Ecco l’Italia di quelli più ricchi


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Su quasi mille manager pubblici nel 2007, sono 22 quelli che hanno denunciato un reddito superiore al milione di euro. È quanto emerge dalle dichiarazioni dei redditi trasmesse al Parlamento. Si tratta dei redditi complessivi cumulati nell’arco del 2007. Primo della lista, Luca Cordero di Montezemolo, il presidente della Ferrari, con un reddito superiore ai 7,25 milioni di euro, più di quanto denunciato da Guarguaglini (3,64 milioni) e Poli (3,29 milioni) messi insieme. Al quarto posto, il primo fra i nomi meno noti: Emilio Zanetti, vice presidente di Sacbo, la società che gestisce l’aeroporto di Bergamo, ma presente anche in Ubi Banca, Banca popolare di Bergamo e Italcementi. Al quinto posto con 2,97 milioni, l’amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti. Per l’a.d. di Eni, Paolo Scaroni, 2,61 milioni che gli valgono la sesta posizione. Chiude la top ten, all’interno della quale rientrano anche Andrea Monorchio (Consap) e Alberto Maffei Alberti (Centro Agro alimentare Bologna), un altro manager Eni, Stefano Cao, e sempre nel gruppo Eni seguono Angelo Caridi (794.492 euro), Domenico Dispenza (1,32 milioni) e Angelo Taraborrelli (1,03 milioni). Fra le Autorità, il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, ha denunciato un reddito complessivo di 834.766 euro, seguito dal presidente della Consob, Lamberto Cardia (658.016), da quello dell’Agcom, Lamberto Calabrò (640.534 euro), e da quello dell’Autorità dell’Energia, Alessandro Ortis (532.088). Fra i manager delle principali società pubbliche non quotate, spiccano gli 1,08 milioni del presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, gli 1,49 milioni dell’a.d. di Poste Italiane, Massimo Sarmi (1,03 milioni vanno al presidente Vittorio Mincato), i 994.046 di Maurizio Cipolletta come presidente di Ferrovie dello Stato e i 964.980 euro che Maurizio Prato ha denunciato quando era alla guida di Alitalia.




500 mila famiglie “senza alcun lavoro”


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Rapporto ISTAT (un testo sul quale avremmo ancora modo di tornare); risulta, tra l’altro, che “mezzo milione di famiglie sono senza alcun lavoro “perché una famiglia su cinque non arriva con i conti in ordine alla fine del mese.
E ancora: il 6,3 % delle famiglie italiane, è “economicamente vulnerabile”.
Sulle famiglie italiane esistono ormai dati certi: sono 617.000 le famiglie in cui l’unico percettore di reddito è un dipendente part-time, che guadagna 700 euro al mese; sono 531.000 le famiglie “dove non è presente alcun occupato”;
Il tasso di disoccupazione è del 6,7%, contro una media UE del 7%; il tasso sale al 10% dei disoccupati fra gli stranieri.
Ancora qualche cifra di rilievo: abbiamo 18 milioni di occupati standard a tempo indeterminato; 2,6 milioni di occupati a tempo parziale e 2,8 milioni di occupati a termine.
Scrive sul “Corriere della Sera”, Lorenzo Salvia, a commento del Rapporto ISTAT 2008:
“Uomo, età compresa fra i 35 e i 54 anni, residente al Centro-Nord, diplomato, ex lavoratore stabile nel settore dell’industria, capo famiglia e quindi con più di una bocca da sfamare. Il «nuovo disoccupato» ha ancora più paura di quello vecchio. Perché non appartiene alla categoria dei sempre deboli come i precari, le donne, o i giovani del Sud. No, pensava di avercela fatta il «nuovo disoccupato», di essersi ritagliato un angolino tranquillo nella giungla del capitalismo: vive nella parte più ricca del Paese, è nel pieno dell’età lavorativa, ha pure conquistato un contratto a tempo indeterminato. E invece eccolo qui, di nuovo a cercar un posto …
Nel 2008 la crescita dei disoccupati (186 mila persone in più) ha superato quella degli occupati, più 183 mila. Non succedeva dal 1995. Il numero delle famiglie che non ha nemmeno un occupato ha sfondato la soglia del mezzo milione, passando da 464 mila a 531 mila. Di famiglie ce ne sono altre 617 mila che vivono con un solo reddito part time, più o meno 700 euro al mese. Ma per capire davvero cosa sta succedendo bisogna scendere più in profondità. Sale il numero dei disoccupati ma, soprattutto, cambia il motivo della disoccupazione. Rispetto all’anno precedente sono sì aumentati (più 13,8%) i lavoratori rimasti a spasso per il mancato rinnovo di un contratto a termine. Ma la crescita è molto più consistente (più 32%) per chi aveva un contratto a tempo indeterminato ed è stato licenziato. Come risultato, il tasso d’occupazione nella categoria padri, spesso gli unici a portare a casa lo stipendio, è sceso dall’ 83,3 all’82,7 per cento. E anche chi un lavoro ce l’ha ancora sta peggio di prima: sempre fra i padri aumentano i contratti part time (+17 mila) e crollano quelli a tempo indeterminato, meno 107 mila. Va meglio per le madri, con un tasso d’occupazione infinitamente più basso ma in leggero recupero, dal 49,5 al 50,4%, e solo grazie all’aumento del part time. La disoccupazione sale anche tra gli stranieri che vivono regolarmente nel nostro Paese: i senza lavoro sono 162 mila, il 10% del totale contro il 6,1% del 2005…”. Nuvoloni che oscurano un cielo già tendente al brutto. I dati sulla situazione economica delle famiglie erano stati raccolti dall’Istat alla fine del 2007, cioè prima dell’arrivo della crisi. Già allora una famiglia italiana su cinque era in difficoltà: il 10,4 per cento non era in grado di affrontare una spesa imprevista di 700 euro, il 5,5% si era trovato almeno una volta senza soldi per comprare da mangiare o per pagare il medico.




