Pino Rauti a Lecce, 1995


https://www.youtube.com/watch?v=8U_uHVVjbWs&feature=youtu.be




Il Tempo.it - Sputi, monetine, applausi al nemico L’addio "politico" da Moro a Rauti


Esequie e rese dei conti

imageFare i conti col passato talvolta può essere molto complicato. E niente più di un funerale costringe i presenti a confrontarsi con la personalità del defunto. E, di conseguenza, con chi di quella personalità si sente in qualche modo il più legittimato erede. In alcuni casi si è costretti a sfilare accanto a «nemici» politici, in altri a partecipare a riti del passato – i pugni chiusi e «bella ciao» da una parte, le braccia tese e il «camerata, presente!» dall’altro – considerati ormai sconvenienti per chi riveste cariche pubbliche.

Nonostante le tante possibilità di imbarazzo, raramente i leader politici hanno rinunciato a presenziare alle esequie di altre importanti personalità. Non fosse altro per dimostrare che la lotta politica non dovrebbe mai travalicare i confini del rispetto reciproco e che la morte «livella» tutto, persino i conflitti più duri. Peccato che non sempre il messaggio sia passato, così che i funerali «celebri» sono stati spesso attraversati da tensioni sfociate in contestazioni o addirittura aggressioni.

Il trattamento peggiore lo ha probabilmente ricevuto Gianfranco Fini, che nel 2012 da presidente della Camera in rotta con Berlusconi e con il vecchio universo post fascista, non rinunciò a presenziare ai funerali di Pino Rauti , suo storico rivale nei congressi missini. In quell’occasione Fini divenne il capro espiatorio – probabilmente oltre le sue colpe – della diaspora della destra post missina e fu letteralmente aggredito dalla folla, con gli uomini della sua scorta a proteggerlo dal linciaggio. Fu Isabella Rauti, figlia di Pino, a chiedere alla folla di rispettare i funerali del padre, ottenendo una «tregua», ma Fini fu comunque costretto a lasciare in anticipo la cerimonia da un’uscita secondaria.

In passato, quando la lotta politica era persino più aspra, partecipare a un funerale di un avversario era considerato un gesto di coraggio. E per questo, paradossalmente, apprezzato anche dai «nemici». Celebre la visita di Giorgio Almirante a Botteghe Oscure, nel 1984, per omaggiare la salma di Enrico Berlinguer , tra due ali di «compagni» che, silenziosamente, si aprirono per lasciar passare il «capo dei fascisti». Qualche anno dopo, quando a morire fu Almirante , a ricambiare la visita alla camera ardente fu il comunista Giancarlo Pajetta, che si intrattenne a lungo con Donna Assunta tenendola per mano.

Episodi purtroppo isolati. Perché che i funerali potessero trasformarsi in occasioni in cui fare metaforicamente i conti era già successo in precedenza. Ad esempio nel 1978, quando la famiglia di Aldo Moro negò la presenza della salma del leader Dc ai funerali di Stato in polemica con la decisione del governo dell’epoca di non trattare con i brigatisti per salvare la vita allo statista. O, nel 1982, quando alle esequie del generale Carlo Alberto Della Chiesa tutti gli esponenti politici, fatta eccezione per il presidente della Repubblica Sandro Pertini, vennero insultati e accusati di «aver lasciato sola» la vittima. Stesse motivazioni che, esattamente dieci anni più tardi, provocarono l’ondata di rabbia ai funerali di Falcone e Borsellino contro una classe politica considerata «indifferente» nel migliore dei casi. «Collusa» nel peggiore. Ai funerali della scorta di Borsellino a rischiare il linciaggio fu addirittura il Capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro, «protetto» dal numero uno della Polizia Vincenzo Parisi.

Neanche la distanza dall’Italia, nel 2000, impedì lo scontro ai funerali di Bettino Craxi , celebrati a Tunisi. Per il governo parteciparono Lamberto Dini e Marco Minniti, fischiati. Applausi, invece, per Francesco Cossiga e Silvio Berlusconi.

