Il vino italiano si prende la rivincita


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Svanito lo spauracchio da invasione del «Nuovo Mondo» il vino italiano resiste alla competizione intemazionale aumentando fatturato (+5,1%), utili (+26%) ed export (+7%). E mantenendo, nel bene e nel male, i valori della tradizione: dimensioni contenute (cooperative o proprietà familiare) e resistenza alla quotazione in Borsa. A pochi giorni dal Vinitaly, la manifestazione veronese punto di riferimento intemazionale di Bacco, la fotografia scattata dall’Ufficio Studi di Mediobanca offre un quadro ottimistico sul futuro. L’indagine che prende in esame le 85 maggiori imprese italiane con un fatturato sopra i 25 milioni di euro (il 36% della produzione nazionale),sottolinea il gap tra il mode in Italy a confronto con le maggiori nove società quotate intemazionali (la cooperativa Caviro con 281 milioni di fatturato è prima nel Bei Paese a fronte dei 3,9 miliardi dell’americana Constellation).

Ma le aziende italiane hanno imparato i segreti della globalizzazione e migliorano le proprie posizioni aumentando le etichette prodotte, i vini «importanti», spendendo più in pubblicità con grande attenzione ai mercati emergenti (Cina, +109%). Perla prima volta nel 2006 il vino dello Stivale ha superato il tetto dei 3 miliardi di euro. Nonostante questo un’autorità come Jancis Robinson, wine correspondent per il Financial Times, nella Usta dei vini da degustare nell’ultimo «Davos» ha escluso le etichette tricolori. Oltre che a viverla, la tradizione forse andrebbe anche raccontata.