Ci sono anche (e sono molte) le verità dei sudisti


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Esce per Sellerio, il libro di C. F. Woolson su quelle che Renzo S. Crivelli – su “Il Sole-24 Ore” del primo maggio scorso – definisce “Verità Sudiste lette in filigrana”. E’ il titolo del suo articolo, che ha per occhiello: “Oltre la censura, uno sguardo realistico sulla guerra civile americana”.

Eccone il testo:

«La guerra fu il cuore e lo spirito della mia esistenza… Dopotutto, allora, abbiamo vissuto»: con queste parole Constance Fenimore Woolson, scrittrice americana nata in New Hampshire nel 1840 ma trasferitasi al sud pochi mesi dopo la fine della Guerra civile americana, affronta il problema della devastzione degli Stati confederati e della difficile ricostruzione postbellica. Woolson – che terminò la sua esistenza in Italia, forse suicida a Venezia, nel 1894 – è una recente scoperta per il pubblico italiano (anche negli Stati Uniti è stata a lungo negletta nonostante il successo che ebbe quando era ancora in vita) e con la sua voce, chiara e lucida nelle descrizioni dei paesaggi e molto poetica e accattivante nei ritratti umani, appare ormai alla critica come un punto di riferimento della narrativa del sud.

Negli anni trascorsi sugli scenari del terribile conflitto che segnò la nascita degli Stati Uniti moderni, Woolson scrisse molti racconti (inseriti poi nel volume Rodman the Keeper: Southern Sketches, uscito nel 1880) in cui analizzò con realismo e obiettività i guasti di un “assistenzialismo” fasullo, convinta che l’abolizione della schiavitù fosse solo un pretesto marginale a fronte di un piano nordista, assai aggressivo peraltro, di penetrazione economica. Un approccio critico alla politica nordista, questo, che le valse una censura secca da parte del suo editore, Joseph W. Harper, il quale intervenne pesantemente sulla scrittrice, imponendole di abbandonare le tematiche strettamente connesse al sud dopo la Guerra civile (un diktat che rifletteva bene la nuova politica nordista tesa a minimizzare i riflessi di una problematica unificazione). A una simile scelta, certo di parte, Woolson si adeguò (ma solo formalmente), nonostante il giudizio lusinghiero di un colosso della letteratura americana – suo contemporaneo – come Henry James, che di lei ebbe a scrivere che la grande rilevanza dei suoi racconti risiedeva proprio nell’aver saputo dare voce al «patetico mutismo del sud» e nell’ aver avvalorato l’idea che «nessuna rivoluzione sociale di eguali proporzioni sia mai stata riflessa così poco nella letteratura, rimanendo non documentata, non dipinta, non cantata».

Ma Walsoon ha saputo fare tutto ciò, anche con le limitazioni imposte da Harper, producendo alcuni romanzi in cui, in filigrana, è pur sempre ,possibile leggere la “verità” sudista proprio attraverso le metafore e le allusioni simboliche in essi contenute. È questo il caso di Per il maggiore, una della sue opere più interessanti, ora tradotto per la prima volta da Sellerio con la garbata cura di Edoardo Grego. Si tratta di un’opera, apparsa a puntate tra il, 1882 e il 1883 sul famoso «Harper’s New Monthly Magazine», con al centro la storia del maggiore Scarborough, il cui nome, significativamente, richiama sia searborough warning, che allude a un attacco senza preavviso dove i conquistati cadono inermi sotto i colpi del nemico (un’immagine del sud espropriato, dunque), sia sear, che evoca le cicatrici della guerra. Scarborough vive relegato in una cittadina della Carolina del Nord a rappresentare l’ultimo dei possidenti sudisti dal carisma culturale assai diffuso in tutta la comunità, e ci viene descritto dalla W oolson come un sopravvissuto, appartenente a una tradizione ormai dissolta e condannato a una simbolica cecità (in realtà egli, chiuso nel sogno di un amore falsamente adolescenziale, «non vuole vedere» il presente e la sua amnesia si estende anche a ciò che lo circonda, a quel “nuovo” sud in cui non si riconosce).

Per il maggiore è un romanzo in cui si dà voce anche alle donne, rappresentate dalla moglie di Scarborough, Marion, che accetta la finzione di sottrarsi gli anni con trucchi fisici pur di soddisfare l’esasperato bisogno di gioventù del marito, ma che ha completa consapevolezza del suo ruolo ingiustamente sottomesso. «Noi donne soffriamo più degli uomini, che sono stupidi e a cui bisogna spiegare tutto», afferma la protagonista femminile. Ma è anche un romanzo in cui si parla di «memoria non condivisibile» (un tema così attuale anche in Italia, se riferito alla nostra passata guerra civile), e in cui compare un personaggio colored assai interessante (il musicista martinicano Dupont, che adombra il problema del “meticciato” evocando un possibile, precedente, matrimonio misto di Marion).

“Per il maggiore” – di Costance Felimore Woolson”, traduzione di Edoardo Grego – pagg. 260 – euro 9,00 – Editore: Sellerio – Via Siracusa 50 – 90141 Palermo – Tel. 091.16259475 Fax. 091.6258802.