Pericolo nei piatti: da quello che importiamo


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Nuovo sondaggio:

Eurobarometro II 62% dei cittadini con passaporto Ue è preoccupato della presenza di organismi geneticamente modificati negli alimenti e la percentuale in Italia sale al 77%. Nonostante ciò i casi dì individuazione di prodotti alimentari trasformati contenenti Ogm sono frequenti. In Francia nel corso del 2005,gli esami effettuati su 69 campioni prelevati a caso tra prodotti alimentari vari hanno rivelato la presenza di organismi geneticamente modificati in ben 17 casi.

E in Italia come vanno le cose?

Ne scrive Vanni Corvero su “La Stampa”: “Innanzitutto c’è da dire che la nostra agricoltura ha detto «no» agli organismi geneticamente modificati. Nel nostro Paese, inoltre 11 regioni, 2355 comuni, 41 province e 50 comunità montane hanno già aderito alla campagna «liberi dagli Ogm» sostenuta dalla Coldiretti per impedire la contaminazione da biotech del territorio e conservare il proprio patrimonio ambientale e alimentare. Sono numeri che mettono in evidenza la piena sintonìa tra cittadini e Istituzioni territoriali nella battaglia perché gli Ogm non entrino nei piatti del Made in Italy e questo nell’interesse generale dell’economia, dell’ambiente e dell’intera società. «L’Italia – fa rilevare la Coldiretti – con il primato europeo nella qualità alimentare, ottenuto proprio grazie al divieto di coltivazioni Ogm nei campì nazionali e alla leadership nei prodotti tipici e biologici, è tra i Paesi d’Europa maggiormente interessati al rispetto del principio di precauzione (quello che ‘ suggerisce di non coltivare in campo piante Ogm poiché i margini di rischio non sono ancora accertati n.d.r.) per evitare scelte irreversibili a danno delle imprese e dei consumatori». Se sul Made in Italy si può stare tranquilli resta il grosso problema delle importazioni.

L’ultimo caso che ha messo in allarme i consumatori di mezza Europa è stato quello della scoperta di partite dì rìso contaminate in Francia, Svezia, Germania, Austria, Gran Bretagna e Italia. Un fatto che dimostra l’eccezionale gravita e dimensione del fenomeno, peggiorate dal ritardo con cui le autorità statunitensi hanno fornito informazioni all’Unione Europea le informazioni relative al riso LLRICE601 non autorizzato prodotto dalla Bayer.

E si torna ai controlli. Qui è il punto dolente.

Se sulle produzioni agricole italiane la sicurezza è praticamente assoluta, il discorso cambia se si parla di “prodotti alimentari trasformati” insomma quelli preparati per andare in tavola. «Se si parla di monitoraggio anti-Ogm il problema in Italia è l’organizzazione del sistema. Tecnicamente le difficoltà non sussistono, ma i mezzi a disposizione sono pochi e le competenze spesso troppo centralizzate. I controlli sono affidati ai IMas dei Carabinieri, che sono bravissimi, ma il sistema nel complesso non è attrezzato per un monitoraggio capillare sui generi alimentari». A parlare è il professor Marcelle Buìatti, Ordinario di genetica alla facoltà di Scienze naturali dell’Università dì Firenze, esperto sul tema Ogm del Comitato economico-sociale europeo. «La scoperta del riso Ogm è avvenuta quasi per caso -prosegue Buiatti – perché il controllo dei prodotti sugli scaffali, nelle attuali condizioni, non può essere che episodico. L’etichettatura di quello che si trova nei supermercati è affidabile, dato che le maggiori catene hanno loro laboratori di analisi per quanto riguarda i prodotti italiani commercializzati con il loro marchio, ma per quanto riguarda quelli di importazione è difficile dire altrettanto. Occorre mettere a punto un sistema per il controllo genetico lungo la filiera».

L’area più critica resta quella Usa: «Io sono un moderato, convinto che gli allarmi sulle coltivazioni Ogm non siano da enfatizzare – spiega il professore, a cui fanno capo anche i controlli in materia della Regione Toscana – ma ciò che mi preoccupa, più di quello alimentare, è l’aspetto delle coltivazioni per uso farmaceutico. Negli Usa sì sta, ad esempio, coltivando mais Ogm per produrre proteine coagulanti e anticoagulanti. E’chiaro come, in caso di contaminazione da polline, altre coltivazioni di mais potrebbero assumere le stesse caratteristiche, senza che questo sia noto. Tantopiù che in America il sistema di monitoraggio è molto relativo, visto che non c’è l’obbligo di una mappatura delle coltivazioni Ogm».

La conclusione è di Carlo Petrini, fondatore di Slow Food: “Gli Ogm sono una tecnologia nata per essere invasiva della natura e del mercato. L’attuale situazione ci mette dì fronte al fatto che è sempre più difficile per i normali cittadini conoscere esattamente ciò che mangiano.”

Pino Rauti