"Tutto guida Lazio"


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Nonostante si cerchi di seguire con attenzione questo settore, non abbiamo difficoltà ad ammettere che non saremmo in grado di precisare quante “Guide” ci siano in giro. E d’altronde basta guardarsi bene in torno quando si va in qualche edicola di quelle ben fornite, per accorgersi di come il “settore” sia diventato… rigoglioso. Poi, ci sono, in loco, Provincia per Provincia e spesso Comune per Comune, le guide “locali”; e l’elenco si allunga…

Quanto ai contenuti, però, abbastanza spesso c’è da prendere le distanze; nel senso che, letta una Guida, si può fare a meno di leggerne tante altre…

E’ però con interesse che segnaliamo qui una recente “scoperta” relativa al Lazio e dal titolo relativo: “Tutto guida Lazio”, dove ci sono tutti – davvero tutti – perfino i borghi , con tanto di strade e ristoranti e che in oltre 300 pagine pubblica una, come dire, “sterminata” massa di notizie; anche di centri piccolissimi dei quali sarà bene cominciare a prendere in atto in termini di “turismo culturale” perché luoghi e siti e monumenti, spesso, stanno proprio lì, dove, ancora, non si reca quasi nessuno e dove, quindi, si prova anche il piacere di una personale “scoperta”.

C’è infatti, in tanti borghi isolati e sconosciuti ai più una sorta di “atmosfera magica” che altrove non si trova; si guardi ad esempio la foto a colori della copertina del volume di cui stiamo scrivendo: raffigura il Casello e il ponte dell’Abbadia di Vulci, che è – si precisa – il “cuore di un importante parco archeologico naturalistico”. Del parco, magari, torneremo a dire, perché lo merita ma è alla foto che vogliamo tornare: quel ponte antico; quel “monumento” d’altri tempi dove par di respirate tutto il fascino e i “misteri” di una civiltà sepolta e ancora quasi del tutto sconosciuta.

Certo, per rendersi conto a pieno di quanto ci sia di bello da vedere bisogna recarsi sul posto; e girare con le proprie gambe; e guardare con i propri occhi, con la Guida da scorrere con la dovuta attenzione. Ma questa pubblicazione è redatta in modo tale che anche chi non si può spostare o muovere per tutta la zona, può sapere tutto quello che c’è da sapere con dovizie di particolari storici e culturali.

 

Pino Rauti

 

“Tutto guida Lazio” – Tarquinio Majorino e Piero Palombo – collaboratori ai testi: Marinella Busato; Simona Casavecchia; Francesco Cairo Cecchini; Renato Filizzola; Pier Giorgiacomo Sottoriva – Editoriale: Aria d’Italia – Via della Farnesina, 355 – 00194 Roma (312 pagine tutte a colori – 10 euro).




Pagine di vita culturale - Milano: gli antichi "organi in concerto"


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In questi ultimi anni è lievitato l’interesse nei confronti della musica organistica, tanto da raggiungere livelli transalpini. Ma non è questo il solo aspetto a confortarci: l’alto numero dei restauri già ultimati e di quelli in corso testimoniano come sia entrato nelle coscienze il concetto della tutela e della fruizione del bene recuperato. La Provincia di Milano lo ha favorito ed accompagnato per cui, constatarne i felici risultati, è motivo di legittima soddisfazione.

In questa diciannovesima edizione vengono presentati per la prima volta quattro strumenti da poco restaurati. Appartengono a scuole e ad epoche diverse: a Vaprio d’Adda risuona il monumentale strumento del varesino Giuseppe Bernasconi (1885); a Bubbiano quello di un ignoto costruttore lombardo del XVIII secolo ma con stratificazioni storiche appartenenti ad eccellenti costruttori dell’Ottocento; a Canegrate fa sentire la sua voce un insigne Carrera (inizi XIX sec.) che, dopo il restauro, ritorna nella sua sede originale.

E infine, a Cesano Maderno, l’organo romantico di Telesforo Pirola (1930) riacquista la sua trasparenza appannata dal tempo, risuonando nel tempio di Santo Stefano che riapre al culto dopo gli imponenti restauri. A Vaprio d’Adda come a Bubbiano le comunità si sono impegnate anche a far conoscere le vicende dei rispettivi organi con pubblicazioni redatte dopo accurate esplorazioni archivistiche: le notizie e l’apparato fotografico costituiscono un importante spaccato di storia locale. Sono saggi di grande interesse che vanno ad aggiungersi alla già cospicua bibliografia specifica.

Ringrazio i reverendi parroci per la disponibilità dimostrata e i Comuni per la collaborazione prestata nell’organizzazione delle serate musicali.

