[La data originale di pubblicazione del presente articolo è precedente a quella attuale – © Centro Studi Pino Rauti – Tutti i diritti riservati]
Sul Fascismo – come espressione “storica” e sulle sue valenze attuali, c’è , com’è noto benissimo, crediamo, ai visitatori di questo sito, una “letteratura” davvero straripante. Utile, dunque, aver ben chiari i punti di riferimento adeguati! Ed è a tale scopo che pubblichiamo una “intervista sul Fascismo” con Pino Rauti, raccolta da Gianna Venturini qualche tempo fa, e pubblicata da “Oggi 7”. L’intervista è intitolata “il forzista e il fascista”.
Eccone qui il testo integrale:
“Ennesima raffica di polemiche in Italia per le dichiarazioni su Mussolini rilasciate dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi durante un’intervista con una rivista inglese, la stessa che aveva già scatenato un putiferio per le dichiarazioni sui “giudici matti”. Secondo “The Spectator”, Berlusconi, nel rifiutare un paragone tra la dittatura fascista e quella di Saddam Hussein in Iraq, ha dichiarato che “Mussolini non ammazzava nessuno… lui mandava la gente in vacanza al confine”.
“Oggi7” ha intervistato Pino Rauti, leader storico dei nostalgici fascisti italiani, che non ha mai accettato le “defascistazione” del MSI in AN (svolta di Fiuggi, gennaio 95). Rauti è il leader del partito scissionista Fiamma Tricolore. A settantasette anni Pino Rauti appare come un gentiluomo dai capelli candidi, folti e con un accenno di onda argentea sulla fronte. Lo incontro nella redazione del suo settimanale “Linea”, dove pubblica anche la rivista “L’Officina”. E’ in un palazzo alle spalle dell’Ambasciata Americana e di fronte al sindacato UIL.
Come giudica l’uscita Berlusconi su Mussolini, un tentativo di andare verso una sua “ducizzazione” oppure quello di sfilare la terra sotto i piedi a Fini alle prossime elezioni?
“Anche se va detto che la perentorietà berlusconiana va a scapito dell’esattezza storica, indubbiamente la seconda ipotesi, si va alle Europee e senza una lista comune ognuno pensa a se stesso: Forza Italia cerca di demonizzare l’avversario comunista, ma anche a raccogliere voti tra l’elettorato dei suoi stessi alleati. I sondaggi parlano chiaro e Berlusconi, che può farlo tranquillamente perché non ha il passato di Fini che certe cose non può permettersi di dirle, mette le mani avanti con il suo stile, sapendo che rispondendo a quella domanda interpretava il pensiero del settanta per cento degli italiani”.
“Dal punto di vista storico, tutto esatto non ci sono stati delitti di regime? Mussolini stesso assunse in parlamento la responsabilità morale del delitto Matteotti. E poi Amendola, Gobbetti, Gramsci e i fratelli Rosselli più tanti poveri cristi meno noti morti di botte squadriste, le condanne a morte del Tribunale speciale, la persecuzione ebraica niente da dichiarare?
“Mussolini si assunse la responsabilità morale del delitto Matteotti nel contesto politico del momento, con coraggio, ma io sono stato in cella un anno con Durini (uno dei condannati per l’assassinio, ndr) ed egli mi ha sempre detto che non c’era intenzione di uccidere Giacomo Matteotti, ma rapirlo e malmenarlo per spaventarlo. Semplicemente gli morì tra le mani perché era malato. Durini ha scritto un libro sull’argomento: “I diciassette colpi”. E poi nessuno si degna di raccontare che poco tempo prima il deputato fascista Bon Signori, medaglia d’oro e cieco di guerra, era stato accoltellato e ucciso sul tram mentre si recava alla Camera. I fratelli Rosselli vennero eliminati per un regolamento di conti in Francia dove erano stati uccisi sei fascisti. E in quanto al confino, se bene fossero altri tempi, tutte le isole di confino sono di gran moda turistica, non erano certo la Siberia, perfino il paese dove sono nato Cardinale in Calabria, settecento metri di altezza aria fresca e cibo genuino dovette accogliere qualche antifascista non era certo un inferno, né lo furono Ustica, Ventotene, Lipari etc”.