Stranieri in Italia sono sempre di più


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Sono molte le cause che fanno aumentare gli stranieri in Italia.
Ci rifacciamo ad un articolo  di Fiorenza Sarzanini sul “Corriere della Sera”, che si rifà ai “numeri” elaborati dal ministero degli Interni.
Ecco come stanno le cose:
“Nei primi quattro mesi di quest’ anno, il 38% per cento di coloro che hanno chiesto asilo in Italia ha ottenuto comunque un riconoscimento di protezione umanitaria”. Questi numeri “dimostrano una tendenza che non si ferma ma aumenta continuamente. La maggior parte di coloro che fanno domanda di protezione sono i migranti che attraversano il mare pur di raggiungere il nostro Paese, il resto passa via terra sfruttando le regole di Schengen. Tra loro molti minori di i8 anni, che viaggiano da soli, sempre più spesso senza una meta o familiari da raggiungere in Europa. La legge prevede che questi stranieri debbano essere identificati e tutelati.
Sono 6.324 le istanze depositate tra gennaio e aprile. In cima alla lista ci sono i nigeriani con 1.040 domande, subito dopo gli eritrei con 745 e poi i somali con 650. Ma il dato interessante riguarda i permessi accordati. Su 9.599 pratiche esaminate in questo primo periodo del 2009 (il numero tiene conto anche del pregresso) sono stati concessi 2.952 riconoscimenti, vale a dire il 37,29 per cento. Per avere un’idea dell’andamento relativo allo scorso anno, basti pensare che le domande pervenute erano state 31.097 e quelle esaminate 21.933. La protezione era stata concessa a ben 10.849 persone, con una media pari al 49,46 per cento.
A leggere i dati relativi a questi primi quattro mesi, si scopre che 559 persone (il 5,82 per cento) hanno ottenuto lo status di rifugiato, 2.393 (24,93 per cento) la protezione sussidiaria e 627 (6,53 per cento) quella umanitaria. Il quadro bene fotografa l’andamento dei flussi migratori perché evidenzia il tipo di persone che arriva in Italia. Il permesso di soggiorno per protezione umanitaria viene infatti rilasciato dalle Questure, «dietro raccomandazione della Commissione Centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato, quando – a seguito di esito negativo della domanda d’asilo – si riscontra che sarebbe comunque pericoloso per la persona un suo rientro nel suo Paese d’origine”.




