Nelle carte di Giuseppe Patanè - Un "ritratto di Badoglio" dagli anni amici di Gentizon


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Nelle carte di Paul Gentizon conservale da Giuseppe Patanè, abbiamo ritrovato un articolo del nostro autore su Badoglio. Non sappiamo né se questo testo fu pubblicato, né a chi fosse destinato (forse al suo amico Giorgio Pini per Meridiano d’Italia). Comunque vi ritroviamo l’abituale e straordinaria sintesi storica del nostro autore. Nella parte finale del testo si percepisce il dono di osservazione di Paul Gentizon che aveva conosciuto il personaggio di cui parla.

E interessante notare come oggi la stampa italiana, e la stessa opinione publica, faccia spontaneamente il processo di uno dei principali della catastrofe in cui fu trascinata l’Italia nella seconda guerra mondiale : Pietro Badoglio che fino al colpo di stato del 25 luglio 1943 era riuscito ad imporsi come una delle figure di primo piano della scena politica italiana, e che si è salvato da quello che sarebbe stato un giusto rendiconto di fronte ad un tribunale militare, assiste ora con i suoi propri occhi ad un’implacabile revisione di fatti ed azioni da lui commessi. Uomini di tutti i partiti riesumano interessanti documentazioni per conoscere a fondo la personalità di questo uomo e tutti finiscono per lanciargli, senza timore di comettere un’ingiustizia, l’accusa tremenda di traditore della Patria. In questi scritti non si rileva alcun odio di parte, alcun preconcetto personale, Chi scrive tiene spesso a dichiarare che ” soltanto un doloroso dovere” (Cfr. S.Cilibrissi, P. Badoglio ecc. Pag. 71) Quindi solo in nome della verità e della giustizia si appuntano contro Pietro Badoglio gli indici accusatori degli italiani.

Uno sguardo alla vita ed alla carriera di quest’uomo, pone in chiaro risalto, accanto alle sue innegabili capacità tecniche nel campo militare, quelle che sono le riprovevoli deficienze del suo carattere, della sua anima.Chi lo ha conosciuto lo descrive come un uomo dominato da una sconfinata ambizione: la sua bramosia di salire, di non alzarsi, di arricchirsi, lo fa essere volta a volta estimato, tenace, lo fa giungere ad essere cinico, immorale; il suo egoismo lo rende vile. La sua vita è tesa a procacciarsi opportunamente favori e protezioni preziosi, ad imbastire intrighi calpestando ogni più elementare senso dell’onore, per creare intorno a sé approvazione e ammirazione dei superiori e trame titoli e riconpense. Giunge cosi gio-vanissino ai più alti gradi militari, la sua carriera è prodigiosa, e se i primi gradini sono raggiunti per merito della sua volontà e delle sue capacità, ben presto l’ascesa viene basata sul favoritismo e sull’inganno. A 19 anni è sotto tenente, partecipa come capitano di stato maggiore alla campagna di Libia, ed ottiene allora la prima promozione per merito di guerra. A questa seguirarno altri 17 avanzamenti per merito di guerra, cifra impressiomante che denuncia l’intrigo e la frode. E quel che è peggio, quest’uomo indegnamente assistito dalla fortuna, si fa strada nonostante i suoi errori che provocazione profonde tragedie per la sua stessa patria e che rimangono impuniti. La critica storica oggi lo addita come uno dei maggiori responsa bili dello sfacello di Caporetto,mentre i recenti avvenimenti, che hanno determinato la caduta dell’Italia, dimostrano le capitali responsabilità di quest’uomo di fronte al paese, al fascismo e alla stessa monarchia. Nel 1915, allo scopio della prima guerra mondiale, Badoglio era tenente colonello; un anno dopo, egli compiva la conquista del Sabatino che fu reputata esclusivo suo merito. In realtà, servendosi di un progetto e della preparazione dell’impresa fatta da altri, Badoglio forte della protezione del generale Cappello, assunse il comando della divisione operante; all’ultimo momento, e lo tenne per una sola ora. Il tempo necessario cioè per raggiungere l’ob-biettivo ed essere considerato l’autore della conquista, Senza molto rischio, è chiaro, perché, se l’azione fosse fallita la colpa sarebbe stata di chi aveva preparato i soldati (E. Canevari- articoli del novembre 1947 sul Rosso e Nero-Roma ). Eppure questa gloria acquistata a cosi buon mercato ebbe larga risonanza ed inizio il trionfale cammino di Badoglio. Con lo stesso metodo e con gli stessi mezzi si procaccio il merito della conquista del Vodice l’offensiva era già iniztiata quando un provvidenziale ordine del generale Capello sostituiva il comandante del Corpo d’Armata impegnato nell’azione ponendo al suo posto Badoglio. La conseguenza fu un nuovo avanzamento di grado per merito di guerra.