Insomma, lei è d’accordo con la nipote del Duce, Alessandra Mussolini, che ha difeso Berlusconi ?”
“Completamente, e ribadisco che il paragone tra Mussolini e Saddam fatto dall’intervistatore era assolutamente fuor di luogo. Ricevo in questi giorni telefonate di persone che mi invitano a dare a Berlusconi la tessera onoraria del Movimento Sociale”.
Come ci si sente fascisti nel 2000?
“Io mi sento di grande attualità, perché le tesi di fondo dell’ideologia non sono legate agli uomini, alle strutture del tempo fascista. Io penso che uomini e strutture si sono espressi al meglio nelle condizioni date da quell’epoca, ma non necessariamente voglio restaurarli, come non vorrei riportare gli Asburgo sul trono di Vienna, anche se sono ammiratore della forma di civiltà mitteleuropea e sono amico di Otto d’Asburgo. Si crede nella forma di civiltà e nei valori, che si reincarnano nelle varie epoche a diverse condizioni e arricchite delle esperienze personali”.
Ecco, andando sul personale, poiché siamo a sessant’anni dall’armistizio dell’8 settembre, dove era e che faceva quel giorno lontano il giovane Pino Rauti?
“Giovane davvero, avevo sedici anni e dieci mesi. Mi trovavo a Roma, con degli amici e non sapevamo che fare. Avevamo cercato di metterci in contatto con l’ambasciata tedesca, sapevamo che fuori Roma c’era ancora la famosa divisione corrazzata “M” e volevamo raggiungerla, ma intanto cominciarono i primi scontri – non contro tedeschi e nazifascisti, come ho sentito dire ieri in una ricostruzione – ma tra tedeschi e truppe italiane. I fascisti ancora non si erano organizzati, molti giovani erano allo sbando come noi, ed anzi ci ritirammo con l’angoscioso quesito: se andiamo con i tedeschi, dovremo sparare su soldati italiani? Ci tirammo indietro. Ma intanto tutti cercavano di armarsi. A piazza Argentina, per esempio, ci fu una distribuzione folle di armi di tutti i tipi, da parte di gruppi popolari, forse di sinistra che avevano saccheggiato le caserme. Li vicino vedemmo la sede dell’Istituto Nazionale di Cultura Fascista, accanto al Ministero di Giustizia a piazza Cairoli, volumi buttati per aria che poi hanno rifornito biblioteche improvvisate e mercatini. Mentre vagavamo per Roma, vedemmo passare a Corso Vittorio, vicino al Liceo Apollinaire, un paio di motociclette tedesche, noi li salutammo e quelli ci puntarono le armi addosso, allora capimmo che c’era l’occupazione tedesca. Però noi cercavamo gli italiani, perché volevamo combattere contro gli alleati non contro i nostri, e li trovammo a Piazza Colonna; nel palazzo ora sede del quotidiano Il Tempo, dove sostavano davanti due autoblindo con gagliardetto nero, sede provvisoria del Partito Fascista. Chiedemmo loro se c’era qualche reparto in formazione e ci mandarono a Monte Mario dove ci arruolammo, anche se data l’età ci dissero di pensarci bene. Lì c’era proprio il Battaglione “M che era tornato dalla Russia, con il marchese Zuccari al comando. Ci mandarono prima a Orvieto e poi a Como.”
In quale atmosfera vi muovevate in quei giorni convulsi e pericolosi?
“Ecco, vede, quello che di cui non ho sentito parlare nelle rievocazioni, era del clima, del pathos che vivevamo in quei giorni. Uno stato d’animo di esaltazione. Anche la liberazione di Mussolini dal Gran Sasso ci parve un romanzo. Eravamo cresciuti in un clima di guerra, non c’è paragone possibile con i giovani dei nostri giorni”.
Quanto alla “fuga” di Mussolini, pare che di eroico non ci fosse molto, un passaggio di consegne spettacolare ma indolore, pochi dubbi sul fatto che venne lasciato portare via….
