Commemorazione Pino Rauti – Camera dei Deputati

Commemorazione dell’onorevole Giuseppe Rauti (ore 11,11).

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lui, l’intera Assemblea e i membri del Governo). Onorevoli colleghi, come già sapete, il 2 novembre scorso, nella sua abitazione romana, è venuto a mancare l’onorevole Giuseppe Rauti, per tutti Pino, deputato dalla VI alla X legislatura e attivo protagonista della vita politica e del dibattito culturale del nostro Paese.

Nato a Cardinale, in provincia di Catanzaro, il 19 novembre 1926, laureato in giurisprudenza, giornalista, scrittore, l’onorevole Rauti iniziò il suo impegno politico fin dal dopoguerra, partecipando alla nascita del Movimento Sociale Italiano e animando il confronto culturale che si svolgeva sulla stampa di destra di quegli anni.

Nell’arco di venti anni – dal 1972 al 1992 – della sua attività in questa Assemblea, l’onorevole Rauti è stato componente delle Commissioni difesa, lavori pubblici, affari costituzionali, esteri, igiene e sanità pubblica, bilancio e partecipazioni statali, svolgendo con dedizione il suo impegno di deputato e partecipando nella IX e nella X legislatura ai lavori dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa.

La sua azione nelle istituzioni rappresentative si è svolta inoltre nel Parlamento europeo, di cui è stato componente dal 1989 al 1999.

L’onorevole Pino Rauti ha avuto un ruolo di indubbio rilievo nella complessa storia della destra politica italiana di cui ha animato, con passione ideale e spessore intellettuale, il dibattito interno, fornendo un significativo contributo di idee all’azione del Movimento Sociale Italiano, partito di cui fu segretario nazionale tra il 1990 e il 1991.

L’ispirazione costante del suo agire politico e culturale affondava le radici nei valori della nazione e della tradizione e si svolgeva anche attraverso una serrata critica di carattere metapolitico al materialismo che, a suo giudizio, caratterizzava tanto il modello di società liberalcapitalista quanto quello socialcomunista.

Di certo c’era in Rauti uno stretto legame con la storia politica del Novecento e con le sue tragedie. Del resto, della storia del XX secolo, Rauti, giovanissimo volontario nella Repubblica Sociale, aveva direttamente vissuto una delle fasi più drammatiche.

Al tempo stesso, nella sua visione della società c’era una spiccata propensione a confrontarsi con i problemi della modernità, testimoniata dalla sua particolare attenzione ai temi dell’ecologismo, del terzomondismo, della difesa delle culture popolari. Di qui la ragione del suo forte ascendente su una cospicua parte del mondo giovanile di destra, in particolare negli anni Settanta e Ottanta, anni in cui diede vita ad importanti iniziative editoriali e ad innovative forme di aggregazione politica.

Personalmente dell’onorevole Rauti voglio testimoniare lo spessore umano e lo stile del suo modo di intendere il confronto politico, aspro, a volte anche molto duro, ma sempre civile.

Con la morte dell’onorevole Rauti scompare una personalità di grande preparazione culturale, moralmente integerrima, idealmente ispirata ad una visione elevata, anche se radicalmente di parte, della politica. Un uomo capace di guadagnarsi, anche per queste caratteristiche umane, il rispetto dei suoi avversari, anche di quelli più strenui.

Alle figlie Isabella ed Alessandra desidero rinnovare i sentimenti del più sincero cordoglio, mio personale e della Camera dei deputati (Generali applausi, a cui si associano i membri del Governo).

BENEDETTO FABIO GRANATA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, colleghi, ci sono uomini che segnano epoche e idee che muovono il mondo, ci sono personalità capaci di segnare e di lasciare in politica tracce concentriche sempre più larghe, come i segni di un sasso nell’acqua. Pino Rauti è stato senza dubbio una di queste personalità.

Ricordarne in un breve discorso la vicenda umana e storica è impossibile, è una vicenda controversa, come tutte le biografie importanti del Novecento. È più interessante e più giusto, per rendere omaggio a Pino Rauti

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Granata.

Pregherei i colleghi di ascoltare in silenzio o di uscire dall’Aula per consentire a chi vuol prendere la parola di farlo in condizioni più agevoli.

Prego, onorevole Granata.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Dicevo, signor Presidente, che è più interessante e più giusto, per rendere omaggio a Pino Rauti, guardare le tracce, raccontare quello che ha lasciato, piuttosto che quello che è stato. Una storia che pochi conoscono e che meriterebbe di essere scritta come un romanzo, il romanzo delle aspirazioni migliori della destra.