Emergenza minori grave fra gli stranieri


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Abbiamo riferito di recente, riportandoci ad un ottimamente documentato articolo – sul “Corriere della Sera” – di Fiorenza Sarzanini di quali siano i motivi per i quali aumenta sempre di più il numero degli stranieri in Italia.
Ma c’è un punto, in questa situazione, particolarmente preoccupante e che può far parlare di una vera e propria emergenza minori.
Nella Relazione, sono gli stessi esperti del ministero dell’Interno a sottolineare quanto alta sia la percentuale di chi ha diritto a ottenere una forma di tutela. E ad evidenziare la necessità di individuare i minorenni che si mescolano ai gruppi di migranti che approdano sulle nostre coste. Anche in questo caso sono i numeri a fotografare la situazione. Due anni fa è stata diramata una direttiva per «diminuire il rischio di dispersione dei minori sul territorio, informarli adeguatamente sui loro diritti e sul loro inserimento in un percorso organizzato e protetto, riduzione dei tempi di attesa per la presentazione della domanda di protezione internazionale ». Ebbene, «nell’arco di pochissimi mesi si è passati da una presenza di minori già accolti nei progetti estremamente esigua e poco rilevante e cioè 31 minori presenti a marzo 2007, ad un totale di 295 segnalazioni pervenute dai territori, in seguito alle quali sono state occupate pressoché tutte le strutture preposte all’accoglienza dei minori soli da parte dei progetti territoriali».Anche in questo caso «una quota molto elevata rispetto alle complessive 295 segnalazioni pervenute nell’arco del 2007, è provenuta dalla regione Sicilia, in particolare dalle Prefetture e dai Comuni di Agrigento, Siracusa e Caltanissetta, in relazione alla presenza sempre più significativa di minori stranieri non accompagnati tra le persone sbarcate in Italia sulle coste siciliane». Del resto tra gennaio e agosto del 2008 sono arrivati 1.488 minori in Sicilia, 11 in Sardegna, 52 in Calabria e 5 in Puglia. Nonostante gli interventi, il rapporto evidenzia come l’operazione di inserimento e controllo sia risultata«particolarmente complessa, perché rivolta a ragazzi che, per molteplici ragioni, rimangono in condizione di irregolarità e sono caratterizzati da una forte mobilità sul territorio».