Nessuna contestazione ma situazioni politicamente «imbarazzanti» in altri due casi. Nel 2006 a Roma si celebrarono i funerali di Peppe Dimitri , personaggio controverso della destra capitolina che in sè racchiudeva tutte le sfaccettature di una certa area politica, dalla lotta armata alla «destra di governo» con l’iscrizione ad Alleanza Nazionale. Non mancò, per l’occasione, Gianni Alemanno, che di Dimitri era fraterno amico e, in quel periodo, ricopriva la carica di ministro dell’Agricoltura. Alemanno non si limitò a una semplice presenza, ma pronunciò un’orazione funebre e fu tra coloro che trasportarono a spalla la bara.

Molto più defilato il ruolo di Matteo Renzi ai recentissimi funerali di Pietro Ingrao . Con il presidente della Rapubblica Sergio Mattarella e quello del Senato Pietro Ingrao, il premier ha assistito alla cerimonia dal palco delle autorità ed è rimasto in silenzio mentre il canto «Bella Ciao» si è alzato dalla folla. Quella folla che, probabilmente, si sarebbe volentieri risparmiata la presenza dell’uomo che ha contribuito a isolare politicamente gli ultimi comunisti.

Carlantonio Solimene

[Fonte: www.iltempo.it]




On. Rauti intervistato dal maschilista 100% Salvatore Marino - Convegno Fiamma e MSI


https://www.youtube.com/watch?v=kymN6GKgQBE




Buona Pasqua


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italiamistero.blogspot.it - «Non mi sento un neofascista, il fascismo non è più ripetibile. È solo un giacimento della memoria al quale penso che si possa ancora attingere.»


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Pino Rauti, nacque nel 1926; giovanissimo volontario nella RSI fu inquadrato nella Guardia Nazionale Repubblicana. Dopo la prigionia nel 1947 si ritrovò a Romadove militò sia nei FAR sia al Fronte giovanile del MSI. Presto entrò in polemica con la dirigenza del partito e il 17 luglio 1947.

Dal gennaio 1948 Rauti collaborò a La Sfida, la rivista dei giovani missini.

«Il capitalismo e il socialismo […] sono […] nostri mortali nemici in quanto rappresentano una stessa concezione di idee della vita che è inconciliabile con quella che anima le nostre idee. » (Pino Rauti su Rivolta Ideale il settembre 1947)

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Il 14 novembre 1953 Rauti tenne la prima riunione del gruppo di”Ordine nuovo” strutturata come una componente interna del MSI.

Dopo il 1954 si pose su posizioni estremamente critiche verso la nuova classe dirigente ritenendo che il partito avesse perso ogni aspirazione rivoluzionaria.

Nel novembre 1956, Arturo Michelini al V° Congresso di Milano fu nuovamente, seppur di stretta misura, riconfermato segretario. Al fine di contrastarne l’elezione la corrente spiritualista, che ormai ha assunto il nome di “Ordine Nuovo”, si presentò alleata con la sinistra missina ma inutilmente. Rauti non accettandone ideologicamente la strategia dell’inserimento, alla guida della corrente “spiritualista” di Ordine Nuovo uscì dal MSI. Il 14 gennaio 1957 i dirigenti di Ordine Nuovo inviarono una dura lettera al segretario nazionale contestandone la linea e di fatto dando il via alla scissione. Il gruppo scissionista, guidato da Rauti, in cui figuravano Clemente Graziani, Paolo Signorelli, Stefano delle Chiaie Giuliano Bracci e Marcello Perina, fondò ufficialmente il Centro Studi Ordine Nuovo.

Ordine Nuovo aprì in breve tempo diverse sedi in Italia, che nel 1966 arrivò ad avere 3.500 iscritti, utilizzando come simbolo l’ascia bipenne. Il Centro Studi Ordine Nuovo si impegnò in attività esclusivamente culturale tenendosi anche lontano dalle competizioni elettorali. Nel 1959 Delle Chiaie, in polemica con Rauti che non voleva impostare il Centro Studi come un movimento politico, uscì con il proprio gruppo denominato”Avanguardia Nazionale Giovanile”.

