Barbadillo.it - La lettera. La mostra Msi ricomporrà la frattura di Fiuggi e tutti i suoi traumi?


Fra vecchie fotografie, manifesti, documenti e riviste si apre oggi a Roma la mostra della Fondazione Alleanza Nazionale per narrare un percorso politico di una parte di italiani lungo mezzo secolo, la storia di un popolo, di una comunità e di un partito: il Movimento Sociale Italiano.  Il titolo della mostra risulta allo scrivente emblematico e contraddittorio: “nostalgia dell’avvenire” ed a tale proposito ritengo doveroso un ragionamento.

Nostalgia è una parola di derivazione dal greco composta da νόστος (ritorno) e άλγος (dolore) “dolore del ritorno”) è uno stato psicologico, o sentimento di tristezza e di rimpianto per la lontananza da persone o luoghi cari, o per un evento collocato nel passato che si vorrebbe rivivere.

Mi sia consentito interloquire con gli organizzatori della mostra, attraverso questo scritto, che non vuole manifestare sentimenti polemici, retorici, improduttivi, ma è mosso da una riflessione. Veramente le coscienze sopite, si risvegliano e comprendono le ragioni di una residua, marginale e non incisiva minoranza che venti anni fa si ostinava a non voler accettare il taglio netto delle radici storiche ed ideali?

Questo chiedemmo a Fiuggi del resto, prima di andare via etichettati come “la comunità degli Amish” dall’uomo sintesi della caporetto missina. Non volevamo certo la riproposizione di vecchi motti e canti fascisti, sterili folklorismi, patetiche rievocazioni che la mia parte dimostrò anzi tempo di voler consegnare al “museo della nostra storia”. Ci interrogammo su qualcosa di profondo: si può svendere il futuro di una grande comunità, per un piccolo destino politico? Si può negare l’orizzonte, il sogno, la “visione” di un partito, soltanto per obbedire ad un patto, ad un compromesso ambiguo rinunciatario e non sottoscritto direttamente, con il popolo italiano?

In realtà, si trattò di una gigantesca operazione a perdere di maxi-svendita delle radici, una di quelle dismissioni dall’Idea che lasciò quei protagonisti senz’anima impoverendo un’alternativa valida per l’Italia, permettendo al sistema di mutare pelle ma non genetica.

Proprio in nome dei valori del Movimento Sociale Italiano che oggi si mostrano,  per quella parte della comunità politica devastata, per quelle scelte, per la grave mutilazione dei sacrifici compiuti e poi improvvisamente abiurati, questa mostra si sarebbe dovuta intitolare “eravamo anche questo”.

Una mostra si, dunque, per tenere alto il nobile gesto della “testimonianza”, ma che non dovrebbe sfiorare il paradosso, non dovrebbe istigare animi chiedendo alla Fondazione Alleanza Nazionale di essere coerente -avviando a questo punto-  un progetto di recupero non solo delle fonti documentali,  ma dei valori (e noi sapremmo come fare a condizione che il percorso sia reso visibile e di evidenza pubblica), per ricostruire tutto sulla scia della “nostalgia dell’avvenire”. Si dovrebbe ripartire -senza mediazione e tentennamenti di sorta- ritrovandoci introno agli scopi statutari e le finalità politiche del Movimento Sociale Italiano – tutti coloro i quali ne sentono viva la necessità–   nel solco del divenire con i valori eterni della Tradizione, ricongiungendo il passato al futuro. Valori che andavano ben oltre il contingente, che si collocavano in forma trascendentale sovrastando gli uomini, i simboli e le eree, attraverso la “visione spirituale della vita” con le nostre origini.

Di fronte a questo compito meta politico e metafisico, ambizioso, improbo, al di là di uno stato psicologico emotivo più che comprensibile, di tristezza o rimpianto per la lontananza da persone care che hanno segnato la nostra storia (sentimento che pur c’è, è evidenziale ed innegabile infatti la diaspora della “destra” non esiste nei necrologi e nelle esequie funebri per la dipartita terrena di personaggi che l’hanno resa parte attiva e dignitosa dell’Italia), chiedo: veramente vi ha sfiorato la mezza idea di voler rivivere il passato? Siete sicuri, quindi, di questa sorta di “Nostalgia del Futuro” all’insegna di quelle battaglie?

Se così fosse, in questo sforzo organizzativo intravedo anche un messaggio politico nuovo e non solo di rievocazione storica, la tacita ammissione della sconfitta dei postulati ideologici e statutari di Fiuggi e di Alleanza Nazionale, di conseguenza, mi piace immaginare che questo evento, possa contribuire all’avvio nel concreto di speranza per il popolo italiano nella più vasta missione occidentale, europea e mediterranea che ci compete.

