Fra Croce e il Fascismo ben più di una "simpatia"


[La data originale di pubblicazione del presente articolo è precedente a quella attuale – © Centro Studi Pino Rauti – Tutti i diritti riservati]

La “questione” – del rapporto, anzi dei rapporti fra Croce e il Fascismo – com’è noto, non solo è assai antica ma è anche molto complicata e complessa. Anche perché bisognerebbe correlarla alle varie fasi della vita del Fascismo, a cominciare da quella dell’anteguerra e poi del tempo del conflitto mondiale. Il 20 novembre dell’anno scorso – in occasione del 50° anniversario della morte di Croce – se ne è discusso di nuovo. E anche in questo mese di aprile, mentre viene ricordato il 60° anniversario dell’assassinio di Giovanni Gentile, di “Croce e Fascismo” si è tornato a discuterne.

In materia – anche perché è il più recente e dunque il più aggiornato – resta a nostro avviso fondamentale, il volume di Giuseppe Tedeschi: “La fabbrica delle ideologie. Il pensiero politico italiano nel Novecento” (Laterza – pagine 450 – Euro 25,00).

Badeschi – e qui ci rifacciamo a quanto venne pubblicato alla Vigilia dell’uscita del libro sul “Sole 24Ore” – sostiene che il percorso intercorso tra Croce e il Fascismo “ebbe come conseguenza l’elaborazione di una originale versione del liberalismo politico. Se in Italia non si è comunque affermata una autentica cultura liberale, sostiene Bedeschi, è perché la produzione delle ideologie di opposti orientamenti, cattolica e marxista, ha impedito un discorso sulla realtà sociale autenticamente scientifico e lo sviluppo di analisi sobrie e realistiche dei grandi problemi sociali”.

Tedeschi stesso, poi, mentre usciva il suo libro, scriveva:

“L’atteggiamento di Croce verso la nascita e 1’avvento del fascismo al potere fu non solo di benevola attesa, ma anche di calda simpatia. Come molti altri esponenti liberali della sua generazione, Croce vide nel fascismo lo strumento necessario, ma temporaneo, per porre termine alle violenze e alle minacce di rivoluzione dei socialisti massimalisti e dei comunisti, che avevano portato il Paese a una situazione di paralisi e di caos. L’Italia, secondo il filosofo napoletano, soffriva di una grave malattia, e le occorreva quindi una medicina energica per guarirne; una volta guarita, non ci sarebbe stato più bisogno della medicina”.

D’altronde – argomenta ancora Tedeschi – “Croce non fu certamente l’unico a ritenere che il fascismo, sorto in circostanze eccezionali, sarebbe poi rientrato nella normalità e si sarebbe “costituzionalizzato”, una volta superate quelle circostanze. C’era, in questo giudizio, una evidente sottovalutazione degli effetti della Grande guerra sulla vita sociale e politica italiana, sull’animo di centinaia di migliaia di combattenti ritornati dalle trincee, così come c’era una sostanziale incomprensione della natura più profonda del fascismo, in quanto movimento rivoluzionario di massa, radicato nella piccola borghesia, mirante a sostituire la vecchia classe dirigente. Ma ripeto, Croce non fu certo il solo a sottovalutare o a misconoscere questi problemi. E, una volta resosi conto della natura totalitaria del fascismo, egli passò all’opposizione. Una opposizione la sua, di carattere essenzialmente ideale e culturale, non immediatamente politico (che, peraltro, non gli sarebbe stata permessa), conformemente alle sue inclinazioni e ai suoi interessi, ma proprio per ciò tanto più significativa, incisiva ed efficace.

Ma quello che soprattutto mancò al Croce – a nostro avviso – fu la percezione della “carica rivoluzionaria” del Fascismo nel contesto storico (e di storica importanza di una crisi di fondo del sistema partitico – parlamentare, che era frutto non soltanto delle “ricadute”della guerra e non solo delle conseguenze – negli Anni ‘30 – della Grande Crisi del capitalismo, iniziata negli Stati Uniti nel 1929 ma della necessità di non lasciare al comunismo sovietico l’alternativa al liberalcapitalismo.

Al di là di quella crisi – ecco il punto di fondo, secondo noi – mentre il comunismo (e il marxismo, come filosofia di supporto al “socialismo realizzato in un solo Paese”) prospettava la sua alternativa radicale, la famosa “seconda via”, il Fascismo portava avanti la sua “terza via”, non meno radicale ed anzi rivoluzionaria, avendo a supporto quella che Croce ignorò del tutto, culturalmente parlando, e cioè una vera e propria “concezione dell’uomo e della vita”, e della società e della economia.

Pino Rauti