Nel mare si nasconde il “mistero” di Atlantide


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Più si legge più si resta stupiti da quelle che erano le bellezze dell’antichità.
Ancora su “In Viaggio”, a firma di Beba Marsano, leggiamo che il colosso di Rodi “sfiorava i 40 metri di altezza, come la Statua della Libertà o un palazzo di 12 piani. Le sole caviglie misuravano un metro e mezzo di diametro, le cosce 3 metri. Ci vollero 9 tonnellate di argento e 12 tonnellate e mezzo di bronzo per realizzarlo e 12 anni per terminarlo. Parliamo di una delle Sette Meraviglie del Mondo, il Colosso di Rodi, la più celebre statua dell’antichità (protagonista, tra l’altro, del kolossal con cui, nel 1960, Sergio Leone esordì alla regia), costruita tra il 290 e il 280 a.C. e distrutta circa 60 anni dopo da un tremendo terremoto.
I suoi frammenti rimasero sparpagliati a terra per più di 400 anni, fino a sparire misteriosamente verso il VII sec. d.C. Oggi nemmeno una pietra è rimasta a memoria di questo capolavoro, che gli abitanti dì Rodi vollero a immagine e somiglianza del loro protettore: Helios, il dio del sole. Ignoriamo quali sembianze e quale forma avesse esattamente, ma una tradizione consolidata lo immagina con i capelli lunghi (in alcuni disegni ricciuti), una fiaccola nella mano destra alzata e le gambe divaricate all’ingresso di Mandraki, il porto di Rodi. Secondo la leggenda potevano passarci sotto intere flotte di navi. Era l’orgoglio dell’isola, ma quando la statua si abbatté un oracolo ne sconsigliò la ricostruzione. Molti si chiedono se esistette davvero. La verità storica, però, poco importa, se da più di 2.000 anni il Colosso continua a far parlare di sé.
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Creta fu dal 2800 al 1400 a.C. culla di una delle più splendide civiltà del passato: quella minoica. Simbolo della sua grandezza il palazzo reale di Cnosso, residenza del re Minosse e sede del leggendario Labirinto, teatro dei miti di Teseo, Arianna e del Minotauro. Quello che oggi è un grandioso insieme di scavi e rovine a 6 km da Iraklio, capoluogo dell’isola, era con i suoi 1.300 ambienti la reggia più grande dell’antichità. Un incastro di sale affrescate e scalinate, appartamenti e terrazze colonnate, sotterranei e magazzini, riportati alla luce all’inizio del secolo scorso dall’archeologo inglese sir Arthur Evans, che scavò il sito a proprie spese e ne ricostruì varie parti con molta fantasia e poco rispetto della realtà storica. Due esempi? Le enormi corna in cemento armato a guardia dell’area e le colonne, dello stesso materiale, che Evans volle di un colore rosso fuoco. Nel palazzo di Cnosso regnava uno sfarzo senza precedenti.
Ogni ambiente era decorato con coloratissimi affreschi, oggi al Museo Archeologico di Iraklio e sostituiti con copie. Ritraggono eleganti figure femminili, animali e nobili personaggi come il Principe dei gigli, il più noto ambasciatore di Creta nel mondo. La leggenda vuole che nei sotterranei di Cnosso si trovasse un labirinto, progettato da Dedalo per imprigionare il Minotauro, mostro dalla testa di toro e corpo d’uomo generato dall’unione di Pasifae, moglie di Minosse, con il dio-toro. Il mostro fu ucciso da Teseo, che riuscì a guadagnare l’uscita del labirinto riavvolgendo il filo tesogli con amore da Arianna.

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