Dissesto Italia


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Siamo sempre a piangere i morti. Ma il dissesto dell’Italia, il suo “rischio” idrogeologico, resta lì. Incombente. In molte zone, incalzante. E’ impressionante, accertare quanti Comuni siano in pericolo, col loro territorio e i loro abitanti. In Calabria, Umbria e Val d’Aosta siamo al 100%! In Marche, Toscana e Lazio, rispettivamente, al 99; 98 e 97%. Valori altrettanto alti che si attestano tra il 94% e l’80% sono riferiti alla Basilicata, Emilia Romagna, Molise, Piemonte, Campania e Liguria. Seguono le restanti regioni e riscontriamo i valori più confortanti in Puglia e Sardegna con un 19% e un 11%. Leggiamo ancora, sul “Messaggero”, a firma di Valentina Arcovio:

“Non è tutta colpa della natura. E neanche del caso. Non possiamo prendercela con il destino se, negli ultimi 80 anni, oltre 70mila nostri concittadini hanno pagato a loro spese le conseguenze, più o meno disastrose, di 5.400 alluvioni e 11mila frane. Davanti all’ennesima tragedia, costata la vita a una ragazza, ci sono ben altre riflessioni da fare. Soprattutto se il disastro di Ischia arriva dopo poco più di un mese dalla tragedia di Messina. Un’altra catastrofe da archiviare. Un altro errore da scontare. E’ dal 1998, dopo l’alluvione di Sarno, che sappiamo quali sono le aree in pericolo. Le mappe del rischio idrogeologico ci sono da più 10 anni e ancora ci sono vittime di disastri. «Nel nostro paese non ci si vuole rendere conto che abbiamo a che fare con un territorio che è, per la sua stessa natura, fragile e che per questo deve essere curato in ogni centimetro quadrato», commenta Lucio Ubertini, docente di Idrologia all’università La Sapienza di Roma e ricercatore del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). Un territorio per la stragrande maggioranza in collina o in montagna, con un tipo di piovosità molto concentrata in tempi brevissimi. «Questo espone una gran parte del paese a rischio di smottamenti, frane e alluvioni. Dobbiamo metterci in testa – sottolinea Ubertini – che se vogliamo evitare queste tragedie dobbiamo fare un vero e proprio salto di qualità nella cura e gestione di questo nostro territorio».

Negli ultimi 20 anni sono stati spesi all’incirca 15 miliardi di euro (e tante vite umane sono andate perdute) per rattoppare i disastri, quando in realtà servirebbe ben altro per mettere in sicurezza i 5.581 comuni a rischio, circa il 21,1 per cento dei comuni italiani. La Campania poi è una Regione geologicamente complessa. «Una regione dai piedi d’argilla», la definisce Legambiente. Una Regione dove nell’81 per cento dei comuni sono state costruite abitazioni in aree a rischio. E’ vero, ci sono gli strumenti di previsione dei rischi. Dai valori delle piogge e dall’analisi delle mappe di rischio, si può immaginare quando e dove ci sarà la prossima frana. Tuttavia, si tratta di previsioni generali e teoriche, che per essere più precise hanno bisogno di un monitoraggio continuo e dai costi insostenibili. Ma anche quando, nella migliore delle ipotesi, si riesca a prevedere la frana, difficilmente si potrebbe mettere a riparo tutta la popolazione a rischio. «L’unica soluzione – dice Ubertini – è prevenire i disastri. Non solo stanziando i soldi necessari, ma facendo manutenzione e progettando nel dettaglio ogni singolo e specifico rischio”.

(U.G.)