L’analisi evidenzia da principio le motivazioni che, già prima del pesante rovescio del Fronte Popolare alle elezioni del 18 aprile 1948, indussero il Pci a concentrarsi sullo sfondamento a destra con circospezione e riserbo, onde evitare di riaprire le polemiche innescate dall’amnistia Togliatti
Soffermarsi su vicende minori e circoscritte rappresenta talvolta la cartina di tornasole che i processi di formazione della storia spesso non sono affatto lineari, né si lasciano facilmente ingabbiare nei rigidi schemi della competizione politico-ideologica.
La lettura dell’articolo di Giuseppe Pardini “Lo specchietto per le allodole. Il Pci e il reclutamento dei neofascisti (1949-1953)”, comparso sulla rivista “Il Presente Storico” nel 2024, si segnala per la profondità con cui corrobora questa tesi.
L’analisi evidenzia da principio le motivazioni che, già prima del pesante rovescio del Fronte Popolare alle elezioni del 18 aprile 1948, indussero il Pci a concentrarsi sullo sfondamento a destra con circospezione e riserbo, onde evitare di riaprire le polemiche innescate dall’amnistia Togliatti. La realistica presa d’atto dell’inaspettata capacità di attrazione del neofascismo nei confronti dei giovani si sovrapponeva in tal senso alla scelta tattica di rinvigorire i nemici del sistema, specialmente a partire da quando per i due partiti delle estreme si materializzò il rischio concreto di finire sotto la scure della legge Scelba.
La politica di attenzione per i missini antisistema
La politica di apertura, soprattutto verso i missini d’orientamento repubblicano, si articolava lungo le direttrici sia del reclutamento da parte della Federazione dei giovani comunisti italiani (Fgci) sia di quello degli ex combattenti o sostenitori della Repubblica Sociale Italiana; la scelta era infatti finalizzata anche a respingere le accuse provenienti dalla sponda opposta di fomentare l’odio verso i reduci di Salò.
Pajetta e Ruinas
Non desta quindi sorpresa che, sotto la supervisione di Pajetta (capo del settore stampa e propaganda), i comunisti finanziarono circoli e gruppi della rivista di Stanis Ruinas “Il Pensiero nazionale” – schietta interprete di istanze tipiche del “fascismo rivoluzionario”, quali le contrapposizioni alla borghesia, al capitalismo, all’occidente e il netto rifiuto dell’inserimento nel gioco militare dell’imperialismo straniero – allo scopo di penetrare negli ambienti ostili al Movimento sociale italiano che guardavano verso sinistra.
L’ampio spazio dedicato alle informative del Sifar e alle relazioni preparate dagli organi di controllo e di polizia per la questura di Roma restituisce i contorni di una fitta e altalenante rete di contatti.
L’apertura di Berlinguer
Ispirandosi al contenuto di un’inchiesta del periodico di partito “Pattuglia”, incentrata sulla centralità del patriottismo come elemento catalizzatore di un nuovo patto d’unione della gioventù italiana, Berlinguer affermava durante un comizio al cinema “Splendore” di Roma la necessità che il dialogo fosse aperto ai temi della pace e della patria e che le ragioni dell’altra parte (“errate, ma in buona fede”) giustificassero la politica della mano tesa. Piuttosto diffusi nelle regioni del Veneto, della Liguria e della Toscana, gli inviti al confronto raccolsero le adesioni del settimanale “L’Asso di bastoni”, che si avvaleva tra gli altri della collaborazione di Pino Rauti, di federazioni giovanili socialiste e della Cgil, ma non quella dell’Azione Cattolica.
Indicativi di un elemento sottovalutato se non completamente ignorato da più parti, quello dell’estrema eterogeneità e frammentarietà della galassia neofascista, sono i rilevanti cenni al puntuale ripresentarsi di dissidi e contrasti personali che si erano manifestati sin dal periodo bellico.
Il duello Graziani-Borghese
“Il Pensiero nazionale” avviò così una campagna di avvicinamento all’ex maresciallo Graziani (che, in cambio dell’appoggio alla sua liberazione, avrebbe assunto un atteggiamento “democratico di sinistra”) e ostile al principe Borghese, in seguito presidente onorario del partito della fiamma, influendo sulla ripresa delle ostilità tra i due.
Sotto la medesima chiave interpretativa viene letta la nomina, voluta da Graziani, a ispettore nazionale della Federazione nazionale combattenti repubblicani del comandante Ferruccio Ferrini, già sottosegretario alla Marina a Salò, collaboratore dei comunisti e penna del periodico di Ruinas, nonché protagonista anni addietro di una frizione con Borghese, contrario al fatto che il reparto autonomo della X Mas rispondesse a ordini ministeriali.
Su iniziativa di Luigi Longo nacque nel marzo 1952 il “Comitato patriottico della gioventù contro l’occupazione straniera e per l’indipendenza nazionale”, legato ai Partigiani della pace e alla Fgci e presieduto da un altro attore principale e molto discusso delle trattative, Lando Dell’Amico.
Il progetto poi sfumato
Consapevole della primaria importanza dell’obiettivo di rompere il monopolio democristiano, il bollettino della commissione stampa della Direzione centrale del Pci Propaganda” propose di estendere il dialogo ad altre tematiche in vista della campagna elettorale nel Mezzogiorno per le amministrative. L’attività diretta ad attrarre nell’orbita della sinistra i neofascisti però si interruppe e non ottenne i risultati sperati, inducendo molti dissidenti missini a spostarsi verso le sirene del cosiddetto socialismo nazionale.
L’esperienza approfondita in queste pagine costituisce, tuttavia, un monito valido ancora oggi perché nell’attuale congiuntura assistiamo sempre più di frequente, non di rado tra gli stessi addetti ai lavori, alla crescita delle schiere sempre più numerose di coloro i quali confondono il mestiere dello storico con quello del militante politico.
[Fonte: www.barbadillo.it]