RAUTI, Giuseppe Umberto

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Dizionario Biografico degli Italiani (2016)
di Marco Tarchi

- RAUTI, Giuseppe Umberto (Pino). – Nacque a Cardinale (Catanzaro) il 19 novembre 1926, primogenito di Cielino Pietro, usciere presso il ministero della Guerra a Roma, e di Rosaria Coscia. Visse a Roma dall’età di sei mesi, e vi compì gli studi classici all’istituto Sant’Apollinare. Educato in famiglia all’adesione ai principi del regime fascista, all’annuncio della costituzione della Repubblica sociale italiana decise di aderirvi e si arruolò, a 17 anni, nel battaglione «M» di stanza a Orvieto. Frequentò il primo corso allievi ufficiali della Guardia nazionale repubblicana, completato nel settembre 1944. Come sottotenente comandò un presidio sul fronte del Po, fu fatto prigioniero dalle truppe britanniche nell’aprile 1945 e inviato nel 211° POW Camp di Algeri, da cui evase fuggendo in Marocco. Arruolatosi nella legione straniera spagnola (il Tercio), fu nuovamente catturato dai francesi e rinchiuso nella prigione di Ténès, in Algeria.

Rimpatriato nell’aprile del 1946, si impegnò subito in politica per continuare a sostenere le idee per cui aveva combattuto. Aderì, poco dopo la sua costituzione, al Movimento sociale italiano (MSI), ma nel contempo anche al gruppo clandestino dei FAR (Fasci di Azione Rivoluzionaria). Portato all’impegno intellettuale, collaborò con la rivista giovanile missina La sfida e con il giornale ufficioso del partito Rivolta ideale, segnalandosi per i suoi contributi di forte spessore ideologico.

Fin dal 1° congresso del MSI, del giugno 1948, si inserì nel dibattito molto acceso sulla collocazione che l’ambiente neofascista avrebbe dovuto assumere nel contesto politico democratico. Con altri esponenti del fronte giovanile (il Raggruppamento giovanile studenti e lavoratori), costituì un gruppo che, in polemica con l’ala ‘di sinistra’ del movimento e ispirato dalle opere di Julius Evola e Massimo Scaligero, reclamava un’intransigenza dottrinaria assoluta e vedeva nel fascismo l’espressione contemporanea di una tradizione perenne, legata ai valori spirituali e in radicale antitesi con ogni espressione del materialismo, dal capitalismo liberale al socialismo marxista. Sostenne queste tesi sulla rivista Imperium, nata nel gennaio del 1950.

Senza trascurare l’attività più strettamente politica, che lo vide partecipare a contraddittori pubblici con la Federazione giovanile comunista italiana (FGCI), si dedicò all’attività pubblicistica e all’elaborazione teorica. Nel dicembre del 1950 fu però arrestato, insieme ad altri redattori, perché sospettato di attentati dinamitardi firmati dai FAR, e la rivista chiuse i battenti. Processato, fu assolto nel novembre 1951 per insufficienza di prove. Durante la detenzione continuò a collaborare con varie testate dell’area neofascista, fra cui Asso di bastoni, e riprese gli studi universitari laureandosi in giurisprudenza all’Università di Roma, il 1° marzo 1952, con una tesi dal titolo Il Consiglio di Sicurezza e l’organizzazione delle Nazioni Unite.

Rientrato nella vita di partito, nel 3° congresso nazionale del 1952 difese le posizioni della componente tradizionalista giovanile, battezzata con ironia dagli avversari interni ‘figli del sole’, e venne eletto nel Comitato centrale, da cui si dimise un anno e mezzo dopo, abbandonando anche la responsabilità della stampa e della propaganda nella Direzione nazionale giovanile, a seguito della frattura verificatasi in seno alla corrente spiritualista. Il 15 novembre 1953 fondò il gruppo Ordine nuovo, una vera e propria frazione organizzata, con strutture locali, tessere e una rivista dottrinale omonima, che si ispirava alle idee di Evola e alle esperienze dei movimenti e regimi fascisti del periodo fra le due guerre mondiali, inclusa la Germania nazionalsocialista.