Mi piace sperare che il taglio del nastro venga affidato a Donna Assunta Almirante, ai parenti delle “Vittime del Msi e Martiri dell’Idea” e mi auguro che i “militanti ignoti” delle foto e viventi,  presenti all’inaugurazione di questa sera, si approprino di un ruolo da protagonisti e che pian piano releghino ai margini e nell’indifferenza la bramosia dell’apparire dei “soliti” noti del parricidio del Msi.
Questa comunità,  ha nutrito il suo orizzonte e le sue speranze proprio grazie alla grandezza del suo passato, perché inchiodarla dunque ad una mostra in maniera passiva? Il dado non è assolutamente tratto.

Alla Fondazione sono affidati per mandato congressuale, tutti i poteri di tracciare la rotta del preservare la memoria storica dall’oblio, ma a quanto pare oggi ambisce a fare altro rievocando una sorta di “nostalgia del futuro” quindi, nel pieno rispetto del gruppo parlamentare e di chi guida il percorso della Destra istituzionale, attraverso un percorso condiviso, abbiate il coraggio di proiettare il tutto concretamente,  verso il futuro. Lo si faccia per la giustizia e per la verità, affinché qualcuno si  riappacifichi con la storia, nell’interesse superiore dell’Italia.

Che il risveglio domani non sia brusco, imponendoci con realismo un’altra chiave di lettura, staremo a controllarne i risultati, comunque continueremo desiderosi di una prospettiva futura alla quale, indipendentemente,  non rinunceremo.  Fra mostre e necrologi noi, giovanissimi militanti del Fronte della Gioventù di allora, ossia quelli che non fecero in tempo a perdere l’ultimo treno del Movimento Sociale Italiano (tesi di Progetto Domani), continueranno a rivendicare il diritto al futuro negato, con l’orgoglio delle radici perch -come amava affermare Pino Rauti- il Futuro è nelle Radici.

Di Giovanni De Luca

[Fonte: www.barbadillo.it]




Inaugurazione della Mostra sui 70 anni della fondazione del MSI, partecipa la Vice Presidente del Centro Studi Pino Rauti, Alessandra Rauti


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Corriere.it - Settant'anni «dalla parte sbagliata» Istantanee dal Movimento sociale


«Nostalgia dell’avvenire» e divisioni nel partito che conquistava 2,5 milioni di italiani

di Pierluigi Battista

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Chissà se domani, giovedì, all’apertura a Roma della mostra dedicata alla storia del Movimento sociale nato settant’anni fa, Gianfranco Fini e i suoi colonnelli dell’ex An saranno capaci di non guardarsi in cagnesco, almeno per una volta. Se sapranno riconoscere in quei settant’anni di fotografie, di volantini, di manifesti, di prime pagine delle riviste (quasi cento, tantissime) e dei giornali esposti nella mostra voluta dalla Fondazione Alleanza nazionale e ideata da Marcello Veneziani, le ragioni di un passato comune. O almeno di un’appartenenza a una comunità che nel frattempo si è spaccata con un’animosità rancorosa senza pari, di radici che affondano nella profondità temporale di biografie oramai divise. Difficile, molto difficile. Anche perché la stessa storia di un partito, come dice il curatore della mostra Giuseppe Parlato della Fondazione Ugo Spirito-Renzo De Felice, che ha vissuto prevalentemente sulla coesione di un sentimento, non è fatta per addolcire le asprezze di una rottura personale prima ancora che politica.

Le icone
Eppure è la prima volta che le icone missine vengono messe in mostra per illustrare il senso di una storia. Con il rischio della museificazione, come l’interno della tipica sezione del Msi ricostruita a grandezza naturale sin nei dettagli in questa mostra per rievocare anche fisicamente un carattere e un’atmosfera. Ma un rischio che forse vale la pena correre per conoscere un pezzo importante della vicenda politica italiana repubblicana. Certamente, però, un «come eravamo», per quelli che si sono riconosciuti nella storia oramai conclusa del Movimento sociale, che non potrà forse più declinarsi in un «come saremo», in una comunità sentimentale oramai dilaniata.

