E adesso si scopre che il generale Wolff non tradì Mussolini


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Non si finisce maidi “imparare”, in materia di storia; ed è quindi un bene prezioso che tutto – anche quello che si credeva ormai solitadamente acquisito – possa essere rimesso in discussione, inquadrato in contesti nuovi, insomma “revisionato” come si usa dire con un termine che è invece ritenuto, definito, contestato, come “politicamente scorretto”.

Per esempio, uno dei luoghi comuni più consolidati era il fatto che il generale Wolff, nei tragici giorni del tracollo della RSI, avesse “tradito” Mussolini, ansioso solo di salvare i tedeschi (e se stesso). Invece, non sembra affatto che le cose siano andate così; perché anzi il generale tedesco non solo mise in salvo numerosi esponenti fascisti – italiani e francesi – ma organizzò addirittura il salvataggio di Mussolini; che avrebbe commesso – nella confusione terribile di quei giorni – un grave errore di valutazione perché di Wolff sospettava.

Se ne è scritto nei giorni scorsi nella “lettera” a Mieli sul “Corriere della Sera”; e sull’argomento è tornato di recente Andrea Manzella, raccontando come 40 anni fa, a Barcellona, ebbe a conoscere Maurice Gabolde, che viveva fra gli stenti, ridotto a dare lezioni di francese. Il Gabolde, gli raccontò la sua storia:

“Alto magistrato, era stato Guardasigilli nel governo Pétain a Vichy.Negli ultimi giorni dell’aprile del 1945, i tedeschi .organizzarono una “exit strategy” per i collaborazionisti più importanti. Li trasportarono all’aeroporto di Bolzano, dove li attendevano due aerei. Su uno salirono, con altri, Gabolde, Pierre Lavai e sua moglie. Il secondo lima se vuoto, in attesa di altri fuggitivi. Non arrivarono mai. Giunse invece la notizia della loro fucilazione a Dongo: si trattava infatti di Mussolini e del suo seguito,. Fu allora che il generale Wolff, che aveva organizzato l’operazione, dette all’aereo dei francesi l’ordine di decollare: verso Barcellona.”.

Sempre secondo Manzella, avvenne che Franco concesse ai fuggiaschi solo 48 ore di sosta “poi, sarebbero stati espulsi”.

Fu allora che Laval decise “di andare a consegnarsi agli americani: e partì per il suo tragico destino. Gabolde riuscì ad imboscarsi a Barcellona. Pochi giorni prima, a Milano, nel referto sull’autopsia di Mussolini era stato scritto che nella tasca posteriore del suo pantalone vi era un salvacondotto spagnolo. La “pista spagnola” di cui ha parlato il Corriere qualche giorno fa, fu dunque molto più concreta di quanto fin qui noto?…”.

E Mieli risponde: “Caro Manzella, è vero: Benito,Mussolini avrebbe potuto portarsi in salvo quel 22 aprile del 1945. Poteva farlo proprio su un aereo in decollo alla volta della Spagna del tipo di quello di cui le parlò Maurice Gabolde e su cui viaggiò anche Pierre Laval. O dell’altro che portò nella penisola iberica l’attrice Myriam di San Servolo (al secolo Maria Petacci, sorella di Claretta), suo marito, i suoi genitori e il capo dei filonazisti belgi Léon Degrelle. E’ciò che risulta dall’ottima ricostruzione di Giuseppe Pardini nel saggio «Milano-Barcellona, ultimo volo» testè pubblicato su «Nuova Storia Contemporanea» (di cui ha riferito su questo giornale Enrico Mannucci). I tedeschi avevano predisposto il piano di fuga e Mussolini avrebbe potuto profittarne con discrete possibilità di salvarsi come fu per tutti (o quasi) coloro che scelsero quella via per lasciare i Paesi in cui stavano definitivamente sprofondando i regimi fascisti e nazisti…”.

Insomma – ed ecco la “revisione” che ne risulta, il generale Wolff tentò, alla fine non di far cadere Mussolini nelle mani degli alleati ma di metterlo fisicamente in salvo in Spagna.

Pino Rauti