La guerra fu terribile sui monti della “bella” Cortina

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[La data originale di pubblicazione del presente articolo è precedente a quella attuale – © Centro Studi Pino Rauti – Tutti i diritti riservati]

Fu sui monti della oggi assai mondana ed elegante Cortina, che furono scritte molte delle pagine più aspre e sanguinose della Prima Guerra mondiale fra Italia e Imperi Centrali. Sono trascorsi 90 anni e più ma ancora si continua a pubblicare libri e a organizzare convegni; e a “scavare” sul territorio.

Adesso, è stato inaugurato il “Museo all’aperto del Passo di Stria” e, nonostante il maltempo, alla cerimonia hanno partecipato oltre un migliaio di persone; e, tra agosto e settembre, si prevedono almeno 200.000 visitatori.

Anche perchè i massicci flussi di turisti austriaci e tedeschi, per ovvi motivi, continuano a prediligere queste zone, dove combatterono centinaia di migliaia di loro antenati; e dove morirono a decine di migliaia; oggi sepolti in tanti cimiteri accuratamente separati e tenuti con ogni cura e attenzione.

Certo, lo scontro fu durissimo da queste parti, dov’era situato- leggiamo- “il più importante caposaldo austriaco”; il più complesso tecnicamente, anche; tanto che ci sono voluti ben dodici anni di lavoro di lavoro per “ricostruirlo” e farne “il più grande Museo all’aperto di tutta Europa” (sulla Grande Guerrea), esteso venti chilometri quadrati. E quì non ci sono vincitori nè vinti. Qui c’è soprattutto “passione per la Storia”; e impegno di non dimenticare quella che fu su un terreno “terribile”, spaventosamente difficile, su per montagne dove ci si affrontava fra neve e gelo a tremila metri e più di quota, guerra spietata; come spiega – leggiamo su “Repubblica” in un articolo di Roberto Bianchi – Stefano Illing ingegnere cortinese, al quale si deve l’iniziativa, insieme al Comitato “Cengia Martini/Lagazuoi”: “Nel nuovo museo all’aperto del Sasso di Stria, uno sperone di roccia di 2.477 metri a strapiombo sul Falzarego, si possono percorrere, sino alla vetta, tutti i camminamenti, le trincee e le quaranta postazioni da combattimento che i Kaiserjaeger austriaci avevano scavato nel ventre della montagna e che sono stati tutti recuperati. Come già era stato fatto perle gallerie del monte Lagazuoi che sta di fronte, dov’erano installati gli italiani. Dai due monti vicini combattevano una guerra sporca e sorda, sotterranea, in un gelo implacabile, fatta di mine che scoppiavano improvvise nelle viscere e di sventagliate di mitraglia nella notte sulle trincee.”

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