I ragazzi di via degli Scipioni: Flavia, Claudio, Gennaro, Paola e tanti altri qui dentro. Il primo cerchio è proprio quello della formazione politica, una leva intera poi di studiosi, storici, docenti, giornalisti, fuori di qui, alla scuola di Rauti, ha imparato la passione per l’impegno politico fatto di studi ed analisi, di idee e non solo di propaganda.

In un mondo come quello del Movimento Sociale Italiano che per un’interminabile fase fu votato alla testimonianza ed alla pura sopravvivenza, Rauti portò l’ambizione di progetti di lungo periodo e la capacità di leggere la contemporaneità, di starci dentro senza complessi di inferiorità verso una sinistra che aveva all’epoca formidabili strumenti di analisi e di formazione dell’immaginario.

Il secondo cerchio è quello della cultura. Ha scritto qualcuno giustamente che il rautismo fu essenzialmente uno scaffale: libri, riviste, fanzine, cataloghi infiniti di saggi e romanzi che le edizioni Europa mettevano in circolazione mese dopo mese, una specie di Feltrinelli underground, senza la quale nessuno di noi, ragazzi di via degli Scipioni, avrebbe potuto sperimentare l’eresia di andare oltre le colonne d’Ercole del luogo comune che inchiodava la destra al nostalgismo e alle suggestioni totalitarie.

L’etologia e Konrad Lorenz, ricordati proprio da Gennaro Malgieri in uno indimenticabile ricordo di Pino Rauti dopo la funzione, Tolkien e la fantasy, Max Weber e Gramsci e poi il ricorrente richiamo, in ogni congresso, ai «falchetti rossi» di Leon Blum.

Il terzo cerchio è il più controverso ed è il più largo, quello che ha agito di più nel profondo. È il sasso nello stagno del 1977, quando nell’annus horribilis del sangue per le strade di Roma e Milano, Pino Rauti con un documento «Linea Futura» invita al disarmo degli opposti estremismi, archivia, l’anticomunismo, spinge il Movimento Sociale ad uscire dalla routine propagandistica, puntando sull’offerta politica diretta in primo luogo a giovani e donne per delineare una controffensiva politica razionale e accantonare nostalgia e ribellismo.

Ecologia, urbanistica, poesia, grafica, femminismo, integrazione, musica e poi le cause dei popoli, la Palestina, l’Irlanda: Rauti disegna il profilo di un inedito modello movimentista, da cui scaturirà la stagione creativa dei Campi Hobbit, uno dei fenomeni più studiato negli anni successivi.

Quell’esperienza non solo aprì orizzonti inediti per i ventenni di allora, ma sottrasse centinaia di loro alla lotta armata, alla logica distruttiva del conflitto generazionale del terrorismo. A sinistra se ne accorsero in tanti, da Giorgio Galli a Marco Revelli, da Grigio Bocca a Marco Pannella. Con tutte le sue contraddizione ed i suoi nodi irrisolti quel percorso portò tanti ragazzi a superare il paradigma e il tunnel neofascista, le sue suggestioni gramsciane, lo sfondamento a sinistra.

Io, che con Flavia, con Claudio e tanti altri, ero uno dei ragazzi di via degli Scipioni ricordo di Rauti molte altre cose, ma rischio di diventare retorico se ne parlo. Una sola però vorrei raccontarla. In un confronto tra partiti che è diventato ragioneria di seggi e percentuali, in un’Europa che evoca solo le parole spread e default e che assiste impotente ai massacri di questi giorni di innocenti, in un dibattito pubblico ripiegato sul «premiolino» di maggioranza, in un Paese dove essere un eletto sembra una vergogna, ricordo con nostalgia la mia commozione, la nostra commozione, quando Pino Rauti concluse un suo celebre discorso congressuale con la frase: la linea più breve fra due punti a volte passa per le stelle.

Fare politica allora era un onore e un vanto, a vent’anni o a cinquanta.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Granata.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Domandiamoci perché non ci sono più stelle da indicare ai nostri figli e come possiamo provare a riaccenderle.

Signor Presidente, Pino Rauti muore nello stesso giorno di Ezra Pound e lo ricordiamo con un suo aforisma: rendi forti i vecchi sogni perché questo mondo non perda coraggio (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PAOLA FRASSINETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, perdonerete la mia emozione, ma non avrei mai pensato, quando, a sedici anni, ho varcato la sede del Movimento Sociale, che proprio io un giorno, qua in quest’Aula, avrei dovuto commemorare quello che ritengo il mio maestro politico.

Pino Rauti è stato un grande uomo, un parlamentare rigoroso, un bravo studioso, uno scrittore, un giornalista, un intellettuale raffinato, ma voglio ricordarlo in quest’Aula principalmente per essere stato l’innovatore della destra in Italia.