La traiettoria
Ha un senso, oggi nel 2016, restituire visivamente la traiettoria di un partito che è stato in tanti decenni la cornice emotiva di circa due milioni e mezzo di italiani che, ostinatamente, testardamente, sentimentalmente come sostiene appunto Giuseppe Parlato, si sono riconosciuti in un simbolo, la fiamma tricolore, in un linguaggio, in un concerto di voci talvolta dissonanti, in una ritualità che oggi è più difficile decifrare. Facile dire: i fascisti, o i neofascisti. Il Msi, alla sua nascita, fu il rifugio dei vinti, di chi era dalla «parte sbagliata» e che voleva continuare ad esserlo. Poi fu un modo, come scrive Marcello Veneziani nella prefazione al ricco catalogo curato da Simonetta Bartolini, di «voltare le spalle» al pensiero dominante, «mainstream» come si direbbe oggi, giocando con la marginalità, con l’esilio in Patria, con il recinto infetto, in un’opposizione sentimentale e morale prima ancora che politica al «sistema» che poi sarebbe l’Italia «nata dalla Resistenza».

L’inno
Le prime parole dell’inno missino del 1946 suonavano così: «Siamo nati in un cupo tramonto». In questo paradosso, in questo nascere, che dovrebbe essere l’alba, subito piegato al tono lugubre e triste del tramonto, della fine, della sconfitta, della morte, c’è tutta la febbrile sentimentalità di un partito che in questa mostra fa riaffiorare un ribollire di passioni, tutte espresse e frustrate dentro un «ghetto» infrequentabile dal mondo della «parte giusta», sempre sotto il segno della contraddizione. «Nostalgia dell’avvenire» è il titolo di questa mostra che riprende un celebre slogan di Giorgio Almirante, sentimentalmente e iconograficamente la figura centrale di questi settant’anni messi in mostra. Una contraddizione, l’ennesima. Ma quante contraddizioni in un partito in cui i tradizionalisti si mischiavano ai rivoluzionari, i clericali reazionari ai libertini trasgressivi, i fautori nientemeno che di un sistema di caste ai sindacalisti che invocavano le radici di sinistra del fascismo per una completa «socializzazione» dell’economia.

Le piazze
Ed ecco allora in questa mostra in cui il Msi tutto «legge e ordine» si mischia con i moti di Reggio Calabria, le battaglie di strada per «Trieste italiana» con i giochi di palazzo con la Dc voluti dalla segreteria di Arturo Michelini ma frustrati dai moti antifascisti del luglio ’60 per il congresso del Msi a Genova. Ecco le piazze piene dei comizi dei leader che raccontano di un’Italia in cui i partiti, e anche il partito che della «nostalgia dell’avvenire» aveva fatto una bandiera, riempivano le piazze di un popolo che non c’è più. Ecco lo sguardo rivolto all’indietro, con le celebrazioni della nascita di Mussolini e le peripezie del corpo tumulato del Duce e gli scontri interni tra le componenti, con le scissioni negli anni Cinquanta dell’«Ordine nuovo» di Pino Rauti (in una dicotomia mai sciolta tra «almirantiani» e «rautiani», un po’ come quella tra «amendoliani» e «ingraiani» in un grande partito altrettanto ideologico come il Pci), e quella degli anni Settanta di «Democrazia Nazionale». Ecco gli anni Settanta, con i morti e lo scontro duro con i «rossi», e il progressivo assottigliarsi della classe dirigente con la morte di Almirante e di Pino Romualdi. E l’astro nascente di Fini con il sostegno della vecchia guardia di Pinuccio Tatarella. E i volti dei dirigenti che compaiono nel filmato curato da Mauro Mazza. E le prime pagine del Secolo d’Italia conservate dai missini come reliquie di un mondo che si sentiva assediato e che oggi appare sepolto, con gli eredi che dopo l’epoca di Fiuggi e di An, si barcamenano tra le sigle per lo più ridotte a minoranza di testimonianza o poco più, con rapporti umani sempre più deteriorati. Con molta nostalgia, certo. Ma quale avvenire?

[Fonte: www.corriere.it]




Secolo d'Italia.it - Parlato: il Msi fu conservatore, ma il Fdg fece battaglie d’avanguardia


di Annalisa Terranova

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Giuseppe Parlato, docente di Storia contemporanea, al fascismo e al postfascismo ha dedicato vari studi (Fascisti senza Mussolini. Le origini del neofascismo in Italia, 1943-48 e La sinistra fascista. Storia di un progetto mancato, entrambi editi dal Mulino) e un altro è in preparazione e riguarda l’esperienza di Democrazia nazionale (nata da una scissione nel Msi nel 1977). Ha il profilo giusto dunque per seguire da regista l’organizzazione della mostra Nostalgia dell’avvenire sui 70 anni del Msi. Un partito che, al contrario di quello che si è portati ad immaginare, suscita ancora interesse e coinvolgimento nonostante sia stato sciolto nel congresso di Fiuggi del 1995. “All’università – racconta Parlato – sto facendo un corso sulla storia del Msi e ci sono tanti ragazzi interessati. Ragazzi normali, non neofascisti. Dunque il soggetto Msi non è archiviato nella memoria degli italiani, anche se certo non parliamo di un interesse di massa”.