Al 4° congresso del MSI del 1954, strinse un accordo con la corrente spiritualista, capeggiata da Pino Romualdi, e fu rieletto nel Comitato centrale, ma a causa dell’avvento alla segreteria del moderato Arturo Michelini intensificò l’opposizione a una linea ormai lontana da ogni prospettiva rivoluzionaria. Per dare una sterzata al Partito, malgrado le precedenti divergenze di vedute si alleò con la ‘sinistra’ interna capeggiata da Giorgio Almirante. Tuttavia, quando al 5° congresso del novembre 1956 Michelini prevalse di stretta misura sugli avversari, ritenne esaurite le speranze di cambiamento e prese la via della scissione. Il 14 gennaio 1957 si dimise e dette vita al Centro studi Ordine nuovo, ormai autonomo dal MSI.

Nel 1956 iniziò la carriera di redattore del quotidiano romano Il Tempo, che proseguì fino al 1972, svolgendo anche funzioni di inviato e direttore delle pagine della provincia. Il 25 febbraio 1957 sposò Brunella Brozzi, da cui ebbe due figlie, Alessandra e Isabella. Pur continuando a dirigere Ordine nuovo, cui impresse una impostazione più ideologico-culturale che direttamente politica – scelta che causò la defezione di alcuni suoi collaboratori, come Stefano Delle Chiaie, già nel 1959 –, si impegnò prevalentemente nella produzione di testi teorici e storici, come Le idee che mossero il mondo (Roma 1963) e L’immane conflitto (Roma 1965). Tramite la rivista Ordine nuovo, il periodico Noi Europa, i bollettini Corrispondenza europea ed Eurafrica e i rapporti con la World Anti-Communist League sviluppò una linea politica fortemente improntata al contrasto dell’influenza sovietica nel mondo, auspicando la nascita di regimi di salute pubblica in funzione anticomunista. Ciò lo portò ad accogliere con favore il colpo di Stato militare del 1967 in Grecia e a sostenere campagne in favore dei regimi ‘bianchi’ di Rhodesia e Sudafrica e del mantenimento dell’impero coloniale portoghese, nonché a schierarsi dalla parte degli Stati Uniti nella guerra vietnamita. Questa posizione lo portò a partecipare, con la relazione La tattica della penetrazione comunista in Italia, al discusso convegno del maggio 1965 dell’Istituto di studi militari Alberto Pollio e a redigere insieme a Guido Giannettini, su ispirazione dell’allora capo di stato maggiore generale Giuseppe Aloia, il pamphlet Mani rosse sulle forze armate, che gli valse un sospetto di collusione con i servizi segreti militari.

La stasi delle attività di Ordine nuovo, che respingeva l’ipotesi di presentare liste elettorali, il clima di tensione creatosi in Italia nel biennio 1968-69 e l’elezione alla segreteria di Almirante dopo la morte di Michelini, indussero Rauti e la maggioranza dei suoi sodali ad accettare la proposta di rientrare nel MSI. Ciò avvenne il 16 novembre 1969, al prezzo della scissione dal Centro studi Ordine nuovo di una componente più intransigente, che riprese la sigla del gruppo per proprio conto. Cooptato nel Comitato centrale e nella Direzione nazionale, ottenne la direzione della rivista di studi Presenza e riprese le pubblicazioni di Ordine nuovo, poi sostituito da Civiltà, che utilizzò per far conoscere le proprie analisi e proposte politiche nell’ambiente missino. Pur non potendosi ufficialmente costituire in corrente, il gruppo continuò a mantenere una propria fisionomia e una serie di diramazioni locali all’interno del Partito.