Può sembrare paradossale che proprio lui, che aveva combattuto nella Repubblica Sociale Italiana, fosse stato un modernizzatore, eppure è stato proprio così. Grazie a lui e al suo insegnamento abbiamo iniziato ad interessarci all’ambiente, all’ecologia, ai nuovi saperi. Grazie a lui abbiamo capito l’urgenza delle nuove povertà, la necessità di aiutare le fasce più deboli, di comprendere i diritti delle donne lavoratrici. Grazie a lui abbiamo capito che amare l’Italia significa volerla indipendente, libera, non soggiogata a logiche decise oltre oceano.

Rauti è stato per molti, a destra, in quegli anni, un faro, uno stimolo a concepire la politica come studio e rigore, un pungolo per andare oltre al nostalgismo, al primitivismo politico, alla demagogia chiassosa e populista. Ma non solo. Grazie a Rauti siamo riusciti ad andare oltre a quella terribile guerra non dichiarata, un conflitto lacerante e sanguinoso degli anni Settanta, la terribile mattanza tra giovani che ha opposto e diviso la gioventù italiana.

Avere indicato a tanti giovani la strada del dialogo con gli avversari politici, rompendo la spirale di odio, penso sia stato il suo più grande merito storico. «Andare oltre», non a caso, è il titolo di una sua mozione congressuale, ed è sempre stato un monito e, lui, oltre la volgarità della piccola politica e i ricatti della quotidianità dei partiti, ci è sempre andato. Vale la pena di rileggere alcune righe del suo fondo pubblicato sul primo numero del giornale Linea. A distanza di oltre trent’anni riscontriamo l’estrema attualità di un pensiero che pare profetico in questo tempo in cui le logiche della finanza e del libero mercato senza regole hanno provocato una delle più gravi crisi post-belliche.

Diceva Rauti nel 1979: la crisi appare come riflesso, la conseguenza di una situazione generalizzata di degrado, di scollamento e tutto quello che accade occupa le cronache, straripando con flutti sconvolgenti. È soltanto l’effetto di un male più profondo che ha ormai pervaso la comunità nazionale. Scardinare è stato facile, e pure sconsacrare, dissacrare e mettere in crisi, per il semplice motivo che non c’era quasi più niente di solido né di sacro. Il re era nudo da gran tempo, ma le febbri alte che non sfociano alla fine in ordinamenti nuovi, alla lunga stancano, sfibrano, disgustano. È il momento della nostre bandiere, è il momento per andare oltre a dei nostri miti. Questo diceva Pino Rauti nel 1979. Lui era così: dignitoso nell’affrontare le numerose persecuzioni giudiziarie dalle quali è sempre uscito assolto, schivo, semplice, rigoroso, arguto, eretico, rivoluzionario, padre e marito esemplare, punto di riferimento instancabile e coerente. Quelli che lo hanno seguito allora oggi appartengono a formazioni politiche diverse o si sono allontanati dalla politica ma tutti, ne sono certa, ricordano le lacrime del congresso perso e le gioie di quello vinto, ricordano la sua pazienza nell’ascoltare le nostre domande, i nostri dubbi, magari fino a notte fonda. Pino Rauti se ne è andato pochi giorni prima del suo compleanno che avrebbe festeggiato ieri, se ne è andato, ma solo materialmente, perché in realtà è più che mai presente, con le sue elaborazioni, con le sue tesi, con i suoi libri, è presente con un patrimonio culturale importante, ancora vivo e attuale e le sue idee di destra sociale, soprattutto in questo momento storico dove il liberismo più sfrenato e la speculazione finanziaria hanno provocato questa crisi epocale, muovono ancora il mondo. Ed è proprio la consapevolezza della sua presenza che ci rende sicuri che, come dice Tolkien, le radici più profonde non gelano mai (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

SILVANO MOFFA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, colleghi, ricordare la figura di Pino Rauti non è certamente semplice né facile. Fu un uomo politico a tutto tondo, che seppe attraversare quel periodo complesso e difficile del Novecento italiano, immettendovi la sua straordinaria intelligenza, intelligenza non comune, attento analista, come egli fu, della società, dei costumi della società, dell’evolversi della comunità nazionale, capace, come è stato ricordato poc’anzi da Fabio e da Paola, anche di intravedere il futuro, di delineare scenari che poi puntualmente nel corso del tempo si sono determinati.

