Torino: “Venderà” l’anima ai grattacieli?


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La domanda, la pone un lettore che “La Stampa”; che scrive, nella bella Rubrica “L’Editoriale dei Lettori”: “Le amministrazioni contano troppo sugli oneri di urbanizzazione. Riflessioni di un non torinese preoccupato per il volto della metropoli subalpina.”

Risponde il romanziere Giorgio Toddi, da Cagliari: “Non sono torinese ma come tanti trovo Torino di sorprendente bellezza. La città fa ancora dire: «Ecco, sono a Torino». Però temo che tutto questo, bellezza e atmosfera, l’intero paesaggio urbano, tra poco sarà perduto. E credo che la perdita dell’anima di Torino avverrà con i mortificanti grattacieli che saranno costruiti, uguali a tutti gli altri grattacieli del pianeta. E dopo, chissà se di anima, Torino, ne troverà un’altra. Saranno sei, otto grattacieli? Tanti. A cosa servono? Chi ha il titolo morale per decidere questa rivoluzione di un paesaggio secolare? E perché un’azione così legata alla nostra esistenza non è sostenuta da un’adeguata carica etica? Si dice che il Comune “deve vivere” e che il vantaggio per le casse comunali proviene dagli oneri di urbanizzazione – milioni di euro – per asili, trasporti, scuole, biblioteche. Ma poiché gli oneri di urbanizzazione verranno rapidamente spesi è obbligatoria una domanda. Dobbiamo costruire in eterno per creare un eterno flusso di denari? È moralmente accettabile? Così dobbiamo “nutrire” la città che non sarà più “pensata” e avrà l’obbligo di crescere all’infinito anche se non crescono gli abitanti?  Questo è opposto della cosiddetta sostenibilità. Si costruisce senza che ci sia una reale esigenza abitativa. Serve edilizia agevolata, sì, ma non certo quella dei grattacieli. È giusto che un’Amministrazione, il problema non è solo torinese, intaschi qualche milione di euro subito, lo spenda e si disinteressi di chi amministrerà dopo, tanto sono affari suoi? Chi arriverà, ovviamente, accetterà, in cambio dei soliti oneri, di costruire ancora. E così sino alla fine dei giorni. La violenza imposta al paesaggio, debole perché silenzioso, suscita dolore in chi crede ancora che la tutela del paesaggio preceda, come vuole la Costituzione, anche l’interesse economico. I politici non possono lamentarsi dei comitati che si formano, perché una politica del territorio non esiste, sostituita dalla facile <politica del sì a tutti>”.