Senta ma perché un cittadino comune dovrebbe venire a visitare una mostra sui 70 anni del Msi?

Guardi, in generale l’individuo comune è poco interessato alla politica e alle mostre che riguardano la politica, non solo a quella sul Msi. Ci sono tuttavia molti giovani che riflettono sullo scenario attuale e hanno interesse a capire come si sono sviluppati certi meccanismi e certe appartenenze. Poi un visitatore può essere spinto da altre ragioni: magari aveva un genitore che è stato militante del Msi o magari un nonno o ancora può avere un particolare interesse storico.

Sul Msi esistono pregiudizi ideologici duri a morire. Si ritiene che sia stato un partito dedito all’attivismo violento, nostalgico o puramente conservatore. Lei pensa che la mostra sui 70 anni del Msi possa demolire queste idee?

Non è certo una mostra che può far cambiare idea eppure io di questa iniziativa ho parlato con amici e persone che sono tutt’altro che vicine al Msi e l’hanno trovata interessante. Le ragioni sono molteplici: l’epoca attuale subisce il fascino della prima Repubblica  come se in quel passato, accanto ai vizi innegabili, vi fosse un grande patrimonio da salvare e cioè la fede negli ideali. In questo senso la mostra può essere utile per dare un’indicazione diversa sull’immagine del Msi che non era un partito di beceri estremisti. Ricordo che nel 1973 il FdG propose l’abolizione della leva obbligatoria e fece campagne per il voto ai diciottenni. Posizioni che erano tutt’altro che nostalgiche o riconducibili alla destra reazionaria.

Oggi la destra è divisa in vari filoni che faticano a trovare punti in comune. Agli esponenti di queste varie destre la mostra cosa può suggerire?

La mostra non ha una funzione politica e la domanda andrebbe girata ai leader che, se vorranno, la visiteranno. In ogni caso dà conto delle proposte elaborate da un partito che era in posizione antagonista rispetto al governo. Dopo di che ciascuno ne prende atto e agisce  secondo quella che è la propria cultura, recuperando se vuole certi insegnamenti.

Secondo lei il Msi era di destra?

Assolutamente no. Il Msi fa parte di quei partiti sintetici che riuniscono tutto e il contrario di tutto, come lo stesso fascismo e come la Dc. Come la Dc il Msi ha avuto al suo interno correnti molto diverse, anche incompatibili tra loro. I temi della sinistra nazionale sono stati ad esempio valorizzati dalla componente rautiana con un’elaborazione molto vivace e interessante, che puntava a superare l’anticomunismo conservatore. Ogni corrente contribuiva al dibattito interno e questo si rifletteva anche sull’identità del Msi.

Però la figura dominante resta quella di Almirante…

Noi abbiamo messo al centro della mostra la figura di Giorgio Almirante perché, sia all’interno che all’esterno del partito il partito si identificava con questo leader. E’ chiaro che il Msi fu un discorso corale, e che anche altri personaggi hanno dato un contributo importante. Il merito di Almirante è stato quello di riuscire a catalizzare su di sé l’immagine del partito, mentre gli altri hanno avuto il merito di avere lavorato in silenzio e senza protagonismi alla costruzione del partito. Se il Msi ha avuto una forte componente di destra lo si deve a Pino Romualdi, la forza della componente sociale fu dovuta a Gianni Roberti e poi fu recuperata da Pino Rauti, la componente giovanile fu vitalizzata e organizzata da Roberto Mieville  e poi ai tanti dirigenti che si sono succeduti. Quindi, la leadership visibile era quella di Almirante ma dietro c’era tutto un impegno che non si può dimenticare. Nella mostra le figure di un centinaio di dirigenti saranno presenti attraverso un video che ne trasmetterà l’immagine.

