Un cimitero a S. Stefano per l'Alpino ignoto e per gli Austriaci


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SANTO STEFANO. Non poteva rimanere “isolato” e noto solo alla gente del posto o ai frequentatori (più o meno attenti) del cimitero civile. Il cimitero militare di Santo Stefano di Cadore (Belluno) posto in una zona limitrofa a quello civile, nei pressi della caserma dei vigili del fuoco, meritava di avere una migliore e propria dignità; e, per dargliela, innanzitutto serviva un cartello ben visibile che ne segnalasse la presenza. Adesso, avvicinandosi all’incrocio da via San Candido e da via Venezia, l’indicazione appare ben chiara. Chiunque alzi gli occhi vedrà sull’incrocio del centro del paese, a fianco alle’insegne stradali, il segnale che indica il posteggio XI settembre e il cimitero militare. Indispensabili entrambe le indicazioni: il posteggio XI novembre è una nuova opera e aveva bisogno di essere messa in evidenza poiché “tiene” una sessantina di vetture. Im-portante eyidenziare la presenza del Cimitero militare. E’ trascorso un po’ di tempo, ma adesso il segnale avvisa della presenza di un’opera di così gran rilevanza. Il cimitero militare monumentale, dedicato alla medaglia d’argento al valor militare sottotenente Adriano Lobetti Bodoni, ospita 947 caduti: 831 italiani, 109 austriaci, 1 ascaro e 1 boemo della prima guerra mondiale. E 4 italiani della guerra 1940-1945. Inoltre ci sono i resti dell’alpino ignoto rinvenuto da alcuni escursionisti nella zona Croda Rossa-Popera. E dunque una pagina di storia a cui tutti si possono avvicinare.




"Poggio Mirteto: la prima Banda d'Italia e del mondo"


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Ci scrive Virginio Bargellini

“Poggio Mirteto: la prima Banda d’Italia e del mondo”

Con l’aumento incessante degli accessi al nostro sito Internet  (l’amica Lorena Colombo mi comunica che siamo ormai quasi ad 800 al giorno e che abbiamo “raddoppiato” dal gennaio scorso!) cresce anche il numero di persone che si rivolgono a ni per indicazioni librarie, ricerche per tesi di laurea o che ci inviano libri ed opuscoli di “storie locali”. E così che ha fatto di recente Virginio Bargellini, esponente “storico” – anche per “glorie” autentiche di antenati e di parenti, nel Risorgimento-  di Poggio Mirteto, nel Reatino-; che già fatto pervenire un opuscolo bellissimo sulla banda comunale chiamata la “Nazionale Garibaldina”, che sfilerà a Via dell’Impero del duecentesimo anniversario della nascita di Garibaldi.

C’è davvero tanta storia alle spalle di questa banda; perché -leggiamo nell’opuscolo- si deve risalire al 11 luglio del 1592, quando con deliberazione consiliare fu istituita, su proposta di Giovanni Hieronimo una ” scuola di musica” allo scopo di “impartire lezioni di canto e suono a tutti i giovani di Poggi Mirteto che inclinare vogliono all’acquisto di tale scienza”.

E, ancora indietro nel tempo, sembra che in Hieronimo fosse “un religioso, appassionato musicologo che aveva preso il nome di un altro frate, cresciuto tre secoli prima, autore di un trattato sugli strumenti medievali… “; strumenti (ribeca, archiviola, ghironda, giga, clavicembalo) che erano, in precedenza, usati prevalentemente in sagre e processioni … ” Fu comunque don Hieronimo che a quegli strumenti altri ne aggiunse (flauti, cornamuse, bombarda, oboi d’amore da caccia, fagotti, corni, tubi e trombe), li fece suonare insieme o in l’alternativa, ne calibro’ i timbri e li orchestro’.  Cosi’ nacque la prestigiosa Banda… la prima Banda d’Italia e del mondo..”.