Un ringraziamento, infine, agli organisti che hanno accolto l’invito a suonare su questi organi prestigiosi facendone conoscere le sonorità, contributo sensibile all’elevazione spirituale e all’educazione musicale.

(Daniela Benelli – Assessora alla Cultura, culture e integrazione)

 

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A Milano anche se non abbiamo potuto fare in tempo ad annunciarla, c’è stata anche (dal 15/10 al 7/11/04) a cura della Provincia, la rassegna “Milan l’è on gran Milan (“la fabbrica del futuro” in mostra). Per informazioni, ci si può rivolgere alla Associazione Artisti del quartiere Garibaldi – Via Monte Gioia 41/a – 20124 Milano – Tel 0267020116.

Ecco il testo comparso su Internet alla vigilia della manifestazione:

All’interno del ricco calendario di manifestazioni del Progetto Specchio d’Europa, ideato e promosso dall’Assessorato alla Cultura della Provincia di Milano al fine di una lettura più completa ed attuale della città di Milano, l’Associazione Artisti del Quartiere Garibaldi è lieta di proporre il suo nuovo contributo con 57 opere pittoriche contemporanee che illustrano come Milano si proietta nella modernità.

La mostra conclude un ciclo di quattro eventi espositivi che, dal 2001, hanno ripercorso la storia della nostra città attraverso una serie di rielaborazioni pittoriche e scultoree di varie testimonianze del passato e del presente milanese.

Architetture, monumenti, elementi tratti dalla letteratura e dalla stampa, hanno costituito il materiale vivo attraverso cui intraprendere questo viaggio nelle memorie; un percorso nel quale l’intento degli artisti del Garibaldi non si è mai fermato alla pura “rappresentazione”. Ci si è spinti ben oltre, ad indagare l’evoluzione dei tratti tipici di quella “milanesità”, che ancora oggi permea il tessuto di una città sempre più cosmopolita.

La mostra prende spunto dal XX secolo, durante il quale Milano assume l’immagine definitiva di una grande metropoli europea; si fa motore di un grande sviluppo economico e fucina di nuove forme di cultura. Il periodo che va dai primi del 900 ad oggi rappresenta un momento di grande fermento a Milano: si diffondono le avanguardie artistiche, si sperimentano ardite architetture e, soprattutto, si delineano i tratti delle imprese legate alla comunicazione e all’editoria. La città muta il suo volto e si impone come capitale italiana dell’economia. E la milanesità dei cittadini, genuina e vitale, scandisce i passaggi di questa evoluzione a volte con entusiasmo, altre volte con perplessità, ma senza mai perdere quell’alto senso civico che fa, dell’indaffarato popolo milanese, uno dei più concreti ed umani. Milan l’è on gran Milan non è dunque tanto la storia della città, quanto l’immagine che di essa hanno i milanesi.

In occasione dell’evento, gli Artisti del Quartiere Garibaldi sono lieti di comunicare che sarà consentita la visita alla antica Biblioteca dell’Incoronata, accessibile ai visitatori per tutta la serata inaugurale; luogo “delle memorie” per eccellenza, la biblioteca è parte di quello che un tempo fu un grande Convento dell’Ordine di Sant’Agostino, che conobbe il massimo splendore alla fine del quattrocento. Nel 1987 iniziò il restauro, portato a termine grazie al contributo della Regione Lombardia e della Fondazione Cariplo.

 

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Ma tra Milano e la sua Provincia, dobbiamo anche segnalare che la “iniziativa” recente è in tutto costituita da quattro grandi Mostre:

L’età dei Visconti e degli Sforza / Grandezza e splendori della Lombardia Spagnola. 1535 – 1701 / Il laboratorio della modernità. 1706 – 1848 / Milano – La Fabbrica del Futuro.

E infine le altre iniziative:

“Ecole de Milan”, documentario video / CD-rom multimediale: “Per gioco” / Storie di gente, amore, terra e soldi / …E il Duomo Toccò il Cielo / Gh’è minga temp de perd / La scienza della carità. Milano 1760-1860 / “Tra gelsi, bachi e filande” / I disegni dell’Archivio Storico Diocesano di Milano / Un concerto e quattro libri per una nuova storiografia / Splendori e miserie della Milano Spagnola / Chiese e Ville del Seicento nella Lombardia Spagnola / Tesori in periferia – La Pieve di S. Giuliano Milanese / Pubblicazioni / Bramante e la sua cerchia

Per informazioni: Servizio Beni Culturali e Arti Visive della Provincia di Milano – Viale Vittorio Veneto, 2 – 20124 Milano – Telefono: 02.7740.6311 / 6352

Pino Rauti




A nord di Venezia fra Gotico e Rinascimento


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Mostra di scultura e pittura nelle vallate dolomitiche – fra il Gotico e il Rinascimento, appunto. A Belluno, nel cinquecentesco Palazzo Crepadona; è già in corso e dura sino al prossimo 22 febbraio. Ed è un appuntamento culturale di grande rilievo perché in questa “mostra dedicata all’arte lignea” viene ricostruito per la prima volta tutto il contesto culturale nel quale si mossero non solo le tante personalità artistiche di quelle terre e di quelle genti ma anche molti artisti forestieri chiamati da una “committenza” ecclesiastica e temporale, colta e raffinata.

