avantionline.it - Il cosmopolitismo di Dante non è di destra


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Le parole pronunciate dal ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, nel corso della manifestazione organizzata da Fratelli d’Italia a Milano per l’inizio della campagna elettorale in vista delle prossime elezioni regionali: “Il fondatore del pensiero di destra in Italia è stato Dante Alighieri. La destra ha cultura, deve solo affermarla”, ha sollevato immediatamente numerose critiche con toni polemici.
Raffaella Paita, presidente del gruppo Azione-Italia Viva in Senato, ha scritto: “Se il ministro Sangiuliano deve andare a scomodare Dante per trovare un riferimento culturale alla destra, il ministro della cultura ha qualche problema con la storia e la Meloni ha qualche problema con la scelta dei ministri”.
Irene Manzi, capogruppo PD in commissione cultura, ha affermato: “Il Ministro Sangiuliano lasci stare almeno Dante. Capiamo che è un ottima fonte di pubblicità e che al Ministro piace pronunciare parole in libertà, ma non scomodiamo il padre della lingua italiana per analisi risibili e caricaturali. Invece di pensare a governare, all’inflazione che si mangia gli stipendi, alla benzina che rincara, si impossessano, senza timore di sembrare ridicoli, anche di Dante. Se non fosse un momento drammatico per il Paese ci sarebbe da ridere. Le parole improbabili del Ministro Sangiuliano indicano chiaramente la qualità dell’esecutivo Meloni: tante chiacchiere e zero fatti”.
Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, ha sostenuto: “Non ci spieghiamo come il ministro Sangiuliano abbia potuto considerare il sommo Poeta come il fondatore del pensiero di destra in Italia. Basterebbe il fatto che Dante stava con i guelfi bianchi e chi lo ha esiliato sono i neri: ogni altra considerazione è superflua. Per questo il ministro della Cultura fa riferimenti culturali sbagliati, perché dovrebbe sapere che Dante nel 1302 fu costretto all’esilio proprio perché militava nei Guelfi Bianchi e voleva uno stato laico, attaccava duramente il trasformismo della politica e auspicò la funzione regolatrice del diritto e la socialità dell’uomo, temi che non sono propri della destra di Giorgia Meloni. Quindi consigliamo al ministro di lasciare perdere Dante, perché i riferimenti culturali della destra oggi sono Trump e Bolsonaro.”
La destra politica, nell’Italia repubblicana, è stata rappresentata principalmente dalla linea del MSI di Almirante. Assunse una posizione anticomunista per contendere alla sinistra il suo elettorato su temi come ambientalismo, antiamericanismo, un atteggiamento più aperto alle sfide di un mondo in evoluzione e un maggiore anti-capitalismo, sebbene ancora orientati verso schemi considerati dal mondo giovanile troppo istituzionali o ingessati. E soprattutto uno degli elementi di frizione maggiore fu l’idea dei giovani della Nuova destra di andare oltre gli schemi di destra e sinistra, cercando, tuttavia, di aprire, senza successo, a dialoghi con mondi culturali opposti come quello socialista o comunista.
Infatti, nel 1985, sulla crisi di Sigonella il partito si divise in due fazioni. Un’ala, più legata alla divisione Occidente-Oriente, caratterizzata da un anticomunismo intransigente che considerava l’Oriente filo-sovietico, era capeggiata da Mirko Tremaglia e Filippo Berselli considerati moderati. Assieme al segretario Almirante si schieravano sulla linea “alleati sì, servi mai”. La seconda ala, più di sinistra e filo-palestinese, era invece guidata da Pino Rauti, Tomaso Staiti di Cuddia e Beppe Niccolai. Quest’ultimo convinse il comitato centrale missino ad emanare un comunicato a sostegno del presidente del Consiglio Bettino Craxi.
Nel 1990, prima che iniziasse la Guerra del Golfo, Gianfranco Fini andò a portare prima tutto il suo appoggio a Saddam Hussein e poi a Slobodan Milošević, denunciando apertamente l’imperialismo occidentale nell’intento di sottrarre consensi al segretario di allora Pino Rauti, esponente dell’ala più a sinistra del partito. In seguito sulla guerra del Golfo la linea dell’opposizione guidata da Fini cambiò a favore dell’intervento in Iraq, sino a mettere la segreteria Rauti-Mennitti (del tutto sfavorevole) in minoranza.
