di Almirante; dall’altra quella di Pino Rauti, capofila dell’anima di sinistra e movimentista.

La vera svolta per il partito fu l’avvio della stagione di Tangentopoli. Le inchieste contro i partiti tradizionali portarono l’MSI a guidare gli attacchi da destra contro il sistema politico dominante, con un forte appello alla legalità. Già nelle elezioni amministrative del 1993, prima della discesa in campo di Berlusconi, il partito guidato da Fini arrivò al ballottaggio per la carica di sindaco sia a Roma (con lo stesso Fini) che a Napoli (con Alessandra Mussolini), proponendosi come una nuova alternativa. Poco dopo avrebbe assunto il nome di Alleanza Nazionale.

[Fonte: www.cinquecosebelle.it]




Destra.it - Quel ragazzo senegalese morto a Rigopiano e le domande di Pino Rauti


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Tra le vittime recuperate dall’Hotel Rigopiano vi è pure un senegalese, che lavorava come inserviente all’albergo. Questa vittima, al di là delle speculazioni giornalistiche che scriveranno di un immigrato vittima del lavoro che stava svolgendo in quel posto (bisognerà però vedere se era in regola o lavorava in nero: è strano che nessuno ne aveva parlato prima di trovare la salma) esaltando indirettamente l’integrazione e l’accoglienza indiscriminata degli immigrati, c’induce ad un ricordo ed ad una riflessione.

Pino Rauti, in un suo bel discorso alla Camera svolto il 20 febbraio 1990 nella discussione sul decreto Martelli per la sanatoria degli immigrati irregolari (erano allora pochi, provenienti soprattutto dall’Albania e dai Paesi dell’Est), che era il primo atto legislativo su quella materia, ebbe a parlare di una sua esperienza da parlamentare europeo in Gran Bretagna, a Birmingham, dove aveva visto famiglie di africani con i loro numerosi bambini – provenienti dai territori dell’ex-impero inglese – immersi nel clima tetro, fuligginoso, nebbioso tipico dell’Inghilterra soprattutto nelle città industriali. E si domandava retoricamente: ma cosa ci fanno in quel clima quella gente, abituata ai cieli tersi africani ed al suo sole? Ed aggiungeva: ma non sarebbe meglio creare per quelle famiglie delle occasioni di lavoro e delle residenze confortevoli nella loro terra d’origine, anziché farli soffrire in quei posti provocando insoddisfazioni, astio, ed isolamento anziché integrazione?

Ecco, quelle domande retoriche di Rauti possono essere fatte anche in questa occasione. Ma che ci fa un senegalese sul Gran Sasso, in Abruzzo, in mezzo alle montagne, ai terremoti ed alla neve che – pur quando non ci sono tempeste come in questi giorni – è sempre presente?

Perché non si è fermato a respirare la sua aria nativa? Perché non ha trovato lavoro nella sua Patria che non è tra i Paesi sottosvilupati perché ha risorse minerarie, un’agricoltura fiorente, una pesca d’esportazione, un importante porto franco come Dakar, una sostanziale stabilità politica? Certo, ci saranno difficoltà: ma non tali da impedire di potersi inserire in modo soddisfacente.

E invece, attratto da una propaganda ingannevole, sventolata come il drappo rosso dinanzi al toro nell’arena, che dipinge l’Europa come un territorio in cui si può fare facilmente fortuna, guadagnare e sistemarsi per bene, l’immigrato affronta un lunghissimo e pericoloso viaggio, arricchendo i trasportatori a terra ed in mare, e finisce a fare o il venditore ambulante (al servizio di qualche camorra, come è successo a Napoli nei giorni scorsi) o gli inservienti in mezzo alle montagne.

