Una vergogna italiana che si chiama “SCIP”


Non è proprio una sigla “felice” quella che è venuta fuori per la vendita della case di proprietà dello Stato e di vari Enti pubblici: si chiama infatti “SCIP”. Un nome, diciamo noi, che è un programma. Perché si tratta di un vero e proprio scippo effettuato in nome del libero mercato ai danni di un  patrimonio che era stato costituito con i contributi di lavoratori di tante categorie; patrimonio che aveva scopi preminenti di carattere sociale e che, dunque, a rigor di logica (oltre che di etica) avrebbe dovuto essere destinato a scopi sociali prioritari; per esempio – lo abbiamo già detto in qualche altra occasione – destinando gli appartamenti, concedendoli a basso fitto, a giovani coppie monoreddito, o a giovani che si sarebbero sposati entrando in quelle case.

Per rendersi conto di cosa sta accadendo basta scorrere con attenzione gli elenchi fittissimi che la SCIP sta pubblicando per l’ennesima volta, con la normativa delle aste attraverso le quali avverrà la “dismissione”. A favore di privati (o società) che potranno permettersi l’acquisto.

Ci sono appartamenti in molte città d’Italia; in quelle città dove la crisi degli alloggi sta imperversando, dove i costi degli affitti sono alle stelle; e dove diecine di migliaia di giovani non possono mettere su famiglia, proprio a causa di questa situazione che tutti riconoscono esser diventata drammatica.

Anche stavolta – e per circa 200 case – chi ha i soldi potrà comprare mentre chi non li ha … resta a guardare.

Vediamo in vendita case a Genova, a Messina, a Roma (tantissime), in provincia di Ascoli Piceno, a Taranto e a Treviso, a Venezia e a Vicenza, a Capua e a Napoli, e via dicendo. Case di 2, 3, 5 stanze, dove, per esempio, avrebbero potuto essere accolte le tante famiglie numerose (spesso monoreddito) che anche di recente, riunendosi a Roma ed essendo ricevute anche dal Papa, hanno denunciato come si siano ridotte alla quasi-povertà proprio per il caro-affitti.

E invece niente. Libero mercato e basta. Il resto non esiste. A vergogna di chi mette in piedi questi infami “meccanismi” liberalcapitalistici contro i quali neanche a sinistra si sente un voce… .

Pino Rauti