Il 4 marzo 1972 Rauti fu incarcerato perché accusato di complicità negli attentati del 1969, culminati nella strage di piazza Fontana a Milano del 12 dicembre, e rimase in prigione per cinquanta giorni. Scarcerato, fu eletto deputato l’8 giugno 1972 e successivamente venne prosciolto. Sarebbe poi rimasto alla Camera per altre quattro legislature, fino al 1992. Moderatamente critico della strategia conservatrice di destra nazionale promossa da Almirante e convinto che il MSI dovesse rinnovarsi organizzativamente puntando alla penetrazione nella società civile attraverso associazioni e sigle parallele, colse l’occasione offerta dallo scontro apertosi tra la segreteria e la corrente moderata di Democrazia nazionale in vista dell’11° congresso del gennaio 1977 per costituire la corrente Linea futura. La formazione voleva proporre un’alternativa ‘nazional-rivoluzionaria’ e rimettere in discussione la collocazione a destra del MSI. Raccogliendo il 22,7% dei voti dei delegati, non riuscì a fare da ago della bilancia degli equilibri interni ma poté lanciare una serie di iniziative che ebbero una sensibile eco tanto all’interno del MSI quanto all’esterno. Fra queste, un festival giovanile, il campo Hobbit, che ebbe tre edizioni fra il 1977 e il 1980, i Gruppi di ricerca ecologica e un quindicinale diffuso in edicola, Linea. Grazie a queste attività la corrente risultò largamente maggioritaria nella 1a assemblea nazionale del Fronte della gioventù del giugno 1977.

Nei congressi del 1979 e del 1982, con la sigla Spazio nuovo, Rauti ripropose la sua alternativa alla concezione almirantiana del partito, auspicandone la trasformazione in un movimento meno legato alla nostalgia del passato e a istanze conservatrici e indirizzato a ‘sfondare a sinistra’, nei ceti sociali delusi dalla svolta riformista consumata in quegli anni dal Partito comunista. La forza della sua corrente rimase tuttavia ancorata alle cifre raggiunte in precedenza e Rauti decise di accettare un accordo con la maggioranza, venendo cooptato nell’organo di vertice.

L’occasione per tornare alla ribalta gli si presentò quando la malattia di Almirante aprì le porte alla successione alla segreteria, che contese una prima volta a Gianfranco Fini nel 15° congresso del dicembre 1987, finendo sconfitto di misura, e che riuscì a conquistare nelle assise seguenti, nel gennaio 1990. Rimase in carica solo fino al luglio del 1991, quando, in seguito a dissidi interni e a due nette sconfitte elettorali in elezioni amministrative, alla guida della segreteria tornò Fini. Nel frattempo, nel 1989 era stato eletto al Parlamento europeo.

Da oppositore della segreteria Fini, Rauti non approvò la ‘svolta di Fiuggi’ (27 gennaio 1995) e capeggiò la nascita del Movimento sociale-Fiamma tricolore in opposizione ad Alleanza nazionale.

Malgrado l’elezione di un senatore nel 1996 e di un eurodeputato nel 1999, il Partito non decollò e fu preda di scissioni e diatribe, che portarono alla sua defenestrazione nel 2003.

L’anno successivo Rauti fondò il Movimento idea sociale, che non riuscì a far uscire dalla marginalità. Nel 2008 venne rinviato a giudizio per la strage di piazza della Loggia a Brescia, del 1974, venendone assolto due anni dopo.

Morì a Roma il 2 novembre 2012.

Fonti e Bibl.: R. Chiarini – P. Corsini, Da Salò a piazza della Loggia, Milano 1983, ad ind.; P. Ignazi, Il polo escluso, Bologna 1989, passim; M. Brambilla, Interrogatorio alle destre, Milano 1994, ad ind.; M. Tarchi, Cinquant’anni di nostalgia, Milano 1995, ad ind.; M. Tarchi, Dal Msi ad An, Bologna 1997, passim; A. Carioti, Gli orfani di Salò, Milano 2008, ad ind.; A Baldoni, Storia della destra, Firenze 2009, ad ind.; A. Carioti, I ragazzi della Fiamma, Milano 2011, ad indicem.

[Fonte: www.treccani.it]

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