Sapori di antichi frutti dai giardini più belli

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Dovrebbe uscire fra non molto la nuova edizione de “Gli agrumi ornamentali”, che nel 2000 rappresento’ una sortra di rivoluzione negli studi in materia, perche’ traeva origine da una “fonte” sino ad allora, quasi del tutto ignorata: la tradizione dei contadini-giardinieri; la loro cultura, i loro “saperi”.

E se ne imparano, di cose importanti – o utili e/o comunque piacevoli – a leggere con attenzione. Che il primo agrume ad essere coltivato in Europa, è il cedro, ad esempio; seguito dal melangolo o arancio amaro e dal limone; mentre l’arancio dolce lo dobbiamo ai Portoghesi, che lo importarono nel 1400 dall’Indonesia; ed era per questo che sino al 18°secolo, quesi frutti venivano chiamati “arance del Portogallo”. Pero’ bisogna arrivare ai “giardini mediceii” del Rinascimento per trovare i frutti soprattutto in Toscana, – come elemento decorativo fondamentale: le famose “spalliere”. Con alle spalle, culturalmente, il mito del favoloso Orto delle Esperidi con relativa sottrazione dei “pomi d’oro”.

A diventare contadini-giardinieri; gente che per tradizione di famiglia durata quasi sempre secoli, sa alla perfezione i “misteri” e i “segreti” di quella coltivazione e giuoca alla perfezione – pur non conoscendo niente, scolasticamente, in merito- fra azoto, fosforo e potassio; gente che , ancora per generazioni, continuerà ad usare quell’ottimo concime organico che si chiamava “cornumaglia” che veniva ottenuto, – leggiamo nel volume – dalla triturazione di corna ed unghie provenienti dalla macellazione di animali”; oltre al sangue di bue “commercializzato” in comode confezioni sia allo stato liquido che in polvere…”

= “Gli agrumi ornamentali” – Calderini Edagricole -form. grande- 210 pgg. a cura Giorgio e Sergio Tintori; e di Giuseppe Franchi e Paolo Galeotti – euro 21.63

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