Perchè vogliono “eliminare” tutto il cinema italiano?

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[La data originale di pubblicazione del presente articolo è precedente a quella attuale – © Centro Studi Pino Rauti – Tutti i diritti riservati]

Leggiamo in un articolo di Franco Martini su “Repubblica”. Nessun film italiano parteciperà alla Biennale di Venezia, : alla Festa del Cinema di Roma e al Festival di Torino. E’ la clamorosa forma di protesta an-‘ nunciata dai registi italiani, ma anche dalle associazioni dei produttori e degli esercenti — Anica, Api ed Agis—in reazione alla cancellazione da parte del governo dei meccanismi di tax, credit. Si tratta di incentivi fisca li già funzionanti in molti paesi, europei, che, attivando nuovi investimenti, gravano relativamente sulle finanze pubbliche. «La forma di protesta—commenta Angelo Barbagallo, presidente dell’Api — è commisurata alla decisione del governo, del tutto incomprensibile, priva di senso, tanto più che i meccanismi previsti nascono da un” provvedimento presentato a suo tempo dall’onorevole Carlucci e sul quale nella scorsa legislatura si era raggiunto un ampio consenso bipartisan». «Siamo esterrefatti — fa eco Riccardo Tozzi, presidente dei produttori dell’Anica — perché il tax credit appartiene esattamente ad una logica tremontiana, che punta a diminuire gli interventi pubblici a sostegno della cultura sostituendoli con risorse da recuperare sul mercato. Perché questo provvedimento sia stato affossato resta un mistero».”Non posso credere — azzarda il regista Paolo Virzì — che esista un disegno politico finalizzato alla cancellazione del cinema italiano: probabilmente si tratta solo di sciatteria, miopia, mancanza di capacità di governo in questo settore”.

La cosa è tanto piu’ strana ( e dunque sospetta) in quanto, appena assunto il suo incarico, ricordiamo il ministro Bondi aveva promesso, anzi si era decisamente impegnato a rimettere in funzione tutte le iniziative di difesa del cinema nazionale.

In un suo documento, il “movimento dei Centoautori”, chiede adesso le dimissioni di Bondi che – leggiamo ancora – con dichiarazioni importanti e ispirate sul ruolo della cultura e delle bellezza nel nostro paese si era impegnato a difendere queste misure vitali per rendere il nostro cinema competitivo con quello degli altri paesi».

Se Vincenzo Cerami, ministro della Cultura del governo ombra, dichiara che «quanto accaduto dimostrala volontà di mortificare la creatività e la vitalità del nostro paese» e l’Anac l’associazione degli autori, definisce la «strategia del governo l’azzeramento di qualsiasi voce libera e l’imposizione di un rigido controllo su tutte le attività espressive, tipico di incipienti forme di dittatura mediatica», anche dal centro destra si levano voci critiche. In un intervento apparso sul suo blog, Luca Barbareschi scrive: «C’è il rischio che con il maxi-emendamento della Finanziaria, tutta la fatica fatta in questi anni per ridare ossigeno al cinema italiano venga vanificata. In un momento in cui il cinema italiano torna protagonista sulla scena internazionale boicottarlo significa dargli l’ennesimo colpo di grazia e renderlo ininfluente sui mercati mondiali».

Barbareschi ( e tutto il centrodestra) non se lo chiedono; la domanda la facciamo noi: a beneficio di chi viene attuato questo “smantellamento” del cinema Italiano. E’ ovvio: l’unico beneficiario ne sarebbe il già dilagante cinema americano.

Pino Rauti
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