Pino Rauti, uomo che seppe soffrire nell’immediato dopoguerra quel clima di emarginazione che in qualche modo aveva relegato anche un calmiere di idee fuori dal contesto politico, e che seppe poi esprimere quanto di meglio sia stato dato a quella giovane generazione degli anni Settanta, degli anni Ottanta, quando seppe più di altri nella destra italiana capire che bisognava, per costruire un progetto politico, avere un saldo e indelebile fondamento culturale. Pino Rauti, che a noi fu enormemente caro, seppe indicare nei momenti terribili del terrorismo dilagante e degli opposti estremismi, una fase diversa della destra capace di dialogare anche oltre gli steccati, andando oltre appunto, cercando di superare quel clima di contrapposizione ideologica che aveva separato le generazioni, nel nome di un comune sentire che era quello di una dedizione alla politica ed alla comunità nazionale.

Io la ringrazio, Presidente, per aver ricordato i passaggi più importanti della sua vita di uomo politico e di parlamentare, di aver ricordato anche quelle fasi incandescenti della politica dove gli animi si accendevano intorno alle idee e al confronto delle idee; la politica che poi si manifestava in momenti congressuali dove c’era la tenacia del combattente che voleva confrontarsi con gli altri e che aveva l’orgoglio delle proprie posizioni, ma aveva anche il rispetto dell’avversario, la capacità di comprendere le posizioni degli altri, quelle stagioni congressuali dove la politica non era qualcosa di amorfo, qualcosa di piatto, ma era qualcosa di profondamente sentito e che veniva costruita attraverso il messaggio che Rauti sapeva lanciare con la sua comunità e anche oltre la sua comunità, con i suoi libri con i suoi scritti, con i sui editoriali, con i suoi giornali, Linea, Civiltà, Dimensione ambiente, tanti percorsi che sono stati di grande anticipazione anche rispetto ai dibattiti che poi hanno interessato il Paese.

Ricordo Rauti, uomo mite, uomo intelligente, uomo acuto, che parte da Roma per andare ad intervistare Konrad Lorenz, il padre dell’etologia, sconosciuto ai più in Italia, e pubblicare la sua intervista su Linea, che apriva grandi confronti e grandi spiragli alla riflessione nel campo ambientalista. E poi il Rauti che mandava i suoi giovani a scoprire quello che era il dramma della persecuzione in Transilvania del regime di Ceausescu. Questo era Rauti, l’uomo che sperimentava, che innovava e che poi invece, per una vulgata pubblicistica, veniva considerato terribilmente ancorato alle idee del passato, lui che dalla tradizione delle idee del passato faceva la linfa per costruire il nuovo e per cercare in qualche modo di spingere la politica sempre di più verso la grande riflessione culturale. Oggi che lo ricordiamo con grande tristezza come maestro di tante giovani generazioni, vorremmo che ci fosse davvero un tributo nei confronti dell’uomo che noi avemmo caro e al quale ci inchiniamo e che ricordiamo con straordinario affetto e con grande gratitudine.

GIANCARLO LEHNER. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Lehner, per il suo gruppo ha parlato testé l’onorevole Moffa.

GIANCARLO LEHNER. A titolo personale…

PRESIDENTE. Prego.

GIANCARLO LEHNER. Anche avendo una storia politica completamente opposta a quella di Rauti, sono qui a rendergli omaggio perché abbiamo avuto un momento di incontro allorquando all’interno del PSI nacque quell’idea affascinante e pur utopica che, visto che comunismo e fascismo erano ormai stati bocciati definitivamente dalla storia, forse c’era un modo di far rientrare dentro il PSI tutti coloro che via via ne erano usciti, per rifondare un grande partito socialista al livello dei grandi partiti socialisti europei.

Ebbene, in questo inseguire tale idea, anche in modo utopico ma entusiasmante, Rauti rispose in maniera positiva e io, attraverso Giano Accame, ho lavorato proprio per questa idea del grande rientro, in attesa che anche i comunisti italiani, ormai in crisi di identità, rientrassero anche loro.

E pensate – qui vorrei dare una notizia forse inedita, ma alle volte le estreme hanno una sensibilità superiore a coloro che sono al centro – che come Rauti a destra accettò, quanto meno il dialogo, verso questo percorso utopico, ma insisto entusiasmante, a sinistra vi fu un’altra persona che accettò il confronto e il dialogo verso quel percorso, e fu Armando Cossutta. Pensate, Armando Cossutta rispose a Craxi dicendogli di essere favorevole ad entrare in un grande partito socialista, occidentale, naturalmente, ovviamente creando una corrente di sinistra interna al partito. E così Rauti che, più o meno, rispose la stessa cosa. Per questo, ricordo con grande affetto, stima e considerazione Pino Rauti, una persona intelligente e sensibile (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

[Fonte: leg16.camera.it]

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