Rauti fin dal 1990 dette una spiegazione a tutto ciò: disse in quel discorso che tutto ciò è provocato dal capitalismo che ha bisogno di un esercito di lavoratori alternativo, di riserva, a basso costo: i nuovi schiavi del XXI^ secolo. E questi concetti Rauti li espose a tutti gli Italiani scrivendo nel manifesto programmatico del Msi per le elezioni regionali del 1990:

“ …sulla pelle di questi uomini sradicati dalla propria terra si sta giocando la più grave truffa della cultura radical-progressista. Mentre nei salotti, nelle parrocchie e nella Confindustria si esaltano le prospettive della società multirazziale che comporterebbe disagi inaccettabili per il popolo italiano e si accusa di razzismo chi vorrebbe affrontare realisticamente il problema, l’unica prospettiva che si offre agli immigrati è il lavoro nero e l’accattonaggio nei centri urbani. Il Msi indica invece una politica di cooperazione con i Paesi del Terzo Mondo al fine di aiutarli a realizzare nuovi posti di lavoro ed uno sviluppo equilibrato all’interno della propria terra.”

Ecco, la morte di quel senegalese conferma quello che lucidamente il Msi, nella persona del suo segretario nazionale di allora Pino Rauti, previde nel 1990: ventisette anni fa.

[Fonte: www.destra.it]




TermoliLive.news - Azione Nazionale, il 27 gennaio inaugura il circolo a Bonefro intitolato a Pino Rauti


perrella-300x169Il movimento Azione Nazionale continua nella sua opera di espansione e consolidamento sul territorio molisano. Il neo movimento, guidato in Molise da Carlo Perrella, prosegue le sue attività non solo in vista dei futuri appuntamenti elettorali ma anche e soprattutto per farsi conoscere dalla popolazione.

Il 27 gennaio Azione Nazionale inaugurerà il proprio circolo a Bonefro, intitolato a Pino Rauti. A coordinarlo sarà Luigi Venditti. La cerimonia rappresenterà anche l’occasione per il ‘battesimo’ in Molise di Azione Nazionale Giovani. Come responsabile i vertici del movimento hanno nominato lo stesso Venditti. Nel frattempo, per quel che riguarda l’organigramma, è stata nominata vice portavoce regionale Wanda Capra, attuale consigliere comunale a San Polo Matese e da sempre impegnata nel sociale. Nei prossimi giorni, ed in ogni caso prima dell’inaugurazione del circolo a Bonefro, ci sarà anche la convocazione dell’esecutivo regionale. Infatti, in virtù delle numerose adesioni a movimento e della sua esponenziale crescita sul territorio, saranno meglio definite le attività da mettere in campo e saranno nominati i portavoce di Campomarino e Isernia. Questo l’elenco dei circoli già partiti e dei loro referenti sul territorio: Tufara (Antonio Petrone), Riccia (Michele del Zingaro), Jelsi (Feliciano Antedomenico), Colle d’Anchise (Francesco di Rienzo), Sepino (Franco Mancinelli), Campobasso (Gino Policella), Campochiaro (Luca Altobello), Bonefro (Luigi Venditti), Guardiaregia (Francesco Madonna), Bojano (Wanda Malatesta), Trivento (Raffaele Stinziani), Monacilioni (Antonella Esposito), Casacalenda (Roberto Petti), Termoli (Salvatore Rinaldi). Il movimento inoltre ha nominato coordinatore dell’area matesina Marcello Nardelli, area Trigno Anna di Rienzo, basso Molise Salvatore Rinaldi e per l’area fortore Feliciano Antedomenico. Nelle scorse settimane come si ricorderà , invece il dott. Francesco di Zazzo è stato nominato, da Carlo Perrella, portavoce della provincia di Isernia. E proprio Carlo Perrella, nelle scorse ore, è stato a Roma, in riunione con i vertici del Movimento, per decidere le strategie future da adottare.

[Fonte: termolilive.news]




Un dono dell'amico Junio Guariento


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L’amico Junio Guariento ha voluto donare al Centro Studi Pino Rauti quest’opera da lui realizzata, su pannello di legno decorato a pirografo. Grazie! Le radici profonde non gelano…!




50 anni. La fotografia racconta


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di Pino Rauti (Autore)

Copertina rigida
Editore: C.E.N. Centro Editoriale Nazionale; edizione 1961
Lingua: Italiano
Testo Monografico

Altre edizioni:

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Rilegatura all’americana
Editore: C.E.N. Centro Editoriale Nazionale; edizione 1969




Auguri


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