A Nord di Venezia, lungo l’antica “Via d’Alemagna”, che conduceva i pellegrini e i mercanti dalle terre “oltremontane” fino alla Serenissima Repubblica, tappa obbligata era Belluno, città di riferimento di un territorio più che mai vasto e frammentato, ricco di risorse primarie, il legname e le miniere di ferro. In quest’area, tra i Quattro e il Cinquecento, si sovrapposero i canali di diffusione delle idee e si mescolarono i principali referenti stilistici cui si rivolsero gli artisti locali per trarre ispirazione. Proprio la particolare morfologia di questo territorio, che rendeva difficili le comunicazioni, e le millenarie divisioni politiche ed ecclesiastiche determinarono una realtà figurativa e stilistica nella quale gli influssi nordici e friulani convivono con elementi veneti.

La mostra presenta un’ottantina di opere di scultura e pittura realizzate in legno, in larga parte conservate ancora negli edifici ecclesiastici sparsi sul territorio bellunese per i quali esse furono concepite e realizzate, mentre le altre provengono da importanti istituzioni culturali straniere, come gli “Staatliche Museen” di Berlino, “Musée Royal des Beaux Arts” di Bruxelles, la British Library di Londra, o da collezioni private.

Il percorso espositivo si snoda seguendo una traccia che dalle più antiche testimonianze cartografiche e storico – artistiche, conduce attraverso codici miniati, erbari, tessuti e oreficerie, al cuore dell’esposizione: le sculture lignee dipinte. Centrale è la poliedrica personalità artistica di Matteo Cesa, raffinato pittore e scultore bellunese. Tra le opere esposte si potrà, per la prima volta dopo le dispersioni ottocentesche, ammirare la ricostruzione della tavola che l’artista dipinse per la chiesa di Sargnano con le Storie della vita di Maria. Matteo Cesa rielaborava in un linguaggio personale le novità figurative che, attraverso i pittori muranesi Vivarini, presenti a Belluno e nel feltrino, giungevano dalla laguna. In mostra a testimoniare la loro influenza ci sarà, proveniente da Berlino, una tavola del polittico dipinto da Alvise Vivarini per il monastero di Santo Spirito a Feltre.

Negli stessi anni gli artisti oltremontani Simone da Tesido, Hans Klocker, Hans Haller, popolarono le chiese delle vallate dolomitiche di scenografiche e raffinate sacre rappresentazioni nelle quali la scultura e la pittura si fondono, creando i Flugelaltare, eleganti e originali altari “alati” che costituiscono una delle principali attrattive dell’esposizione bellunese.

Queste complesse dinamiche di circolazione dei modelli figurativi, non furono limitate alle vallate dolomitiche ma coinvolsero le aree confinati della Carnia e della Marca trevigiana come documentano ancor oggi i lavori di Domenico e Gian Francesco da Tolmezzo in Cadore e nel Comelico o quelli lasciati nel trevigiano dal bellunese Andrea de Foro detto il “Bellunello”. Insomma questa mostra è riuscita a riunire per la prima volta molte delle opere che, nate per Belluno e per il bellunese, andarono successivamente disperse in Europa e in America. Si può quindi parlare di un vero e proprio ritorno a casa.

Info e prenotazioni: 0437-944274; Ufficio stampa: Studio ESSECI – Padova Sergio Campagnolo – Tel. 049-663499 – fax. 049-655098

Il catalogo, a cura di Anna Maria Spiazzi, contiene saggi sulle vicende storiche nel periodo a cavallo tra il Quattro e il Cinquecento, sulla cartografia contemporanea e sulle vie di comunicazione, sui precedenti storico – artistici, e indagherà poi nello specifico gli influssi della cultura veneziana e gli apporti delle regioni confinanti. Un’appendice dedicata ai materiali e alle tecniche di esecuzione, come anche ai restauri effettuati negli ultimi quindici anni, sarà utile per approfondire la conoscenza delle opere esposte e di quelle che per motivi di conservazione resteranno nelle chiese del territorio, da visitare seguendo alcuni itinerari culturali descritti in una agevole guida.




