Itinerario tra borghi antichi. ANCHE LE MARCHE STANNO RITROVANDO IL GUADO, L’ORO BLU

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[La data originale di pubblicazione del presente articolo è precedente a quella attuale – © Centro Studi Pino Rauti – Tutti i diritti riservati]

Anche in Italia (esattamente come sta avvenendo in Francia nella zona di Tolosa e in Turingia, nella zona di Erfurt) stanno ritrovando, stanno davvero “riscoprendo” una delle piante più antiche e tradizionali d’Europa: il guado, o meglio quello che dalla pianta veniva “estratto” per cercare splendidi azzurri usati in pittura, in architettura e nell’abbigliamento fino al XVII secolo.

C’è, adesso, un vero e proprio “itinerario” che permette di ripercorrere “i luoghi, le tradizioni legate alla storia di quell’erba” come scrive in un ampio e dettagliato servizio Isa Grassano in un numero recente dei “Viaggi di Repubblica”. Un itinerario che si snoda “attraverso borghi e castelli, eremi ed abbazie” in uno tra i territori più belli d’Italia – anche perché del tutto sconosciuto al c.d. turismo di massa – nella zona di Montefeltro, là dove le Marche diventano un po’ Toscana e un po’ Romagna.

Nel Montefeltro – come in ogni altra parte d’Europa dove la pianta veniva coltivata in quei tempi, dal Tolosano alla Piccardia alla Turingia – il guado veniva chiamato “oro blu”. E ci fu appunto presso Tolosa, un vasto triangolo di territorio che, proprio per la ricchezza generata dal guado, acquistò e mantenne per secoli la definizione di “Pays de Cocagne”, Paese di cuccagna.

Allora, la coltivazione di quella pianta, coinvolgeva l’economia di tutta la zona che poi diventò provincia di Pesaro e di Urbino, con esportazioni che raggiungevano la Dalmazia e la Spagna.

Poi, cominciò il “tramonto del guado”, battuto dall’indaco – che, prodotto dagli schiavi nelle colonie britanniche, costava molto meno – e un po’ più tardi definitivamente sconfitto sul pino dei costi, dall’industriale e chimica anilina.

Adesso, nel Montefeltro, si hanno le “strade del guado”, progettate da Massimo Baldini e da Marco Fantuzzi (della Cooperativa Oasi di S. Benedetto) che hanno anche organizzato il “Museo dei colori naturali”, intitolato a Delio Bischi, l’uomo che ha ritrovato tante “macine di guado e con il quale chi scrive questa nota ebbe a suo tempo una fitta corrispondenza; Museo “situato in un locale del Chiostro dell’Abbazia di S. Michele Arcangelo”.

Presso il Museo, il 9 e il 10 luglio, si tiene un corso per la preparazione di acquerelli e tempere mentre il 16 e il 17 luglio si svolge il Corso per la tintura di lana, seta e cotone.

Massimo Baldini – Marco Fantuzzi – Museo dei Colori Naturali – Tel. 0722-80133.

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