– ” La Banda Comunale di Poggio Mirteto” a cura di Virginio Bargellini ed Emilio Ribera- Studio fotografico “Hobby Foto” di Marco di Rocco – collab.ni di Giovanni Cicconetti, Flavio Fasso, Oreste Tarquinio Locchi, Savino Pasquetti; grafico: Angelo Sbordoni




Lazio: feste e sagre


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Ci sono edicole, a Roma, che ormai hanno tutte le vetrine laterali “pavesate” di libri e fascicoli dedicati alle feste e sagre locali. E mi dicono gli edicolanti che siamo in pieno boom di vendite di queste pubblicazioni. È segno che, adesso, non c’è più un turista che si muova senza fare riferimento a qualche manifestazione locale, dove sono onnipresenti – e anche questo è un dato nuovo, da sottolineare – i prodotti gastronomici più con meno “locali”. Tra i tanti volumi e volumetti disponibili c’è, dunque, solo l’imbarazzo della scelta; e l’attenzione a quel che merita di essere scelto, per consultazioni che durino un po’ nel tempo. E, tra i tanti, non ci siamo fatti sfuggire un volume sulle feste, le sagre e i mercatini del Lazio, che davvero ci sentiamo di consigliare a chi segue nostro sito.

Anche il sottotitolo del volume è indicativo, perché scrive di ” 2000 appuntamenti per scoprire non solo i paesi e la gastronomia della regione ma pure le sue tradizioni”, e utilissime, proprio per questo riferimento, ci sono parse le pagine-calendario che offrono, mese dopo mese le indicazioni adeguate perché i propri viaggi diventino ” mirati ” e utili non solo ad occasioni di distrazione effimera. Con qualche novità espositiva, anche: com’è per le indicazioni dedicate in particolare alla festività, ai mercati maggiori con cadenza annuale e quelli che si svolgono ogni mese. E anche, alla fine, per le sagre, l’indicazione del “soggetto” che vi viene, diciamo così, sottolineato, per cui abbiamo la sagra degli Gnocchi, le sagre degli Spaghetti e dei Peperoni, del Polentone e del Vino novello; un viaggio estremamaente gustoso, pagina dopo pagina.

= “Feste, sagre e mercatini nel Lazio”
editori Lozzi e Rossi – Circonvallazione Gianicolense, 210 – 00152 Roma –
In redazione quattro donne: Simona Beltrame, Laura Cavallo, Camilla Colombino e Valentina Donini
330 pgg euro 9,50




Anche d'inverno si va sul "Fiume Lungo" d'Irlanda


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Le chiuse restano l’ostacolo più impe­gnativo da superare. Per rendere infatti navigabile l’intero corso del fiume Shannon è stato necessario nel corso dei secoli costruire delle chiuse che consentissero di eliminare i dislivelli. Ma sono anche l’occasione per dimostrare di essere in grado di condurre una houseboat Emerald Star lungo il fiume più lungo d’Irlanda. Questi cabinati a motore da 3, 4, 6 o 8 posti letto possono essere noleggiati e condotti da chiunque abbia compiuto il ventunesimo anno d’età. Non è richiesta nessuna patente nautica, anche perché la barca è dotata di un limitatore di velocità che contribuisce non poco a renderla sicura e facilmente manovrabile. Prima di mollare gli ormeggi dalla Marina di Carrick-on-Shannon, il porto di partenza per chi ha scelto una crociera nel tratto settentrionale del fiume, il noleggiatore riunisce l’equipag­gio per spiegare il funzionamento della barca e le regole per effettuare le manovre. A bordo tutto è improntato al massimo comfort. Passate le chiuse è possibile concentrarsi sul magnifico paesaggio. Sulle sponde pascoli e foreste o le case e i pub colorati dei tipici villaggi irlandesi. A sera si ormeggia alla marina e si cena in un ristorante locale. Si prosegue nel pub a bere e a cantare.

COME NOLEGGIARLA
La Connoisseur ,
con la sua filiale EmeraldStar e con le sue 200 imbarcazioni ripartite in tre basi, è la più importante compagnia in Irlanda per le crociere in acque dolci. Le houseboat possono essere noleggiate per un weekend o per 7 giorni, con tariffe che variano, per la settimana a luglio e agosto, da 1.000 euro per tre posti letto a 3.600 euro per la più lussuosa da 10 posti letto.