Premio Roma: progetto di rilevanza storica


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Si sta realizzando – come rende noto Aldo Milesi – “un progetto culturale di rilevanza storica”:

La nascita del PREMIO ROMA che, con diverso nome, eredita e rinnova la tradizione del precedente Premio Internazionale “Ostia – Mare di Roma”.

Il successo crescente di edizione in edizione, l’esperienza maturata a vario livello nei collegamenti con i settori avanzati della società italiana, la richiesta obiettiva di testimonianza e visibilità in termini mass-mediali maggiormente proporzionate alla mole dell’attività svolta e ai risultati conseguiti, hanno determinato le premesse naturali per una nuova fase, che si preannuncia avvincente.

In tempi di straordinaria accelerazione e trasformazione dei modi di pensare, dei costumi sociali e delle tecnologie, il PREMIO ROMA, nelle tre sezioni di NARRATIVA STRANIERA – NARRATIVA ITALIANA – SAGGISTICA e nelle cospicue dotazioni e manifestazioni previste a complemento, si propone come un osservatorio di cultura e un luogo di eventi a orizzonte nazionale e internazionale, in un’identificazione con la città di Roma, con la sua centralità e forza irradiante.

Questo significa un riposizionamento complessivo, simbolico ma anche strutturale, che valorizza e reinterpreta le risorse a disposizione – di territorio, di mezzi, di personalità coinvolte, di collaboratori – in un investimento strategico più largo, in presa diretta con le esigenze e le sollecitazioni della realtà contemporanea.

Il Teatro Romano di Ostia Antica, gioiello del Parco Archeologico, sarà ancora il sito ove si celebra la cerimonia ufficiale di consegna dei premi in un’indimenticabile serata degli inizi di luglio, ma nel rapporto ideale con il Colosseo, a delimitare uno spazio iconico per l’attribuizione di quelli che verranno ad essere veri e primi Oscar italiani per la cultura.

 

(Aldo Milesi – Presidente del “Premio Roma” – ASCOM – Centro Direzionale Paolo Toscanelli – Lungomare Paolo Toscanelli, 52 a/b – 00122 lido di Ostia – Roma Tel. 06-5623356 – Fax. 06-5623749).




Zannone presso Ponza un incredibile santuario


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Fenici, e Romani prima; poi, i monaci benedettini – che chiamano l’isola con il nome di un loro martire, San Zannone – e adesso un “presidio” a rotazione settimanale di quattro Guardie Forestali: l’isoletta di (di 102 ettari e una “vetta” di 194 metri) è rimasta un gioiello della natura.

Il problema è che non c’è acqua. I Romani risolsero il problema raccogliendo l’acqua piovana; e ancora oggi da una “cisterna romana” adesso si abbeverano i Forestali, i due asinelli che vengono ammessi per qualche visita.

Sul “Corriere della Sera”, di recente c’è un bel servizio di Giovanni Russo, che visita l’isola con il direttore del Parco del Circeo. Luciano Perotto, e l’Ispettore della Forestale, Giuseppe Stolfa.

L’Ispettore “ha studiato la storia e anche la geologia dell’isola e mi informa che a Zannone vi sono le <<rocce di superficie>> più antiche d’Italia e una flora particolare: la fuscia, il mirto, la lavanda. In questa stagione c’è la splendida fioritura dell’erika”.

E ancora: “si possono osservare oltre duecento specie di uccelli che la sorvolano durante le loro migrazioni, quella dal Nord Europa verso l’Africa durante l’inverno e, in primavera il processo inverso, dal caldo dell’Africa al fresco del Nord Europa. Passano o nidificano gru, cicogne bianche e nere, fenicotteri, cormorani, il falco della regina, l’ibis, l’aquila di mare, il gabbiano reale e ancora il vippio, la magnanina, lo zocotto e il passero solitario. Tra i migratori si possono trovare le rondini, i rondoni, le tortore, le quaglie, i tordi, le baccace. Oggi non si vede nemmeno un gabbiano perché si sono spostati sulla terraferma dove trovano cibo nelle discariche o sui tetti delle case. Da fine marzo a maggio si fermano a migliaia per la riproduzione poi, quando i piccoli cominciano a volare, abbandonano Zannone….”.

Il Parco del Circeo, è l’unico Parco in Italia ad avere un’isola nel suo territorio; e l’obiettivo sarebbe di fare di Zannone il “centro” di un Parco Marino, con incluse tutte le isole Pontine.

