Su "Renato Ricci fascista integrale"


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E’ davvero praticamente impossibile seguire tutto quello che in Italia si pubblica sul Fascismo, sul Ventennio e sulla RSI; e soprattutto sui “personaggi” del Fascismo che vengono adesso come riscoperti, rivisti e “rivisitati”; segno non indubbio, aggiungiamo noi, che essi avevano quasi tutto uno <<spessore>> e delle capacità che l’antifascismo rozzo e becero – soprattutto quello che ha imperversato da Sinistra per decenni! – aveva tentato di negare. Anche su questo versante, è il caso di dire che il tempo è galantuomo e sta lavorando “per noi”; per chi è stato – da sempre – convinto proprio di quello che adesso si sta scoprendo o riscoprendo. Superate le urgenze….elettorali, ci proponiamo però di far conoscere meglio a chi ci segue anche con motivazioni culturali ed è ansioso di approfondimenti storiografici di buon livello, tutto quanto si pubblica sul Fascismo. E in quest’ottica ci sembra utile riproporre per intero la recensione di Marco Innocenti – comparsa su “Il Sole-24 Ore” – di un recente libro su Renato Ricci, il padre-fondatore dei Balilla. Non siamo d’accordo con tutto quello che scrive in merito Innocenti ma l’articolo-recensione è comunque del massimo interesse. (P.R.)

“Renato Ricci è un fascista tipico.Tipico perché piccolo-borghese e la piccola borghesia, con le sue rivalse, le sue ragioni e le sue passioni, la sua voglia d’ordine, di patria e di religione, rappresenta il nucleo del fascismo. Il giovane Ricci, nato a Carrara nel 1896, si arruola volontario nel 1915 e riconquista sul campo due medaglie di bronzo. A guerra archiviata, esplode nel Paese la frustrazione della “vittoria mutilata”. Ricci la avverte profondamente e reagisce: non sa stare alla finestra e ama menare le mani. Partecipa agli scontri del dopoguerra, in una terra sanguigna, dove gli odi sono tenaci e le battaglie senza esclusione di colpi. Entra nel partito, comincia a fare strada, da ras locale diventa gerarca nazionale, entra in Parlamento, sale ai massimi vertici del potere.

Nel 1926 Mussolini lo mette a capo dell’Opera nazionale balilla (Onb), la “pupilla del regime”. Si impegna sul terreno della disciplina e dell’ educazione fisica, per organizzare il tempo libero dei giovani e costruire l’uomo nuovo fascista, duro e volitivo, pronto a seguire la vocazione della guerra. Inutile dire che sono e resteranno parole. Ma non lo sono le cose migliori dell’Onb, lontane dalla retorica, come le sue realizzazioni sociali: i controlli medici, le vaccinazioni l’attenzione dedicata alla salute e alla crescita dei ragazzi.

Ricci, che ama i giovani e lo sport, si trova a suo agio. Asciutto, aitante, energico, buon ginnasta, il labbro inferiore e la fronte sporgenti come in posizione di slancio, è il papà nazionale, un uomo severo, non corrotto, autoritario ma capace di comprendere le esigenze dei giovani. Per dieci anni fa un buon lavoro ma entra in collisione con Starace, potente e caricaturale segretario del partito, e, nel 1937, il Duce lo liquida. Per Ricci, che tanto ha dato, è un colpo doloroso e il rilancio, nel 1939, con la nomina a ministro delle Corporazioni lo sarà solo a metà.

Con l’entrata in guerra dell’Italia cambiano tante cose ma si conferma una realtà inequivocabile: il fallimento della grande riforma umana voluta da Mussolini e portata avanti da Ricci. Fascista integrale, uomo tutto d’un pezzo che si considera soprattutto un soldato, Ricci, dopo il crollo del fascismo, aderisce alla Repubblica sociale. Rifiutandosi di rassegnarsi al tramonto del proprio mondo, va fino in fondo, comanda la Guardia nazionale repubblicana e combatte senza fortuna, nel clima fosco e torbido di Salò, una guerra perduta.

Sono gli ultimi scampoli della sua avventura. Arrestato nel 1945, sfugge alla condanna a morte, fa alcuni anni di carcere e passa l’ultima breve stagione di vita da uomo povero e pio, per poi soccombere a un tumore a 60 anni, nel 1956, quando i suoi balilla stanno per vivere il boom economico dell’Italia «democratica e antifascista».

A Renato Ricci, fedelissimo a Mussolini («come quei preti che quando parlano della Madonna si illuminano»), Giuseppe Zanzanaini, storico e scrittore carrarese, dedica un’articolata biografia. Ne esce la figura di un fascista integrale che va dove lo porta il cuore, un irriducibile, un bel pretoriano, un mastino: l’uomo che inventa i balilla e vive nell’ombra di Mussolini la propria stagione, dallo squadrismo “romantico” di Carrara alle cupe atmosfere di Salò”.

(Giuseppe Zanzanaini, «Renato Ricci, fascista integrale», Mursia, Milano 2004, pagg. 168, € 14,00).