Info: Destinations (02-48205240);
Turismo irlandese (02-48296060);

www.crownblueline.com




Con una tecnica nuova Marco e Gianni Isabella a “colloquio con l’Arte”


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Eccezionale successo di pubblico, a Terracina, all’Hotel Mediterraneo (e ne fa fede un “librone” pieno di firme e di “pareri” esposti a tutti) di una mostra intitolata “colloquio con l’Arte”, realizzata da Gianni Isabella e dal figlio Marco. Leggiamo insieme le loro “storie” per capire meglio:

– Gianni Isabella nasce ad Alvignano allora provincia di Benevento, nella terra dei Sanniti, il 24 Maggio 1932. Nel 1934, si trasferisce con al famiglia a Littoria, in Agro Pontino, oggi Latina. Nel 1955, dopo la laurea, lavora come farmacista a Latina, poi si trasferisce a Terracina, dove vive con la moglie Giovanna e con i suoi tre figli. Nel 1970 si laurea in medicina ed esercita ancora oggi la professione medica come specialista in Pediatria.

– Marco Isabella nasce a Terracina il 2 dicembre 1970; e, terminati gli studi superiori “viene inesorabilmente spinto dal suo DNA verso le Scuole d’Arte. Frequenta a Roma per tre anni l’Istituto Europeo Design (IED) e per due anni l’Istituto Superiore Comunicazioni ed Immagine (ICEI) dove si diploma in : Illustrazione e design. Fortemente ancorato dall’amore di Terracina rinuncia ad importanti offerte all’estero”.

È stata, questa di cui scriviamo per la sua prima “uscita” con lavori, frutto di meticoloso studio e adozioni di tecniche nuove: acrilico sul metallo. Prende come modelli quello che offre la natura e quello che offre l’uomo senza mutamenti o compromessi. Il colore di fondo della lastra metallica diventa parte integrante del dipinto nell’immediatezza della realizzazione. La barca, le zucche, il faro assumono un loro proprio protagonismo come messaggio di amore e tenerezza per la sua arte.

P.R.




Lingua e identità nel “Museumladin”


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Chi va in Alto Adige, ha un appuntamento obbligato, per cogliere bene lo spessore e capire al meglio la realtà delle “realtà corali”; visitare il Museo provinciale ladino di Castel de Tor (Bolzano) presso San Martino in Badia.

Siamo nel cuore della zona dove vivono i “ladini dolomitici”, una comunità di oltre 30.000 persone “la cui identità è caratterizzata da due importanti elementi: la particolare lingua neolatina (derivante dal latino volgare) e lo straordinario paesaggio montuoso delle Alpi centrali”.

È solo grazie alle caratteristiche fisiche di questo paesaggio – leggiamo ne “La guida breve – Museumladin” che la lingua ladina, la più antica fra quelle parlate in regione – stretta fra gli ambiti culturali e linguistici italiano e tedesco – ha potuto mantenersi viva sino ad oggi.

I ladini abitano in cinque valli dolomitiche: Val Badia, Val Gardena, Val di Fassa, Livinallongo e Ampezzo; e ognuna di queste valli ha mantenuto un idioma specifico; espressione del duro radicamento nel proprio territorio che dovettero affrontare per secoli queste genti; con centinaia di generazioni che si sono succedute “lavorando duramente nei dissodamenti e nelle bonifiche necessarie per approntare una rete di sentieri e di insediamenti …”.

Qui, il passato è ancora presente; e in modo affascinante.

E lo dice anche la storia del Castello dove è insediato il Museo, che risale al 1230, quando alcuni legati dei Vescovi di Bressanone “edificano una torre abitativa e isolata su tre piani”; la “turris in Geder”, la torre in Quadra; e la quadra era una misura romana, utilizzata nelle zone montuose e che corrispondeva a un quadrato avente i lati di circa 240 mt ciascuno. 

P.R.

“La guida breve – Museumladin” – a cura di Stefan Planker; illustrazioni di Marco Lovato – Museo: Castel de Tor – 39030 San Martino in Badia – Tel: 0474-524020; Fax: 0474- 524263




Verdi terre d’acqua e… tre mesi con zucca


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Ha preso il via ai primi di Settembre e durerà fino al 8 dicembre la rassegna che la provincia di Mantova dedica ogni anno alla zucca; che è il suo prodotto più tipico perché il mantovano detiene il “primato” nazionale in materia. “ di zucca in zucca – itinerario della zucca tra coltura e cultura”, ecco il titolo di questo singolare percorso enogastronomico giunto alla sua nona edizione. Il consorzio agrituristico che lo organizza dedica ogni anno una “guida” a questa bella iniziativa; e nell’ampio giro suggerito non solo se ne potranno vedere, di zucche di tutti i colori e di tutte le forme e misure ma, esse diventeranno occasione – visto che saremo nella bellissima e davvero storica città dei Gonzaga – di spettacoli teatrali, rassegne librarie e della presentazione di appositi “laboratori artistici”. Viene anche presentata una guida delle “fattorie didattiche mantovane” ed è prevista – navigando sul Po’ da Cremona a Mantova – una giornata fra Città e Campagna, “alla scoperta del mondo mercantile e rurale”.