Al pianterreno della casa che ospita i Forestali, è ospite abituale un muflone giovane; e c’è “un piccolo museo dove sono esposti nelle teche, accanto alle conchiglie grandi e piccole di molluschi, anche frammenti di costruzioni romane e medievali. Nel diroccato monastero c’è la statua del protettore di Ponza, San Silverio. Esso ospitava dai trenta ai quaranta monaci e c’era una zona per i conversi e una per i novizi. Sull’orlo della roccia i ruderi sono recintati; si gode da qui un bellissimo panorama, da Ventotene a Ponza e s’intravede in basso il faro di Capo Negro, che ha cessato l’attività fin dal 1969…”.

U.G.




I beni artistici in Italia. Catalogazione: fonte di magnifiche scoperte


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Come tutti ricordiamo, fu Federico Zeri a battersi con grande impegno – specie negli ultimi anni di vita – perché si desse luogo ad una “catalogazione” completa dello sterminato patrimonio artistico nazionale. E com’è altrettanto noto, non se ne è fatto nulla o quasi; e la mancanza di fondi continua ad asfissiare un settore, meglio un’area di enorme estensione che, ben gestita, rappresenterebbe, ad avviso di molti, una fonte di reddito per lo Stato bastevole ad eliminare deficit e croniche “stangate” ricorrenti.

Lo dimostra il “caso Benati” – esperto di notorietà mondiale – che, incaricato della “schedatura” dei primitivi emiliani della Pinacoteca Nazionale di Bologna, avviata dal Sopraintendente Iadranka Bentini, farà uscire fra un paio di mesi – per l’editore Marsilio – un Catalogo di ben 4 volumi.

Ma c’è dell’altro, a conferma della esattezza della “richiesta” di Zeri che ricordavamo all’inizio e della tesi di cui abbiamo detto poc’anzi.

Perché, catalogando e inventariando e “schedando” si fanno scoperte di grande valore.

Ne scrive – sul supplemento culturale del “Sole-24 Ore” del 7 novembre, continuiamo a riscontrare noi che lo seguiamo da anni ed anni – Marco Carminati, che qui riprendiamo e che riferisce, appunto, sull’ottimo lavoro del Benati:

“Lo storico dell’arte ha lavorato con metodo: prima, ha passato al setaccio tutti i dipinti esposti nelle sale della Pinacoteca; poi, quelli conservati nei ricchi depositi di Palazzo Pepoli. Infine, si è diretto verso i depositi esterni, uno dei quali si trova addirittura fuori Bologna: è il Seminario di Villa Revedin a San Michele in Bosco.

In questo luogo, in una camera della foresteria annessa all’appartamento arcivescovile, lo studioso-detective ha fatto una scoperta sensazionale: tavolette su fondo oro, che g1i antichi inventari dicevano di «maniera bizantina» e che nessuno prima d’ora aveva mai fotografato, all’ occhio allenato del conoscitore si sono immediatamente rivelate due bellissimi autografi del pittore Gentile di Niccolò di Massio, meglio noto col nome di Gentile da Fabriano (1385 circa – 1427), il più grande esponente della cultura tardo gotica italiana, accanto ad Antonio Pisano detto il Pisanello.

«La mia sorpresa è stata grande davanti a questi quadri» ha detto Benati «anche perché mi sono subito accorto che queste due tavolette, illustranti due Apostoli non meglio identificati, facevano serie con altre due tavolette identiche per formato e soggetto già ben note agli studiosi, ora conservate nella Collezione Berenson di Firenze e correttamente riconosciute a Gentile da Fabriano dal mio maestro Carlo Volpe, dopo una prima attribuzione a Pisanello formulata dallo stesso Berensoll»…”.

Ma c’è di più, scrive ancora Marco Carminati. Perché “dietro una delle tavolette fiorentine si legge un’iscrizione molto importante: in sintesi essa dice che queste tavole sono «frammenti che erano nella cappella di casa Sandei» nella chiesa di Santa Sofia a Venezia; e specifica che erano «bande della palla con intagli all’antica, i quali dai tarli erano corrotti». L’iscrizione, datata 1610, è piuttosto chiara: ci conferma che i quattro pilastrini (bande della palla) provenivano da un grande polittico gotico (all’antica) conservato sull’altare Sandei nella chiesa veneziana di Santa Sofia…”

(a cura di Pino Rauti)




Interrogazione del Sen. Caruso


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Su proposta della Federazione Provinciale del Movimento Idea Sociale di Napoli e della Segreteria Regionale della Campania è stata presentata una interrogazione a risposta scritta del Sen. Luigi Caruso al Presidente del Consiglio dei Ministrie al Ministro dei Beni Culturali sulla situazione dell’ Ente Provinciale del Turismo e sull’Azienda di Cura e Soggiorno di Napoli

