Ovunque ci si giri è disastro ambientale


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E’ proprio vero che siamo al disastro; anzi, allo scempio ambientale. E che dovunque ci si giri, per dirla in termini “popolani” è sempre la stessa storia. Adesso hanno scoperto i “fossi”.Ad inquinare -e in modo pesantissimo – il litorale romano non ci sono soltanto il Tevere e l’Aniene ma ci sono, appunto, anche i fossi e cioè una rete di fiumicelli e canali ” che scaricano direttamente nel mare le loro bombe di coliformi fecali e streptococchi, di pesticidi e di fertilizzanti. Veleni organici, chimici e batteriologici che compromettono gravemente lo stato del nostro mare. Ci si puo’ riferire al piu’ recente Rapporto dell’ARPA, l’agenzia regionale protezione ambiente; Rapporto che riferisce che su 42 focimonitorate tra Civitavecchia e Nettuno , 37 presentano un alto livello di inquinamento. Nella classifica dei colori, blu per inquinamento basso, giallo per inquinamento medio, rosso per inquinamento alto, i 37 fossi sono tutti contrassegnati dal colore rosso. «Siamo di fronte ad un problema sanitario, ambientale e sociale», dice il consigliere comunale Athos De Luca, che ha presentato alla Procura una denuncia-querela contro ignoti. Nel documento De Luca ricorda che dal rapporto dell’Arpa molti impianti di depurazione risultano non idonei. «A causa di ciò – scrive il consigliere – numerosi agenti inquinanti compromettono la qualità delle acque del litorale romano, comportando in molte zone il divieto di balneazione». I fossi monitorati toccano tutte le località balneari: Civitavecchia, Santa Marinella, Cerveteri, Ladispoli, Fregene, Fiumicino, Ostia, Pomezia, Ardea, Anzio, Nettuno. «A provocare l’inquinamento dei fossi – racconta De Luca – sono soprattutto le attività agricole e zootecniche diffuse sul territorio. Pensiamo, per esempio, al fiume Arrone a Fregene. I dati dell’Arpa dicono che il fiume presenta segni di inquinamento biologico-organico e chimico che compromettono l’uso delle acque, utilizzate principalmente per l’irrigazione». La relazione dell’Agenzia fa sapere che nel bacino dell’Arrone scaricano «le acque reflue urbane del depuratore Acea Osteria Nuova e dell’abitato di Fregene, le acque reflue di due importanti aziende dedite all’allevamento dei maiali, le acque reflue industriali dell’Enea di Casaccia e del consorzio Agrital». «E’ necessario verificare subito se gli scarichi delle aziende sono a norma – chiede De Luca – per rompere questa catena viziosa di inquiamenti».
E poi ci sono le dolenti note su Tevere e e Aniene. L’Aniene, confermano i monitoraggi dell’Arpa, è il vero killer del Tevere, che diventa davvero inquinato dalla sua confluenza. Nell’affluente scaricano infatti illegalmente le sostanze tossiche di notte attività industriali distribuite lungo il suo corso. Non solo. Secondo una stima di Legambiente Lazio, sono 230 mila gli abitanti che scaricano direttamente nell’Aniene. Carenza strutturale ancora più grave nel territorio attraversato dal Tevere: sono 323 mila i romani privi di sistema di depurazione, la maggior parte residenti in centro.
Vuol dire che dalla rete fognaria gli scarichi vanno direttamente nel fiume. E infatti, a 43 chilometri dalla foce, al porto di Ripetta, cioè all’altezza di piazza del Popolo, l’Arpa ha riscontrato livelli altissimi di inquinamento da colibatteri. A risentirne, naturalmente, i due rami della foce delTevere, ai quali l’Arpa ha assegnato il colore rosso, ad indicare, appunto, il livello più alto di inquinamento, e il nostro litorale.