Ecco l’Italia, dei Tribunali-lumaca


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Non è che si spenda poco per la Giustizia. Spendiamo una somma pari a 46 euro per abitante contro i 41 dell’Olanda e i 44 della Svezia. Però, nonostante tutto, siamo il fanalino di coda in Europa. Ne scrive su “Il Messaggero”, Massimo Martinelli, uno che quel problema è da anni che lo segue con lucida attenzione; e, in sintesi, abbiamo che nel nostro Paese “116 sono i mesi di durata media di un processo (quasi 10 anni!) mentre oltr’Alpe, abbiamo una durata media di 34 mesi.

E, ancora come esempio, da noi, per divorziare ci vogliono 634 giorni, contro i 25 dell’Olanda.

“Il fenomeno esisteva già tre secoli e mezzo fa, e da allora la giustizia ha continuato a perdere pezzi. Così, se nel 1742 un giurista come Ludovico Muratori definiva ”stomachevole eccesso” il ritardo cronico dei tribunali italiani, Cittadinanza Attiva ha ribadito, casomai ce ne fosse bisogno, che ormai la casistica degli italiani che raccontano le loro disavventure nelle aule e nelle cancellerie giudiziarie è diventata talmente inquietante da rappresentare uno scandalo nazionale. I dati sono noti da tempo perché vengono diffusi in convegni e dibattiti giuridici. E talvolta chi li maneggia sembra assuefatto agli allarmi catastrofici e rischia di sottovalutarne la reale portata distruttiva per la vita dei cittadini comuni. Forse è per questo, per riavvicinare gli studiosi alla vita reale, che ieri Cittadinanzattiva ha diffuso un rapporto condito dalle testimonianze dirette di chi è precipitato nelle tante trappole nascoste che sono diventate le aule di giustizia d’Italia. Ecco il racconto del ragazzo che perse il padre nel 1980, lasciando 6 eredi che non si misero d’accordo sull’eredità. Dopo 19 anni, cioè in questi mesi, è arrivata una sentenza che stabilisce una cosa che poteva essere dichiarata da subito: che i beni vadano all’asta. Ed ecco la moglie tradita, che cominciò la causa di separazione giudiziale nel ’92. L’ultima udienza celebrata? Nel 2008, in Cassazione. Che non ha ancora deciso niente, incurante del fatto che magari la donna avrebbe potuto rifarsi una vita, magari con un nuovo marito. E ancora, c’è la storia della signora che nel ’99 si prese l’epatite virale in ospedale a causa – disse una relazione – dell’incuria degli infermieri. Che furono citati in giudizio nel 2001. Il processo è ancora in primo grado: addirittura deve essere depositata la perizia del consulente del tribunale. Il morale della signora? Impossibile saperlo: quella malattia l’ha stroncata nel 2006.

Alla fine diventa quasi imbarazzante ridurre tutto ad una questione di statistiche. Che però servono a radiografare la situazione vergognosa delle nostre aule di giustizia. Per esempio in Austria i processi durano 34 mesi, contro i 116 (cioè quasi 10 anni), che ci vogliono in Italia; da noi un processo-tipo, ad esempio per una pronuncia di divorzio, arriva dopo 634 giorni, contro i 477 della Francia, i 321 della Germania, i 227 della Spagna e i 25 dell’Olanda. Per non parlare dei procedimenti più comuni, quelli relativi ai decreti ingiuntivi che si fanno per ottenere soldi dovuti: da noi ci vogliono 1.400 giorni; in Francia ne bastano 75, 83 in Danimarca, 169 in Spagna e 175 in Germania.

Solo una questione di soldi? Non sembra, almeno a sentire quello che disse il primo presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone, nella sua relazione annuale datata 2008: «Svezia, Germania e Olanda svolgono processi civili in meno di metà del tempo necessario in Italia e hanno risorse pubbliche assai prossime a quelle italiane: 44 euro per abitante in Svezia, 53 in Germania, 41 in Olanda e 46 in Italia».”.