Quello che emerge grazie ai libri di Pansa


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E’ davvero sorprendente constatare con quale violenza e con quanta faziosa acrimonia la Sinistra si stia schierando contro Pansa, per il suo volume “La grande bugia”. Molto piu’ di quanto era accaduto per i 2 volumi precedenti. (“Il sangue dei vinti” e “Sconosciuto 1945″); e cio’ benchè si tratti, in tutti e tre i casi, di opere “mirate”, documentate, che fanno riferimento con tanto di nome e cognome, a episodi ben precisi

Resta da pensare che proprio fondata sulla Resistenza, questa Repubblica nella quale viviamo e che, se si indebolisce questo pilastro portatore, tutto passa a andare a ramengo.

Sui libri di Pansa, comunque, estremamente interessante il commento di Fabrizio Cecchitto su “Il Giornale”. Cicchitto sostiene che la contestazione non deriva dal fatto che questi libri “rivalutano” il fascismo (“In essi non c’e’ alcuna operazione di questo tipo”). Invece, al centro di questi volumi ” è il PCI, sulla base di una valutazione assai diversa, per non dire opposta a quella data dalla storiografia finora dominante che è stata segnata dalla organica egemonia del Pci.” Pansa ha aggiunto una approfondita ricerca («Il sangue dei vinti») per ciò che riguarda l’azione di consistenti gruppi di partigiani comunisti dopo il 25 aprile e la forza polemica di uno straordinario giornalista («La grande bugia»).

Cosi è stato provato che dobbiamo a Stalin e non a Togliatti -che era pronto a fare tutto quello che gli avrebbe indicato il gruppo dirigente del Pcus- se in Italia non c’è stata un’altra guerra civile dopo la Resistenza. Fu Stalin a ispirare a Togliatti nel marzo 1944 la «svolta di Salerno» e addirittura a teorizzare le vie «nazionali» per i partiti comunisti dell’Occidente.

Ovviamente – prosegue Ciecchetto- Stalin fece questa opzione non perché era un buon socialdemocratico e un riformista antelitteram, “ma per una fredda e lucida valutazione dei rapporti di forza intemazionali”. Successivamente però il gruppo dirigente del Pcus, da Stalin a Krusciov, a Breznev, a Andropov ha sempre ritenuto possibile una terza guerra mondiale e ha attrezzato in conseguenza il movimento comunista intemazionale: sono stati trovati i piani d’invasione del Patto di Varsavia di un pezzo d’Europa fino all’Italia del Nord e fino agli anni ’80 gli eserciti del Patto di Varsavia furono «posizionati» in chiave offensiva.

Da qui’, una conseguenza sulla quale sinora si è poco indugiato e ancor meno indagato: vi erano indubbiamente, tra il PCI e i suoi…dintorni gruppi a struttura militare.

Essi avevano avuto modo di “esprimersi” anche prima, durante la RSI (con l’attentato di via Rasella, l’assassinio di Gentile, l’uccisione -con scempio successivo- di Mussolini, la Petacci e dei gerarchi a Dongo e Piazzale Loreto) e poi, appunto con le uccisioni di massa di avversari, politici e di classe (preti compresi) dopo il 25 aprile. Ecco la conclusione del vice coordinatore nazionale di “Forza Italia”: In sostanza, accanto alla storia ideologica-politica-orgarnizzativa-finanziaria del Pci comincia finalmente ad emergere anche la storia militare del Pci finora rimasta «coperta». Molto ancora resta da accertare e analizzare. Quello che è stato finora accertato, però, fa saltare i nervi non solo agli estremisti di Reggio Emilia, ma anche a raffinati intellettuali come Giorgio Bocca e Angelo D’Orsi.

Pino Rauti