Successivamente, nella cosiddetta Seconda Repubblica, inizia il processo di trasformazione. Il MSI, nato dalle ceneri del Partito Nazionale Fascista, diventa Alleanza Nazionale, senza rinunciare alla cultura nazionalista, cercando di arginare l’antiamericanismo ed incorporando idee sempre più liberali in tema economico, fino a confluire nel partito berlusconiano di centro destra “Il Popolo della Libertà” (dopo le esperienze elettorali del Polo del Buon Governo, del Polo per le Libertà e della Casa delle Libertà). All’interno di AN si distinse la corrente destra sociale guidata da Francesco Storace e Gianni Alemanno. Nel frattempo, un tentativo di ricostruire una forza politica più attinente al defunto MSI fu prima il Movimento Sociale Fiamma Tricolore, fondato da Pino Rauti, nel 1995, in dissenso con la Svolta di Fiuggi, poi dalla lista Alternativa Sociale guidata da Alessandra Mussolini, dopo aver abbandonato Alleanza Nazionale, che includeva Forza Nuova, Fronte Nazionale, Azione Sociale  e, per un certo periodo, anche il Movimento Sociale Fiamma Tricolore, ma la coalizione non avrà successo e si scioglierà nel 2006. Sarà poi il turno de La Destra di Francesco Storace, scioltasi anch’essa. Nel 2009, Luca Romagnoli dà vita all’associazione culturale Destra Sociale.
Nel 2012 un gruppo di parlamentari guidati da Ignazio La Russa, Giorgia Meloni e Guido Crosetto fuoriescono dal Popolo delle Libertà per fondare Fratelli d’Italia, movimento politico a cui la fondazione Alleanza Nazionale concederà l’uso del simbolo che fu del partito. Il movimento che adotta come simbolo la fiamma tricolore, storico simbolo dell’M.S.I., si pone come erede diretto di quella tradizione politica. Nel 2019 il Movimento Nazionale per la Sovranità aderisce a FdI e CasaPound annuncia la cessazione della sua attività elettorale non candidandosi più alle future elezioni.
All’interno della coalizione di centro-destra si distinguono: Fratelli d’Italia che si pone alla destra della macroarea, con il sostegno alla economia sociale di mercato, e la Lega che mostra da una parte un’ala liberale, che vede in Giancarlo Giorgetti uno dei suoi principali rappresentanti, e dall’altra parte un’ala più statalista e post-keynesiana  ma comunque contraria ad aumenti di tasse (e favorevole alla flat tax) che vede tra i suoi rappresentanti gli economisti Claudio Borghi e Alberto Bagnai. Per quanto concerne la destra extraparlamentare sia Forza Nuova che CasaPound  sostengono il corporativismo ma si distinguono in quanto in FN è possibile riscontrare maggiormente istanze provenienti dal socialismo nazionale, mentre in CPI è prevalente la presenza di idee del comunitarismo. Mentre la Lega mostra posizioni più euroscettiche, Fratelli d’Italia, pur criticando la struttura economicistica e anti-sociale o anti-nazionale dell’Unione europea, auspica una svolta in senso confederale della stessa che tenga conto dei valori legati alla tradizione e alle radici greco-romane e cristiane dell’Europa e porti all’approntamento di una politica estera di comune interesse europeo ed indipendente ma sempre tenendo in primo conto la sovranità economica e politica della “Patria”, identificata come unico argine alla “globalizzazione senza regole”
Non mancano in FdI le critiche alla globalizzazione, considerata lesiva per gli interessi nazionali italiani e per le piccole e medie imprese, data la concorrenza sleale di colossi americani e cinesi, sia del web e social che non, come Amazon, Alibaba, Facebook e Twitter, chiedendo l’introduzione di tasse italiane ed europee.
Resta dunque una chiara connotazione nazionalistica della destra italiana, in contrapposizione al concetto di cosmopolitismo che si pone oltre la globalizzazione.
Oggi, sono molto numerosi gli interventi e le opere dedicate, al tema della nazione.
Tra nazionalismo e cosmopolitismo esiste una diversità non solo di accento ma anche sostanziale.
Il nazionalismo è una forma di degenerazione o di distorsione dell’idea nazionale e si associa ad atteggiamenti di aggressività, di chiusura e di esclusione. Ogni buon nazionalista, in effetti, si presenta come difensore di una sola idea di nazionalità, la sua, ma nello stesso tempo si rivela quale nemico di tutte le altre.
Il concetto di cosmopolitismo è senz’altro identificato con l’essenza stessa dell’umanità, un processo inclusivo di identificazione dei popoli con l’intero genere umano in contrapposizione alle esclusioni dei nazionalismi.
La nazione sarebbe qualcosa di oggettivo, di reale, denotando un insieme di rapporti etnico-culturali che legano e tengono unita una certa comunità umana.
Il nazionalismo indica piuttosto il momento ideologico o politico, significando lo sforzo di trasformare la realtà storico-sociale della nazione in un organismo politico particolare, in uno stato. Poi si manifestano le forme degenerative. L’insieme degli esempi che possono essere addotti e che sono sotto agli occhi di tutti, mettono a fuoco un aspetto tipico di questa idea: il suo forte impatto emotivo, la sua capacità di generare partecipazione ed entusiasmo, di evocare sentimenti.
L’idea stessa di nazione è un atto della volontà, ma anche uno stato d’animo, un fatto della coscienza, il quale però sembra affondare le radici nel più profondo dell’animo umano ed essere in grado di muovere irresistibilmente all’azione, producendo eroi e martiri, suscitando odi, entusiasmi e fanatismo. Tutto ciò induce alle guerre tra popoli, agli odi ed alle violenze senza il minimo rispetto dei diritti universali degli uomini sui quali prevalgono gli egoismi.