“Oggi appare in una luce certamente diversa. Ci sono stati convegni di storici per capire quale fu il motivo della riconsegna del Duce, appena mascherata da ‘fuga’. Una ipotesi plausibile per la contiguità geografica dello ‘scambio’ è stata avanzata circa in appeasement fatto per favorire . l’altra ‘fuga’ eccellente di quei giorni:quella del Re e dei badogliani che attraversarono lo stesso Abruzzo per recarsi ad Ortona, da cui si imbarcarono per Brindisi, attraversando la regione come se fossero invisibili alle postazioni tedesche armate fino ai denti. E intanto aumentava il nostro disgusto per la vecchia classe monarchica e badogliana, mentre la liberazione di Mussolini assurgeva a leggenda. Eccolo, lo spirito di quei giorni per noi ragazzi colmi del senso dell’onore, della Patria. .A diciassette anni queste cose incantano”.
Ma non avevate sentito montare l’ostilità contro Mussolini che ci aveva trascinati in una guerra terribile ed insensata?
“I ragazzi credono nell’ambiente in cui vivono. Io ero cresciuto in una famiglia piccolo borghese, abbastanza povera, e apprezzavamo l’impegno sociale del fascismo. Che ce ne fu tanto, mi ha sempre colpito ed interessato, rimasto legato alla lontanissima radice di questo aspetto del fascismo”.
Se dovesse descrivere il fascismo in due parole?
“Se dovessi riassumere l’essenza del fascismo direi: Terza via. AI di là del liberismo e del comunismo, mostruoso ed asiatico. Se lo sforzo sociale del fascismo sia riuscito bene o no, dipende molto dal fatto che dovettero fare i conti con la realtà, e specialmente con la presenza pesante della chiesa cattolica, e – dopo il 1929 – con la grande crisi mondiale che impoveriva Inghilterra ed America, e causava in Francia scontri sociali. Secondo me il fascismo ci riuscì bene tra il 29 e il 38″.
Che altro ricorda di quel periodo dopo l’armistizio?
“Un fatto che ci colpì enormemente: notammo che in Italia le caserme erano piene di armi, di tutti i tipi; centinaia di cannoni, centinaia di carri armati, centinaia di migliaia di mitra. Domanda, perché queste armi non erano al fronte, dove mancavano?”
Una fronda dei generali?
“Ci fu tradimento, ci fu sabotaggio? Certamente sì, anche se non sufficiente, come scritto nel libro “Navi e Poltrone”, da determinare la perdita della guerra, ma ombre pesanti ci sono sulla conduzione del conflitto”.
Ma Mussolini che faceva?
“Mussolini? Non sappiamo quanto ormai avesse le mani libere. E poi – parrà strano- in quegli anni, specialmente quando si accorse che la guerra era perduta, coltivò segretamente un suo sogno di trasformazione sociale del paese: da fascista a ‘socialista’. Antonio Tabacchi, che fu di Lotta Continua a Latina, e che ora scrive sulla rivista ‘Limes’ in una rubrica chiamata “Socialità del fascismo”, tre mesi fa ha pubblicato una decina di pagine su un fenomeno poco noto: un esperimento voluto da Mussolini in Sicilia: il tentativo di una colossale riforma fondiaria che prevedeva il rimboschimento dell’isola, per riportarla ai suoi splendori naturali, e la fondazione di una quarantina di insediamenti ‘sociali’. Questo suo ostinato progetto si scontrò con gli interessi locali, dei latifondisti, delle famiglie che comandavano e che vedevano di malocchio questo esperimento. Mussolini, mentre tutti pensavano alla guerra, seguitò in queste costruzioni ‘sociali’ alienandosi tutte le simpatie, anche tra i fascisti stessi che non approvavano questo suo lento riapprossimarsi alle origini socialiste. Tra le altre, anche questo suo progetto và annoverato tra le ragioni del voto e della decisione del Gran Consiglio di sfiduciarlo il 25 luglio”.
Mussolini che ritorna al socialismo?