L’impostazione data al gruppo da Rauti si discostò totalmente dalla tradizione fascista iniziando ad immaginare, contrapposta alla dicotomia USA-URSS, una “Europa Nazione”.

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Guarda su YouTube l’intervista di Corradino Mineo a Pino Rauti – Spezzone di “Specialmente sul Tre”, 1991

Nel frattempo, a parte un breve guizzo con la battaglia di Valle Giulia, le piazze italiane furono dominate dal Movimento Studentesco del Sessantotto. Con l’arrivo alla segreteria del MSI nel 1969 di Giorgio Almirante che il 10 luglio 1969 aveva lanciato un appello rivolto soprattutto a Ordine Nuovo “ai camerati che hanno abbandonato il partito”, buona parte dei dirigenti rientrò nel partito e Rauti fu immediatamente inserito in direzione nazionale. La decisione di rientrare nel MSI provocò contestazioni all’interno di Ordine Nuovo e Rauti giustificò la propria decisione con la “necessità vitale di inserirsi dalla finestra nel sistema da cui eravamo usciti dalla porta, per poter usufruire delle difese che il sistema offre attraverso il Parlamento”. Anni dopo spiegò i motivi:

Quasi tutti i dirigenti rientrarono nel MSI mentre una minoranza, sotto la guida carismatica di Clemente Graziani, il 21 dicembre fondarono il Movimento Politico Ordine Nuovo. Successivamente Giorgio Fredae altri esponenti di estrema destra entreranno a far parte di Ordine Nuovo. Negli anni sessanta e settanta, il nome di questa organizzazione verrà usato per rivendicare una serie di attentati, cui Rauti risulterà sempre estraneo.

Scompare il 2 novembre 2012 all’età di 85 anni.

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Le indagini giudiziarie
Il 4 marzo 1972 il giudice Stiz di Treviso esegue mandato di cattura contro Rauti per gli attentati ai treni dell’8 e 9 agosto 1969. Successivamente l’incriminazione si estenderà agli attentati del 12 dicembre (tra cui la strage di Piazza Fontana) per cui fu anche incarcerato alcuni giorni, venendo rilasciato il 24 aprile 1972, prima di essere eletto deputato. Nel 1974, con la rivoluzione dei garofani in Portogallo, viene scoperta l’organizzazione eversiva internazionale fascista Aginter Press con la quale ha stretti rapporti anche Rauti attraverso l’agenzia Oltremare per la quale lavora. Nessuna di queste inchieste ha mai accertato qualche reato a suo carico.

Successivamente Pino Rauti fu inquisito per la strage di Piazza della Loggia a Brescia e in merito il 15 maggio 2008 è stato rinviato a giudizio. Assolto “per non aver commesso il fatto”, il 16 novembre 2010 con la sentenza numero 2 della Corte d’Assise di Brescia. Nelle richieste del pm Roberto Di Martino, per quanto concerne la posizione di Pino Rauti, il pm chiede l’assoluzione, affermando che la sua è una “responsabilità morale, ma la sua posizione non è equiparabile a quella degli altri imputati dal punto di vista processuale. La sua posizione è quella del predicatore di idee praticate da altri ma non ci sono situazioni di responsabilità oggettiva. La conclusione è che Rauti va assolto perché non ha commesso il fatto”.

Rapporti con i servizi segreti?
In data 3-5 maggio 1965 partecipò a Roma (albergo Parco dei Principi), ad un convegno sulla “guerra rivoluzionaria”, organizzato dall’istituto Alberto Pollio e “quasi esclusivamente finanziato dal Sifar”, agenzia di spionaggio militare. Insieme a lui  Guido Giannettini che presentò in quell’occasione una delle più importanti relazioni di quel convegno. Secondo René Monzat, “questo colloquio pose le basi per delineare il profilo teorico della strategia della tensione.”

