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Si sente spesso parlare di “nuova occupazione” e, quando capita qua e là, si canta vittoria per qualche flessione della marea dei disoccupati. Siamo a meno della metà della Spagna del famigerato Zapatero, ma i precari in Italia oscillano tra i 2 e i 4 milioni (a seconda che si consideri “precario” solo chi lavora a tempo determinato o anche i Co.co.co, i finti autonomi e gli atipici). Insomma siamo ad una quota tra il 13 e il 15% del totale degli occupati: “lavoratori deboli destinati alla demotivazione quando la loro condizione si protrae, con conseguenze negative sulla loro vita, sulla competività delle aziende, sulla società”; quando cioè tocca dover pagare quel “costo esistenziale” di cui scrivemmo già da molti anni, in tanti nostri documenti, anche congressuali.
“Altri dati -leggiamo adesso a firma di Maurizio Bologni su “Affari e Finanza” stati portati dai ricercatori dell’Irpet e dal dirigente del settore lavoro della Regione Toscana Marco Matteucci. Nel 2007, su 10 persone avviate al lavoro in Toscana, quasi 8 erano precari o lavoratori a termine. E dopo 6 anni solo il 42% è risultato stabilizzato. Chi è precario, insomma, rischia di restarlo a vita. «La Regione Toscana —ha spiegato Matteucci — risponde con un fondo per l’assunzione nelle imprese private dei laureati con meno di 35 anni, con un fondo per 1’occupazione femminile e per i lavoratori in mobilità, incentivando l’imprenditoria giovanile ad alta innovazione tecnologica e fornendo garanzie agli atipici che chiedono un prestito in banca».