EUR: è bellissima; ma… "Se Mussolini l'avesse terminata"


[La data originale di pubblicazione del presente articolo è precedente a quella attuale – © Centro Studi Pino Rauti – Tutti i diritti riservati]

Una volta, quando ero Segretario dell’altro MSI, mi capitò di dire, durante un dibattito in TV, che se con un colpo di bacchetta magica, si facesse scomparire dall’Italia, tutto quello che il Fascismo vi ha costruito durante il Ventennio, il nostro Paese, si troverebbe nel Terzo Mondo.

E fu, naturalmente, scandalo (anche all’interno del Partito).

Ma non cambio opinione. Ed anzi sono sempre più convinto che fu davvero formidabile quanto venne costruito all’epoca; e tale da far fare all’Italia quel “salto di qualità” da Paese arretrato e penosamente ottocentesco, qual era nel 1922 a Paese più che moderno – e sotto qualche aspetto anzi all’avanguardia nel mondo – che era invece nel 1940.

E mi fa piacere; non solo: è storicamente importante trovare spesso riscontro a questa tesi! Com’è avvenuto qualche giorno fa – guarda caso proprio il 25 aprile! – su “Il Giornale” con un articolo a firma Duccio Trombadori, che qui ci permettiamo di riprendere integralmente. Una nota che ha per titolo: “Il grande sogno incompiuto dell’E.42” e come sommario: “La mostra, che documenta la nascita della «nuova Roma», sottolinea la differenza fra il progetto iniziale e il suo completamento”.

Ed ecco il testo dell’articolo di Duccio Trombadori:

Dopo l’Esposizione Universale di New York nel 1939, quella del 1942 a Roma avrebbe dovuto essere, nelle intenzioni di Benito Mussolini, una «Olimpiade delle Civiltà» su cui fare risplendere le virtù della tradizione classica in una capitale d’Italia modernizzata da venti anni di regime fascista e proiettata verso un avvenire “imperiale”. Sappiamo come andò invece a finire. E sappiamo che lo straordinario impianto urbanistico-architettonico dell’E42 rimase nel dopoguerra opera incompiuta: finche l’ex ambiziosa idea di proiettare a coda di cometa una “nuova Roma” verso il mare di Ostia non si trasformò nei fasti e nefasti del moderno quartiere Eur, con le note modifiche quasi lasciate al caso nonché travisanti l’identità del progetto originario.

La mostra «E42 – Eur – Segno e sogno del Novecento» aperta a Roma fino a fine mese (Palazzo degli Uffici) ha avuto se non altro il merito di rendere visibile (con filmati, fotografie, documenti scritti, dipinti, disegni preparatori degli edifici) la grandiosa macchina costruttiva della “nuova Roma”, con la mirabile collaborazione di architetti come Libera, La Padula, Minnucci e Guerrini, o di pittori e scultori come Sironi, Severini, Funi, Prampolini, Depero, e poi ancora Melotti, Mirko, Morbiducci, lasciando immaginare ai più l’evidente distanza che separa il “sogno ” ideato e predisposto durante il fascismo dall’effettivo” segno” residuato e rabberciato nel mezzo secolo successivo.

Ne risulta un paragone quantomeno imbarazzante con il conseguente rimpianto per la mancata piena realizzazione di una impresa esplicitamente finalizzata alla “unità delle arti” così che 1’E42 avrebbe dovuto apparire. D’altra parte però la mostra – con testi di Carlo Fabrizio Carli, Gianni Mercurio, Luigi Prisco e Vieri Quilici – si dipana seguendo un presunto filo di continuità fondamentalmente “buonista” che non persuade affatto: e secondo cui l’immagine ideale della “nuova Roma” sarebbe stata più o meno raccolta dalle sistemazioni successive. Ma in verità l’efficacia estetica suscitata dal mito del primato d’Italia e di Roma – vagheggiato e crollato in quei terribili anni Quaranta – non ha finora trovato equivalenti sul piano dell’immaginario. Tra la magia evocativa implicita nel famoso “Colosseo quadrato” di Vincenzo La Padula – simbolo architettonico principe dell’E42 – e il dipanarsi delle funzioni direzionali e residenziali nell’Eur del secondo dopoguerra corrono anni luce di qualità e significato che non ammettono confusioni.

Col rischio fin troppo evidente non solo e non tanto di mettere sullo stesso piano personalità artistiche incomparabili (dal genio di Libera al freddo professionismo di Nervi fino al più che fumogeno de-costruzionismo di Massimiliano Fuksas, progettista del nuovo centro congressi) ma soprattutto di offuscare la sostanziale diversità tra la coerente idea urbanistica prevista dai piani per l’E42, e il dilagare successivo della speculazione “palazzinara” che ha determinato l’espansione disordinata della città.