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A seguito di questo incontro, al quale parteciparono circa 20 studenti (tra cui Stefano Delle Chiaie e Mario Michele Merlino), Giannettini e altri partecipanti furono assunti dai servizi segreti italiani. Nel 1966, Giannettini pubblicò con Pino Rauti “Le Mani Rosse Sulle Forze Armate”, un pamphlet commissionato dal generale Giuseppe Ajola, capo di Stato maggiore dell’Esercito, rivolto contro il generale Giovanni De Lorenzo, che trovava il suo humus nella lotta intestina in corso tra i vertici dei servizi segreti.

[Fonte: italiamistero.blogspot.it]




agi.it - Rauti al "manifesto": no al razzismo di Le Pen


Su razzismo e sulle tentazioni di un ”lepenismo” all’italiana esplode la polemica all’interno del Movimento Sociale tra la sinistra di Pino Rauti e la maggioranza che fa capo al segretario Gianfranco Fini, le due ali del partito già duramente scontratesi nel novembre scorso a sorrento in occasione dell’ultimo congresso del MSI. ”No, non penso che in italia sia possibile, oggi, un fenomeno Le Pen” e soprattutto “noi come destra non dobbiamo cadere nell’errore del razzismo”. Questa l’esplicita presa di distanze di pino rauti dall’ondata di intolleranza xenofoba proveniente d’oltralpe, apparsa oggi, un pò a sorpresa, sulle colonne del ”quotidiano comunista” il manifesto. ”L’asse del mondo – dice ancora Pino Rauti – si sta spostando: non è più est-ovest, ma nord-sud”. A ciò occorre poi aggiungere “l’esplosione demografica del terzo mondo” e un’Europa che ”diminuisce e invecchia a ritmo accelerato”. Di fronte a questi tre dati di fatto, prosegue l’esponente missino, la destra deve saper sfuggire alla ”trappola di tipo razzista” anche perché quello che ci si propone è uno ”scenario che invece ci può permettere di fare un discorso nazionalpopolare, rivoluzionario e anticapitalista”. Per Rauti l’Europa deve ”rivedere i rapporti con il terzo mondo e capire che se non si creano lì le condizioni” perché la gente resti ”saremo sommersi”. Di qui l’obiettivo da perseguire, che non deve essere quello della cacciata degli stranieri, ma di ”incentivare il più possibile il loro ritorno a casa, e creare nei loro paesi i meccanismi che evitino emigrazione”.

[Fonte: archivio.agi.it]




Barbadillo.it - Cultura. Rauti e la riscoperta della categoria “nazional-popolare”: il convegno a Roma


rauti10Sala gremita, pubblico attento e silenzioso, nel ricordo di Pino Rauti, l’uomo simbolo della destra nazionalpopolare. Nella  cornice ottocentesca della sala rossa di Palazzo Ferrajoli, ben tenuta architettura di fine cinquecento, il centro studi Pino Rauti ha chiamato a raccolta vecchie e nuove leve politiche, per manifestare l’impegno della continuità.

Padrone di casa Alessandra e Isabella Rauti, presidente del centro studi, ma con loro esponenti storici dell’area missina che si riconosceva nelle posizioni del padre: Silvano Moffa, Pasquale Viespoli, Giuseppe Parlato, Luciano Schifoni, moderatore Pietro Di Leo de Il Tempo. Alle spalle dei relatori c’erano le foto raccolte grazie anche agli scambi permessi dai social, del percorso politico di Pino Rauti, dai Campi Hobbit ai congressi finali, dalle riunioni del centro studi Ordine Nuovo alle campagne in piazza in difesa di Antonio Di Pietro.