Gli italiani sono i più assenti d’Europa


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Si discute e si polemizza molto sul “tipo” di politici da mandare all’Europarlamento; ma su un punto sembrano tutti d’accordo e moltissimo insiste il centro-destra: eleggere europarlamentari che poi, alle sedute, e a votare, ci vadano con assiduità. Ma il solito e sempre ben documentato Gian Antonio Stella scrive in un suo “Editoriale”: “Dieci presenze su 131 sedute. Fu questo, secondo uno studio delle Acli, il ruolino di marcia di Silvio Berlusconi nel ruolo di parlamentare europeo. Assenteismo complessivo: 92,4%. Record assoluto. Nonostante non avesse, in quei due  anni dal 20 luglio 1999 al 20 giugno 2001, cariche di governo. Al secondo posto per sedute «bigiate» c’era il suo braccio destro Marcello Dell’Utri. Al terzo il co-fondatore del Pdl Gianfranco Fini.
Appare perciò bizzarro, diciamo così, che il presidente del consiglio si sia sbilanciato giorni fa nella seguente frase, finita ondine su YouTube: «Non accettiamo di vederci imporre dalla sinistra il metro d’azione nella nomina dei candidati, che molto spesso sono vecchi arnesi della politica di cui liberano il campo in Italia per mandarli in pensione in Europa, soltanto interessati al compenso e molto spesso assenteisti. Noi vogliamo rinnovare la nostra classe politica con persone che siano colte, preparate e che garantiscano la loro presenza a tutte le votazioni e che magari non siano maleodoranti e malvestite come altri personaggi che circolano nelle aule parlamentari candidati da certi partiti».
Sui “vecchi arnesi” lasciamo perdere: basti ricordare, tra tantissime altre, le candidature ieri di uomini come Alfredo Vito («mister Centomilapreferenze») e oggi del “volto nuovo” Clemente Mastella. Più che il nuovo che avanza, l’avanzo del vecchio, diceva una vecchia battuta. Ancora più “curioso” è però l’accenno agli assenteisti. Dicono infatti i dati ufficiali che nella legislatura europea ormai in chiusura i rappresentanti di Forza Italia sono stati, quanto a presenze, tra i peggiori in assoluto dell’intero continente. Fatto il rapporto tra i giorni di mandato effettivo (alcuni se ne sono usciti, altri sono subentrati…) e le sedute plenarie convocate in quel periodo, così che nessuno possa invocare scuse, emerge infatti che su 25 azzurri che si sono avvicendati a Strasburgo la più assidua (Eleonora Lo Curto) è al 125° posto e che soltanto 5 e cioè la stessa Lo Curto, Sebastiano Santarello (180°), Paolo Bartolozzi (235°), Mario Mauro (331°) e Antonio Tajani (385°) sono tra i primi 500 (cinquecento!) in classifica.
Gli altri venti sono molto, molto, molto sotto. Al punto che tranne Maddalena Calia (537°) e Gabriele Alberini (688°), tutti gli altri affondano oltre il 700° posto e di questi addirittura 14, vale a dire, il 56% del gruppo parlamentare, è tra le maglie nere oltre l’ottocentesima posizione. E sarebbero questi i modelli? Magari bastasse non essere maleodoranti e malvestiti…




