Prof. stupratori? Restano a scuola

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A volte – e accade sempre più spesso – si leggono cose che una volta si definivano da non credere; che lasciano sbalorditi. Come questa, venuta alla luce sulla scia di un fatto di cronaca; i professori accusati di stupro, restano ancora in cattedra!

Prima, qualche cifra la Squola italiana “conta” 1.120.494 dipendenti; di essi, circa 700.000 sono insegnanti o docenti. Tra di essi, un’inchiesta della Corte dei Conti ha rilevato che ce ne sono 47 condannati per reati sessuali. Leggiamo sul “Messaggero”, a firma di Pietro Piovani:

C’è l’insegnante di educazione fisica condannato per atti di libidine violenti sulle sue alunne: dieci anni dopo continua a lavorare nella stessa scuola. E c’è il collaboratore scolastico colpevole di violenza sessuale su tre adolescenti: è stato punito con la severissima sanzione del “rimprovero scritto”. Dipendenti della scuola italiana, docenti e non, condannati con sentenza definitiva per reati di tipo sessuale, ma che restano comunque in servizio. II fenomeno ha dimensioni notevoli, e la Corte dei conti l’ha descritto nei dettagliin un’indagine dedicata alla«delinquenza nell’ambito delle amministrazioni statali».In passato i magistrati contabili hanno segnalato il malcostume anche con atti ufficiali come un “formale avviso” inviato al ministro dell’Istruzione. Ma l’allarme è servito a poco. L’ultima rilevazione della Corte dimostra che la situazione non è migliorata. «Su un campione di 47 condanne passate in giudicato per reati di questa natura, la certezza della esplusione dalla amministrazione si ha solo nel 50% dei casi», è scritto nell’indagine. E la percentuale sarebbe inferiore se alcuni dei condannati non si fossero dimessi volontariamente. Sia chiaro: i casi in questione sono pochissimi rispetto alle dimensioni della scuola italiana, dove lavorano oltre un milione di persone perbene. Ma resta il fatto che per i pochissimi criminali riconosciuti come tali dalla giustizia spesso la punizione si limita alla condanna penale (che in genere poi viene sospesa), mentre sul posto di lavoro ci sono buone possibilità di farla franca. Di chi è la colpa? Fra i principali responsabili la Corte dei Conti individua i dirigenti delle amministrazioni e i sindacati. I dirigenti spesso si dimostrano assai indulgenti nei confronti dei loro sottoposti criminali. I sindacati hanno il potere di bloccare le espulsioni, esprimendo pareri che nella scuola (a differenza che nel resto dello Stato) sono di fatto vincolanti. Perfortuna però i lavoratori pregiudicati non trovano sempre la complicità dei loro colleghi. Come dimostra il caso di un bidello romano coinvolto in un giro di prostituzione minorile: l’amministrazione lo ha licenziato, il giudice del lavoro ha ordinato (con una singolare sentenza) la sua riassunzione, ma un anno dopo il bidello si è dimesso, probabilmente per l’ostilità con cui è stato accolto nell’ambiente di lavoro.”

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