In uno studio condotto a Milano precisate le cifre dell’aria che uccide

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[La data originale di pubblicazione del presente articolo è precedente a quella attuale – © Centro Studi Pino Rauti – Tutti i diritti riservati]

Finalmente cominciano ad essere quantificate con notevole precisione statistica le cifre delle conseguenze dell’aria intossicata che si respira un po’ ovunque in Italia; e che è un’aria che uccide. L’analisi approfondita è in uno studio condotto a Milano e di cui riferisce ampiamente un articolo del quotidiano italiano “America Oggi”, che viene stampato a New York e che qui riprendiamo integralmente a cominciare dal titolo: “Duemila morti all’anno in Italia; dai 2 ai 300 nella sola Milano – reso noto uno studio condotto in 15 città italiane sull’aria”. Ed ecco il testo:

“MILANO 17/02/05. Duemila morti all’anno in Italia, dai 2 ai 300 nella sola Milano: l’aria ammorbata dai veleni nelle città italiane (No2, Co, PM10, So2 e ozono) uccide e aggrava patologie già esistenti. Stamane a Milano sono stati resi noti i preoccupanti risultati di uno studio condotto in 15 città italiane (abitate complessivamente da nove milioni di persone) analizzando i decessi dal 1992 al 2002 per cause naturali, cardiovascolari e respiratorie e i ricoveri ospedalieri per cause cerebrovascolari e respiratorie attribuibili all’inquinamento.

Lo studio è stato promosso dai ministeri della Salute e dell’Università, in collaborazione con atenei, asl, arpat e comuni delle 15 città. Nel periodo considerato, il PM10 (cioè le polveri sottili) ha provocato 900 decessi in più; l’No2 (biossido d’azoto) 2.000; il Co (monossido di carbonio) 1.900. Sono stati analizzati 362.254 decessi e 794.528 ricoveri ospedalieri non programmati.

“Questi inquinanti – ha avvertito l’epidemiologo Benedetto Terracini, uno dei coordinatori dello studio MISA-2 – sono espressione di un unico fenomeno più complesso e sono correlati tra loro (dove c’é un contaminante, spesso c’é anche l’altro) così che è impossibile scinderne gli effetti. Non si possono sommare i morti da PM10 con quelli degli altri inquinanti perché ognuno di essi è solo un indicatore degli effetti della contaminazione complessiva. Sono utili, ma non sufficienti i provvedimenti tesi a ridurre i singoli componenti: l’inquinamento va ridotto nel suo complesso”.

La relazione tra concentrazioni di inquinanti e mortalità e ricoveri ospedalieri, è risultata tendenzialmente maggiore tra gli anziani, in particolare tra i soggetti con più di 85 anni, e per No2 e Co per i neonati fino a 24 mesi. Nei più anziani l’inquinamento uccide perché peggiora le condizioni di un fisico già debilitato; nei soggetti più giovani le conseguenze si manifestano invece a lungo termine.

Stamane sono stati resi noti anche i risultati di un altro studio (Sidria) che indicano nell’esposizione al traffico veicolare un forte fattore di rischio per asma e tosse nei bambini e negli adolescenti.

L’indagine è stata condotta nel 2002 in 13 località su una popolazione di 20mila soggetti di 6-7 anni 16mila di 13-14. Un bambino che vive nei pressi di una strada continuamente percorsa da auto e veicoli pesanti corre il rischio di soffrire di disturbi respiratori e in particolare tosse, del 60% in più rispetto a un coetaneo residente in una zona senza traffico.

SECONDO LO STUDIO, SE IN ITALIA IL LIMITE PREVISTO DALLA UE FOSSE STATO RISPETTATO, SI SAREBBERO POTUTI RISPARMIARE TUTTI I MORTI IN ECCESSO DA PM10 (900) E DUE TERZI DEI MORTI DA NO2 (1.400 SU 2.000). RIDUCENDO LA CONCENTRAZIONE MEDIA GIORNALIERA DI MONOSSIDO DI CARBONIO DI UN MG/MC SI SAREBBERO RISPARMIATI PIÙ DI 800 DECESSI ALL’ANNO.

I decessi evitabili ogni anno a Milano sono stimati tra i 200 e i 300 (la ricerca prende in esame il periodo 1996-2002, ma a parità di trend i nessi sono costanti): a ogni incremento di 10 microgrammi per metro cubo della concentrazione delle polveri e dei gas inquinanti (un mg per il monossido di carbonio) è associato un aumento della mortalità giornaliera per tutte le cause naturali. In particolare l’aumento è dello 0,9% per il biossido di azoto, dell’1,5 per l’ossido di carbonio, lo 0,4 per il PM10, dello 0,8 per l’ozono nella stagione calda.

Nei singoli anni presi in esame su una popolazione stimata di un milione e 250mila persone si sono verificati 250 decessi in più per inquinamento da No2, 120 per il monossido di carbonio, 170 per le polveri sottili. Contrariamente a quanto si pensa, l’aria malata non riguarda solo le patologie respiratorie, ma anche le morti per cause cardiache: a Milano gli aumenti maggiori riguardano le malattie cardiovascolari associate all’incremento dell’ossido di carbonio (i decessi aumentano del 2% per ogni incremento di 1 mg di Co per metri cubo).

Le morti evitabili: se tra il 1996 e il 2002 si fosse rispettato il limite di PM10 imposto dalla Ue per il 2010 (20 microgrammi di polveri sospese), si sarebbero risparmiate 146 morti; 83 vite salvate se non si fosse superata la media annuale di 40 microgrammi, 61 se non si fosse mai superata la media giornaliera di 50 microgrammi, 17 diminuendo di 5 microgrammi la media giornaliera di PM10”.

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