Italia: non può più sopportare questi flussi


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Anzitutto, qualche cifra; che tra l’altro smentisce una sensazione piuttosto diffusa secondo la quale abbiamo flussi minori di immigrazione europea.
E’ vero il contrario.
Abbiamo 5milioni di stranieri (l’85% dei quali, regolari) con una media del 6,5% della popolazione; mentre la media europea è del 5%.
Tra di esse, 800mila sono minorenni (il 22%); metà dei quali nati in Italia.
A scuola, i ragazzi stranieri sono 600mila.
Le nazionalità più numerose sono i rumeni (780mila); seguiti dagli albanesi (440mila) e dai marocchini (400mila).
Dei permessi di soggiorno, ne abbiamo uno su tre è per motivi di famiglia e due per motivi di lavoro.
Nel 2002, c’erano state 12mila concessioni di cittadinanza; nel 2007, esse sono salite a 45mila.
In sintesi: negli ultimi sette anni, l’aumento medio annuo è stato di 364mila unità; negli ultimi due anni, di 500mila. Continuando con questo ritmo, la popolazione straniera raddoppierebbe ogni cinque anni.
“Avvenire” ha intervistato in merito, a cura di Giorgio Paolucci, il demografo Giancarlo Blangiardo, docente all’università di Milano Bicocca e responsabile del Settore statistica dell’ISMU (Iniziative e studi sulla multietnicità), gran conoscitore del «pianeta immigrazione» al quale ha dedicato diecine di studi e ricerche.
Ecco il testo dell’intervista:
Cosa ci mostrano gli occhiali del demografo?
Dicono che con 5 milioni di stranieri, di cui 4 milioni di regolari, siamo arrivati a livelli inimmaginabili fino a poco fa. E che se si continua con i ritmi del 2007 e 2008, che hanno registrato mezzo milione di ingressi all’anno, la popolazione straniera è destinata a raddoppiare ogni cinque anni. Con conseguenze importanti sul piano demografico, sociale e culturale, che non credo saremmo in grado di reggere.
È cambiata anche la composizione del ‘pianeta immigrazione’?
Più della metà proviene dall’Europa dell’Est, i romeni guidano la classifica delle nazionalità con 780mila residenti, seguiti dagli albanesi con 440mila, mentre i marocchini che fino a qualche tempo fa erano in testa ora sono al terzo posto. E in generale le provenienze africane stanno perdendo peso percentuale, anche se lo spazio che giornali e televisioni dedicano agli sbarchi sulle nostre coste induce molta gente a pensare il contrario.
In effetti la comunicazione mediatica enfatizza i fatti più clamorosi ma non sempre coglie le autentiche linee di tendenza…
Proprio così. Qualche esempio? L’aumento dei nuclei familiari: ormai su tre permessi di soggiorno, uno viene rilasciato per motivi di famiglia e due per lavoro, mentre negli anni Novanta il rapporto era di uno su quattro. Un altro esempio: i minorenni sono 800mila, il 22 per cento del totale, la metà dei quali è nata qui, e quindi quando arriva a scuola ha già cominciato un processo di integrazione linguistica e culturale.
Dunque, l’integrazione galoppa?
I segnali positivi non mancano, ma i numeri che citavo prima (un milione di nuovi ingressi nello spazio di due anni) esigono una grande capacità di governo. E forse qualche aggiustamento di tiro per il futuro. La forte crescita, specie nelle grandi aree urbane e al Nord, ha fatto emergere una ‘sindrome da accerchiamento’, non sempre motivata e spesso strumentalizzata a fini politici, ma con la quale si devono fare i conti, prima che la convivenza degeneri.
Il nostro Paese sarebbe in grado di fare a meno degli immigrati sul piano economico?
La loro funzionalità alle esigenze del mercato del lavoro, è fuori discussione, ma questo non deve diventare un refrain che giustifica iniezioni massicce di manodopera straniera che si rivelerebbero controproducenti, anche nei confronti degli immigrati che già risiedono tra noi. Nei prossimi anni il sistema Italia perderà una grande quantità di forza lavoro, soprattutto al Sud, in conseguenza della caduta del livello di fecondità delle popolazioni meridionali.
Gli stranieri salveranno l’Italia dal declino demografico?
Anche in questo campo, uno sguardo ravvicinato alle tendenze che si vanno affermando mette in crisi certi luoghi comuni consolidatisi nel tempo. Nel 2006 la popolazione straniera aveva un tasso di 2,5 figli per donna, nel 2008 si è scesi a quota 2,12. Le dinamiche della fecondità delle immigrate si muovono verso il basso, e in alcune città siamo già scesi sotto i livelli di ricambio generazionale, che è di due figli per donna.
I lavoratori stranieri sono in gran parte giovani: saranno decisivi per le sorti del sistema pensionistico?
È vero che contribuiscono ad arginare la crisi della nostra previdenza, ma non possono invertire la tendenza generale all’invecchiamento della popolazione, a meno di ingressi ancora più massicci nel mercato del lavoro, che peraltro (come ho detto prima) innescherebbero conseguenze sul piano della convivenza.