[Fonte: www.secoloditalia.it]




Nero è bello - 6 dicembre 1980


https://www.youtube.com/watch?v=l2iU451l_4s

06/12/1980 – Un coraggioso Giampiero Mughini, a 4 mesi dalla strage di Bologna, rompe il muro del ghetto




Adnkronos.com - Immigrati: Rauti, contenere flussi e intervenire in loco


Roma, 30 aprile 2001 – (Adnkronos) – Bisogna bloccare e contenere i flussi migratori altrimenti ”rischiamo di essere sommersi” dal numero degli immigrati in continuo aumento ”senza poter risolvere adeguatamente i loro problemi. Si tratta di una bomba sociale ad alto potenziale che ci costruiamo per l’avvenire se non invertiamo questa tendenza”. A lanciare l’allarme e’ il segretario nazionale del Movimento sociale-Fiamma tricolore, Pino Rauti, parlando di rischi e problemi legati al fenomeno dell’ immigrazione, a cominciare dalla realta’ italiana.

Rauti, ospite oggi della trasmissione elettorale ‘Polis – Italia al voto’, curata dall’Adnkronos, risponde alle domande di un giornalista della tv palestinese e del calciatore ‘azzurro’ del Perugia Fabio Liverani, che appare in un contributo filmato. ”L’immigrazione -dice il leader di Ft che ha posto questo tema tra le priorita’ del suo programma insieme alla sicurezza e al sostegno per le potiche della famiglia- e’ un dramma per chi deve praticarla e una tragedia anche per chi deve subirla”. Lo sradicamento per ”ragioni di necessita”’ provoca solo danni e problemi. Occorre aiutare i paesi dove e’ piu’ forte il flusso migratorio, ma l’intervento va fatto in loco.

Secondo Rauti, ”bisogna aiutare gli immigrati sul posto, perche’ non abbiano la possibilita’ di accoglierli e di risolvere adeguatamente i loro problemi. Nei loro paesi di origine e solo rispettando la loro specificita’, storia e cultura, si salva il terzo mondo e non certo qui o in altro modo. Una volta -ricorda- milioni di italiani sono emigrati, ma andavano in terre vuote, come l’Argentina, gli Usa, il Canada. Sicuramente gli emigrati possono dare dei contributi, ma purche’ si tratti di emigrazione qualificata. Diversa e’ invece l’emigrazione di poveracci che vengono in Italia, vivono in condizioni disumane, e vanno inevitabilmente a ingrossare le fila della criminalita’ per fame e disperazione. E non mi preoccupa soltanto la situazione attuale, ma la prospettiva futura, perche’ l’immigrazione coinvolge sempre di piu’ i giovani”.

(Vam/Pn/Adnkronos)

[Fonte: www1.adnkronos.com]




Roma, 20 febbraio 1990, Camera dei Deputati - Intervento di Pino Rauti, Segretario nazionale del M.S.I, sull'immigrazione


https://www.youtube.com/watch?v=-fV_W4almdY

Intervento parlamentare di Pino Rauti su immigrazione e demografia, sembra pronunciato oggi!




Interventi al convegno “Pino Rauti: la storia, le visioni, la sfida della modernità” – Villafranca in Lunigiana, Salone Voltato


1. apertura di Umberto Zangani e saluti di Gianmarco Simi

https://www.youtube.com/watch?v=aqicDchvTKE

2. intervento di Alberico Varoli

https://www.youtube.com/watch?v=99qKxaXoJ-c

3. intervento di Alessandro Amorese

https://www.youtube.com/watch?v=Xv4h7Jc2ktQ

4. intervento di Isabella Rauti

https://www.youtube.com/watch?v=vQzYuEh-630

5. dibattito e chiusura

https://www.youtube.com/watch?v=2obPHkbiolQ




Sabato 20 agosto, ore 18.00: convegno "Pino Rauti: la storia, le visioni, la sfida della modernità" - Villafranca in Lunigiana, Salone Voltato


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Guarda la galleria fotografica:

Segui gli interventi:

1. apertura di Umberto Zangani e saluti di Gianmarco Simi

https://www.youtube.com/watch?v=aqicDchvTKE

2. intervento di Alberico Varoli

https://www.youtube.com/watch?v=99qKxaXoJ-c

3. intervento di Alessandro Amorese

https://www.youtube.com/watch?v=Xv4h7Jc2ktQ

4. intervento di Isabella Rauti

https://www.youtube.com/watch?v=vQzYuEh-630

5. dibattito e chiusura

https://www.youtube.com/watch?v=2obPHkbiolQ




Apocalypse - Il grande racconto della storia - Terza ed ultima puntata


Alessandro Banfi ripercorre i principali eventi della II Guerra Mondiale, dall’ascesa di Hitler alla fine di Mussolini.

Guarda il video in cui ci sono stralci di intervista a Pino Rauti a questo link