20151218_191242Le lettere inedite di Rauti

Isabella Rauti rompe gli indugi e con trasporto legge agli astanti alcune significative parti di inedite lettere di Rauti; lettere di un uomo, di un marito, di un padre, di un imputato, di uno studioso, dalle quali emerge fermezza ideale e delicatezza di spirito, risolutezza e passione per la cultura. Isabella invita allo studio di Rauti e annuncia un lavoro che potrà vedere a breve la luce, usufruendo anche degli inediti venuti fuori grazie alla sistemazione dello straordinario archivio. L’autore di una prossima tesi di laurea su Pino Rauti è un giovane laureando Piero Zucchi, che dopo Isabella illustra la sua posizione. Zucchi, laureando in storia, si imbatte in Rauti nel suo percorso di studi e ne viene affascinato, come racconta: “Quando mi sono interessato allo studio della destra dal dopo guerra ad oggi, mi sono imbattuto nella figura di una persona totalmente “anomala” come Pino Rauti. Anomala per il suo spessore culturale, per la sua curiosità intellettuale, per la sua grande apertura e curiosità verso tutti i temi che si presentavano come nuovi nell’ambito della società italiana e mondiale. Visto il grande spessore di Rauti decisi di incentrare su di lui la mia tesi di laurea”. Ed ora è a Zucchi che spetta risistemare da zero l’archivio di Rauti, incarico meritevole affidatogli dalle figlie di Rauti Isabella e Alessandra.

Sul perché la linea rautiana nonostante la sua lungimiranza non sia risultata vincente nel MSI e in Alleanza Nazionale, Zucchi risponde sostenendo la “necessità di Alleanza Nazionale e prima del MSI di occuparsi delle esigenze di governo, che hanno prevalso sulle necessità di cultura smarrendo quel filone colto, identitario, legato alla tradizione ma aperto all’innovazione che è sempre stata la filosofia rautiana”. Aggiunge che la “destra ha imparato a governare, ma ha smesso di studiare. Questo dà conto del buco generazionale a livello dei dirigenti che c’è nella destra”. Una destra smarrita, che non ha ereditato la lungimiranza del pensiero rautiano, ma secondo Zucchi “i fili spezzati della storia politica della destra non possono che trovare in Rauti la colla giusta per tornare ad essere dei raccordi politicamente, intellettualmente ed emotivamente saldi; questi processi trovano vita e nuova linfa vitale, in alcuni gruppi politici quali Azione Nazionale, Francesco Storace con il suo seguito in Fratelli d’Italia”.

Gli interventi

I fili spezzati immaginati da Zucchi sono stati il leit motiv dei discorsi di chi seppe dirsi al tempo allievo e che poi divenuto adulto ha preferito percorrere ben altri sentieri. Silvano Moffa si affida alla lungimiranza rautiana per ribadire la validità ancora oggi delle sue “visioni” sull’Europa, sulla svolta della politica. Ha passato in rassegna le fasi salienti del suo percorso ideale, attualizzandolo efficacemente, al punto da suscitare una visibile condivisione dei presenti. Giuseppe Parlato con l’acume e la logicità scientifica dello storico preferisce analizzare il metodo rautiano, che altro non è che l’applicazione della sua visione del mondo alla politica, rompendo il pregiudizio bobbiano del fascista come uomo di anticultura. Il metodo rautiano è articolato, secondo Parlato, su tre argomenti: tradizione, storia e politica. La tradizione, nell’approfondimento rautiano, oltrepassa il no alla modernità confluendo nel coinvolgimento del popolo con il sociale, così da creare una nuova modernità. L’altro aspetto essenziale del suo metodo è la storicizzazione del fenomeno fascista di cui ha studiato e scritto, inserendolo sulla stessa linea retta su cui ha posto Roma o il Sacro Romano Impero. L’approdo alla politica è la sintesi come ricaduta reale del metodo, una politica che si rinnova grazie al metodo. E così – Parlato aggiunge – possiamo spiegarci facilmente le svolte di Linea Futura, la rivoluzione “impossibile” dei campi Hobbit e tutto quel che ne è derivato.

