L'attuale Valtiberina è "creazione" romana


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Quando si dice la Storia… e quanta ce n’e’ in tutte le terre che costituiscono il nostro Paese! prendiamo la Val Tiberina; che sta conoscendo un impetuoso sviluppo turistico.

Come niente, si potrebbe scrivere un libro. Qui, ovviamente ci limitiamo all’essenziale. Milioni e milioni di anni fa, l’attuale Valle del Tevere era occupata da un lago enorme, di cui si è tramandata come una leggenda, il nome: Lago Tiberino e che si estendeva da Sansepolcro fino a Terni e Spoleto.

A seguito di sconvolgimenti tettonici, il lago si prosciugò lasciando il posto all’odierna valle attraversata dal Tevere. La Valtiberina fu terra di confine tra le popolazioni umbre ed etrusche, ma è soprattutto ai Romani che si deve lo sviluppo di una serie di infrastrutture a collegamento dei vari municipi, accampamenti e stazioni di posta. Vestigia di epoca romana sono presenti un po’ ovunque, anche perché da Roma si pensò bene di sfruttare il Tevere come via di collegamento per il trasporto di legname dalle immense foreste dell’Appennino.

Anche se è stato sommerso dalle acque del bacino artificiale, non si può dimenticare la scoperta dei piloni dell’enorme ponte (un ponte, addirittura, a cinque campate) che consentiva alla strada consolare Ariminensis, che scendeva da Viamaggio (Via Maior) in direzione di Arezzo, di scavalcare il Tevere all’altezza di Sigliano. Tante sono le storie ed i ricordi che accompagnano il corso di questo fiume. Abbandonato a se stesso dopo le invasioni barbariche, il Tevere (che scorreva ai piedi di Anghiari) fu deviato verso Sansepolcro onde evitarne l’impaludamento. Per ripagare il territorio di Anghiari dell’acqua perduta, fu scavato un canale che, in prossimità del colle di Montedoglio, riportava una parte delle acque del fiume verso Anghiari fino a restituire, a valle di Pistrino, l’acqua concessa in prestito. Oltre all’irrigazione dei campi, il fosso servì soprattutto per alimentare l’energia necessaria alle macine dei mulini costruiti lungo il suo corso. La Reglia arrivò a contare undici mulini (di cui rimane ancora funzionante quello di Catorcio, di origine camaldolese), a cui si aggiungevano, nel Comune di Anghiari, i cinque posti nella piana del Sovara.

Ad un certo punto della storia la Reglia dei Molini assunse il nome di Acquaviola. Qual è il motivo di questo fatto? Probabilmente ci troviamo di fronte ad uno dei primi casi di inquinamento fluviale. Difatti è plausibile che alcuni molini venissero utilizzati per l’estrazione del guado, il colorante simile all’indaco per la cui produzione Anghiari fu famosa, cosa che avrebbe comportato la colorazione dell’acqua del canale.

Paese a forte vocazione turistica, grazie anche ai suoi incantevoli panorami, Anghiari vanta origini antiche e si presenta al visitatore con un suo caratteristico aspetto medievale, posizionato su di una altura a dominio della valli del Tevere e del Sovara. Le pittoresche case in pietra, i vicoli, le scale, le suggestive piazzette, testimonianze di valori storici tramandati attraverso i secoli.

Di certo fu durante il Medio Evo che Anghiari assunse la massima importanza soprattutto per l’evidente posizione strategica: si trova nominato per la prima volta in una pergamena del 1048, conservata nell’archivio di Città di Castello, anche se i primi insediamenti furono in epoca romana.

Ancora una segnalazione culturale: sulla terracotta invetriata. Che fu una tecnica artistica utilizzata per un lasso di tempo piuttosto limitato (1440-1540 circa) e solo in ambito fiorentino: dagli ‘sghiribizzi’ di Luca della Robbia a cui si deve l’invenzione del procedimento, alla bottega del nipote Andrea che arriverà quasi a una produzione seriale, fino alla bottega del figlio di quest’ultimo, Giovanni, con i suoi più stretti collaboratori Benedetto e Santi Buglioni andremo alla scoperta di opere che, proprio grazie al procedimento con il quale sono state realizzate, si sono conservate splendidamente.

Partiremo dalla Pala con la Madonna della Misericordia nella Propositura di Anghiari a cui seguirà una breve visita alle robbiane conservate all’interno del Museo Taglieschi , per poi proseguire per Badia Tedalda, dove nella chiesa di S. Michele Arcangelo si trovano tre grandi pale commissionate a Benedetto e Santi Buglioni.

L’itinerario avrà il suo culmine nella visita del Santuario della Verna in Casentino dove straordinarie terracotte invetriate ornano le pareti della Cappella delle Stimmate, della Basilica e della chiesetta di S.Maria degli Angeli.