Come è nata nel Valdarno una tenuta agricola “eccellente”

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[La data originale di pubblicazione del presente articolo è precedente a quella attuale – © Centro Studi Pino Rauti – Tutti i diritti riservati]

Ce lo racconta Candida Zanelli in un bel servizio, documentatissimo, illustrato dalle foto di Stefania Giorgi, sulle pagine di “V.S.”- Testo di Stefano Tesi.

Galeotta fu la battuta di caccia. Durante la quale Ferruccio Ferragamo, rampollo della nota famiglia calzaturiera e figlio del capostipite Salvatore, si innamorò. Non però di una bella fanciulla o della consorte del padrone di casa, all’epoca (si era nei primissimi anni ’90) Amedeo di Savoia, duca d’Aosta, ma della sua tenuta: il Borro, glorioso e un po’ malmesso borgo dalle parti di San Giustino Valdarno, nella più bella campagna aretina, storica proprietà degli Aosta. Uno di quei colpi di fulmine che lì per lì sembrano costituire più una fissazione passeggera che altro: la grande villa, malinconicamente mutilata di un’ala per colpa di una mina tedesca esplosa durante l’ultima guerra, l’abitato vetusto, arrampicato su un’altura. Un borgo a cavalcioni del torrente nel quale, correva il 1440, dopo la battaglia di Anghiari tra Firenze e Arezzo erano rotolati i cadaveri di dieci membri della famiglia fiorentina dei Pazzi, alleati degli aretini e per questo impiccati. Tutto un po’ fané appunto, come si addice a un possedimento nobiliare, ma in qualche difficoltà. Eppure lo scalpiccio degli stivali sulle lastre di pietra serena del selciato, le grandi querce e la bellezza accecante del paesaggio avevano lasciato un segno indelebile nella mente dell’imprenditore fiorentino. Vero che, già da un po’, i Ferragamo avevano deciso di diversificare l’attività (ad esempio nel proficuo settore dell’hótellerie di lusso in riva all’Arno e nella cantieristica d’altura), ma nessuno fino ad allora aveva pensato a una digressione nei panni del country gentleman. Poi, si sa come vanno le cose, una chiacchiera tira l’altra. Forse l’amabilità del duca, forse l’accenno a qualche castello in aria, vagheggiando di quote e società, fino alla scoperta finale che il Borro era in vendita. O almeno si poteva trattare.

Da qui, tutto è scorso velocemente. Un primo accordo, l’ingresso parziale nella proprietà, poi grande salto: nel 1993 il Borro diventa a tutti gli effetti dei Ferragamo. C’è un punto della storia sul quale Ferruccio insiste: “L’impegno finanziario era grosso, sarebbe ridicolo pensare che nelle intenzioni della famiglia non ci fosse l’idea, e l’obbligo anche morale, di mettere a reddito l’investimento” dice. “Devo tuttavia riconoscere che l’operazione è nata e continua tincora oggi a prescindere dal puro business. Non c’è stata speculazione e gii aflari sono stati l’effetto, non la causa, del nostro acquisto”. Comunque la si pensi, bisogna ammettere che al Borro i Ferragamo non si sono risparmiati. Nei sontuosi lavori di restauro, che nell’arco di tre lustri hanno letteralmente trasformato l’abitato, la villa e l’azienda agricola circostante, diventata azienda vitivinicola, c’è infatti molto del loro stile di vita, oltre che molto denaro e il lavoro esperto degli architetti. Come si dice, la “mano” della famiglia si è fatta sentire. Al Borro la presenza del made in Italy aleggia ovunque, palpabile. Prima di tutto nella grande villa padronale, completamente ristrutturata e reintegrata, al termine di una complessa ricostruzione, delle porzioni mancanti.

Per restituire al godimento dei visitatori l’integrità di questa grande casa di campagna, la villa viene offerta in affitto empie e solo tutta intera, senza suddivisioni, compreso il personale di servizio (con maggiordomo e chef) che in qualche nodo condivide lo stile di vita del palazzo e le sue facilities: dieci camere da letto, sauna, palestra, sala da biliardo, giardi-o all’italiana, una piscina coperta e una esterna. Lo stesso stile con cui Ferruccio e Ilaria Ferragamo hanno reinventato, senza stravolgerla, l’ex abitazione del duca d’Aosta, si ritrova negli altri interventi: quello sul borgo vero e proprio e quello sui 700 ettari di tenuta agricola. «La trasformazione dell’attività da un’agricoltura tradizionale .Una filosofia che si ritrova anche nell’altra struttura ricettiva allestita al Borro. Si tratta di nove appartamenti indipendenti, ricavati dalle antiche abitazioni del villaggio medievale, tutte restaurate con grande attenzione per i dettagli e il comfort, ma con una forma sottintesa di rispetto verso la tranquillità, l’assenza di clamore e di chiasso.

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