La figura di Dante è estremamente complessa, al punto che non è assolutamente possibile scindere il poeta dal politico. La visione dantesca del mondo è tipicamente medioevale. In essa convivono sostanzialmente due sfere distinte: il potere politico terreno e la religione.
Il punto principale del pensiero politico si basa sull’accusa di degenerazione morale e di corruzione politica rivolta alla Chiesa cattolica. Principali responsabili, secondo Dante, sono proprio i pontefici.
Secondo Dante, la corruzione della Chiesa è peccaminosa perché stravolge la volontà divina in due modi: allontana l’umanità dalla salvezza esaltando il vizio e deprimendo il bene; insidia la distinzione tra potere temporale, destinato all’impero, e potere spirituale, destinato alla Chiesa.
Dante denunciò la Chiesa, che allora usurpava spesso il potere temporale e provocava divisioni, guerre e corruzioni nella Cristianità.
Impero e Chiesa sono le due massime istituzioni medioevali in termini di potere guardate da Dante come fondamenti assoluti in materia politica.
Secondo Dante, nessuna prevaricazione dei poteri dell’altro deve essere possibile tra papa e imperatore: i due poteri sono entrambi infinti e distinti. Di qui qualcuno ha potuto leggere in Dante un orientamento prevalentemente Ghibellino, che si manifesta soprattutto nelle sue invettive contro la corruzione della Chiesa.
Dante vede nel distacco dall’antico costume di vita (classico) l’origine profonda di quella disonestà e di quel senso prevaricatore che invade sia chierici che laici, che corrode i più alti fondamenti della civiltà e pone gli uomini come bestie in lotta fra loro, abbandonati alla violenza della fazioni.
Dante accomuna la figura dell’intellettuale a quella del profeta. Ritiene di essere stato investito da Dio della missione di indicare all’umanità la via della rigenerazione e della salvezza. Per questo deve compiere il viaggio nei tre regni dell’oltretomba, esplorare tutto il male dell’inferno, trovare la via della purificazione nel purgatorio e ascendere al cielo fino alla visione di Dio nel Paradiso.
La Commedia nasce da qui: dal volerlo ripetere agli uomini mediante il suo poema, in modo che essi possano ritrovare la diritta via che hanno smarrito.
Ciò che accomuna Petrarca a Dante è la loro concezione di figura di intellettuale. La loro elevata posizione di uomini colti e letterati li obbliga ad assumere una funzione pubblica, che li eleva dal rango di semplici cortigiani e li rende intellettuali-cittadini.
È questo l’atteggiamento che si deduce dall’opera di Petrarca, Italia mia, dove il poeta critica le lotte fra i signori italiani e invita alla pace e dalla poetica contro la corruzione della Curia papale.
Negli anni della discesa di Enrico VII in Italia (1310-1316), Dante componeva il De Monarchia, in cui è esposta la sua concezione politica.
Le idee che si leggono nel testo esprimono una delle speranze più care al poeta e che ritornerà varie volte nella Commedia: la nascita di un impero che raccolga sotto la sua giurisdizione tutti i popoli. Solo questo può porre termine alle cupidigie e alle guerre dei vari stati e instaurare la pace e la giustizia.
Il primo libro del “De Monarchia” parte dal principio che la monarchia universale sia un qualcosa di necessario poiché il suo compito è quello di assicurare il rispetto delle leggi e quindi uno stato di giustizia e armonia tra gli uomini necessarie, insieme alle quattro virtù cardinali, per il raggiungimento della felicità terrena.
Nel secondo libro del De Monarchia è dimostrato che l’autorità imperiale spetta al popolo romano, il cui impero fu voluto da Dio.
Nel terzo libro, il più rivoluzionario, è affrontato il problema dei rapporti tra impero e papato. Contro la teocrazia sostenuta dai più grandi pontefici vi si afferma l’indipendenza dell’autorità temporale da quella spirituale, che mirano l’una alla felicità terrena e l’altra a quella ultraterrena.
Ma accanto all’ideale di impero del pensiero di Dante si legge già la differenziazione degli stati moderni, che si stavano determinando alla fine del medioevo.
Contro i tanti mali del mondo, la corruzione, gli egoismi, le cupidigie scatenate sulla terra, Dante vede una sola salvezza nelle due autorità, Chiesa e Impero, che si rifondino in una unica entità.
Quindi, Dante non è il fondatore del pensiero politico della destra, ma esattamente l’opposto poiché condanna fortemente i nazionalismi (che sono alla base del pensiero politico della Destra) e indica la via del cosmopolitismo (finora ignorato dalla Destra) per evitare le guerre e raggiungere l’armonia dell’umanità in tutto il mondo.

[Fonte: www.avantionline.it]