Si torna alla canapa la “fibra più italiana”

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[La data originale di pubblicazione del presente articolo è precedente a quella attuale – © Centro Studi Pino Rauti – Tutti i diritti riservati]

Quelli che ci seguono con maggiore attenzione, certamente ricorderanno come e quanto noi si sia scritto sulla canapa e sulla possibilità di un suo ” ritorno ” alla grande nell’inserto di “Saperi e Sapori” lanciato su ” Linea” molti anni fa. Cercando su Internet -nell’interessantissimo sito promiseland.it- abbiamo trovato vari e utilissimi e documentati riscontri a questa ipotesi, avendo come fonti ” il forestale” numero 28 con articoli di Alessia Giovannetti e Cristina Altina’ nonché il Consorzio Canapa Italia.

Ma anzi tutto un po’ di storia; mai tanto utile ed anzi indispensabile come in questa davvero affascinante vicenda

La canapa e un tessuto naturale con molte qualità particolari. Eppure, a volte, parlando di canapa, si confondono le sostanze che derivano dalla canapa indiana e destinate al mondo illegale della droga, con le possibilità enormi che invece ci offre questa pianta, la “cannabis sativa”. Nel 1611 a Jamestown i primi coloni inglesi la piantarono per ricavarne fibra. In quegli anni, la Virginia e il Connecticut emanarono le prime leggi che imponevano la coltivazione della pianta per favorire lo sviluppo dell’industria dei tessuti: la “Cannabis sativa” si diffuse ovunque rapidamente. L’Italia divenne il produttore dei tessuti migliori, famose le qualità “Carmagnola”, “Bolognese” e “Napoletana”. Oggi, oltre che nel settore tessile, la canapa trova impieghi davvero innovativi.

Fresca d’estate e calda d’inverno, la canapa ha dimostrato di essere all’altezza di fibre come il cotone ed il lino e, grazie alle sue proprietà, oggi ricopre un ruolo di punta nel “made in Italy”. Per quasi un millennio, l’Italia è stata uno dei maggiori produttori ed esportatori di questo tessuto e la Marina Inglese, per oltre cinque secoli, l’ha utilizzato per confezionare le sue divise. L’importanza della canapa risale al V secolo a.C, quando veniva impiegata per la produzione tessile di vele e nella realizzazione dei capi d’abbigliamento. La natura e la composizione della fibra, infatti, conferiscono ai manufatti proprietà eccezionali: fra tutti i materiali tessili naturali è il più resistente, e ciò conferisce ai panni una stabilità dimensionale, un’elevata resistenza meccanica e una durata ineguagliabile. I filati in canapa sono il punto di partenza per la fabbricazione di diversi tessuti, che vengono utilizzati puri o in mischia per la realizzazione di numerosi articoli, che vanno dalla biancheria per la casa ad abiti ed accessori moda. Risulta essere fresca e traspirante in estate, calda e coprente in inverno: è stato notato, infatti, che – tra le fibre naturali – la canapa è particolarmente efficace per il potere di assorbimento dell’umidità, caratteristica che la rende confortevole per tutte le stagioni. Inoltre i tessuti di canapa possiedono spiccate caratteristiche anallergiche: non irritano la pelle, non conducono energia elettrica, proteggono dai raggi UV ed hanno un’azione benefica di massaggio.

Quello degli articoli tessili in canapa è attualmente un settore in grande fermento, la ricerca continua di soluzioni innovative ed alternative induce a creare prodotti nuovi e confortevoli, superando la vecchia credenza di un prodotto grezzo e poco raffinato. Ecco allora che, con la canapa, è possibile produrre tessuti e realizzare abiti sportivi, giacche e camicie ma anche abiti eleganti. Una versatilità d’impiego che – insieme al comfort e alla sicurezza di una fibra tessile naturale – rappresenta uno dei requisiti fondamentali per un capo di tendenza. La canapa, vista come coltura alternativa, può non solo vestire, ma è anche utilissima per risolvere i problemi che derivano dall’inquinamento industriale. Queste caratteristiche, alcune delle quali scoperte di recente, ne fanno pertanto una delle migliori colture per il recupero biologico del terreno. La cannabis sativa, la pianta da cui proviene la canapa, ha un tipo di coltivazione che richiede infatti pochi pesticidi e fertilizzanti. Attualmente viene lavorata attraverso impianti industriali che sostituiscono le lavorazioni artigianali di un tempo riuscendo a renderla talmente sottile da poterla sostituire al cotone o alle fibre sintetiche

Nel tempo molti studi si sono succeduti, volti a scoprire nuovi possibili impieghi della canapa. Negli anni ’50 e ’60 sono stati registrati notevoli progressi nelle tecniche di coltivazione e trasformazione della cannabis, tuttavia non sufficienti ad arrestare il declino della coltura. Negli anni ’70 sono state studiate le potenzialità della canapa come coltura cartaria, negli anni ’80 ancora nell’industria della cellulosa, e più in generale come specie da biomassa, in grado di produrre un elevato quantitativo di sostanza secca potenzialmente utilizzabile per la produzione di energia. Dalla seconda metà degli anni ’90 le cose sembrano essere cambiate ed un rinnovato interesse sembra aver riportato la canapa alla ribalta, se non della coltivazione almeno della cronaca, grazie anche al Consorzio Canapaitalia che ha portato avanti studi e ricerche su tale fibra. Sono quindi moltissime le prospettive che si aprono per un impiego apprezzabile della canapa: dall’industria automobilistica a quella dell’abbigliamento, ma anche nella produzione di carta, carburante e foraggio, nella bio-edilizia e nella realizzazione di prodotti per l’igiene personale, come saponi, bagnoschiuma e cosmetici.

A cura di Pino Rauti

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