Ci sono tante spese anche per rimpatri


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Se non ricordiamo male una decina di anni fa il TAR del Piemonte diffuse un suo Rapporto sul “costo degli emigranti”. Ma da allora, calcoli globali non ce ne sono stati.
Qualche idea in merito però si può avere, adesso, scorrendo quanto ha reso noto la Questura di Roma.
Ne ha scritto a sufficiente, su “Repubblica”, Massimo Lugli e se non ce lo impedisse lo spazio, pubblicheremmo per intero il suo lucido articolo. Leggiamo insieme le parti salienti.
“Un milione e mezzo di euro in otto mesi. Una cifra da multinazionale, la spesa (calcolata per difetto in base al costo dei biglietti aerei e alle indennità di servizio pagate agli agenti) per rimpatriare un migliaio di stranieri “indesiderabili” dal 1° settembre al 27 aprile scorso. Un lavoro immane e, probabilmente, inutile, visto che gran parte degli extracomunitari, già sul volo che li riporta in patria sta pensando al modo di tornare in Italia il più in fretta possibile. Un bilancio, quello della sola Questura di Roma, che va moltiplicato per tutte le 103 province d’Italia…
Dall’inizio di settembre, la Questura ha organizzato il rimpatrio di 1.153 extracomunitari (o comunitari indesiderabili) di cui 784 hanno volato in aereo con la scorta di almeno due poliziotti e altri 369 (quelli che non destavano preoccupazione per eventuali colpi di testa o tentativi di resistenza a bordo) hanno viaggiato soli. Il gruppo più numeroso è stato quello dei tunisini (337 rimpatri, tutti sotto scorta con un impiego complessivo di 250 “angeli custodi”) seguiti a ruota dagli algerini (129 con un seguito degno di una delegazione diplomatica: 181 poliziotti) e dai nigeriani (soprattutto prostitute bloccate in strada: 58 persone su voli di rotta a cui bisogna aggiungere, con una spesa leggermente inferiore, le 113 imbarcate su un charter ministeriale per un totale complessivo di ben 153 agenti).
Nel complesso i poliziotti dell’Ufficio Immigrazione della Questura a cui è toccato questo noiosissimo servizio, sono stati 921. In casi di tragitti brevi, l’agente arriva in aeroporto, consegna il passeggero alla polizia locale e aspetta il prossimo volo per Roma. Ma se, come nel caso dei 31 brasiliani (quasi tutti transessuali), il volo è intercontinentale, si impone una notte di sosta e le spese crescono. In base ai nostri calcoli, oltre a un totale di circa un milione e 300 mila euro di biglietti aerei (le compagnie non concedono sconti alla Polizia) bisogna aggiungere almeno 200 mila euro di straordinari e indennità varie…
Ma oltre all’aspetto finanziario va considerato l’enorme impegno che coinvolge lo staff del questore Giuseppe Caruso e anche l’impiego di energie che potrebbero essere destinate al controllo del territorio. <Solo negli ultimi quattro mesi sono stati accompagnati nei nostri uffici di Via Teofilo Patini, ben 5.100 stranieri – spiega il vicequestore Maurizio Improta, dirigente dell’Ufficio immigrazione di San Vitale – di questi ne sono stati espulsi circa 2.000 mentre 365 sono stati arrestati per vari reati e 270 sono stati accompagnati al Centro identificazione ed espulsione di Ponte Galera…>.
<Le procedure sono estremamente complesse – spiega ancora Improta – perché tutti vanno identificati ma pochissimi hanno i documenti. Poi ci sono le numerosissime richieste di asilo politico. In questo caso, nell’attesa delle decisioni delle Commissioni, chi fa domanda viene ospitato nei sette CARA (centri accoglienza richiedenti asilo) da cui spesso e volentieri esce per trasformarsi in clandestino>. La norma che impone di trattenere per 30 giorni gli stranieri comporta vere e proprie maratone e ricorsi al giudice di pace visto che molti, oltre a buttare i passaporti, alterano le impronte digitali per evitare di essere identificati…”.