Inorgogliate per i facili successi ottenuti, Badoglio credette di poter contare ancora una volta sulla fortuna. Spinto dal desiderio di prevalere e di affermarsi, nella giornata che precedettero Cappretto” medito iniziative temerarie, contrastanti con il piano di difesa (A.Omodeo – L’età del Risorgimento italiano pag. 534)contribuendo notevole-mente con il suo errore a determinare quel rovescio delle armi italiane tristemente famoso. Poiché lo sfondamento del fronte italiano, oltre ad essere causato della deficiente organizzazione da parte, fu in gran parte determinato dai gravi errori commesi dallo stesso Badoglio. Egli era allora al comando del 27° Corpo d’Armata e in netta opposizione agli ordini ricevuti dal Capo dello Stato Maggiore, volle persistere ostinatamente in un suo arbitrario piano controffensivo, così che lasciò sguarnita la riva destra dell’Isonzo concentrando le forze sulla riva opposta e mantenendo le divisioni in schieramento offensivo, mentre Cadorna aveva ordinato i preparativi per la difesa ad oltranza. Assumendosi per-sonalmente gravi responsabilità, Badoglio voleva secondo il suo piano, tendere una trappola al nemico, attirandolo in quella parte del fronte dove le forze erano inferiori per colpirlo al momento opportuno con le altre maggiori dislocate al di là dell’lsonzo. L’inganno non riuscì, la parte del fronte che, per un suo ambizioso sogno di successo person-—aie, aveva, lasciata quasi priva di difesa, venne facilmente sbaragliatata. Così ché fu proprio lo sfondamento della 19 ma divis.del Corpo d’Armata di Badoglio a causare la rottura del fronte ( cfr. Cadorno.- la guerra alla fronte Italiano.) Con un incoscienza veramente delittuosa Badoglio inoltre arbitrariamente dette l’ordine di far tacere l’artiglieria, per risparmiare le munizioni che avrebbero dovuto servire al suo chimerico piano dii controffensiva. Lo stesso nemico fu sbalordito di non sentire il martellamento delle artiglierie avversarie, mentre gli Italiani si battevano disorientati, attoniti per quell’inesplicabile e tragico silenzio che toglieva loro ogni speranza di protezione e ne rallentava l’ardimento. Non basta, in quella triste notte dell’ottobre 17 Badoglio non fu al suo posto di commando, si era ritirato nel villaggio di Kosi, luogo di riposo, pur sapendo dell’azione imminente. Molti furono coinvolti nelle responsabilità della battaglia di Caporetto, e ci fu chi, pur avendo responsabilità di grand lunga inferiori e quelle del generale Badoglio, non seppe resistere al dolore della disfatta e si tolse la vita. Badoglio visse e cerco di ottenere con l’intrigo oltre la salvezza nuovi onori. Egli assumeva fin dall’ora quegli atteggiamenti subdoli che poi la caratterizzerano nel resto della vita. Sembra una favola eppure da una seria documentazione, degna di fede (Canevari – Badoglio ) risulta che Badoglio riusci dopo l’infamia di Caporetto, servendosi di legami massonici e per mezzo dell’impostura, a farsi nominare sottocapo di stato maggiore, col-laborando con Diaz. Bisogna riconoscere che nonostante tutto egli possedeva delle doti innegabili, capacità tecniche, energia, un fisico imponente, un’esteriore impertubabilità che attirava e suscitava fiducia, una facilità nel sorriso che infondeva ottimismo.

Associazione Amici di Paul Gentizon c/o M.Patanè
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