 

Per conoscere:

Premesso che la situazione del turismo a Napoli e in Campania è in crisi e chel’Ente Provinciale del Turismo di Napoli (E.P.T.), versa in evidenti e consolidate difficoltàgestionali ed organizzative e che in altrettante difficoltà versa l’Azienda di Cura e Soggiorno di Napoli, lo scrivente chiede di conoscere:




C'è la storia sulle "vie" marittime mediterranee


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A chi volesse approfondire il “retroterra” delle antiche vie marittime del Mediterraneo (e sarebbe curiosità o studio di enorme spessore perché quel retroterra è immenso) niente di meglio che il riferimento a quanto ha di recente messo in luce una bella iniziativa del Museo di archeologia Ligure; con un suo battello salpato dalle banchine del Porto Antico. Verso il “percorso” realizzato in alcune sale di Villa Durazzo Pallavicini, a Pegli.

Il Museo ha offerto ai visitatori, in questa occasione, la possibilità di raggiungere Pegli col mezzo tradizionalmente impiegato dalle famiglie aristocratiche, quando si recavano nelle stupende ville del Ponente genovese. Il tragitto all’interno del porto e dentro il canale di calma sino al Molo Archetti di Pegli, inaugurato dopo i lavori di risistemazione dell’autunno scorso, ha così permesso di ripercorrere alcune testimonianze delle tradizioni marinare di Genova e costituirà la migliore introduzione per la visita. Sono state visitate sale al primo piano del Museo, dove nell’ambito del Progetto europeo INTERREG MEDOCC ANSER – Antiche vie marittime mediterranee, sono stati illustrati alcuni momenti legati al rapporto fra l’uomo ed il mare in Liguria e nel Tirreno durante la preistoria e fino all’età tardoromana.

La “scoperta” del Tirreno da parte dei cacciatori Gravettiani dell’era glaciale, probabilmente spinti dal nord Europa verso sud a seguito di un raffreddamento del clima, avvenuta circa 26.000 anni fa, è documentata da una delle più importanti e ricche sepolture europee, quella detta del “Principe” della Grotta delle Arene Candide. I materiali provenienti da questa grotta, scavata verso la metà del Novecento da Luigi Cardini e Luigi Bernat Brea, permettono di comprendere come l’ambiente ligure e le risorse del mare abbiano influenzato il modo di vita l’alimentazione e i rituali sepolcrali delle comunità che la frequentarono durante vari momenti dell’era glaciale. La stessa grotta fu scelta come rifugio da uno dei primissimi gruppi di agricoltori ed allevatori che si insediarono in Italia Centrale e settentrionale, oltre 7000 anni fa. Arrivarono sulla costa ligure via mare, portando nelle proprie imbarcazioni nuove tecniche, piante ed animali fino ad allora sconosciuti in Europa (grano, orzo, pecore) e crearono i primi insediamenti stabili nella nostra regione. A partire dal questo momento le vie marittime del Tirreno sono aperte e frequentate stabilmente per contatti e scambi di materie prime rare che coinvolgono la costa ligure.

I Liguri e i loro contatti con le culture mediterranee, documentati dagli autori antichi e dalle ricerche archeologiche, la nascita dei primi porti e la fondazione di Genova 2500 anni fa ad opera dei mercanti etruschi cl percorrevano la costa ligure verso la Francia meridionale costituiscono uno dei capitoli più interessanti del percorso.

I ricchi corredi delle tombe scoperte sotto Via XX Settembre ci permettono di comprendere quale fosse il modo di vita dei primi abitanti di Genova, etruschi e liguri.

Il porto di Genova nel III-II secolo a.C. svolge un ruolo importante nelle operazioni militari romane contro i Liguri e durante la seconda guerra punica, fino a diventare il caposaldo militare della penetrazione romana verso la Pianura Padana.

La Tavola di Polcevera offre un quadro di straordinario interesse del genovesato nel 117 a.C. e del processo di romanizzazione della regione.

Le merci importate a Genova e reperti provenienti da alcuni relitti sottomarini permettono di offrire elementi sulle rotte e sui commerci a Genova e in Liguria durante l’età romana.

All’interno del percorso sono stati inoltre esposti per la prima volta alcuni materiali della collezione privata Ballotta Olivieri, di recente depositata dai proprietari presso il Museo.

Questa circostanza permette, dopo opportuni interventi di restauro, di restituire alla pubblica fruizione interessanti reperti per la maggior parte di provenienza sottomarina. Lo studio ancora in corso da parte di Piera Melli della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria, benché reso assai arduo dall’assenza dei dati del contesto archeologico quali le modalità di recupero hanno provocato la perdita, ha evidenziato notevoli elementi di interesse.