Isabella Rauti prende spunto dalle parole di Parlato per confermare che le scelte di vita di Pino Rauti sono state dettate dal suo metodo. Parla di un uomo diviso tra studio e vita, associando talvolta disordinatamente l’una e l’altra secondo i casi del destino. La laurea è frutto della “tranquillità” del carcere di Regina Coeli, della negazione della libertà di cui si è servito senza lamentarsi o danneggiarsi, ma mantenendo lo sguardo fisso alla meta. Luciano Schifone condivide soprattutto la sua avventura amministrativa, comparandola con chi da destra vuole controbattere all’isolamento generale e mediatico e tecnico.

Chiude Pasquale Viespoli, che si sofferma sulla inattualità attuale di Pino Rauti, un ossimoro apparentemente semplice gioco letterario ma fedele ricostruzione della vita di Pino Rauti. Rauti secondo Viespoli è fuori del nostro tempo, dominato da una cultura liquida che tutto brucia nella dimensione unica del presente. Rauti a protezione richiama invece la tradizione, la responsabilizzazione di contro alle facilitazioni di chi sente il peso del proprio ruolo. Viespoli legge alla sala uno stralcio di un discorso parlamentare di Rauti del 1976, in cui il politico denuncia pubblicamente, con avvincente metafora, questa società dimissionaria: “Al soldato pesa la divisa, al prete la tonaca, allo studente la scuola”. Ecco perché pur dopo le sue scelte politiche distanti dal modello rautiano, Pasquale Viespoli oggi arriva a dire che la destra per tornare ad essere vincente deve ricordarsi del valore culturale di Pino Rauti, della radice nazionalpopolare di un popolo che Rauti scrisse “è stato nostro e può tornare ad essere nostro”.

In prima fila Gianni Alemanno e Francesco Storace: viene loro chiesto di prendere la parola al termine del dibattito, preferiscono tacere.

[Fonte: www.barbadillo.it]




Auguri


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Secolo Trentino.com - L’attualità del pensiero della Destra sociale: intervista a Isabella Rauti


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Isabella Rauti (classe 1962) è una delle più forti personalità politiche di Destra in Italia. Diplomatasi al Liceo classico, si laurea prima in Lettere e poi in Pedagogia, insegnando per sette anni alle scuole superiori. E’ inoltre giornalista professionista e scrittrice. La sua attività politica inizia in età giovanissima (nel 1976) militando nel Movimento Sociale Italiano. Negli anni ha collaborato con le varie testate giornalistiche collegate al MSI e al mondo della Destra italiana – dal Secolo d’Italia a Linea, dall’Italia Settimanale ad Area. Dal 2010 fino al 2013 ha ricoperto la carica di Consigliere regionale del Lazio e di Consigliere Segretario dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio, e da giugno 2013 a febbraio 2015 è stata Consigliere del Ministro dell’Interno per le politiche di contrasto della violenza di genere, sessuale e del femminicidio. Nel novembre 2015 ha infine coronato il suo sogno: entrare a far parte dell’Esercito Italiano, come Ufficiale della riserva selezionata per le Forze di complemento.

In occasione dell’annuale convegno sull’ex-Segretario del MSI e fondatore della Destra sociale italiana Pino Rauti di venerdì scorso organizzato dalle figlie Isabella e Alessandra “Pino Rauti: il rivoluzionario nazional-popolare“, di seguito l’intervista di Secolo Trentino per approfondire sul tema della Destra italiana, sulla sua attualità e sulla figura di Pino Rauti come politico, pensatore e uomo.

Perché il “rivoluzionario nazional-popolare“? Può considerarsi attuale il pensiero di Pino Rauti oggigiorno?

