La “generazione” del boomerang…

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[La data originale di pubblicazione del presente articolo è precedente a quella attuale – © Centro Studi Pino Rauti – Tutti i diritti riservati]

è quella dei trenta-quarantenni – o delle 30-40 enni – che è stata battezzata così dai sociologi perché si tratta di persone che sono vittime del fallimento del loro matrimonio che tornano nella casa d’origine. Cercano conforto nell’abbraccio di papà, e mamma, o di uno dei due, ma anche riparo ai loro guai economici. Perché – come scrive sul “Messaggero” in un articolo interessantissimo, Anna Maria Sersale – “perché la separazione rende poveri”.

In Liguria è stata approvata una legge regionale – bipartisan – per dare “ai padri in difficoltà” assistenza legale, aiuti economici e case popolari.

La giornalista intervista l’on. Saso che risponde: “All’inizio era stata pensata per i padri, sono quasi sempre loro che finiscono in povertà, ma su richiesta di molti abbiamo cambiato il titolo e le norme sono per i “genitori” separati. Tutto è nato dalla constatazione che ci trovavamo di fronte a una nuova sacca di sofferenza. La media degli stipendi è di 1.300 euro, quando il marito perde la casa coniugale e deve versare almeno un terzo di quello che guadagna non ce la fa ad andare avanti. Se non c’è la famiglia di provenienza che aiuta finisce in stato di grave indigenza, ma è una perdita della dignità personale”. – Chiede ancora la giornalista: In che modo date sostegno ai separati?

“Ci sono tre filoni di interventi, ci preoccupiamo di chi deve abbandonare la casa coniugale, nel 90% dei casi sono i padri. Diamo un alloggio temporaneo, previsto come “riserva” nel piano di edilizia popolare. Sono anche previste forme di sostegno al reddito nei casi più difficili. Ma non finisce qui”.

Un 40 enne, anche lui intervistato dalla Sersale, sintetizza la situazione: “Se dai 800 euro alla ex e ne guadagni 1.300, come vivi?”

Il servizio della Sersale è completo anche di documentazione statistica: ci sono 500 ultraquarantenni costretti a chiedere asilo ai propri genitori dopo separazioni coniugali (la stima è dell’Associazione nazionale avvocati matrimonialisti) e da altri dati risulta che, per il 25% dei separati, la durata del matrimonio è stata di 6 anni.

Siamo quasi al 38% di separati e divorziati di età compresa fra 35 e 49 anni che “tornano nella famiglia d’origine” (40,6 % di maschi, 33,8 % di donne). E il fenomeno è in aumento perché in (forte) aumento sono separazioni e divorzi: nel 2005 ci sono state 82.291 separazioni (+ 57,3 % rispetto al 1995) e 47.036 divorzi (+ 74% rispetto al 1995).

La Sersale ricorda che già nel 2003 l’ISTAT aveva rilevato un dato allarmante: il 37,9% delle persone separate o divorziate tra 35 e 49 anni era stata costretta a tornare nella famiglia di origine, con non pochi problemi di coabitazione, con genitori costretti a riaprire le “camerette” e a sostenere economicamente i figli-adulti. Un boomerang per coppie di anziani che avevano calibrato i loro standard di vita sulla pensione e che all’improvviso hanno dovuto fare fronte all’emergenza. Purtroppo manca una legislazione che tenga conto dei nuovi bisogni delle famiglie, delle coppie che si separano e delle conseguenze delle unioni spezzate. Solo la Liguria ha varato norme ad hoc, dopo che le cifre di chi torna dai genitori sono cresciute in modo esponenziale.

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