Per dare un’idea della “ricchezza” delle iniziative, ecco qui di seguito l’elenco dei “percorsi”, che spesso portano davvero ad incontrare realtà locali tanto affascinanti quanto poco conosciute:

strada del riso; strada del vino e dei sapori; alla scoperta dell’artigianato artistico mantovano; strada dell’arte nel basso mantovano; l’argine maestro: gli impianti idrovori; a cavallo sull’acqua; sui passi di Matilde; memorie di cultura contadina; un Po’ di pesca; un tuffo nel verde; in bicicletta tra colline moreniche; pesca nel mantovano; strada del cappone mantovano; la via lattea; erbe aromatiche; strada della mela dell’Oltrepò Mantovano.

P.R.

Consorzio Agrituristico Mantovano – P.zza San Giovanni, 7 – 46100 Mantova

Tel 0376 – 368865   




Un Centro Parco per “educazione ambientale”


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L’importanza dell’educazione ambientale è stata sottolineata alla conferenza di Rio del 1992, nella quale è emersa la necessità di modificare profondamente la relazione uomo-natura diffusa nella cultura occidentale.

Il futuro dell’uomo è infatti il futuro della natura stessa e la consapevolezza di questa visione può essere raggiunta solo attraverso l’educazione e l’informazione della cittadinanza.

Nasce dunque l’esigenza di sviluppare e rafforzare, soprattutto nei giovani, conoscenze, valori e atteggiamenti coerenti con uno sviluppo sostenibile del pianeta.

Il Centro Parco Cascina Venara intende promuovere l’educazione e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica con particolare attenzione al coinvolgimento dei giovani, in merito alle problematiche di conservazione della natura ed ai modelli sostenibili di gestione delle risorse.

“l’educazione ambientale deve occuparsi di problemi cruciali a livello planetario, delle loro cause e relazioni interne, in un approccio sistemico e nel loro contesto storico e sociale. I temi fondamentali legati a sviluppo e ambiente, quali demografia, salute, pace, diritti umani, democrazia, fame, degrado di flora e fauna, devono essere intesi in questo modo.”

(articolo 5 – Trattato sull’educazione ambientale per lo sviluppo di società sostenibili)

I programmi di educazione ambientale proposti al Centro Parco Cascina Venara – sviluppati dall’Associazione Olduvai Onlus – si basano su approcci metodologici di diverso tipo che prevedono attività ludiche, animazioni e drammatizzazioni, ricerche scientifiche di campo, raccolta di informazioni e approfondimenti, attività manuali e di laboratorio, giochi di ruolo e di simulazione tematici. Tutti i programmi prevedono un alto coinvolgimento pratico ed emotivo dei bambini e dei ragazzi per sviluppare, attraverso la conoscenza e la scoperta, un legame affettivo con il territorio, con conseguente acquisizione di senso di partecipazione e di responsabilità.

Il Centro ospita un importante “centro cicogne” una struttura deputata all’ambientamento ed al rilascio di cicogne bianche in natura, che costituisce una delle azioni dell’operazione” cicogna bianca”, un complesso programma di conservazione della specie.

P.R.

Cascina Venara – 27020 Zerbolò – PV

Per prenotazioni: 338 – 6320830




Altre trenta schede dei “Castelli d’Europa”


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Ancora un invio della pubblicazione “Castelli d’Europa”; con le abituali 30 schede, con ognuna un Castello, la sua storia, le vicende di cui è stato al centro, e anche i “misteri” e le “leggende” che vi aleggiano intorno.

