Nel senese il primo "Museo del Tartufo"


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Sta nascendo a S. Giovanni d’Asso, in provincia di Siena, il “Museo del Tartufo”, primo in Italia e in tutta Europa. Lo promuove AssoTartufi, anche nella scorta di varie “postazioni interattive” e di due tartufaie sperimentali.

“Passateci la metafora: AssoTartufi è nata proprio come nasce il tartufo.

Frutto fortuito e quanto mai spontaneo di una coincidenza di condizioni: ambientali, climatiche, naturali e, pur in minima parte, favorite dall’uomo.

E’ l’uomo, infatti, che alle soglie del Terzo millennio si adopera per mantenere integre le “tartufaie”, ovvero quelle aree del territorio storicamente più propizie per la nascita del tartufo; è, per altri versi, la natura che pensa al resto: a far sì che in determinati periodi dell’anno un mix irripetibile di umidità, precipitazioni atmosferiche, esposizione al sole (ed alla luna) renda possibile il miracolo del tubero.

Ebbene, AssoTartufi è nata proprio seguendo questo percorso: sono uomini e donne coloro che hanno deciso di valorizzare quello che la natura continua a restituire, ignara di modernità e globalizzazione, in quel particolarissimo habitat chiamato Crete Senesi. Un fortuito mix di concomitanze ha fatto sì che un gruppo di persone individuassero nelle nuove tecnologie, e nelle potenzialità comunicative di internet, il nuovo, ideale condimento che permettesse non solo di far apprezzare il tartufo delle Crete ad una platea ben più vasta dell’attuale, ma soprattutto di contribuire alla sua sopravvivenza, in prospettiva: al pari dell’intervento dell’uomo in tartufaia, e del miracolo naturale che qui ogni anno si ripete. AssoTartufi è il tuo nuovo compagno di cerca. E adesso, vieni con noi in tartufaia…”.

Per ulteriori informazioni: www.assotartufi.it.




Parchi e dintorni - Le tecniche dell'ISSI


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L’ISSI, Istituto Sviluppo Sostenibile Italia nell’ambito delle sue attività di consulenza nel settore tecnico, della progettazione e della consulenza ha predisposto dei progetti tipo per i Parchi riguardanti la costituzione del Marchio ambientale del parco per le attività turistiche ricettive; l’uso razionale dell’energia e impiego delle fonti rinnovabili ; l’architettura bioecologica; progetti informatici di catalogazione di dati, rappresentazione e informazione basati su sistemi informativi geografici (gis).

“Iniziative per lo sviluppo sostenibile nei parchi” è l’argomento del Seminario nazionale organizzato da ISSI, Istituto Sviluppo Sostenibile Italia nel Novembre 2002 a Roma assieme a Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali e ANAB – Associazione Nazionale Architettura Bioecologica

Sono intervenuti: Matteo Fusilli – Presidente di Federparchi, Edo Ronchi Presidente dell’ISSI, Giancarlo Allen – Presidente dell’ANAB, Paolo Foglia su Turismo ecologico nelle aree protette, Anna Parasacchi: Il marchio del Parco quale certificazione ambientale delle strutture ricettive turistiche, Giampiero Sammuri: Conservazione e turismo in un Parco Regionale, Sergio Los: Architettura bioclimatica e valorizzazione delle culture locali, Giuseppe Campagnari: Progetto carta di qualità delle strutture in un Parco Nazionale, Patricia Ferro: L’integrazione delle tecnologie solari negli edifici nei parchi Riccardo Battisti: Utilizzo di sistemi alimentati da fonti energetiche rinnovabili in aree protette Francesco Gardin: Utilizzo di un modello informatico tridimensionale per il controllo del territorio e visite virtuali nei Parchi.

Sulla base del seminario, Federparchi ed ISSI hanno stipulato un protocollo di collaborazione che prevede dì costituire un Osservatorio sulle iniziative per uno sviluppo sostenibile nei parchi – con sede presso l’ISSI – con lo scopo di monitorare e promuovere le buone pratiche e i progetti più interessanti e innovativi realizzati nei parchi; di realizzare almeno una volta l’anno un seminario di bilancio e verifica relativa allo sviluppo sostenibile nei parchi; di svolgere attività di formazione e di aggiornamento per dirigenti e quadri dei parchi. Federparchi curerà il coinvolgimento dei propri associati; di attivare e assicurare supporto tecnico a progetti nei settori affrontati dal citato seminario nazionale del 19 novembre 2002 anche con iniziative di informazione, divulgazione e partecipazione.

ISSI = (vedi Sito Internet: www.issi.it ) ha pubblicato di recente una interessante “Guida all’elettrodomestico ecologico”.




Alle Scuderie del Quirinale


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Sino al 2 maggio prossimo, alle Scuderie del Quirinale (Roma, via XXIV Maggio, 16):

“Velazquez, Bernini, Luca Giordano – le corti del barocco”

La rassegna si tiene a cura dello storico dell’arte spagnolo, Fernando Checa Cremades.

La mostra individua e racconta le caratteristiche comuni del linguaggio figurativo della “società cortigiana” nella Europa della seconda metà del Seicento. Gli ambienti rappresentativi di quest’epoca sono la Roma papale di Innocenzo X (1644-1665) e Alessandro VII (1655-1667), le corti asburgiche di Madrid e Vienna con Filippo IV (1650-1665) e Carlo II (1661-1700), la corte di Luigi XIV (1643-1715) a Versailles. Alla creazione e alla diffusione di uno stile, e di quello che Fernando Checa considera un linguaggio comune tra le corti europee, contribuirono – come la mostra documenta con ricchezza – i viaggi degli artisti di corte, il gusto per il collezionismo dei grandi personaggi, le donazione di opere d’arte a fini diplomatici, i grandi arazzi celebrativi e, in generale, la comune passione per l’arte.

Il percorso espositivo comprende oltre 170 opere provenienti da 77 enti prestatori tra musei italiani ed esteri e collezioni pubbliche e private. Filo conduttore dell’esposizione saranno i celebrati artisti di corte – con le opere di Velazquez, di Benini e di Luca Giordano oltre che di Maratta, Baciccio, padre Pozzo e di grandi artisti spagnoli come Juan Carreno de Miranda e Bautista Martinez del Mazo (per citarne solo alcuni). Sarà possibile, infatti, ammirare capolavori quali le grandi tele di Luca Giordano realizzate per la corte spagnola, oggi conservate al Patrimonio Nacional di Madrid; il “Ritratto dell’lnfanta Margherita in abito rosa” di Velàzquez, proveniente dal Kunsthistorisches Museum di Vienna; il “Ritratto della Regina Marianna d’Austria”, “El Buffòn Don Diego de Acedo, ‘el primo”, opere dello stesso Velazquez dalle collezioni del Prado; “Filippo IV” dalla National Gallery di Londra, “San Giacomo il Grande nella battaglia di Clavijo”, di Juan Carreno de Miranda dal Museum of Fine Art di Budapest e tanti altri. Tutte opere – la maggior parte delle quali mai esposte a Roma – che andavano a costituire, nel loro insieme, il grande e complesso sistema decorativo dei palazzi del potere barocco di cui avremo modo di vedere non solo i quadri e le sculture, ma anche le acqueforti, le medaglie e i ritratti equestri, le incisioni, i disegni relativi alle feste e alle celebrazioni pubbliche, i famosi arazzi delle Manifactures des Gobelins e celebri pezzi d’arredo.

Particolarmente sorprendente sarà, infine, la sezione dedicata alla Corte Pontificia, integrata, rispetto al progetto originale, dal professor Claudio Strinati, Soprintendente Speciale per il Polo Museale di Roma con la collaborazione dell’architetto Francesco Petrucci, Conservatore del Palazzo Chigi in Ariccia. La mostra dedica, infatti, una sezione specifica all’opera multiforme dell’ultimo Bernini, artista fondamentalmente pubblico, legato alla corte di papa Innocenzo X e alla produzione di opere urbanistiche di carattere scenografico, ma, allo stesso tempo, con una forte vena intimista qui messa a fuoco attraverso una serie di lavori – quasi del tutto sconosciuti – di carattere profondamente spirituale.

Accanto ai tre bozzetti in terracotta e ad un olio su carta quali studi preliminari alla realizzazione della Fontana dell’artista: il “Christo Ligato”, mai esposto, due sorprendenti tele rappresentanti il “Christus Patiens” ed il Cristo Deposto, il bellissimo Crocifisso dell’Escurial ed il bronzo, inedito anch’esso, del “Cristo morto coronato di spine”, oltre ai due busti del Salvatore conservati rispettivamente nella cattedrale di Sées (Francia) e nel convento di San Sebastiano Fuori le Mura a Roma, quest’ultimo solo recentemente attribuito e riconosciuto come ultima opera dell’artista ormai ottantenne.

Catalogo Skira. Info: 06.696270 – Per l’Ufficio Stampa: Piergiorgio Paris - Azienda Speciale Palaexpo – Scuderie del Quirinale – Tel. +390648941206

E-mail: p.paris@palazzoesposizioni.it Francesca Martinotti con la collaborazione di Paola Sarcina

L’Agenzia – risorse per la comunicazione Tel. +3906 80692424 – Fax +39 06 80692473

E-mail: p.sarcina@lagenzia.it




Torna affascinante il "rito del FAI"


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Sono molti, ormai, a definirlo come “l’evento” più interessante della primavera; ed effettivamente, dopo 12 anni che si “celebra” quella del Fondo Ambiente Italia (FAI) è una delle iniziative che incontra un successo crescente. E’ un “rito” quello curato con tanto impegno dalla presidente, Giulia Crespi, crescente velocemente, come ricorda su “L’Espresso”, Lia Quilici:

Nel 1993 furono aperti 50 monumenti in 30 città per 30 mila visitatori; nel 2003 i monumenti sono stati 357 in 180 città e i visitatori 370 mila. Ed è un rito che ha voluto anche darsi un manifesto dove si considera «l’esperienza personale di ciascun individuo con la natura e con le migliori opere dell’uomo il veicolo essenziale per l’educazione al gusto, all’armonia, al riconoscimento della bellezza». Forse è per questa attenzione misurata al bello che gli appuntamenti del Fai sfuggono in genere a quella corsa affannosa e un pò cieca a visitare tutto che contraddistingue il turismo culturale di massa.

C’è infatti tempo dilatato e gusto delle cose piane, in questo dodicesimo appuntamento di sabato 20 e domenica 21 marzo, che apre 380 siti in 196 città, partendo proprio dalla riproposta di una tradizionale pausa anglosassone. Da Alassio a Bordighera, Portofino, Genova si potranno visitare i luoghi (chiese anglicane, tennis club, biblioteche) dove la nutrita colonia inglese che abitò la regione tra le due guerre mondiali riprodusse le lente abitudini della madre patria, con l’ora del tè e la lettura del “Times”. E dove non c’è documentazione soccorre l’immaginazione. Partendo da Villa Saluzzo Mongiardini di Genova, dove alloggiò Byron, ci si potrà inoltrare in una suggestiva passeggiata che lo stesso Byron o Dickens «potrebbero aver fatto».

Ogni angolo d’Italia avrà, come sempre, il suo gioiello da riscoprire. Si va dagli itinerari “acquatici” di Milano a quelli archeologici etruschi e romani del Lazio, dall’apertura straordinaria dell’area industriale ex-Gaslini di Bari a quella del cinquecentesco Forte San Salvatore a Messina, fino a quella, inaspettata perché fuori dai confini nazionali, del Santuario della Madonna di Castagnevizza in Slovenia, dove sono sepolti i Borboni morti in esilio. Il comune di Tirano presso Sondrio rivivrà l’apertura dell’intero borgo e di 12 monumenti….”.

(P.R.)




Unico "evento" nel Castello Estense


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Nel Castello Estense (Ferrara) in un solo grande evento: Il nuovo percorso di visita – Il Castello per la città / La mostra: una Corte nel Rinascimento / Il Camerino di Alabastro – Antonio Lombardo e la scultura all’antica. Con lo stesso biglietto, valido due giorni, è possibile visitare: La Pinacoteca Nazionale di Ferrara a Palazzo dei Diamanti; i possessori del biglietto hanno diritto alla tariffa ridotta per visitare Palazzo Schifanoia, La Palazzina di Marfisa e Il Museo della Cattedrale.




L'ora di "Itinerarte" nei Castelli romani


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DIFFUSAMENTEMUSEO: “L’uomo oggi vive profondi squilibri tra fisicità, pensiero e affettività: è necessario quindi ristabilire nuovi equilibri tra queste diverse componenti.

La cultura contemporanea, nel mettere in evidenza la dissoluzione delle vecchie identità e il profondo mutamento antropologico in corso, è molto lontana dall’affermazione di un’utopia neo umanistica. Essa non può abbandonare tuttavia, il tentativo di riallacciare i possibili mondi futuri ad elementi di civiltà ancora primari e vitali”.

Queste affermazioni tratte da DIFFUSAMENTEMUSEO, programma elaborato da Francesco Pernice, indica la necessità di un rapporto nuovo tra arte e territorio: è da ripensare per l’artista un ruolo di partecipazione attiva alle dinamiche sociali e per l’arte la possibilità di riposizionarsi a fianco della vita.

Nato da un progetto dell’associazione Novaidea, itinerarte si prefigge di valorizzare le realtà artistiche nel territorio dei Castelli romani e di creare una rete che unisca coloro che sono impegnati nelle sperimentazione artistica, portando alla ribalta pittori, scultori e artigiani locali. Nomi emersi grazie a uno “screening” preliminare effettuato su artisti, strutture espositive e laboratori portati avanti dagli studenti degli istituti d’arte e dei licei artistici del territorio laziale sotto la guida di maestri di rilievo.

Un’iniziativa che si concretizzerà in momenti espositivi e nell’istituzione di un marchio di qualità che consentirà la nascita di un percorso artistico-museale diffuso. Le realtà che emergeranno da questo “censimento” verranno poi inserite in rete mediante un portale web.

Associazione NOVAIDEA - ITINERARTE & Castelli romani
Sede operativa: Via Acqua Acetosa, 79/B – 00043 Ciampino Tel: 3397620232




"Castelli d'Europa"


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E’ Silvia C. Doria che “lancia” in questi giorni presso decine di migliaia di persone la nuova iniziativa della “De Agostani”. Un’iniziativa che chi scrive auspicava da anni, perché i Castelli d’Europa sono davvero la migliore – diremmo la più alta, la più bella, la più “nobile”- carta da visita della nostra Europa; o meglio dell’Europa come la intendiamo noi, alla luce della sua Storia e della sua Cultura.

E la Storia e la Cultura d’Europa sono soprattutto lì;”stanno” nelle pietre dei suoi Castelli.

Seguiremo con cura attenta questa pubblicazione; torneremo a commentarla e a scriverne adeguatamente queste nostre “pagine” telematiche. Ma intanto siamo lieti di annunciarla mentre si comincia appena a parlare presso il pubblico più vasto di “Misteri, storie e leggende, scritte nella pietra”. (PR)

Per ulteriori informazioni e per chiedere le “prime 30 schede” (che sono in diffusione, in vendita solo per corrispondenza) rivolgersi:




L'insuperabile libro di Castelnuovo - I "saperi" antichi dei maestri del vetro


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Le Cattedrali non sarebbero così belle, così affascinanti e non “incanterebbero” una generazione dopo l’altra – da secoli! – se non avessero le loro vetrate.

Per saperne di più ci rifacciamo ad un’intera pagina, comparsa quasi dieci anni fa su “Il Sole 24 Ore” (13 novembre 1994) a cura di Enrico Castelnuovo e rimasta come “approfondimento” eccellente di questo argomento.

Il titolo del lungo articolo, era: “Mercanti e Cavalieri «in vitro»” si riferiva al monumentale studio scritto da Castelnuovo, a conclusione di un quarantennio di ricerche e studi suoi in merito, comparso nelle Edizioni Einaudi con il titolo “Vetrate medievali. Officine tecniche maestri” (Torino – pgg.424 – lire 120.000).

Ed ecco riprendiamo per intero l’articolo di Enrico Castelnuovo:

Se entriamo nella cattedrale di Chartres, che ha conservato quasi per intero la sua decorazione vitrea duecentesca , questa varietà di personaggi e di ruoli ci verrà. testimoniata dalle vetrate. Nelle finestre basse, dove le vite dei santi e le pie leggende si svolgono lungo tutto l’involucro dell’edificio, troviamo le rappresentazioni di lavoratori, artigiani commercianti intenti alle loro attività. Le immagini dei panettieri e dei mercanti di stoffe ritornano in ben cinque vetrate, quelle dei cambiavalute in quattro; sono poi rappresentati conciatori, muratori, acquaioli mercanti di generi alimentari, calzolai, armaioli, macellai, pescivendoli, pellicciai, tessitori, taglia pietre e scultori, carpentieri, falegnami, bottai, vignaioli, mercanti di vino, speziali, carradori, maniscalchi, merciai, farmacisti, pellai. Anche un singolo commerciante, un tale Gaufridus, appare con i membri della sua famiglia come donatore di due finestre alte, e inalbera le insegne dei mercanti di calze come gli aristocratici fanno con i blasoni. I componenti dei vari mestieri e delle varie professioni organizzati in corporazioni e confraternite avrebbero commissionato molte delle splendide finestre della cattedrale, il grandioso edificio al centro dello città. La ripartizione numerica delle quarantaquattro vetrate che furono offerte a Notre-Dame con le immagini di artigiani e commercianti al lavoro indica d’altra parte il carattere poco evoluto dell’economia della città: si tratta prevalentemente di rappresentazioni di piccoli mestieri, di attività artigianali o commerciali di ambito ristretto.

Se non proprio tutti gli abitanti, come vorrebbero le leggende romantiche, si è a lungo ritenuto che almeno tutti i gruppi di un qualche peso sociale, tutte le organizzazioni in cui erano riunite le forze attive della città abbiano contribuito a loro spese a decorare il tempio, che non apparteneva solo al vescovo e al capitolo dei canonici, ma che, dopo la ricostruzione seguita all’incendio del 1194, e grazie all’impegno economico richiesto ai cittadini, doveva essere percepito come un autentico monumento municipale, dove si pregava, ci si incontrava, si commerciava, si stendevano atti di compravendita, si visitavano le sacre reliquie.

Custodite nel gigantesco scrigno della cattedrale queste erano l’oggetto dei frequenti pellegrinaggi che rendevano noto, anche molto lontano, il nome della città, e aiutavano sostanzialmente lo sviluppo delle fiere che si tenevano quattro volte l’anno nei giorni delle feste della Vergine. I corpi di mestiere avrebbero ornato la cattedrale non solo perché spinti da pietà religiosa, non solo per mettere le loro attività sotto la diretta protezione di un santo patrono di cui la vetrata raccontava le gesta, ma perché la cattedrale era per eccellenza, e non solo simbolicamente, l’edificio pubblico della città. Ci sarebbe stato in tutto questo un desiderio di autoaffermazione e di visibilità, lo stesso desiderio che faceva partecipare allo sforzo il clero, la nobiltà, la corte.

Ma esistevano a Chartres corpi di mestiere organizzati all’inizio del Duecento? Ed è verosimile che essi abbiano avuto la forza economica e l’autorità sociale per intervenire in una misura tanto grande alla decorazione della cattedrale? E che volontariamente abbiano partecipato accanto ai nobili e agli ecclesiastici a questa impresa? Sono queste le domande poste da una recente ricerca che ha messo in rilievo i forti contrasti sociali esistenti a Chartres nel primo Duecento. Erano avvenuti scontri anche cruenti, e l’assenza di precise notizie sull’esistenza in quel tempo nella città di corporazioni artigiane e di confraternite a esse legate ha spinto a concludere che la rappresentazione dei gruppi artigiani al lavoro poteva eventualmente riguardare solo coloro che svolgevano un’attività all’interno del recinto del cloìtre Notre-Dame ed erano sotto la diretta dipendenza del canonici. Gli ispiratori e anche i finanziatori di queste vetrate dovettero quindi essere con molta probabilità gli stessi canonici interessati a diffondere un’immagine di concordia sociale.

Il problema non è risolvibile con certezza in un senso o in un altro, anche se la soluzione proposta nella ricerca di Jane W. Williams sembra molto sofisticata e poco documentabile, tanto più che a Chartres le vetrate con rappresentazioni di artigiani al lavoro sono situate in diverse zone della cattedrale e a diverse altezze (finestre basse, delle vetrate laterali, finestre alte della navata e dell’abside), sono state eseguite in tempi diversi e possono dunque avere avuto origini e committenze diverse. D’altra parte gli urti tra gruppi popolari e gerarchie ecclesiastiche erano all’ordine del giorno nelle città tra XII e XIII secolo, e questo non ha certo impedito la partecipazione dei cittadini alle grandi imprese costruttive. Il fatto invece che in precedenza rappresentazioni di artigiani al lavoro fossero state utilizzate nella cattedrale di Piacenza per marcare le colonne e i pilastri offerti dalle corporazioni di, mestiere, e che nel corso del XIII secolo analoghe ,rappresentazioni si presentino in altre cattedrali francesi, da Bourges a Le Mans, ad Amiens, a Tours, a Rouen, e che infine questi esempi siano stati seguiti nel primo Trecento fuori di Francia, nella nuova e grande collegiata di una città dalle molte attività manifatturiere e commerciali come Friburgo, o in Inghilterra a York, fa pensare che queste rappresentazioni attestino veramente l’entrata di nuovi gruppi sociali nell’,orizzonte della committenza.

Nelle vetrate offerte dai grandi del regno mancano quelle scene di vita quotidiana che fanno delle vetrate «borghesi» delle navate laterali e del coro. una vera summa delle attività artigiane e mercantili del Duecento e un repertorio unico di notazioni e di rappresentazioni concrete, troviamo per contro rappresentanti, ma anche in questo caso in modo del tutto innovatore, i grandi protagonisti di un periodo assai movimentato della storia di Francia, quello che vide gli ultimi anni di Filippo Augusto, il breve, regno di Luigi VIII (1223-28), la reggenza di Bianca di Castiglia, la giovinezza di San Luigi.

Come nel caso delle figurazioni delle attività artigianali nelle finestre delle navate laterali, le rappresentazioni dei donatori danno luogo a straordinarie novità iconografiche. Per la prima volta in una, cattedrale i blasoni dei donatori sono presenti con tanta frequenza, combinati con episodi e personaggi della storia sacra; per la prima volta un gruppo di donatori si fa rappresentare dentro una chiesa a cavallo e in armi. Le rose che sovrastano le finestre a doppie luci del coro ospitano una parata di sette cavalieri attorno. all’immagine del futuro Luigi VIII, rappresentato sopra una finestra della parete nord ancora senza corona, quindi prima della sua accessione al trono (1223).

Un’altra aristocratica, schiera di donatori si incontra nelle vetrate alte del transetto, e anche qui i motivi dell’autoesaltazione e della legittimazione attraverso le immagini sono presenti. Ancora una volta appaiono i grandi ufficiali del regno come Jean Clémerit maresciallo di Francia, i massimi feudatari come Thibault VI di Champagne, Philippe de Boulogne, Pierre Mauclerc. La loro storia si interseca, si sovrappone, si unisce e si differenzia con quella del re Luigi VIII e della regina Bianca di Castiglia, mentre le loro scelte, le loro posizioni mutano e si trasformano.

Prendiamo il caso di Pierre de Dreux, che, discendente da Luigi VI e quindi legato da vincoli di stretta parentela con la famiglia reale, era diventato duca di Bretagna nel 1212, grazie al matrimonio con Alix de Thouars. I due sposi avevano, dato prova di una straordinaria munificenza verso la cattedrale, e forse erano stati committenti della decorazione plastica del grande portale del transetto sud; di certo avevano donato la grande rosa meridionale – la rosa dell’ Apocalisse – e le cinque grandi finestre della claire-voie sottostante, ove troneggia la Vergine col Bambino tra i quattro profeti maggiori che reggono sulle spalle gli evangelisti, e appaiono, con i loro stemmi, quattro membri della famiglia di Dreux-Bretagna. La datazione di questo insieme può essere fissata tra il 1219 e il 1220 all’incirca – Alix de Thouars che appare come donatrice della vetrata muore nel 1221, i suoi figli Jean e Jolande nascono rispettivamente nel 1217 e nel 1218 e sono rappresentanti come bambini piccoli, mentre non vi appare l’ultimogenito Artus nato nel 1220. Di fronte a questa, a chiudere l’alta parete del transetto nord sta la rosa nord, dedicata alla Vergine, che, con le relative finestre della., claire-voie, è una donazione reale segnata dai gigli di Francia e dai castelli di Castiglia, la patria della regina Bianca.

Le vicende di tutti i donatori sono strettamente, intrecciate dalle comuni imprese militari, specie contro gli albigesi, fino a che1 dopo la prematura morte di Luigi VIII (1226), giungono a una svolta conflittuale. Durante la reggenza di Bianca di Castiglia, Maùclerc sarà infatti uno dei capi della coalizione di feudatari che cerca di opporsi .al potere della reggente. Accanto a lui stavano Thibault de Champagne e Philippe de Boulogne, altri munifici mecenati della cattedrale. La coalizione fu spezzata proprio da Jean Clément, maresciallo di Francia, che in un’altra vetrata è rappresentato mentre riceve da San Dionigi l’orifiamma.

Non abbiamo elementi certi per. datare ad annum queste vetrate, e tutto porta a credere che esse siano state eseguite prima della morte del re e della rivolta dei baroni; quando la loro lealtà alla dinastia era ancora indiscussa. Certo la rosa nord, con l’esaltazione dell’istituto monarchico attraversò la presenza dei dodici re di Giuda antenati delta Vergine e delle alte figure dei re e dei sacerdoti di Israele (Melchisedec, Davide, Salomone, Aronne) che accompagnano la figura di Sant’Anna nella claire-voie e incombono sulle immagini dei re sconfitti e idolatri rappresentati sotto di loro, ha avuto un significato politico preciso. Sia che, eseguita quando era vivo Luigi VIII, volesse costituire il primo manifesto dell’ideologia regia dei capetingi e ricordare ancora una volta le vittorie sugli eretici, sia che – realizzata al tempo della reggenza di Bianca di Castiglia – abbia voluto suggellare la sconfitta dei baroni e contrapporsi alla rosa Dreux di fronte.

Le donazioni dei canonici membri del capitolo, rappresentati in ginocchio davanti alla Vergine, patrona di Chartres, come il canonico Hemi Noblet, e di vescovi come Regnault de Mouçon, sono assai meno numerose di quelle della borghesia e della nobiltà: un calcolo condotto sulle vetrate che portano chiaramente traccia dell’identità dei donatori fa ammontare a sedici le donazioni ecclesiastiche, a quarantaquattro quelle dei re e dei. signori, I a quarantadue quelle degli artigiani e mercanti.

Quanto alla disposizione e alla ripartizione delle vetrate, essa ubbidisce alle gerarchie sociali: generalmente in basso, nelle finestre delle navate laterali e del deambulatorio, le vetrate degli artigiani in alto, quelle degli ecclesiastici e dei nobili, in posizioni privilegiate, come le facciate del transetto o le campate del coro che sovrastavano gli stalli dei canonici, queste ultime. Il tutto con parecchie eccezioni. Nelle finestre alte si trovano in gran numero anche vetrate donate dalle corporazioni più ricche, come quelle dei panettieri o dei cambiavalute mentre vetrate di donatori ecclesiastici, possono situarsi in basso, a un posto d’onore però, al centro della cappella absidale.

Una partecipazione sociale tanto diffusa e intensa alla decorazione della cattedrale poté essere facilitata a Chartres dalle solidarietà di interessi tra il vescovo, i canonici e le forze borghesi che si appoggiavano al capitolo per sottrarsi alla tutela del conte, e si trova anche a Bourges, a Le Mans o a Rouen, ma manca in altre occasioni, a Lione o a Reims, dove forti erano i contrasti o totale era la supremazia del vescovo.

Abbiamo altri casi dove l’iniziativa è più particolare e privata. La volontà di un potente, religioso o laico, può essere all’origine della decorazione di un intero edificio, di una chiesa abbaziale come di una cappella palatina. È il caso celèbre della vetrate di Suger a Saint-Denis. Anche qui, come e prima che a Chartres, la volontà di autorappresentazione e di autoperpetuazione costituisce una motivazione potente. L’abate si fa ritrarre nelle vetrate della chiesa così come iscrive” il suo nome sugli altari, sui portali, nelle formule di consacrazione. Abbiamo cercato di comprendere quali ragioni profonde abbiano spinto Suger a dare una spiccata preferenza alla vetrata. Una volta che il prestigio dei prodotti di questa tecnica si fu affermato nelle coscienze e nell’immaginario degli uomini del XII e del XIII secolo, la vetrata divenne una forma artistica particolarmente ricercata e i vari detentori del potere e della ricchezza gareggiarono nel commetterne. Il prestigio dell’opera si riflette sui committenti, le loro rappresentazioni aumentano in modo impressionante nel corso del, tempo per giungere, nel Trecento, a forme palesi di esibizione della propria figura, delle proprie armi, del proprio ruolo, del proprio nome.

Nelle Vision of Piers the Ploughman, scritte in tre diverse versioni tra il 1360 e il 1390 dal misterioso William Langland, un frate invita Lady Mede, la dama che ha usurpato il posto della Chiesa e che rappresenta il potere mondano del denaro, a pagare una vetrata a Westminster dove si potrà leggere il suo, nome, assicurandola che questa atto garantirà l’accesso al cielo della sua anima: Abbiamo in fattura una finestra / che ci costerà molto cara. / Vorresti invetriarla tu questa finestra / e incidervi il tuo nome? / Nelle messe e nei mattutini / per Mede canteremo / solennemente e dolcemente / come fosse una sorella del nostro ordine. / Ma Dio alle buone genti / proibisce tali incisioni / e di scrivere sulle finestre / delle proprie buone azioni. / Atto di avventuroso orgoglio è l’esservi dipinto e / pompa mondana…/.

Così, al tramontare del Medioevo, le immagini dei donatori, dei loro blasoni, dei loro ,nomi che incombevano dalle alte vetrate delle chiese erano, avvertite da alcuni fedeli come preoccupanti presenze della pompa mondana.




Notizie e Attualità - Peperoncino calabrese


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Attivissima in tutta Italia, “l’Accademia italiana del Peperoncino” (presieduta da Enzo Monaco; per la Segreteria: Marilena) ricorda a tutti i simpatizzanti che occorre mettersi in regola con l’abbonamento. Esso dà diritto a ricevere: la Tessera di “Maestro Accademico” con relativo adesivo e varie pubblicazioni; nonché una pubblicazione a scelta fra due opuscoli del massimo interesse; oltre a vari sconti su gadget o nei “locali amici”.

 

Per informazioni:

Casella postale n°81
87023 Diamante (CS)

internet: www.peperoncino.org
e-mail: accademia@peperoncino.org

Spedire per posta o per fax (automatico 24 ore su 24) 0985 877721
La quota sociale per il 2004, è di euro 35
C.c.p. n°15531874 intestato a:
ACCADEMIA DEL PEPERONCINO
Via Gullo 1 – 87023 Diamante (CS)




Notizie e Attualità - L'aceto balsamico


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Continua ad essere un fiore all’occhiello del “livello alto”, qualificante e conosciuto in tutto il mondo della gastronomia italiana.

Storia e tradizione si fondono e confondono nel corso della vita secolare dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena.
Da un passato ricco di storia, ad un presente intriso di qualità verso un futuro di tradizione.
Vediamone insieme qualche pagina; appena qualcuna, delle tante, che occupano intere biblioteche.

L’uso dell’aceto era conosciuto fin dalle più antiche civiltà e numerose sono le testimonianze letterarie in tal senso: da Virgilio nelle Georgiche, che già descrive la consuetudine di cuocere il mosto, ad Apicio che documenta l’uso del mosto cotto nella preparazione dei cibi, fino all’epoca dei Duchi Estense, Signori di Ferrara e Modena, passando attraverso innumerevoli citazioni storiche e letterarie.

Nel 1598 la città di Modena diventa Capitale del Ducato Estense. A quegli anni risalgono documenti che attestano in modo esplicito l’interessamento della corte ducale per l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena come arricchimento per le loro tavole e quale dono raro a personaggi di rilievo.

Pietra miliare della storia e tradizione recente è la lettera che l’avvocato Francesco Aggazzotti scrisse… nel 1862 all’amico Pio Fabriani, nella quale si descrive in modo particolareggiato la procedura per la produzione dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, lettera che è divenuta per i modenesi il breviario per la cura e la conduzione dell’acetaia.

 

Per ulteriori informazioni:

Consorzio Produttori Aceto Balsamico Tradizionale di Modena
Strada Vaciglio Sud, 1085/1 – 41100 Modena
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