Sicuramente molti dei temi che Pino Rauti ha affrontato nel suo pensiero politico e anche nei suoi scritti da giornalista e da intellettuale sono di estrema attualità: penso per esempio a temi come l’immigrazione, la demografia, la questione ambientale ed ecologica, ma anche il terzomondismo o le nuove povertà, e tanti altri di cui lui parlava già negli Anni ’70 e ’80 quando queste non erano ancora le sfide che sono diventate oggi. “Rivoluzionario nazional-popolare” perché ha disegnato una Destra non conservatrice, non reazionaria, ma appunto sociale e nazional-popolare che metteva al centro di ogni declinazione politica il concetto di popolo. Aggiungerei anche che durante la sua attività politica questa capacità di analisi e di lungimiranza lo ha condannato talvolta forse ad essere inattuale allora, o comunque talvolta poco compreso da alcuni ambienti più retrivi e conservatori di un certo tipo di Destra, ma oggi rileggendo i suoi scritti sono pieni di risposte rispetto a quelli che sono le questioni di attualità e anzi quasi di emergenza.

Quindi cosa potrebbe insegnare ancora oggi il rautianesimo alla Destra italiana attuale?

Io penso che il pensiero di mio padre potrebbe insegnare alla Destra italiana a recuperare identità, radici, memorie e tradizioni senza nessun tipo di nostalgismo e di passatismo, e potrebbe far rimettere al centro di ogni declinazione politica il concetto di popolo, il concetto di nazione, il concetto appunto di identità e di tradizione, e soprattutto imperniare su ogni riflessione politica gli interessi dell’Italia e degli italiani prima di ogni cosa.

Oltre che in Italia, crede che il pensiero di Pino Rauti possa essere accostato ad altre realtà politiche europee?

Potrei dire che il metodo lepenista del Fronte Nazionale della seconda generazione – ovvero quello di Marine Le Pen – per certi aspetti può essere assimilato a quello rautiano, se non altro per questa capacità di “sfondamento a Sinistra” che era una delle indicazioni che mio padre aveva dato all’allora MSI, e che significa conquistare consensi nelle periferie e nel ceto più povero ed occuparsi delle cosiddette nuove povertà o dell’emarginazione sociale, facendo capire che l’interesse nazionale viene prima di ogni altro interesse particolare.

A proposito dello “sfondamento a Sinistra”, questa fu una delle proposte più interessanti di Pino Rauti: pensa che tale idea possa essere rivalutata oggi, oppure Destra e Sinistra sono radicalmente mutate rispetto alla Prima Repubblica?

Io penso che si sia consumato un superamento delle categorie ‘800esche di Destra e di Sinistra – e anche questa era una delle questioni che mio padre aveva indicato e anche costruito: il superamento di una Destra conservatrice e centrista, perché quello di cui c’è bisogno è una Destra sociale e popolare.

Quale visione aveva Pino Rauti degli Enti sovrannazionali, come l’Onu e in particolare l’Unione Europea?

Innanzi tutto vorrei dire, perché credo che quasi nessuno lo sappia, che la sua tesi di laurea in giurisprudenza – che io ho ritrovato recentemente nel suo archivio, e che naturalmente è molto datata – era dedicata proprio all’Onu, e già allora lui ne raccontava la genesi e la storia evidenziandone alcuni limiti. Sicuramente mio padre non è mai stato filo-americano: egli ha difeso piuttosto un concetto di Europa, è stato anche per più di una legislatura un attivissimo parlamentare europeo – occupandosi di molti temi, taluni anche post-moderni, e sui quali ha lasciato pure degli scritti -, ma la sua idea di Europa, da profondo europeista quale è stato, era un’Europa dei popoli, era un’Europa delle identità nazionali, era un’Europa dalle radici cristiane. Certamente non era l’Europa che vediamo oggi, ovvero l’Europa delle banche, l’Euro-Germania trainante, e sicuramente non era l’Europa odierna che non si è mai dotata né di una politica estera né di un meccanismo di difesa comuni. Quindi l’Europa di oggi non credo la potrebbe apprezzare. Lui ha comunque collaborato allora al processo di costruzione di un’identità europea che fosse non la somma degli interessi nazionali, ma la sintesi delle identità nazionali – esattamente come per l’identità nazionale italiana, nella quale vedeva la sintesi nelle piccole “patrie” delle identità locali.