Il gruppo di schede di cui qui ci riferiamo, comprende – in ordine alfabetico – i castelli che vanno da quello di Ahresburg (Germania) a quello di Wilton (Gran Bretagna). In Italia, abbiamo una “scheda” sulla città fortificata di Bergamo Alta e una scheda sulle mura della città; mura poco conosciute ma che vanno invece “riscoperte” perché presentano – oltre alle strutture principali – una congerie di apprestamenti minori – altrettanto interessanti delle realizzazioni principali – comprendenti una serie di spazi e di percorsi sotterranei “in certi punti inestricabili”. C’è anche una fortezza: il forte di San Marco, con cui viene tradizionalmente indicato “il complesso delle sei bastionature ubicate sulla punta nord-occidentale  del sistema……” un complesso difensivo che era dotato di una sua propria porta di soccorso ed era direttamente collegata con il castello esterno di San Vigilio, mediante una strada coperta e un passaggio segreto.

Si potrebbe scrivere un libro su quanto si legge e si impara anche su questo gruppo di trenta schede. Ma lo spazio è tiranno, come giustamente si usa dire. Solo un’annotazione sul castello di Bonaguil, eretto su uno sperone roccioso nella valle del Thezee del Lemance che testimonia “l’ultimo stadio della fortificazione feudale in terra francese” ed è il più qualificato “momento di transizione tra l’architettura medievale e quella rinascimentale”.

Castelli d’Europa – Misteri, Storia e leggende scritte nella pietra –

Pubblicazione mensile – Edizioni de Agostini – Direttore Pietro Baroli –

Produzione:  Via G. Da Verazzano, 15 – 28100 Novara

Coord.to:  Maria Elena Gerussi




Itinerario tra borghi antichi. ANCHE LE MARCHE STANNO RITROVANDO IL GUADO, L’ORO BLU


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Anche in Italia (esattamente come sta avvenendo in Francia nella zona di Tolosa e in Turingia, nella zona di Erfurt) stanno ritrovando, stanno davvero “riscoprendo” una delle piante più antiche e tradizionali d’Europa: il guado, o meglio quello che dalla pianta veniva “estratto” per cercare splendidi azzurri usati in pittura, in architettura e nell’abbigliamento fino al XVII secolo.

C’è, adesso, un vero e proprio “itinerario” che permette di ripercorrere “i luoghi, le tradizioni legate alla storia di quell’erba” come scrive in un ampio e dettagliato servizio Isa Grassano in un numero recente dei “Viaggi di Repubblica”. Un itinerario che si snoda “attraverso borghi e castelli, eremi ed abbazie” in uno tra i territori più belli d’Italia – anche perché del tutto sconosciuto al c.d. turismo di massa – nella zona di Montefeltro, là dove le Marche diventano un po’ Toscana e un po’ Romagna.

Nel Montefeltro – come in ogni altra parte d’Europa dove la pianta veniva coltivata in quei tempi, dal Tolosano alla Piccardia alla Turingia – il guado veniva chiamato “oro blu”. E ci fu appunto presso Tolosa, un vasto triangolo di territorio che, proprio per la ricchezza generata dal guado, acquistò e mantenne per secoli la definizione di “Pays de Cocagne”, Paese di cuccagna.

Allora, la coltivazione di quella pianta, coinvolgeva l’economia di tutta la zona che poi diventò provincia di Pesaro e di Urbino, con esportazioni che raggiungevano la Dalmazia e la Spagna.

Poi, cominciò il “tramonto del guado”, battuto dall’indaco – che, prodotto dagli schiavi nelle colonie britanniche, costava molto meno – e un po’ più tardi definitivamente sconfitto sul pino dei costi, dall’industriale e chimica anilina.

Adesso, nel Montefeltro, si hanno le “strade del guado”, progettate da Massimo Baldini e da Marco Fantuzzi (della Cooperativa Oasi di S. Benedetto) che hanno anche organizzato il “Museo dei colori naturali”, intitolato a Delio Bischi, l’uomo che ha ritrovato tante “macine di guado e con il quale chi scrive questa nota ebbe a suo tempo una fitta corrispondenza; Museo “situato in un locale del Chiostro dell’Abbazia di S. Michele Arcangelo”.

Presso il Museo, il 9 e il 10 luglio, si tiene un corso per la preparazione di acquerelli e tempere mentre il 16 e il 17 luglio si svolge il Corso per la tintura di lana, seta e cotone.

Massimo Baldini – Marco Fantuzzi – Museo dei Colori Naturali – Tel. 0722-80133.