Sono intervenuti l’Assessore alle Istituzioni Museali del Comune di Genova, Luca Borzani, la Soprintendente per i Beni Archeologici della Liguria Giuseppina Spadea, Tiziano Mannoni e Gianpiero Martino in qualità di membri del Progetto europeo Interreg Medocc ANSER – “Antiche vie marittime mediterranee” oltre che come importanti esponenti del panorama archeologico ligure. Comunicazione Musei Civici di Genova: Redazione – Armanda Piccardo 010 5574732 – Responsabile – Gabriella Taravacci 010 5574736. Informazioni Museo di Archeologia Ligure Villa Pallavicini, Via Pallavicini, 11 – 16155 Genova.




La "Natura in casa" da un negozio di Cortina


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Quando si visita un centro turistico come Cortina, in termini di turismo culturale non c’è che l’imbarazzo della scelta, a cominciare da quello che si può imparare sulle antiche – e ancora valide! – regole e normative per la gestione comunitaria delle foreste.

Musei e centri studi, a Cortina o nei centri vicini sono davvero a portata di mano.

Ma c’è un turismo culturale di altro livello – non diciamo inferiore perché non è così; è, appunto, di altro diverso livello – non meno curioso e interessante da segnalare.

Ed è quello, per esempio, che dagli affollatissimi mercati a certe raffinate “botteghe”, mira a mettere in contatto anche il pubblico più distratto con “prodotti naturali” legati alle tradizioni del territorio. Come c’è capitato di constatare ad esempio all’”Art-Cortina-House” di Gabriele Gasparo, che di quelle tradizioni e di quei prodotti è un conoscitore tra i più appassionati.

Il motto-logo è: “la Natura in casa vostra” e Gaspari con i suoi soci e collaboratori ci riescono magnificamente.

Dove li trovate i “giornali ecologici?”

E dove, cuscini cilindrici, cervicali e…a forma di cuore?

E poi, ce ne sono “al farro”; indicato secondo la tradizione vuole, come un rimedio popolare che…sostituisce la borsa d’acqua. Perché “il calore del farro viene emanato in forma costante” e stimola la vascolarizzazione muscolare (dopo il riscaldamento in forno).

C’è anche un cuscinetto “ai noccioli di ciliegia”, che può anche esser in frigo e funzionare da borsa-ghiaccio.

C’è pure un “mix” tra lana vergine e pula di farro, proprio quello che adoperavano nell’alto Medio Evo nelle malghe sepolte dalla neve e per le vene, il non meno “antico” cuscino con il grano saraceno, che d’estate è un appoggio rinfrescante.

Pubblicità? Certo. Ma altrettanto certamente non esagerazioni. Perché sul farro sono state riscoperte biblioteche intere – anche per l’alimentazione – e le proprietà benefiche del grano saraceno sono state riconosciute dai ricercatori dell’Università di Wurzburg che hanno definito quella del grano saraceno “la pianta curativa dell’anno 2000”.

Leggiamo così, per la pula di miglio: “fin dal Medio Evo, le contadine mettevano sotto la testa dei loro bambini cuscini imbottiti di pula di miglio perché abbracciavano la nuca come la mano materna…”.

E poi, ancora: “il cuscino viene riempito a mano seguendo i ritmi delle fasi lunari…”.

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“Art House” di Gabriele Gaspari & C.

3243 – Cortina d’Ampezzo – Corso Italia, 96 tel 0436.863898 – Piazza Venezia, 3 tel 0436.879168.




In Liguria c'è anche il "Turismo dei Santuari"


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Poco noto – nel Genovesato – ma in netta crescita, specie adesso, nel più sereno e tranquillo tempo autunnale – quello che può senz’altro essere definito il “Turismo dei Santuari”. E mettiamo la “T” maiuscola perché se la merita; perché è davvero un penetrare in tutto un mondo pieno di suggestioni dell’anima; oltre che di storia e di cultura.

Il percorso dei Santuari, attraversa le valli del Genovesato e raggiunge i grandi santuari che conservano opere sacre di pregio. Dalla Madonna della Guardia sulle immediate alture della città alle località appenniniche delle valli. Un itinerario che unisce il fascino di luoghi sacri alle suggestioni di un territorio costellato di ville nobiliari d’epoca, prati, boschi e ampie vedute.