“Socialista, comunitario. Antonio Tabacchi, giornalista e uomo di sinistra, è convinto che il voto del 25 luglio fu provocato anche dal fatto che Mussolini, vedendo l’andamento disastroso della guerra volesse lasciare dietro di sé un grande progetto rivoluzionario: la socializzazione. Pertanto chiese al Ministro Bigini ed altri di stendere un progetto ministeriale in tale senso. Figuriamoci, si sono tutti spaventati, a cominciare dal Re. Hanno cominciato a chiedersi se Mussolini – gira gira – non volesse ritornare ai suoi ideali giovanili”.
Quindi per due anni dal ’43 al ’45 avete combattuto insieme ai tedeschi, e poi cosa le successe?
“Venni fatto prigioniero. Finii in un campo di prigionia ad Algieri, allora colonia francese. Cercammo di raggiungere il Marocco spagnolo per arruolarci nel ‘Tercio’, ma i francesi ci ripresero e consegnarono agli inglesi che dopo un mese; a maggio del 1946 ci rimandarono in Italia, dove mi misi subito a ricucire le fila del partito, e da quel momento non ho fatto altro”.
Ma torniamo alla Terza via.
“E’ quella che era in nuce nel fascismo come l’aveva concepito Mussolini, e che sarebbe stata la sua naturale evoluzione, come dissi in un convegno anni fa a Taormina. Dissi che le forme di cultura politiche più importanti: socialismo, comunismo, liberismo, e lo stesso fascismo erano messi con le spalle al muro da problemi che l’umanità non aveva prima conosciuto: per esempio l’ecologia, il rapporto con l’ambiente, i cambiamenti climatici, l’invecchiamento della popolazione. Quindi quei progetti politici valgono in quanto capaci di rispondere ai problemi nuovi e diventare di nuovo punti di riferimento validi. E mi pareva che la profonda vena populistica del fascismo corrispondesse ad un modo di affrontare questi problemi”.
Lei si sente portatore delle istanze nuove, ma è in minoranza, dopo Fiuggi (il congresso svolta di An del ’95, ndr)
“Nella scissione del partito ha giocato molto il miraggio della presa del potere; in linea teorica erano ancora convinti della validità del progetto fascista, ma hanno ritenuto che senza una cancellazione formale del vecchio partito non avrebbero potuto accedere a posizioni di governo. Dovevano pagare quel prezzo. Io non mi sono sentito di fare quel passo, la storia dirà. Il successo dell’operazione Alleanza Nazionale è da dimostrare”.
La destra Sociale presente in Alleanza Nazionale, quale funzione ha?
“Ritengo che tenti di salvare il salvabile, oppure, se vogliamo essere cinici, che sia la foglia di fico che copre le pudenda dell’operazione finiana. Incontro questi deputati alla camera, in una svolta liberal – conservatrice che riguarda tutto il mondo, in cui è forse possibile salvarsi riciclandosi come Centro Studi. Altro non so, ma accontentiamoci in attesa di tempi migliori”.
E l’abbraccio mortale con Berlusconi, non danneggia enormemente un futuro di Fini e gli altri?
“Certamente, ma pensano di poterlo fronteggiare se fossero tempi brevi il tentativo potrebbe riuscire, ma con tempi più lunghi è destinato a fallire per lealtà debbo dire che neanche il mio tentativo ha avuto successo. Avevamo ambizioni politiche, partecipato alle elezioni, ma in tempi di maggioritario non è facile vita per i piccoli partiti. Resta una affermazione di principio, bella, ma per ora non incide sulla politica corrente”.
Se questa politica improvvisata dovesse finire?
“Dipende da quanto resisteranno alla corrente maggioritaria. Secondo me, se esplode in Italia una grave crisi sociale, se esplode il dramma dei pensionati e la piccola borghesia monta sulle barricate, questo può ridare le ali alla sinistra, ma anche la destra sociale può fare la sua parte”.
Convergenze parallele?
“Entro il 2006 molte cose cambieranno, anche i partiti di centro confluiranno per riformare il grande partito, non vorrei che questo fosse un disegno di Berlusconi. Potrebbe star forse covando qualche situazione, ma ne sarà alla fine usato ed escluso”.
Ritorniamo a passi felpati a sessant’anni fa, tanto chiasso per nulla?
“Qualche avvisaglia c’è, potrebbero essere i ricorsi della Storia”.