Non c’è il ricambio tra le generazioni


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E’ finito il “lusso del sogno”, scrive Pietro Calabrese; che ricorda con nostalgia il primo dopoguerra quando tutti volevano che i loro figli stessero meglio mentre oggi “siamo vecchi ed egoisti”.
Leggiamo Calabresi, che l’altra sera era a cena a casa da amici: “Cinque coppie, tre regolarmente sposate, due conviventi da molti anni. Età delle donne, tra i 45 e i 55. Ci accorgiamo che nessuna di loro è madre. Tutte e cinque non hanno mai avuto figli. Tre degli uomini presenti, invece, avevano avuto uno o due figli da precedenti rapporti.
Le donne non accampano scuse. “Non sono venuti”, “ci abbiamo provato ma senza troppa convinzione”, “è stata una libera scelta, di cui forse oggi un poco mi pento”, “no, non sono affatto pentita: se vedo le mie amiche e i problemi che hanno con i loro figli, non sono pentita affatto”.
Confesso di avere provato disagio in mezzo a questo rifiuto di maternità più o meno voluto. Naturalmente, da un punto di vista di coscienza individuale, e non di demografia, mi sono sentito come chi origlia qualcosa di immorale. Un vecchio, antico, collaudato sistema di ricambio di generazioni è ormai saltato. Non so con che tipo di società lo sostituiremo, ma quello che vedo intorno non mi piace affatto. Non credo nemmeno sia del tutto vera la storia che i figli costano, che uno è già difficile da tirare su, due non possiamo proprio permettercelo. Riconosco che c’è molta realtà in questo ragionamento, e una buona dose di ragione, però ho sempre pensato che i figli sono ricchezza, vita, gioia, nel presente, e soprattutto pensando al futuro.
Ma il nostro, si sa, è ormai un Paese per vecchi. “Le statistiche parlano chiaro – come tutti ormai sanno – e sono intollerabili nella loro metodicità”, gli anziani sono raddoppiati negli ultimi 50 anni, gli ultraottantenni addirittura quadruplicati. Siamo sempre più anziani, più longevi, più soggetti a malattie invalidanti.
Non credete alla storiella dei novantenni arzilli che sposano le rumene. I novantenni sono persone al tramonto più ricche di acciacchi che di ricordi. Lo sanno bene quelli che hanno la fortuna (o la disgrazia, dipende) di avere genitori ultraottantenni a cui pensare.
Questo cambiamento di status del Paese significa per prima cosa che i giovani dovranno lavorare sempre di più, per pagare le nostre pensioni. Molto più di quanto abbiamo dovuto fare noi. E significa anche che per i nostri figli non ci saranno pensioni, oppure godranno di rendite molto più basse rispetto alle nostre. La storia dei baby pensionati, che tanto ci intrigava negli anni Settanta e Ottanta, sarà una favola da raccontare, una divertente anomalia tra le tante del “Belpaese”. “Insomma, scrive Calabresi avviandosi alla conclusione, lasceremo un’Italia più povera, più vecchia, più malata. Così come lasciamo un pianeta più inquinato, più sofferente, con un futuro più incerto di quello che ci hanno lasciato i nostri padri. Per la mia generazione, e per quella immediatamente successiva, non è una cosa di cui vantarsi. Abbiamo ereditato uno Stato squassato dalla guerra, povero, ma pieno di vitalità e voglia di riscatto…”
“Adesso invece, in questo Paese con pochi bambini e molti anziani, tutti vogliono stare sempre più comodi. Ma per loro stessi, non per la generazione immediatamente successiva. Figuriamoci per quelle ancora più lontane”.




Se ne sono accorti: Roma è la più grande


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Finalmente se ne sono accorti che Roma è la più “grande” città d’Europa. Anche in termini di mere dimensioni quantitative. Perché si estende su 1.290 chilometri quadrati, a fronte dei 130 di Torino, dei 117 di Napoli, degli 85 di Cagliari. Insomma Roma è pari a 9 capoluoghi di Regione Italiani!
Non solo: Roma ha la più alta concentrazione – a livello mondiale! – di beni storici e architettonici.
E’ anche il più grande Comune “costiero” d’Europa; è l’unica città al mondo con uno Stato al suo interno; e che Stato: il Vaticano!
Conta ancora molti altri primati, ma uno soprattutto va sottolineato: con 517 Kmq; Roma è anche il Comune “agricolo” più vasto di tutta l’Europa.
Né va trascurato il fatto che è anche la città italiana con il maggior numero di stranieri: quasi 400mila.
E 300mila sono i pendolari, che lavorano in città ma risiedono altrove; e vi “sbarcano” ogni giorno – tra turisti e visitatori a vario titolo – oltre mezzo milione di persone.
Ovviamente, tutti (o quasi) elogiano la nuova situazione che sta per crearsi, con la istituzione di una “Capitale internazionale”.
Ma allora, diciamo noi, non fu giusto ed anzi non fu straordinariamente lungimirante l’istituzione del “Governatorato di Roma” tenendo conto che già allora a Roma vi erano una ventina di organismi internazionali?




Ecco perché c’è paura dell’ “altro”


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Quelli che, a sinistra, con toni da “denuncia morale” sempre più spesso contestano esagerazioni e sfruttamenti pretestuosi delle polemiche sugli stranieri, evidentemente non leggono le cronache quotidiane. Ogni giorno, infatti, chiunque può leggere notizie precise, con tanto di nome e cognome.

Facciamo anche noi, un rapido giro d’orizzonte:

E ancora: segnaliamo i casi di malavita straniera come da cronache di questi giorni: