Tasse: è ancora record degli evasori totali!


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E’ davvero una mala Italia quella che è venuta fuori come immagine dal consueto rapporto di fine anno della Guardia di Finanza; in un’Italia avida e pronta a tutto, come hanno dimostrato i risultati delle 65.000 verifiche svolte sino al primo dicembre scorso, con ben 4.200 persone denunciate per reati tributari. Sui 33.000 controlli – prezzi, 2.200 sono state le violazioni denunciate. E per avere una più precisa “fotografia” di questa mala-Italia, altri due dati:

sono stati sequestrati oltre 110 milioni di «pezzi» contraffatti, di cui circa 60 milioni sono giocattoli. Nel settore della contraffazione, che ormai si muove secondo logiche d’impresa, la Guardia di Finanza ha effettuato 20 mila interventi nel corso di quest’anno.

E ancora: la Guardia di Finanza ha identificato 26.300 lavoratori irregolari. Di questi, 17.400 risultano completamente sconosciuti agli enti previdenziali e assistenziali. Gli immigrati clandestini individuati sono stati 7.200. Di questi, 230 sono stati arrestati.

Di più:

Da gennaio a novembre sono stati scoperti 7.584 evasori, di cui 6.869 del tutto sconosciuti al fisco: questi ultimi, da soli, hanno occultato 5,2 miliardi di base imponibile. In tutto le risorse nascoste al fisco sono state 8,9 miliardi di euro, 230 milioni in più del 2003.

C’è un dato che ci sembra particolarmente preoccupante; perché è una “situazione” che la dice lunga su tutta una rete assai estesa di complicità:

Nella lotta al lavoro sommerso sono stati identificati 26.300 lavoratori irregolari di cui 17.400 totalmente in nero: né contributi, né assicurazioni, niente di niente. Fantasmi, insomma. A questo esercito di sconosciuti si aggiungono 7.200 immigrati clandestini scoperti principalmente durante «azioni di contrasto» nelle acque dello stretto di Messina, e nelle vicinanze delle coste di Malta. Di questi, 230 sono stati arrestati.

Un’altra cifra sconvolgente realtà: la G.d.F. ha proposto recuperi in materia di IVA evasa per 2,1 miliardi di euro ( 4.000 miliardi di vecchie lire, per essere più precisi) ma, informano i giornali, in materia, il generale Pasquale Debidda – capo del Terzo reparto delle Finanze Gialle, che è anche il gruppo operativo contro i <<contrabbandieri tecnologici>> – ha sottolineato la gravità del fatto che “la contraffazione ormai si muove secondo logiche d’impresa anche di tipo internazionale”.

Eppure – sembra incredibile ma è proprio così – eppure lo Stato sembra non voglia premere più di tanto su questo versante. Le notizie e le cifre che abbiamo indicato sopra, sono state pubblicate da tutti i giornali tra il 23 e il 24 dicembre scorsi. Ma sul “Corriere delle Sera” – che ad esse ha dedicato una pagina intera, è comparso anche un articolo intitolato “C’erano una volta gli 007 del Fisco”; con questo sommario bene in evidenza: “Reviglio creò il SECIT, Tremonti lo definì “un Cremino”: i funzionari indagano sul tenore di vita dei sospetti.

Ma con il taglio alle spese sono rimasti in 30. E lo Stato incassa solo il 7,5 % delle somme scovate. Commenta l’autore dell’articolo Enrico Marro, che di queste “vicende” è uno specialista sempre ben documentato:

“La Guardia di Finanza canta vittoria per aver scoperto 9 miliardi di euro sottratti al fisco, ma fin d’ora si può dire che lo stato recupererà solo una piccolissima parte dell’evasione. Nell’ultima relazione della Corte dei Conti sul Rendiconto generale dello stato c’è un’interessante tabella che mostra come nel periodo 1998-2003 sono state in media accertate imposte evase per 19,3 miliardi di euro all’anno, ma nelle casse dell’erario sono entrati mediamente solo 2,1 miliardi. Insomma, è come se ogni anno si potesse fare a meno della Finanziaria semplicemente facendosi dare il dovuto da chi ha evaso ed è stato scoperto. E invece si incassano solo le briciole. Nel 2003 appena il 7,5%: 1,7 miliardi su 22,8 miliardi accertati.

Evidentemente, a tutti i livelli, c’è qualcosa che non funziona, dalle verifiche al contenzioso davanti alle Commissioni Tributarie”. Fu nel 1980 che l’allora Ministro delle Finanze creò il SECIT (Servizio consultivo e ispettivo dei Super esattori fiscali. Un “servizio” che “è finito in soffitta” dopo che, “a metà degli anni novanta coinvolse decine di magistrati accusati di nascondere al fisco i compensi di centinaia di milioni di lire ottenuti con la partecipazione ai collegi arbitrali. Scoppiarono anche beghe interne, al punto che Giulio Tremonti, già nel ’94 definì il servizio «un Cremlino fiscale dove si passa il tempo a denunciarsi a vicenda». Ma a svuotare i compiti del Secit ha cominciato il governo di centrosinistra nella passata legislatura, poi ha continuato il centrodestra”.

Adesso quelli che erano i “super ispettori” si chiamano modestamente “esperti” e sono soltanto una trentina.

Pensate, con tutto quello che accade in campo fiscale e tributario e mentre ci si trova di fronte a comportamenti da “grande azienda” a livello mondiale, con migliaia di miliardi in ballo, l’Italia “schiera” soltanto una trentina di funzionari! Il SECIT di fatto non c’è più; come osserva – riferisce ancora Enrico Marro – la stessa Corte dei Conti: Da organo di controllo con caratteristiche prossime a quelle di autorità amministrativa indipendente nel campo dell’accertamento tributario» è diventato «un organismo di studio su tutti i temi della politica economica di volta in volta d’interesse del ministro». Con la conseguenza, con la suprema” magistratura contabile, di un «mancato esercizio della necessaria funzione di vigilanza sulla correttezza e sull’efficacia dell’attività di accertamento» dell’evasione fiscale”.




Ma che lite "significa" per la scuola di S. Giuliano!


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Diamo la parola a Toni Mira; e riprendiamo integralmente quanto pubblica “Lega Ambiente” nel suo numero più recente; perché la dice lunga su come vanno le cose in Italia:

“Torniamo e parlare di terremoti. Perché al peggio non c’è mai fine. Che due ministeri litighino non è, ahimè, una notizia. Che lo facciano sulla pelle della gente è gravissimo. È il caso del duro botta e risposta tra il ministro per le Infrastrutture Lunardi e il capo della Protezione civile Guido Bertolaso. Avete per caso letto qualcosa sui giornali? Nulla. Noi ve lo raccontiamo. Ma prima facciamo un passo indietro, al 31 ottobre 2002, al terremoto del Molise, al crollo della scuola di San Giuliano. Si scoprì che il piccolo centro non era considerato a rischio sismico. Gli esperti lo sapevano, ma non era mai stato scritto in una legge. Quei piccoli morti servirono per dare un’accelerazione. Protagonista la Protezione civile. Il 20 marzo 2003 venne emessa l’ordinanza 3274 frutto della collaborazione dei massimi esperti. Conteneva la nuova mappatura sismica e le nuove norme tecniche per costruire nelle zone a rischio. Era previsto un regime transitorio di 18 mesi nel corso del quale si sarebbe potuto continuare a costruire secondo le vecchie norme. Poi sarebbero scattate quelle nuove e più severe. Tutto bene? No. Il 5 novembre scorso, nascosta in una megaordinanza di Protezione civile (la 3379), ecco una proroga di sei mesi. Il motivo? Vi sarebbe la richiesta dél ministero delle Infrastrutture di predisporre un “testo unico” in materia, ancora non pronto. Ma non bastava quanto fatto, e bene, dalla Protezione civile? Cosa c’è dietro? Il 4 dicembre arriva l’incredibile spiegazione. Il ministro Lunardi spara a zero. «Dopo il terremoto del Molise sono state attribuite competenze alla Protezione civile che per legge non ha: è scandaloso! ». Invece lui ha costituito un’apposita commissione per predisporre il testo unico, e per questo ha chiesto la proroga. «Nel frattempo – conferma valgono le vecchie norme, non quelle della Protezione civile. Il testo che sarà pronto a giugno – assicura – sarà improntato al buon senso e all’equilibrio». Accuse che Bertolaso non digerisce. Così arriva la replica. Ricorda subito che «la realtà è che da molti anni poco o nulla era stato fatto per adeguare le norme tecniche, sino all’intervento della Protezione civile». Anzi, accusa, «Il ministero delle Infrastrutture si è sempre ripetutamente opposto, rivendicando competenze piene nella stessa materia, senza peraltro esercitarle mai». Invece, rivendica Bertolaso, «in 60 giorni abbiamo fatto quello che da molti anni non si faceva». E il risultato, cioè l’ordinanza 3274, è stato «pienamente condiviso dal ministro Lunardi che ha rilasciato l’intesa sul provvedimento». Piuttosto il decreto legge 136 del 28 maggio 2004, prevedeva che entro 30 giorni Lunardi predisponesse le sue norme tecniche. Invece «la Commissione istituita dal ministero delle Infrastrutture nulla ha prodotto». E perciò, aggiunge in netto contrasto col ministro, «è erroneo ritenere» che quanto previsto dall’ordinanza 3274 «non sia oggi in vigore». Dunque, conclude un Bertolaso molto arrabbiato, «in attesa del testo annunciato dal ministro Lunardi che sarà improntato al buon senso e all’equilibrio, è stato molto utile in questi anni visitare le zone del nostro paese che sono state colpite dai terremoti per comprendere che l’unica strada percorribile è quella di una seria ricerca della sicurezza nelle costruzioni». Come dire, mentre altri parlano noi operiamo. Ai lettori l’amaro giudizio sulla vicenda. Che si conclude con un piccolo “giallo”. Sul sito della Protezione civile (che dipende dalla Presidenza del Consiglio) il comunicato stampa di Bertolaso non c’è più. Chi ha deciso di censurarlo? Una censura sulla sicurezza. Non c’è che dire.”.




E' persa la guerra contro gli Enti inutili


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Anche questa “guerra” dell’Italia antifunzionale, è andata persa.

Intendiamo qui mettere agli atti del nostro sito, quanto hanno pubblicato di recente i giornali a proposito degli Enti inutili e della relativa “guerra” scatenata per sopprimerli, con appositi provvedimenti di legge, apposite circolari ministeriali e … creazione di apposite strutture burocratiche con relativi dipendenti.

Per liquidare un Ente pubblico inutile soppresso ci vogliono anche 48 anni. E’ il caso, fra molti, delle linee aeree littorie (Lati, Linee Aeree Trascontinentali Italiane) nate nel 1938 per iniziativa di Italo Balbo e Bruno Mussolini. Ma a resistere sono ben 180 enti pubblici disciolti, dall’Opera nazionale Invalidi di guerra all’Ente Colombo ’92, dall’Ente nazionale Assistenza orfani dei lavoratori nazionali all’Orfanotrofio della Marina Militare (del 1974). Lo sottolinea un’interrogazione di Raffaele Costa (FI) al Ministero dell’Economia, in cui si chiede in particolare quali provvedimenti il governo intenda adottare visto che alcuni giorni fa la Camera dei Deputati, nell’ambito della discussione della Finanziaria «ha approvato un emendamento con cui si chiede che ogni liquidatore spieghi al Parlamento le ragioni del ritardo».

Tornando alle linee aeree littorie, nel 1956 lo Stato le pose in liquidazione. Da allora l’Ente soppresso, senza svolgere alcuna attività, con il suo bilancio annuale ed il suo Commissario incontra ostacoli burocratici alla liquidazione perché – spiega Costa – c’è un terreno in Brasile già delle Lati e che il Brasile sequestrò quale bottino di guerra. La sopravvivenza media degli enti inutili – dice Costa – è di 23 anni: fra questi brillano per longevità l’Ingic, Istituto Nazionale Gestione Imposte di Consumo (soppresso nel ’74). L’Ufficio Accertamenti e Notifiche Sconti Farmaceutici (soppresso nel ’77), l’Ente Nazionale per le Tre Venezie o l’Istituto Nazionale per l’addestramento ed il perfezionamento dei lavoratori dell’industria (entrambi soppressi nel 1978).

Fra gli enti soppressi e non ancora liquidati, vi sono 124 casse mutue provinciali, casse di soccorso ed altri enti disciolti a seguito dell’istituzione del servizio Sanitario Nazionale, operata 26 anni or sono, attraverso la Legge 833/1978. «Non riuscendo i vari governi a superare i molti ostacoli burocratici – ricorda Costa – con Legge del giugno 2002, venne stabilito che sempre con titolarità del ministero dell’Economia e Finanze dei rapporti giuridici attivi e passivi, venisse affidata ad una società direttamente o indirettamente controllata dallo Stato (individuata in Fintecna) la gestione della liquidazione nonché del contenzioso degli enti pubblici fin li attribuita all’Iged. Da 30 mesi, però – sottolinea il deputato – si attende ancora che il passaggio di tutte le liquidazioni dall’Iged alla Fintecna venga effettuato».




Roma: anziani malati un dramma disumano


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Le notizie “brutte” di cronaca sono purtroppo sempre più frequenti, come appunto, la cronaca corrente ci informa. Ma quello che è stato scoperto a Roma crediamo debba essere sottolineato perché dimostra – come andiamo denunciando da tempo – che anche il crimine è “sceso di livello”, diventato più duro e spietato di prima e che la ricerca del massimo profitto, che è ormai l’unica filosofia di vita, dà luogo anche lì a un degrado spaventoso.

A Roma, dunque – esattamente a Frigoria – è stata scoperta una “casa di riposo” per anziani gestita da anni, si badi, senza permessi e dunque in assoluta illegittimità – dove i vecchi venivano maltrattati abitualmente, terrorizzati da “legamenti” sulle sedie e nutriti con cibi avariati benché i loro parenti che lì li avevano “scaricati” perché poco o nulla li seguivano – pagassero per ciascuno di essi, 1.000 euro al mese.

I carabinieri del NAS, ad esempio, oltre a trovare un po’ in tutta “Villa Elisa” condizioni igieniche degradati, hanno aperto i pacchi di carne nel frigorifero e una volta tolto il cellophane “quella carne emanava un odore insopportabile”.

Trentaquattro i cartoni di latte a lunga conservazione sequestrati nella cucina abusiva, insieme a cibi avariati, sistemati accanto ad escrementi di gatto e pezzi meccanici di auto e scooter.

Dei venti “ospiti”, due sono stati portati in ospedale perché in gravi condizioni.

“Gli ospizi lager? Frutto della mancanza delle politiche per gli anziani, dei controlli e delle risorse sufficienti». Dura presa di posizione dell’Osservatorio della Terza Età sugli ultimi casi dei maltrattamenti degli ospiti di una casa di riposo abusiva, a Roma. «In un settore che è lasciato in balia di se stesso – tuona Roberto Messina, Segretario Generale dell’Ote – notizie simili ci possono far star male, ma non devono sorprenderei». L’invecchiamento della popolazione e le modifiche sopravvenute nella struttura e nel comportamento delle famiglie hanno fatto passare il numero delle case di riposo, in tutta Italia da 3.608 del 1991, alle 4.626 attuali, di cui il 58% è in mano ai privati, il 38% a gestione pubblica e il rimanente 4% affidato a società miste. Di conseguenza, i posti letto hanno raggiunto le 234 mila unità, mettendo in risalto notevoli differenze territoriali avendo al Nord 34 posti letto ogni 1.000 abitanti, contro i 13 del Centro e i l0 del Mezzogiorno. A questo trend ha fatto eco anche la crescita geometrica del numero dei nonni che per volontà o necessità hanno scelto una di queste strutture per passare gli ultimi anni della loro vita”.




A Roma, Via Lepanto e dintorni dove ogni giorno "muore" la richiesta di giustizia


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Chiunque si trovi a transitare a Roma, la mattina e fin verso il primo pomeriggio, in un’area vasta che va da Piazza Mazzini a via Cola di Rienzo e sin verso Piazza Cavour e dintorni, non può non notare che ci sono migliaia di persone in frenetico movimento e che altrettanto avviene per migliaia di automobili.
E’ la zona giudiziaria, rispondono a chi chiedesse notizie; la zona dei Tribunali, delle Procure civili e penali, della Cassazione, eccetera.
E’ una zona – assai vasta – nella quale “esplode” ogni giorno e si tocca con mano e si vede a occhio nudo, lo stato miserrimo in cui si trascina la nostra Giustizia; e non quella astratta, da G. maiuscola, appunto; ma la giustizia con le sue concrete strutture operative, al lavoro nel quotidiano.
Chi entrasse poi nei vari “palazzi” di questa Giustizia, resta allibito e sgomento di fronte alle condizioni concrete di vita e di lavoro: dappertutto, nei corridoi lunghi chilometri e chilometri, armadi con le ante spalancate e fascicoli stracolmi che giacciono dappertutto; anche sotto, anche sopra gli armadi. E “utenti” e avvocati e praticanti e gli stessi giudici, sepolti da carte su tavolini sgangherati che interrogano, stendono verbali e, qualche volta, emettono sentenze. Per lo più, si tratta di rinvii; a sette – otto mesi in media ma spesso ad un anno e due. Superate le urgenze di certe procedure, si entra, come suol dirsi, nel merito; e allora imperversano, imperano i tempi lunghi.
All’Italia e agli italiani deve essere successo qualcosa di assai importante, direi proprio in termini di mutazione genetica: siamo diventati un popolo di “litigiosi” e nessuno sembra di poter andare d’accordo con gli altri; anzi, tutti contro tutti, in un turbinio di carte bollate, di ricorsi e contro ricorsi di chilometrica lunghezza.
Certo, è un fatto che ci sono più avvocati a Roma che in tutta la Francia e Inghilterra messe assieme.
Trenta – quarant’anni fa erano un migliaio: adesso, sono 17 mila. E calcolando che molti hanno un praticante o due, siamo nell’ordine delle 100 mila persone più o meno che hanno come punto di riferimento operativo la zona e gli uffici di cui dicevamo all’inizio e soprattutto Via Lepanto e dintorni.
Ci ha scritto sopra di recente, una pagina intera su “Repubblica”, una esperta del settore, Elena Stancanelli; ma non c’è quotidiano che si stampi a Roma – dal “Messaggero” al “Tempo” a “Libero” che non abbiano dedicato inchieste di fuoco a questa situazione, che è senza dubbio la più grave di tutta Italia perché in quegli “uffici” si riversa la richiesta di giustizia diretta di almeno 5-6 milioni di persone, da Roma tutta e dal Lazio intero. Cassazione a parte, che riguarda tutta Italia.
E’ tutto un mondo, quello di via Lepanto e dintorni; tutto un mondo umano e “sociale” nel senso più ampio del concetto della espressione. Ma guai a cascarci dentro!
“Fare la fila per cinque ore, (dentro una stanza angusta, annusando l’odore di catrame e benzina che si sprigiona dal giubbotto davanti al tuo, ascoltando le lamentele sugli asili nido o i commenti sul derby è compito invece delle segretarie. E’ diverso da indossare una maschera di pelle nera con una chiusura lampo all’altezza della bocca e lasciarsi lascivamente frustare. E’ diverso, anche se l’inutilità e il senso di vuoto sottesi alle due pratiche si somigliano. Ma è diverso soprattutto perché nel caso delle segretarie l’ umiliazione non è riscattata da alcuna soddisfazione. In fondo, c’è solo un’ altra donna, altrettanto stremata, che allunga la mano dal suo box di plastica e prende in consegna, o consegna, un atto giudiziario che finirà nella buca delle lettere di qualche altro infelice…”
Poi, nel cortile, c’è la “zona notifiche” dove <<regna l’inverosimile>>, scrive la Stancanelli e dove gira la voce che perfino una troupe di Striscia la notizia si sia arresa. Perché, giunta lì per un’inchiesta su questo stato di degrado, è stata respinta “dal muro di gomma dell’invulnerabile irrazionalità”.
“C’è solo un uomo che ha trovato il bandolo della matassa, e lo tiene in mano sorridendo, da circa quindici anni. Dice di chiamarsi Jimmy, ma non è vero. E’ arabo, si direbbe nordafricano. Ha un borsa piena di libri sapienziali ed è a lui che si rivolgono tutti quanti per avere informazioni. E’ esperto di bolli e di codici postali, di postille illeggibili su leggi appena emanate, di orari e nuovissime norme. Registra come un sismografo le oscillazioni delle varie file e sceglie sempre la migliore. Prende il numero e poi esce. Aspetta il suo turno, fuma, non si arrabbia. E’ il suo lavoro. “Per pochi euro prende in consegna una rogna e te la ridà risolta, parecchie ore più tardi. Si definisce collaboratore amministrativo e sembra che per questo paghi anche le tasse…”.

Pino Rauti




Un grido di allarme per le nostre piastrelle


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Se c’è un settore “tipico” e tradizionale del nostro Paese, è quello delle ceramiche, delle “piastrelle”; ed è per questo che quella che si tiene a Bologna – la CERSALE – è la più grande fiera al mondo di ceramica. E’ da lì, che è venuta un’accorata denuncia di Sergio Sassi, presidente di ASSOPIASTRELLE. Alberto Capitani, su “La Nazione”, ne riferisce in questi termini:
«Ci hanno promesso e promesso per anni la costruzione di un raccordo autostradale tra Sassuolo e Campogalliano. non una grande opera, saranno 14 chilometri. Noi, come Assopiastrelle, e l’Unione industriale di Modena eravamo disposti a finanziarcela: abbiamo pagato le prime tranches ma poi non succedeva nulla e allora abbiamo smesso».
Adesso, c’è qualche sintomo di ripresa ma è un fatto che il settore “da lungo tempo soffre di problemi irrisolti”. Problemi come quello dell’altissimo costo della manodopera o strutturale come quello delle strade inadeguate o dei porti, come quello di Ravenna, dove – caso unico – non entra la ferrovia. Costringendo così le fabbriche che si addensano tra Scandiano, Sassuolo, Fiorano e Maranello, l’area reggian-modenese dalla quale viene l’ 81 % dei 600 milioni di metri quadrati di piastrelle prodotte nel 2003 in Italia, a intasare le strade con 9 mila camion.
Per la nostra ceramica viene comprata materia prima in Turchia, e Ucraina “ma l’entrata sul mercato della Cina ha fatto impennare i moli del 40/50%…” Sono state vendute, l’anno scorso, “piastrelle più costose, quindi di qualità più alta. Il maggior valore aggiunto dei nostri prodotti ci ha permesso di reggere la concorrenza cinese che ci copia tutto: marchi, impianti, nome…”.




Fedine penali


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Una volta, quando si avevano sul groppone fedine penali “lunghe” si stava in galera e non si avevano né sconti di pena né “benefici di legge”. E questo accade, crediamo, in ogni Paese civile.
Da noi, no.
Da noi, sempre più spesso, le cronache ci informano di pregiudicati che pur avendo alle spalle le suddette “lunghe fedine penali” scorazzano liberamente commettendo nuovi reati.
Cronache recentissime – tra le tante disponibili – arrivano dalla provincia di Caserta dove la camorra ha “giustiziato” due amici diciassettenni, che avevano già svariati conti con la giustizia. Altra notizia, dal Nuorese, dove due giovani sono stati gravemente feriti in uno scontro a fuoco con i Carabinieri. Leggiamo bene: “…E’ successo sulla strada che porta a Orgosolo, tra Locoe e Galanoli.
Una Fiat Uno non si fermata all’alt di una pattuglia di quattro militari che stavano effettuando un servizio di controllo. Il conducente della macchina ha anche investito un carabiniere, che ha riportato ferite non gravi. Inoltre dall’ auto è partito un colpo di pistola: da qui la reazione dei carabinieri che hanno risposto al fuoco colpendo con 5 proiettili il fianco dell’autovettura.
Uno dei tre che viaggiavano sulla Uno è riuscito a fuggire. Nell’auto sono rimasti due giovani di Orgosolo: Mario Fiore, 18 anni, ferito ad una gamba, e un diciassettenne colpito al fianco. Quest’ultimo è il più grave, gli è stata asportata la milza. Ricoverato anche il carabiniere di 32 anni investito dalla Uno. I due giovani sono accusati di tentato omicidio, resistenza aggravata, detenzione di arma illegale e furto. La Fiat Uno era stata rubata poco prima a Nuoro, i due avevano precedenti per furti d’auto”. E la domanda che viene subito alle labbra: ma se avevano “precedenti”, perché non stavano in galera?




Rumeni ubriachi


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Da “Il Messaggero” del 30 maggio scorso:

“TORINO – Stavano andando al matrimonio di un parente. Anzi, erano arrivati a pochi metri dalla chiesa nella quale di lì a poco sarebbe cominciata la cerimonia religiosa. Li ha travolti e uccisi una macchina guidata da un rumeno, che viaggiava in compagnia di altri tre connazionali. Erano tutti e quattro ubriachi, uno è fuggito dopo l’investimento. Le vittime sono due uomini di 60 e 61 anni e una donna di 70 anni. Sono morti praticamente sul colpo.

E’ accaduto a Torino, in corso Tassoni, poco lontano dalla chiesa di Sant’Alfonso dove si stava per celebrare il matrimonio. Le tre persone, invitate alla cerimonia, stavano attraversando la strada quando è sopraggiunta, l’auto dei rumeni ad alta velocità. Secondo una prima costruzione, la macchina avrebbe sbandato investendo in pieno i tre pedoni. Per due di loro ci si è resi subito conto che non c’era più niente da fare. Il terzo è stato soccorso da una squadra del 118 e portato nel vicino ospedale Maria Vittoria dove invano i medici hanno tentato di rianimarlo.

A quanto sembra, sull’auto investitrice sono state trovate diverse lattine di birra vuote. Uno dei quattro stranieri a bordo si è dato alla fuga mentre gli altri tre – due regolarmente in Italia e il terzo, entrato nel nostro Paese con un visto turistico – sono rimasti sul posto ad attendere l’intervento dei vigili urbani e della polizia.

L’episodio ripropone in tutta la sua gravità il fenomeno degli ubriachi al volante, che da statistiche recenti risulta in forte aumento. Appena qualche giorno fa sull’autostrada A24 Roma-Pescara una pattuglia della Polizia stradale Roma Nord ha intercettato una macchina che procedeva zigzagando pericolosamente da una parte all’altra della corsia. Al volante c’era un colombiano di 39 anni che è stato arrestato per guida in stato di ebbrezza e per lesioni e oltraggio a pubblico ufficiale: una volta fermato, infatti, ha aggredito gli agenti ferendone uno a pugni e calci”




Ergastolano al lavoro


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Uscito anche in occasione delle recenti feste pasquali, ha messo a segno chissà quante rapine. Lo hanno bloccato (leggiamo su “La Voce di Cerveteri, Ladispoli”) gli agenti della Sezione antirapine della Mobile di Roma, diretta da Massimiliano De Bernardini. “lo hanno «pizzicato» nel suo appartamento con il kit del perfetto rapinatore sparso sul tavolo: pistola con matricola abrasa, cartucce, parrucche, cappellini e guanti.

“Quello dei detenuti che approfittano di permessi premio, del regime di semilibertà e di altre misure di questo tipo – spiega De Bernardini – per commettere reati è un fenomeno che teniamo sotto costante monitoraggio, grazie anche all’aiuto del Servizio attività giudiziaria del Dap, lo speciale ufficio investigativo della Polizia penitenziaria”.

Nei giorni scorsi, a finire in manette erano stati due pregiudicati per rapine e altri reati specifici, detenuti a Ferrara e Regina Coeli: entrambi, nel 2003, dopo aver usufruito di un permesso premio, non avevano mai fatto ritorno in carcere. F.F., 49 anni, è stato arrestato in un appartamento del litorale romano, nei pressi di Civitavecchia, mentre E.C., 51 anni, è stato rintracciato nella zona dell’Aurelio: entrambi sono sospettati di aver partecipato, proprio nel periodo della loro latitanza, a numerose rapine, nella capitale e forse – anche in trasferta”.




Rauti nel Veneto e su “Controcorrente”


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Ritroviamo su “Controcorrente”, che fu a suo tempo un attivissimo periodico interno di informazione e di cultura, che era diretto da Raffaele Bruno e usciva a Bergamo, molte “cronache” relative a Pino Rauti e a un suo viaggio in Veneto.

Eccone alcune:

Rauti sul “GAZZETTINO”: – no al dominio dell’economia – “Il Gazzettino” di Venezia ha dato notevole risalto alla visita di Rauti nel Veneto e in particolare all’apertura della nuova Sede provinciale di Rovigo, in Via Celio. Il giornale riferisce dell’inaugurazione della Sede missina a Scorze, presenti anche Lorena Colombo, Riccardo Micalef, Vincenzo Galizia e il Commissario federale di Venezia, Aurelio D’Alessio. Degli intervenuti di Rauti, il quotidiano riporta una lucida sintesi, sottolineando i “ricordi” del presidente del MIS a Rovigo, dove fu “militare della RSI fino agli ultimi giorni della guerra”. Ricordi che diventano analisi attuale perché adesso “ci si accorge che molte ragioni stavano dalla parte nostra” E infatti: “La Yalta del comunismo è fallita, la Yalta occidentale fa paura: era quello odierno il mondo che volevano i partigiani? Fatto di miseria, fame, ondate migratorie che nascono dalla disperazione nella quale si trovano intere popolazioni?”.
Il leader del Movimento è convinto che «c’è una speranza diffusa di trovare in noi un punto di riferimento della Destra» e sulla stessa linea si pone Taranto, che ha preso la parola accolto dal responsabile provinciale Francesco Fati. «Dobbiamo ringraziare Rauti per quello che ha fatto da giovane e per quello che ha sempre fatto fino a oggi», sostenendo valori che vengono «dalla primogenitura che ha il nostro partito dell’attenzione al sociale» e su tale base «faremo di tutto per rafforzare il Movimento».
Il futuro politico di idea sociale è «l’ovvia alternatività alla Sinistra – riprende Taranto – e alle Politiche 2006 andrà fermata la deriva del Paese proprio a Sinistra. Anche alleandosi con tutte le forze politiche alternative a questa. Sicurezza, sanità, lavoro: sono i temi che portiamo avanti e che la gente ci chiede, ma chi governa dimentica».

 

*****

Per la “festa del tesseramento”- sett. 2005; una nota intitolata: “Da Bruxelles a Berlino”.

Eccone il testo:

Tutto il mondo è davvero paese, nell’Unione Europea, quando si tratta – per dirla in sintesi – di chiudere gli occhi di fronte alla realtà; e di chiuderli per continuare ad inseguire i propri utopismi, che con la realtà incalzante non hanno nulla a che fare. A questo pensavamo nel leggere qualche giorno fa una “decisione” della Commissione di Bruxelles che ha deciso di stanziare e di spendere nel 2006 qualcosa come 40 milioni di euro (quasi ottanta miliardi delle vecchie lire) per “preparare l’opinione pubblica alle prossime adesioni della Croazia e della Turchia”!
Ora, 40 milioni di euro sono poco più di una goccia nel mare magno delle spese di Bruxelles; e, quanto all’adesione della Turchia, neanche ai super-burocrati prodiani di Bruxelles, può sfuggire che i tempi sono ancora assai lunghi e le difficoltà stanno aumentando, ma la decisione è comunque indicativa di quel gap, di quella divaricazione cui accennavamo all’inizio.
E dimostra come si sia davvero radicata a Bruxelles e a Strasburgo e al Lussemburgo – anche per effetto e in conseguenza della lunga gestione prodiana, una sorta di “ideologismo allargatorio” (non sapremmo come definirlo altrimenti, anche se l’espressione è orripilante) che va avanti per conto suo, del tutto insensibile a quello che sta ribollendo in termini di orientamenti e di scelte della pubblica opinione, nell’ambito dell’Unione Europea e della sua ormai evidentissima crisi.
A sottolineare quanto sia astratto quell’utopismo – che si esprimerà anche in iniziative “volte ad aumentare i gemellaggi tra città europee e turche” – quanto sia lontano dalla realtà, aggiungiamo un dato di fatto terribilmente concreto: lo stesso giorno della “decisione” brussellesca, si apprendeva che il cancelliere tedesco si apprestava a chiedere la fiducia per andare alle elezioni; e di andarci “sventolando” la drammatica crisi sociale in atto nel Paese che è arrivato ad avere 5 milioni di disoccupati (contro i 3,9 che ne contava al tempo di Kohl). Utopia contro realtà; come in Italia; come dovunque in Occidente.

 

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Usciva anche in quel periodo, un’intervista a Rauti de “Il Tempo” di Roma; che riguardava Fini e Berlusconi. Ecco il testo:

Onorevole Rauti, come commenta la relazione di Fini?
Non commento. Guardi, mi sano dato una linea del silenzio su questa vicenda di AN.

E perché?
Perché in questa storia è coinvolto Alemanno, che è mio parente. Ed ovviamente qualunque cosa io possa dire sarebbe interpretata in malo modo. Potrebbe essere fraintesa.

Va bene, nessuna domanda su Alemanno. Ma può parlare della Destra, dell’identità, del progetto?
Allora sì. Aspetti un attimo, abbasso il volume della radio: stavo ascoltando la fine dell’intervento di Gianni. Pino Rauti e chiuso nella sua casa a Roma. Fa finta di mantenere una aristocratica distanza dalle vicende di AN, ma in realtà non riesce a staccarsene. E’ stato l’unico, nella storia della destra, ad aver sconfitto al congresso del MSI di Rimini, nel gennaio del 1990, Gianfranco Fini (che si riprese la Segreteria del MSI nel luglio dell’anno successivo). E, allo stesso tempo, Rauti e anche il suocero di Gianni Alemanno, il leader di quella che si va costituendo come una minoranza interna.

Onorevole Rauti, stando ad alcune critiche, la destra non ha un progetto. E Fini non ha nemmeno indicato una strada. E’ d’accordo?
La destra proprio oggi avrebbe molto da dire, sulla crescita demografica, sulle nascite, sulla famiglia.

A cosa si riferisce, scusi?
Tra 10 – 15 anni ci saranno otto milioni di italiani in meno. Ed il 30% della popolazione sarà ultra sessantacinquenne. E vuole che non ci sia spazio per la destra? Vuole che non ci sia margine per una politica di destra?

Che cosa avrebbe dovuto fare?
Una destra veramente destra avrebbe dovuto condurre una politica per la demografia. L’Italia ha bisogno di bambini, è necessario un ringiovanimento del Paese.

Scusi, ma non la sta prendendo troppo alla lontana?
Ecco, questo è il punto. Io guardo avanti, penso all’Italia del domani, del dopodomani. Questa destra non appare in grado di andare oltre i prossimi cinque minuti.

E se guardasse oltre?
Vedrebbe che è il caso di lanciarsi verso le politiche della famiglia. Le donne dovrebbero avere la possibilità di scegliere tra lavorare al proprio posto o a casa. L ‘obiettivo della destra dovrebbe essere quello di fare in modo che un milione di donne possa lavorare in famiglia e far crescere di mezzo milione le nascite ogni anno. Queste dovrebbero essere politiche di destra. Ma sento discutere di altro.

Qual’è l’identità della destra oggi?
Ne aveva una e l’ha persa a Fiuggi. Dopo non è stata più in grado di trovarne un’altra.

E perché?
Forse per scelta, o non so. L’hanno molto più forte e spiccata Casini e Follini. E si vede. Eppure …

Eppure?
Eppure noi veniamo da una storia più alta e più nobile della loro.

In che senso scusi?
La DC naufragò nel mare di Tangentopoli. E non accadde per caso.

E il MSI?
Fu sotterrato per libera e democratica scelta dei suoi iscritti.

Quindici anni fa lei ha battuto Fini. Come fu possibile?
Avevamo un progetto, un’identità, un’idea del futuro.

E qual era il progetto?
La sintesi tra il sociale ed il nazionale.

E cioè?
Noi proponevamo la terza via tra comunismo e capitalismo. Ovvero, una strada che fosse in grado di porre fine ai guasti del comunismo e ai danni del capitalismo.

Ed oggi? Quale potrebbe essere la strada?
La stessa.

Ma è una strada di un altro secolo, di un altro millennio …
Allora era la terza via, oggi, caduto il comunismo, e diventata la seconda.

Ma siamo nel 2005 …
Se oggi stiamo parlando di come porre rimedio ai danni provocati dal capitalismo, credo che sia ancora un dibattito attuale.

La destra che cosa e? Laica o cattolica.
Ghibellina.

Quindi spera di essere aiutata più dall’Imperatore che dal Papa?
Noi eravamo ghibellini che difendevano i valori del cattolicesimo.

E che vuol dire?
Che avevamo le nostre idee e le abbiamo ancora. In molte parti coincidono con i valori del cattolicesimo. Anche perché nascono prima, nell’Impero di Roma e nella civiltà greca.

Fini si può ancora battere come tre lustri fa?
Ci scommisi allora, torno a scommetterci anche oggi.

Pero allora dopo un anno perse.
Ho perso nella cronaca, spero di vincere nella storia.

Ma non c’e un candidato alternativo?
Ci sono le idee, bastano quelle.

Fini può diventare il leader di tutto il centro destra?
Bisogna prima passare sul cadavere – politico, s’intende – di Silvio Berlusconi.

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“Controcorrente”, pubblicava anche una nota di Rauti sulla situazione di allora in Francia.

Ecco anche quest’altro articolo:

Anche in Francia – come del resto in tutta Europa, sempre più liberista – c’e il “venir meno” dello Stato Sociale, del cosiddetto “welfare” ed anche, di conseguenza, del ruolo di servizi pubblici. Se essi non rendono, della loro socialità, della loro funzione pubblica, non interessa niente a nessuno. Si taglia e basta. Far quadrare i bilanci è il nuovo obiettivo; senza guardare ad altro; e magari guadagnandoci sopra; a spese, naturalmente, degli utenti, diventati più che altro “clienti”.
Ma in Francia più che altrove – a questo orientamento che definiscono con precisione cartesiana “recul des services publies” – c’è una maggiore resistenza; e stanno venendo fuori forme clamorose di opposizione.
Leggiamo dalla stampa d’oltre Alpe, quello che sta accadendo nel Dipartimento delle Crense che ha per capoluogo Limoges; ed ecco le ultime novità: un Consigliere generale, 28 Sindaci, 234 Consiglieri Comunali – attenzione: di tutte le tendenze politiche! – si sono dimessi per protesta. In particolare protestano perche il rappresentante dello Stato nel Dipartimento ha rigettato una “domanda di moratoria sulla diminuzione dei Servizi Pubblici”. “Ogni anno abbiamo un nuovo colpo – ha detto Philippe Brenil, Consigliere Generale del Cantone di La Cortine – Nella mia zona è stata chiusa la scuola statale e tutte le mattine ottanta bambini debbono raggiungere Usset.
E adesso vogliono toglierci anche l’Ufficio Postale e la Caserma deve spedire la sua corrispondenza ricorrendo ad un’impresa privata”. Il Presidente del Consiglio generale, Jean – Jacques Lozat aggiunge: “in 20 anni, più di 500 impieghi di funzionari dei servizi rurali, sono stati soppressi”. Insieme a cinque Tesorerie cantonali, quelle di La Cortine, Gentizon, Grand – Bourg, Pontarion e Saint – Sulpice. Si leggono anche, in questi giorni, analisi dettagliate della situazione del territorio della Crense che è “tipicamente” espressione del “male territoriale” francese – vedi Le Monde del 26 ottobre u. s. – insieme ad altri Dipartimenti: Ardeche, Lozire, Cantal e Ariege. In cento anni la popolazione della Crense (120.000 abitanti) è diminuita della metà. Ed esso è il Dipartimento più “vecchio” della Francia: i1 12% degli abitanti ha più di 75 anni. “E sono proprio i vecchi – dicono i Consiglieri dimissionari – che hanno più bisogno dei servizi pubblici: ma siccome non rendiamo, possiamo crepare”.
La Crense è a tre ore di autostrada da Parigi, la si può raggiungere anche per ferrovia; ma i1 treno pendolare rapido da Parigi a Limoges Tolosa non verrà più realizzato.
Insomma, come in tante altre zone della Francia, liberalizzazione coincide con “desertificazione”. Lussemburgo non ha più il numero uno dell’acciaio: la Arcclor; primatista mondiale sarà la Mittal Steel, che nascerà dalla fusione dell’americana ISG (International Steel Group) e i due gruppi olandesi Iopat e Lnm già sotto il controllo dell’uomo d’affari indiano Lkshimi Mittal. Il finanziere indiano e il quinto uomo più ricco d’Inghilterra (5 miliardi di euro di patrimonio personale) e la sua operazione sarà dell’ordine di quasi 18 miliardi di dollari (36.000 miliardi delle nostre vecchie lire) che comporterà un giro d ‘affari di 31.5 miliardi di dollari, con 165 mila dipendenti ed impianti in 14 Paesi”.
E chi è Mittal? Leggo sul Corriere della Sera del 26 ottobre scorso, a firma di Massimo Sideri, che Mittal “non compare sui giornali solo per affari che combina in giro per il mondo. Nel 2001 il Primo Ministro britannico Blair scrisse al Capo del Governo Rumeno, Adrian Nastase, per caldeggiare la vendita all’uomo d’affari indiano delle acciaierie di Stato Sidex. Un’operazione da 450 milioni di euro che si concluse un paio di giorni dopo l’arrivo della lettera. L’affare allora sollevò un polverone quando la stampa inglese scoprì non solo la lettera di Blair ma anche che il magnate indiano pochi mesi prima aveva fatto una generosa donazione di 200 mila euro proprio al partito del Premier, i laburisti…”. .