Da Bolzaneto a Rivarolo: Dal santuario della Madonna della Guardia si scende a Bolzaneto dove alcune storiche architetture religiose e civili – la chiesa di San Francesco della Chiappetta, rifacimento barocco di un complesso conventuale duecentesco e l’ospedale derivato dall’adattamento di un edificio già esistente nel Quattrocento, trasformato nel secolo scorso in villa – evocano epoche in cui la bassa valle del Polcevera non era il territorio che l’industrializzazione e l’urbanizzazione più spinte ne hanno fatto. Da qui si può, proseguendo fino a Rivarolo, compiere una deviazione che consente di visitare un altro santuario urbano molto caro ai genovesi, quello della Madonna del Garbo, sito a ridosso del forte Begato in posizione panoramica da cui s’inquadrano la valle e lo stesso santuario della Guardia. Connesso alla tradizione del miracoloso ritrovamento dell’immagine della Madonna da parte di un bambino, avvenuto nel XIV secolo, il santuario, la cui struttura attuale risale al Seicento, ha subito rifacimenti successivi.

Da Molassana a Bavari: Tornati a Bolzaneto si passa lo spartiacque e si raggiunge Molassana, tappa iniziale del viaggio religioso che di valle in valle lungo Bisagno, alta Scrivia e alta Trebbia, porta dalla diocesi di Genova a quella di Tortona.

Nei distinti nuclei che compongono l’antico insediamento si visitano la chiesa di San Pietro, di origine medievale ma ricostruita nel Seicento, e l’oratorio di San Giacomo, di origine trecentesca ma anch’esso trasformato, dove è conservata una cassa processionale sulla quale è raffigurato San Giacomo che sconfigge i Mori.

Giunti a Struppa, si consiglia di deviare subito sulla destra per Bavari, antico borgo sorto su uno degli itinerari fra costa e interno, dove si può visitare la parrocchiale di San Giorgio che conserva evidenti tracce dell’originaria struttura romanica e una pregevole Madonna cinquecentesca.

Da Struppa ad Acquafredda: A Struppa, all’inizio della via collinare per Montoggio, in posizione strategica all’incrocio di storici itinerari intervallivi, sorge l’abbazia di San Siro, importante pieve edificata intorno al Mille che un recente e accurato restauro ha riportato alla purezza delle primitive forme protoromaniche, modificate nel corso dei secoli. All’interno vi si conserva il poi ittico di San Siro, degli inizi del XVI secolo, raffigurante un’interessante allegoria religiosa: un palmipede dal piumaggio variopinto che sconfigge il basilisco.

L’itinerario prosegue per Aggio dove sorge la chiesa di San Giovanni Battista, di origine seicentesca ma rifatta nell’Ottocento, nella quale sono conservati importanti dipinti del Seicento genovese.

A Creto – oggi località di villeggiatura fra i prati, anticamente luogo di valico – si passa nell’alta valle Scrivia e, attraversata Acquafredda, si raggiunge il santuario di Nostra Signora delle Tre Fontane. Il culto di questa Madonna, apparsa a una giovane nei pressi di tre sorgenti, risale al medioevo essendosi perdute le tracce delle primitive strutture, l’attuale edificio risale al 1780 ed è stato oggetto di un recente restauro: presenta all’esterno il tipico portico dei santuari montani e, all’interno una struttura tre navate.

Qui, durante la tradizionale processione dell’8 settembre, giungono numerosi ammalati in pellegrinaggio per bagnarsi nell’acqua miracolosa.

Da Montoggio a Rovegno: Da Creto si prosegue per Montoggio, borgo medievale divenuto nel Cinquecento possedimento dei Fieschi di cui resta il loro castello.

Notevole la parrocchiale di San Giovanni Decollato soprattutto per l’importanza delle pale d’altare, opera di protagonisti della pittura ligure del Seicento (Carlone, Fiasella, Pio la, De Ferrari, Guidobono).

Da Montoggio si prende la strada statale sino alle rovine del castello Malaspina. Il borgo, che nel passato ha ricoperto un’importante funzione di collegamento sulla via di transito tra Liguria e Piacentino (sede di un insediamento monastico dipendente dall’abbazia di Bobbio) è fin dal XIX secolo una rinomata località turistica di soggiorno per le famiglie genovesi, con ville e palazzi d’epoca.

Percorrendo la statale Genova-Piacenza che porta da Torriglia all’alta vai Trebbia attraverso la galleria della Buffalora, si supera il fiume a Ponte Trebbia e, costeggiata la riva sinistra del fiume, si arriva fino al santuario di Montebruno dove si conclude l’itinerario. Chi vuole può proseguire fino a Rovegno, antico centro pievano dell’alta vai Trebbia, dove si trova anche un piccolo museo della civiltà contadina.

Per ulteriori informazioni: regione Liguria – Via Fieschi 15 – 16121 Genova – 010.54851 – Fax: 010.570273.