In seguito agli attentati di Parigi si parla molto in questi giorni di islam. Che rapporto aveva Pino Rauti col mondo arabo? Si è mai espresso in merito alla questione mediorientale?

Sicuramente mio padre, sia da Segretario del MSI nel periodo in cui lo è stato sia da esponente politico di spicco del Movimento Sociale, è quello che rispetto alla questione mediorientale – per primo, o comunque tra i primi – aveva sempre indicato la strada di soluzione per esempio per il conflitto israeliano-palestinese col concetto di “due popoli, due Stati”. Oggi questo è un principio diffuso, in quanto non concretizzato, ma allora era un’affermazione coraggiosa. Naturalmente allora avevamo un altro tipo di terrorismo sotto gli occhi, e non quello di oggi, però in alcuni articoli di fondo del giornale che dirigeva mio padre – che si chiamava Linea -, attraverso l’analisi dell’esplosione demografica del Sud del mondo e dello spopolamento del Nord del mondo, ed anche attraverso l’analisi di quella scienza che si chiama demografia religiosa, non era difficile prevedere un’espansione dell’islam ed un problema di instabilità, che avrebbe riguardato anche l’Europa, soprattutto attraverso le ondate migratorie. E quindi anche in questo senso aveva anticipato talune questioni che poi sono diventate delle vere e proprie emergenze.

Un’ultima domanda, dott.essa Rauti, più personale: com’era il Pino Rauti “padre” e, più in generale, “cittadino e uomo”?

Era un padre estremamente presente, nonostante i moltissimi impegni, premuroso e molto affettuoso. Nell’immagine pubblica può sembrare difficile immaginarlo tenero e caloroso nei confronti di noi figlie o della moglie, e anche della sua famiglia di origine. Proprio recentemente ho trovato nell’archivio molte cartoline e lettere che lui scrisse al padre, alla madre e alla sorella. Allora non era ancora sposato, era detenuto giovanissimo nel campo di prigionia inglese ad Algeri, e posso dire che per lui la famiglia ha sempre avuto una grande centralità, occupandosi anche delle questioni minute, ed è stato un padre che ci ha sempre insegnato molto, anche dal punto di vista intellettuale: non ci ha mai imposto né idee né opinioni, anzi ci ha cresciute insegnandoci ad avere sempre autonomia di giudizio, a non scendere mai nel pregiudizio, a farci sempre un’opinione nostra, e soprattutto ad essere sempre autonome. Il che significava libere, quindi laurearsi e avere una professione, per essere sempre e comunque nella libertà di scelta senza condizionamenti. E poi soprattutto era un padre che si dedicava ad ampliare i nostri orizzonti: non c’era domanda che io e mia sorella gli ponessimo – dai compiti della scuola agli esami universitari a una semplice curiosità – che non ricevesse da lui non una sola risposta a quella domanda, ma tante risposte e approfondimenti a partire da quella nostra unica questione.

Giuseppe Comper

[Fonte: www.secolo-trentino.com]




Formiche.net - Alemanno, Moffa, Storace e Viespoli ricordano Pino Rauti a Palazzo Ferrajoli. Le foto di Pizzi


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Pino Rauti, il rivoluzionario nazional-popolare. È stato questo il tema dell’incontro che si è tenuto venerdì 18 dicembre a Roma (Palazzo Ferrajoli, piazza Colonna, ore 17.30) in ricordo del segretario dell’Msi e leader di Fiamma Tricolore organizzato dalle figlie Isabella ed Alessandra.

Dopo l’introduzione di Alessandra Rauti hanno partecipato alla tavola rotonda moderata da Pietro De Leo, Silvano Moffa, già Presidente della Provincia di Roma, Giuseppe Parlato, storico, Luciano Schifone e Pasquale Viespoli.

Presenti in sala anche il vicepresidente della Regione Lazio, Francesco Storace, e l’ex sindaco Gianni Alemanno.

Guarda chi c’era nella gallery firmata Umberto Pizzi

[Fonte: formiche.net]